BORGIA, Giovanni, duca di Gandía
Nacque nel 1476, presumibilmente a Roma, da Vannozza Catanei e dal cardinale Rodrigo Borgia, il futuro pontefice Alessandro VI, come testimoniano una dichiarazione di papa Sisto IV che riconosceva il 4 febbr. 1482 alcune donazioni di benefici ecclesiastici fatte dal cardinale valenzano in favore del B. e del fratello maggiore Pier Luigi, "eius natos", e una dichiarazione resa dallo stesso Rodrigo Borgia davanti a un notaio, il 29 gennaio dell'anno successivo, nella quale il B. era riconosciuto come "suo figlio carnale".
Nei grandi piani dinastici di Rodrigo Borgia, allora rivolti essenzialmente alla Spagna, nell'aspettativa di una definitiva ascesa della sua famiglia tra la maggiore nobiltà del regno, e insieme al consolidamento della potenza familiare nella gerarchia ecclesiastica, che aveva cominciato a stabilirsi sin dal pontificato di Callisto III, il B. ebbe inizialmente un ruolo secondario. Al primogenito Pier Luigi, infatti, spettava, nei disegni di Rodrigo, il compito di innalzare le fortune spagnole della famiglia, cosa in effetti conseguita nel 1485 con la concessione da parte di Ferdinando il Cattolico del ducato di Gandia; a Cesare, secondogenito, era invece riservato il compito di affiancare il padre al vertice della gerarchia ecclesiastica, cosa anche questa realizzata con la concessione al futuro duca Valentino dell'arcivescovato di Valenza e poi della porpora cardinalizia.
Poco margine rimaneva dunque a uno specifico ruolo del B., il quale in effetti fu destinato e preparato a una minore carriera di militare e di cortigiano.
Così l'educazione del B., dapprima condotta assieme a Cesare, se ne distaccò quando questi fu avviato, in vista dei suoi non congeniali compiti pastorali, agli studi universitari; e mentre sui fratelli maggiori si accumulavano vistosamente, per l'assiduo prodigarsi del cardinal Rodrigo, i titoli e le prebende, il B. non ottenne se non la dignità di "egregius", estesa anche a lui nel dicembre 1485 dal re d'Aragona Ferdinando il Cattolico, che l'aveva concessa a Pier Luigi per i meriti acquisiti durante la guerra di Granata.
Fu la morte precoce del fratello Pier Luigi, avvenuta nel 1488, a trarre il B. dalla sua condizione marginale, poiché ne riceveva in eredità i feudi, il titolo di duca e la dignità di grande di Spagna, venendo così a sostituirglisi a tutti gli effetti nei piani dinastici di Rodrigo: proprio questo suo nuovo ruolo spiega la preferenza accordata poi al B. dal padre rispetto agli altri figli e allo stesso Cesare, notata dai contemporanei e persino ritenuta causa diretta della sua morte drammatica. Il B. ereditava anche dal fratello il fidanzamento stretto da questo con Maria Enriquez, figlia di Enrico, maggiordomo maggiore di Ferdinando il Cattolico e suo zio, esponente della più grande aristocrazia valenzana: questo matrimonio era infatti ritenuto indispensabile da Rodrigo Borgia, poiché sarebbe servito a stabilire definitivamente la famiglia nei ranghi più esclusivi della nobiltà del regno, nei quali era stata accolta da così breve data. Pertanto nel 1489 il B. si recò in Spagna per prendere possesso delle sue nuove dignità, trattenendosi alla corte dei re Cattolici sino al 1492, al momento cioè dell'elezione del padre al pontificato.
In questo periodo fu anche firmato il contratto matrimoniale con Maria Enriquez, senza tuttavia che le nozze fossero celebrate. Le trattative per il matrimonio vennero nuovamente riprese, mentre il B. era a Roma, da Alessandro VI: ma questa volta incontrando notevoli ostacoli, soprattutto da parte di Isabella di Castiglia e dello stesso Enrico Enriquez, i quali invocavano contro questo parentado i sospetti di simonia che circondavano l'elezione di Alessandro, e in genere le accuse di immoralità sollevate in tutte le corti contro la Curia romana e in specie contro i Borgia.
