BORGOGNA (A. T., 32-33-34)
La Borgogna è una provincia storica, i cui confini hanno spesso mutato. La provincia di Borgogna propria è limitata a nord dalla Champagne, a ovest dal Borbonese e dal Nivernese, a sud dal Lionese, a sud-est dalla Bresse e ad est dalla Franca Contea; capitale è Digione; a partire dal 1790 ha formato i dipartimenti della Côte-d'Or, Yonne e Saône-et-Loire. Essa comprende paesaggi diversi; mentre infatti il Morvan è costituito da terreni antichi e impermeabili e l'alta Côte-d'Or da altipiani carsici, l'Auxois occupa una fertile zona pianeggiante. Negli altipiani dell'alta Côte-d'Or si raggiungono 500 m., ma verso E. l'altipiano s'abbassa a 300 m. e presenta alla valle della Saône una costa interrotta da vallette (combes). Più a sud il Beaujolais, margine del massiccio centrale cristallino, presenta delle zone calcaree e il rilievo di Chalon.
Il clima, che è piovoso nel Morvan e su la Montagne, e rigido durante l'inverno, diventa semi-continentale nella valle della Saône: le piogge sono meno abbondanti (Digione 671 mm.), le estati sono più lunghe e più calde (media di luglio a Digione: 20°,1), ma specialmente gli autunni sono migliori: è il dominio della vite e del granturco, mentre sugli altipiani si stendono le foreste, troncate da profonde valli, che contengono campi e prati.
La Borgogna va debitrice della propria importanza alla parte ch'essa ha rappresentato nella storia, e questa si spiega fino a un certo punto con la situazione della provincia, che apre il passaggio dalla valle del Rodano alla Lorena e al bacino parigino, mercé le vallette (combes) che incidono la Côte, e le soglie di Chagny e di Digione. Dal canto loro, i fiumi della Borgogna sono importanti soprattutto rispetto alle comunicazioni: l'Yonne, per l'Armançon, è congiunta all'Ouche dal canale di Borgogna, lungo 242 chilometri, costruito fra il 1775 e il 1834, la cui profondità e larghezza sono appena sufficienti per un battello di 150 tonnellate. Più a sud, la Dheune apre la via verso la Bourbince.
La ricchezza della Borgogna è dovuta ai vigneti, dai quali si ricavano vini di fama mondiale: vini rossi superiori da pasto, ottenuti col Pinot nero, considerati i più generosi vini rossi francesi; col Pinot Chardonnay si producono vini bianchi di grande finezza. Nell'Yonne la vite riveste i pendii lungo l'Yonne e l'Armançon, ma la superficie piantata a vigna, dai 36.000 ettari del 1880, è scesa a 13.000 nel 1924: è la regione dello Chablis (classico tipo di vino da pesce di color paglierino, dal profumo delicatissimo, dal sapore gentile, períettamente secco), del Milly e del Joigny. I vini rossi più rinomati sono prodotti dalla Côte che, dalla Dheune all'Ouche, da Chagny a Digione, incisa da vallette, domina la Plaine per una lunghezza di 60 km. Suddivisa com'è in piccole proprietà, la Cote presenta un aspetto originale con i suoi muri a secco che trattengono la terra sopra i declivî. Vi si distinguono: la Côte, dall'Ouche a Gevrey-Chambertin, ricoperta di irutteti, di campi e di vigneti; la Côte de Nuits, da Gevrey a Beaune, ben nota per il vigore dei suoi vini: Chambertin, Clos Vougeon, Nuits; la Côte de Beaune, che produce i vini più delicati: Pommard, Volnay (rossi); Meursault, Montrachet (bianchi). Tra i classici vini rossi della Côte vanno ancora menzionati il Romanée Couti (rarissimo) e il Richebourg. Tra la Saône e la Côte, la Plaine, ricoperta di marne e di sabbie terziarie con rivestimenti alluvionali, fu anticamente il dominio della foresta. Nell'età di mezzo, i frati di Cîteaux dissodarono il terreno; e così sorsero colture di frumento e di barbabietole, insieme con l'allevamento, e, presso il Val, un vigneto di uve comuni.
Nel Beaujolais, le Côtes sono più larghe: compare la grande proprietà, e il vigneto, impiantato a mezza costa tra le colture della Plaine e le foreste di betulle o le macchie di eriche occupanti le alture, volge alla grande produzione, benché si producano ancora vini di tipo scelto, come quello detto Moulin à Vent, quello rosso del Mâconnais, quello bianco di Pouilly.
