BOREA (Βορέας o Βορρᾶς, Borĕas)
Nome dato dai Greci antichi al vento di nord. Comparisce già in Omero (Od., V, 295); nella rosa di otto venti usata da Aristotele (Meteor., II, 6, 363 b), porta il doppio nome di Βορέας καὶ ἀπαρκτίας. Più tardi ancora, nella rosa, pure di otto venti, di Eratostene e Posidonio, il nome di Borea indica il vento di nord-est e corrisponde all'Aquilo dei Latini (Vitruv., I, 6, 10; vento di nord-nord-est). Borea era riguardato dagli antichi come il re dei venti (Pind., Pyth., IV, 181), e il suo avvicinarsi destava apprensione e paura (Od., XIV, 253; 299). I poeti romani lo designano come saevus, crudelis, asper. Come tempo del suo arrivo s'indicava la fine dell'autunno; col suo giungere, apportava le nubi e le procelle, le piogge e le nevi dell'inverno. Luoghi di provenienza erano considerate varie regioni settentrionali: la Tracia, la Scizia, il Caucaso.
La personificazione mitica di Borea prese le mosse dai suoi stessi attributi naturali. Anzitutto (con analogia a quanto avvenne in altre mitologie indo-europee) fu rappresentato come un cavallo (Il., XX, 221). Nella sua posteriore ipostasi antropomorfa Borea è rappresentato come re e signore (Pind., Pyth.; IV, 181): figlio, come Zefiro, Noto, Euro, di Astreo e dell'Aurora (Om., Odissea, V, 295 segg.; Hes., Theog., 869 segg.), il suo regno viene posto di solito in qualche località della Tracia, o, più a nord ancora, sui mitici Monti Ripei, o nelle caverne del paese degl'Iperborei (Plinio, Nat. Hist., VII, 10). Lo troviamo rappresentato normalmente con le ali (alle spalle e anche, talora, ai piedi); la sua figura è quella di un uomo barbato, con le chiome lunghe e scomposte. Degli episodî mitologici fioriti intorno alla figura di Borea, il più noto e diffuso fu quello del ratto di Orizia, figlia di Eretteo, che B. rapì sulle sponde dell'Ilisso, e trasportò a volo in Tracia ove la fece sua sposa: essa gli partorì là due figli, Zetes e Kalais. La più antica rappresentazione del mito si trovava sull'arca di Cipselo (Paus., V, 19, 1); Eschilo e Sofocle lo fecero oggetto di tragedie; noi lo possiamo leggere in Platone (Phaedr., 229 B): e ritorna poi, con molteplici varianti, nei testi e nei monumenti figurati di tutta l'antichità classica.
Il culto di Borea comparisce già in Omero (Il., XXIII, 193 segg.). Notissimo era quello che gli rendevano gli Ateniesi (festa dei Βορεασμοί), i quali ritenevano di essere stati da lui aiutati nella guerra contro Serse (Herod., VII, 189; Paus., I, 19, 5); per ragioni simili lo troviamo venerato a Megalopoli (Paus., VIII, 27, 14; 36, 6) e a Turî (Aelian,, Var. Hist., XII, 61). Gli si offrivano sacrifici anche per placare le sue furie (Xenoph., An., IV, 5, 3).
Bibl.: Preller e Robert, Griech. Mythologie, I, Berlino 1894, p. 470 segg.; Rapp, in Roscher, Lexikon der Myth., I, col. 803 segg.; Wernicke, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 720 segg.; Gruppe, Griech. Mythologie und Religionsgesch., II, Monaco 1906, p. 834 segg.