In realtà, più che gli scrupoli religiosi e morali, preoccupavano la corte spagnola le simpatie filofrancesi di Alessandro VI, e anche il matrimonio del B., con quello che significava per l'ascesa dinastica dei Borgia, fu usato dai sovrani spagnoli come un argomento di pressione sul pontefice, sicché esso poté essere concluso soltanto quando il papa diede ai re Cattolici le richieste garanzie. Il B. in effetti fece ritorno in Spagna e il matrimonio fu celebrato a Barcellona, alla presenza dei sovrani, il 24 ag. 1493.
Le fortune del B. ebbero nuovi sviluppi durante questo suo secondo soggiorno spagnolo. Dopo l'ascesa al pontificato, Alessandro VI andava rapidamente modificando le sue prospettive dinastiche, traendole dai limiti spagnoli sino allora perseguiti e orientandole all'Italia: in particolare al Regno di Napoli, che da allora fu a lungo alla vetta delle sue aspirazioni, suggerendo tutta la sua politica di accordi e di legami matrimoniali con la corte aragonese di Napoli. A questo fine, e sotto l'urgere della minaccia di Carlo VIII, fu contratto il matrimonio tra Goffredo Borgia, fratello minore del B., e Sancia d'Aragona, figlia naturale del sovrano napoletano, nel maggio del 1494: nelle lunghe e tortuose trattative Alessandro VI riusciva a ottenere dal re non solo un ricco Stato per il figlio Goffredo, ma anche la concessione del principato di Tricarico e delle contee di Carinola e Claramonte per il B.: a questo poi il papa pretese che si attribuisse una ricca condotta militare, a carico dello stesso re di Napoli e di Piero de' Medici, nell'esercito che si preparava ad affrontare Carlo VIII. Gli avvenimenti travolsero poi ogni progetto di difesa armata sicché in effetti il B. non fece per allora ritorno in Italia per prendere possesso della sua condotta.
Nuovamente il papa cercò di ottenere un comando militare per il B. dalla lega formatasi contro Carlo VIII nel 1495; a lui, secondo la proposta del papa, e a Giovanni Sforza, marito di Lucrezia Borgia, avrebbe dovuto essere affidato il comando dell'esercito della coalizione italiana: ma anche questa volta il progetto fallì, sia per le smodate pretese di soldo avanzate da Alessandro VI, sia perché i Veneziani, dimostrando anche in questa occasione una notevole capacità di giudizio, si dichiararono dubbiosi sulle effettive capacità dei due candidati pontifici.
Quanto fosse stato accorto il rifiuto dei Veneziani si vide l'anno successivo, quando finalmente il B. fece ritorno a Roma, richiamato dal papa per esser posto a capo dell'esercito pontificio nella campagna contro gli Orsini. Eletto nel settembre del 1496 legato nel Patrimonio, e il 26 ottobre capitano generale dell'esercito papale, affiancato nel comando dal duca di Urbino Guidobaldo da Montefeltro, il B. il 27 ottobre iniziò la marcia contro l'esercito baronale. La spedizione in un primo tempo raccolse qualche successo: molte terre degli Orsini, sino ad Anguillara, caddero in mano dei Pontifici; il B., presto rimasto unico responsabile del comando a causa di una ferita del Montefeltro, dovette arrestarsi di fronte alla tenace resistenza della fortezza di Bracciano affidata a Bartolomeo d'Alviano.
Sottoposta a. un duro assedio per quasi tre mesi di un inverno terribile, a opera di un esercito che riceveva sempre nuovi rinforzi di uomini e di artiglierie da Roma e da Napoli, la fortezza riuscì a resistere finché, alla fine del gennaio 1497, non giunse a soccorrerla un nuovo esercito raccolto con denaro francese da Vitellozzo Vitelli: questi affrontò il B. a Soriano il 25 gennaio e gli inflisse una pesante sconfitta, volgendo in fuga il suo esercito e recuperando ai baroni tutto l'alto Lazio. Soltanto l'arrivo da Napoli di un forte contingente di milizie al comando di Consalvo de Cordova valse a salvare la stessa Roma da una situazione critica.
Poiché non poté premiarne le improbabili virtù militari, Alessandro VI dovette contentarsi di motivare la sua scandalosa generosità verso il figlio con i "labores maximi" e i "vitae pericula" che il B. aveva dovuto affrontare in quella sua prima e unica esperienza guerriera: gli assegnò così, nel marzo del 1497, un vistoso donativo di 40.000 ducati e nel concistoro del 7 giugno successivo lo investì ereditariamente del ducato di Benevento e delle signorie di Terracina e di Pontecorvo. Se il papa riuscì a soffocare ogni protesta della Curia e del Sacro Collegio per quella pesante manomissione del patrimonio ecclesiastico, non riuscì tuttavia a far tacere le proteste della corte spagnola, che nella concessione al B. di quell'importante Stato ai confini del Regno, che si aggiungeva ai pure cospicui feudi regnicoli, vedeva una esplicita conferma dei progetti che Alessandro VI nutriva a favore del B. sulla stessa corona napoletana: ma neanche tali proteste, seppure clamorose, ebbero alcuna efficacia sul pontefice.