Tutti questi vini sono oggetto d'un attivo commercio a Digione, a Gevrey, a Beaune (13.410 ab.) e a Mâcon (19.780). Nella pianura sorgono piccoli villaggi agricoli, situati nelle radure della foresta dissodata; ma tutta la vita borgognona è raccolta lungo la Côte-d'Or: quivi le case, costruite in pietra, coi tetti formati da laves, senza giardini, ma con ampie cantine, sono addossate le une alle altre, e formano popolose borgate che si seguono quasi senza interruzione, occupando gli sbocchi dei combes, dove compare l'acqua, e costituendo punti di passaggio verso l'altipiano: Gevrey, Chambolle, Savigny, Pommard, ecc. Altri villaggi sorgono, ad un punto, sulla strada dei vignaiuoli, nella Côte, sulla strada del secolo XVIII, e, più ad est, presso la linea ferroviaria. Notevole è la densità della popolazione, che supera i 90 ab. per kmq. Il centro economico del paese è Digione (78.850 ab).
Arte. - Nell'arte la Borgogna tenne un posto eminente per la sua ricchezza e per la sua posizione geografica e più volte, soprattutto nei secoli XII e XV, ebbe un'importanza europea.
Sin dall'epoca della conquista romana (cui collaborarono attivamente gli Edui, cioè gli abitanti della regione di Autun), Autun fu, dopo Arles e Lione, uno dei maggiori centri della Gallia Romana. Nella divisione ecclesiastica delle diocesi, che mantenne a lungo le antiche ripartizioni amministrative, il vescovo di Parigi dipese sino al sec. XVII dall'arcivescovo di Sens. Né senza ragione le due grandi istituzioni religiose francesi del Medioevo, Cluny e Cîteaux, sorsero in Borgogna. Malgrado le invasioni (Burgundî, Visigoti, Ungari) l'impronta romana si mantenne nella regione. Pochi in verità i monumenti romani ora superstiti (porta d'Arroux e di S. Andrea a Autun, colonne di Cussy, fontana di Beauray (Beauguay); ma dovevano essere assai più numerosi sino al sec. XII (Sens è ricca di avanzi di templi antichi e di sculture funerarie): e ciò spiega perché la rinascita romanica sia stata più vigorosa in Borgogna che altrove, ché l'arte della grande scuola borgognona è piena di reminiscenze classiche.
Culla del movimento romanico fu l'abbazia di S. Benigno a Digione, costruita dal 1001 al 1018 da un italiano, S. Guglielmo da Volpiano: ne rimane una rotonda a colonne con capitelli barbarici. Appartiene pure agl'inizî del sec. XI il corpo di costruzioni della chiesa di S. Vorles a Châtillon-sur-Saône. Le vòlte appariscono adoprate soltanto negli ultimi anni di quel secolo; la prima grande chiesa a vòlta fu quella di Cluny, costruita dal 1089 al 1131. A cinque navate e doppio transetto, sormontata da cinque campanili, lunga 171 m., grande poco meno del S. Pietro in Roma, la chiesa di Cluny fu a lungo il più bell'edificio della cristianità; nessun'altra fu più ammirata o ebbe maggiore influenza, mentre il monastero di Cluny fu per duecento anni uno dei centri spirituali dell'Occidente cristiano. Tra le rovine accumulate dalla Rivoluzione, la più bestiale è quella di Cluny; il frammento di transetto rimasto basta a testimoniare della passata grandiosità; e la chiesa di Paray-le-Monial, che è una copia ridotta di Cluny, permette di immaginare lo splendore dell'originale.
La questione dell'origine delle vòlte è ancora molto dibattuta ed è connessa al problema delle influenze dell'Oriente. L'influsso orientale appare chiaramente nel S. Filiberto di Tournus, coperto di vòlte perpendicolari all'asse dell'edificio che si equilibrano, come in certi edifici persiani, e nella meravigliosa navata di Vézelay che evoca il colore e il pittoresco proprio delle moschee. Altro carattere della scuola romanica borgognona è la ricchezza della decorazione plastica. Si discute ancora se la rinascita della scultura nel sec. XII appartenga alla Borgogna o alla Linguadoca, dove è da notare che i grandi monumenti di scultura, le chiese e i chiostri di Moissac e di Souillac, sono priorati cluniacensi. Certo è che la scultura si sviluppò rapidamente in Borgogna; i magnifici portali e capitelli scolpiti di Vézelay e Autun, i portali di Mâcon, Avalon (v. tavv. XCIX e C) e Charlieu sono tra i più celebri monumenti del Medioevo. Il capolavoro di questa scuola è forse il complesso dei capitelli del Paradiso terrestre e dei toni della musica, già nel coro dell'abbaziale di Cluny. In nessun luogo l'arte romanica ha lasciato opera più delicata, d'un umanesimo più raffinato. Le figure delle sante donne, giá sulla tomba di S. Lazzaro a Autun (del monaco Martino, circa 1170), segnano l'apogeo raggiunto da quella meravigliosa scuola.
L'eccesso di decorazione negli edifici cluniacensi provocò una reazione: la Borgogna era destinata a dar vita a un'istituzione, la riforma cisterciense, che sorpassò in fama la stessa Cluny. Nell'invettiva ben nota contro il lusso degli edifici, S. Bernardo senza dubbio si volgeva contro la pompa, l'ostentazione e la grandiosità un po' sensuale della scuola cluniacense, volendo ricondurre l'arte alla purezza evangelica. Il più bel monumento cisterciense di Borgogna è l'abbazia di Fontenay. Rispetto all'arte, l'ordine cisterciense ebbe importanza soprattutto perché servì alla diffusione dello stile gotico. Questo era apparso nell'Île-de-France intorno alla metà del sec. XII: il primo edificio gotico costruito dai cisterciensi (c. 1180), fu l'abbazia di Pontigny, posteriore di qualche anno al magnifico coro della Maddalena in Vézelay, e da allora i cisterciensi furono tra le forze più energicamente operanti nel propagare lo stile nuovo in tutto l'Occidente cristiano.
L'arte gotica era però già penetrata indipendentemente da Cîteaux nel nord della Borgogna: la navata della cattedrale di Sens, di qualche anno anteriore a Notre-Dame di Parigi, è del 1160; la facciata della stessa cattedrale, continuata sino al sec. XVI, offre nei varî ordini il quadro completo, e quasi l'albero genealogico, dello sviluppo dell'arte gotica. Il gotico borgognone si distingue nel complesso dall'arte dell'epoca per alcuni caratteri di particolare eleganza: il frequente uso di colonne invece dei pilastri in muratura; la galleria interna posta sotto le finestre, in sostituzione del matroneo, la ricerca di proporzioni snelle; la non eccessiva altezza, la bellezza della muratura; alcuni elementi decorativi, come l'uso dell'atrio (v. a Semur, Digione, a Saint-Père-sous-Vézelay), la squisita bellezza della decorazione plastica. La scultura gotica non ha opera più perfetta del portale di S. Tommaso nella chiesa di Semur, o di alcune parti della facciata di Sens; gli ammirevoli bassorilievi della facciata di Auxerre (storie della Genesi, figure delle arti liberali, parabola del figliuol prodigo) già nel sec. XIII risentono squisitamente la classicità, e alcune parti (le figure di Bacco e d'Ercole) sembrano prevenire l'arte di Jean Goujon.
Ma la maggiore importanza politica della Borgogna cominciò alla fine del sec. XIV; quando le nozze con Margherita di Fiandra (1384) diedero al duca Filippo l'Ardito l'immenso patrimonio industriale e commerciale delle potenti città di Bruges e di Gand. La Borgogna, prolungata così sino alle foci della Schelda, divenne la più potente rivale della monarchia francese, che era il più ricco regno della cristianità. Ne derivarono difficoltà quasi mortali per la Francia, finite solo con la sconfitta e la morte di Carlo il Temerario. In quell'oscuro periodo della storia di Francia, quando Parigi, occupata dagl'Inglesi, non fu più capitale, Digione diventò la prima città e il grande centro artistico della Francia. Due magnifiche dimore, per la vita e per la morte, vi si fece costruire Filippo l'Ardito: un palazzo di cui rimangono imponenti avanzi (la torre di Bar e dei Duchi) e, a poca distanza dalla città, una chiesa votiva, nella certosa di Champmol, destinata a conservare il suo sepolcro. Della chiesa rimane il solo portale, ed è il monumento piú insigne della scultura borgognona: le statue della Vergine, dei due donatori accompagnati dai santi patroni, vi iniziano un'arte nuova, in cui il realismo si fonde con il lirismo e con non so quale veemenza oratoria. Queste sculture, destinate ad aver tanti riflessi, furono opera di due maestri dei Paesi Bassi, Jean de Marville e Claus Sluter. Ma ancor più celebre è il famoso "pozzo di Mosè" (specie di grande calvario che svolge il tema ben noto della fontana di sangue e del mistero della Redenzione), che esercitò la maggiore influenza su tutta la scuola settentrionale. Fra gli altri monumenti illustri della scuola borgognona citiamo le tombe dei duchi Filippo l'Ardito e Giovanni Senzapaura (Museo di Digione), nelle quali Claus de Werwe e Jean de la Huerta seppero trarre effetti di commozione dalle figure piangenti. Un ultimo sviluppo di questo bel tema si ha, alla fine del secolo, nella tomba di Filippo Pot (oggi al Louvre), dove il motivo dei pleurants assume una dignità eroica e funebre.