Questa sapiente costruzione dinastica di papa Borgia era però destinata a crollare miseramente per la morte improvvisa e misteriosa del B., ucciso a pugnalate e gettato nel Tevere nella notte del 14 giugno 1497, in circostanze che allora non furono chiarite e che rimangono tuttora oscure.
Soprattutto non si riuscì a far luce sui mandanti del delitto: la voce pubblica lo attribuì dapprima a una vendetta politica degli Orsini, e poi di Ascanio e di Giovanni Sforza, i primi come replica alla politica antibaronale del papa, i secondi in odio allo stesso pontefice che aveva abbandonato la sua politica filosforzesca; corsero anche sospetti a carico del fratello del B., Goffredo, poiché erano noti i rapporti incestuosi che il B. aveva con la cognata Sancia d'Aragona. E finalmente le accuse s'incentrarono su Cesare Borgia, emulo del fratello nelle imprese galanti e ingelosito dalla preferenza che il papa gli accordava come al principale esponente della dinastia. La stessa moglie del B., Maria Enriquez, mostrò di credere a quest'ultima versione. Ma nessuna di queste accuse fu convincentemente documentata e lo stesso Alessandro VI dovette infine rinunziare a ogni indagine su quell'episodio che certamente egli considerò come l'evento più luttuoso della sua vita.
Il dolore del papa per la morte violenta del figlio commosse poco i contemporanei, che vi scorsero volentieri un segno dell'ira divina contro l'Anticristo che si era annidato sul seggio di Pietro: corsero epigrammi violenti, satire spietate, nelle quali si distinse il Sannazzaro, tradizionale nemico di papa Borgia. Lo stesso Alessandro VI ebbe per questo colpo del destino una effimera resipiscenza pastorale: decise di fare ammenda delle sue colpe nepotistiche allontanando i figli superstiti da Roma e cominciò a prestare orecchio alle invocazioni di riforma. Furono brevi propositi, naturalmente: presto riprendevano i grandi programmi politici del pontificato, protagonista Cesare, che, smesso l'abito ecclesiastico, si assunse quel ruolo che il padre aveva sino allora attribuito al fratello minore.
I feudi italiani andarono perduti per la discendenza del B., alla quale rimase invece il ducato di Gandia. Dal matrimonio con Maria Enriquez erano infatti nati due figli, Isabella, che fu monaca a Gandia, e Juan, che ereditò i titoli e i feudi spagnoli del padre e che fu a sua volta padre di san Francesco Borja.
Fonti e Bibl.: Algunos documentos y cartas privadas que pertenecieron al segundo duque de Gandia don Juan de Boria, a cura di J. Sanchis y Sivera, Valencia 1919; Le lettere di G. Savonarola, a cura di R. Ridolfi, Firenze 1933, p. 145; Epistolario di Bernardo Dovizi da Bibbiena, I, a cura di G. L. Moncallero, Firenze 1955, ad Indicem; N. Machiavelli, Il teatro e gli scritti letterari, a cura di F. Gaeta, Milano 1965, p. 242; N. Cittadella, Saggio di albero geneal. e di memorie su la famiglia Borgia, Torino 1872, p. 44; M. Olivier y Hurtado, D. Rodrigo de Boria (Alejandro VI). Sus hijos y descendientes, in Boletín de la Real Academia de la historia, IX (1886), pp. 415 s., 429 ss.; A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, in Arch. stor. lombardo, XLI (1914), pp. 480 s., 491, 493, 497, 499 ss.; XLII (1915), p. 167; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1925, ad Indicem; A. Pasquali Lasagni-E. Stefanelli, Note di storia dell'artiglieria dello Stato della Chiesa nei secc. XIV e XV, in Arch. della R. soc. romana di storia patria, LX (1937), p. 182; G.Sacerdote, Cesare Borgia,la sua vita,la sua famiglia,i suoi tempi, Milano 1950, ad Indicem.