L'ultima eco della scuola borgognona risuona nella chiesa di Brou, costruita in stile gotico fiammeggiante agl'inizî del secolo XVI (1513-36) da Luigi van Boghem e Conrad Meït, per Margherita d'Austria. Ma già l'influenza italiana si faceva sentire a Digione nella bella chiesa di S. Michele, nella facciata di Notre-Dame in Bourg, nel portale di Tonnerre. Ormai l'arte del Rinascimento trionfava sull'antica scuola borgognona. I castelli di Ancy-le-Franc e di Tanlay sono tra i capolavori della nuova epoca. Numerose case e palazzi di Digione stanno a testimoniare l'entusiasmo della borghesia del sec. XVI per questa nuova forma di civiltà, che vi giungeva da Roma e da Milano. Il sec. XVIII aggiunse poco. L'ultimo edificio importante innalzato in Borgogna fu il Palazzo del Parlamento, la cui bella scala è opera del Gabriel.
Ma la forza borgognona, che non si era esaurita, trovò modo di esprimersi in altre arti. La pittura, dopo i vecchi affreschi d'Auxerre e di Berzé-la-Ville, dopo la pala del Broederlam e il celebre Giudizio di R. von der Weyden nell'ospedale di Beaune, produsse nel sec. XVIII due grandi maestri: Greuze e P. P. Prud'hon. Un artista morto troppo giovane, il Trutat ne avrebbe forse rinnovato la gloria nel secolo scorso. Finalmente la scultura, onore di questa grande scuola, ebbe un magnifico risveglio con Jean-Francois Rude, autore degl'immortali bassorilievi dell'Arc-de-Triomphe e forse l'ultimo maestro francese che seppe padroneggiare lo stile monumentale.
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Storia. - La Borgogna fino alla formazione del ducato. - Il nome ha abbracciato nel corso dei secoli, un'estensione di terre ora maggiore, ora minore; l'origine risale all'insediamento, nella Gallia, della popolazione germanica dei Burgundî (v.). In qualche momento il nome fu lì lì per scomparire, di fronte all'affermarsi di altre denominazioni, assunte da formazioni politiche delle quali la Borgogna era entrata a far parte; in sostanza il nome deve la sua fortuna e la sua sopravvivenza fino ai nostri giorni, per quanto non nella nomenclatura amministrativa ufficiale, all'essere stato, per alcuni secoli, il nome d'un insieme feudale (il ducato di Borgogna) che in certi momenti si contrappose allo stesso regno di Francia.
Ha poca importanza la storia dell'odierna Borgogna fino al costituirsi del ducato (sec. IX). Fu abitata dagli Edui, dai Mandubî, dai Sequani e dai Lingoni, fece parte della provincia lionese e andò ulteriormente suddivisa. La Civitas Eduorum divenne uno dei centri di questo paese e della Gallia romana, mentre il castrum Divionense, nella vallata dell'Auche, in una posizione di grande importanza strategica fra le valli della Senna e della Saône, fu la prima base di quella che divenne più tardi la città di Digione. Fra il I e il II secolo vi penetrò il cristianesimo, che vi lasciò i primi martiri (S. Sinforiano, S. Benigno, ecc.). Come tutta la Gallia orientale, così la Borgogna fu corsa dalle prime invasioni barbariche e fu in preda a vera anarchia nella prima metà del sec. III. Restaurato l'ordine, ricadde definitivamente in mano degl'invasori al principio del secolo V. Fu incorporata al regno dei Burgundî che scomparve come unità politica nel 534, distrutto dai Franchi. La Borgogna, anche annessa al regno franco, mantenne in esso una posizione distinta; anzi ora, più che sotto la dominazione burgundica, si viene formando una sua fisionomia territoriale e politica, nelle varie, innumerevoli suddivisioni ereditarie del regno merovingico. Infatti alla morte del re Clotario (561) essa fu data a Gontrano, figliuolo di lui, che la governò fino al 593, anno della sua morte, risiedendo ora a Lione, ora a Chalon-sur-Saône. Fu al tempo di Gontrano che il termine di Borgogna, in seguito all'energica politica di difesa e anche di conquista del re, si estese fino a comprendere la Provenza. Ma questa situazione non durò oltre la morte del re; la parte meridionale andò di nu0vo perduta, a profitto di altri re merovingi, mentre la Borgogna vera e propria toccò, come parte dell'Austrasia, a Teodorico (596-613), figlio di Childeperto re d'Austrasia. Anche quando, dopo il 613, la Borgogna, come il resto delle terre franche, venne in potere di Clotario II, continuò a mantenere una certa posizione a sé, venendo amministrata da particolari maggiordomi, fra i quali, nella seconda metà del sec. VII, vanno ricordati Leodecario (S. Léger), vescovo di Autun, e il suo avversario Ebroino. Con il prevalere, dalla fine del sec. VII, di Pipino e degli altri Carolingi sui re Merovingi e con il loro definitivo avvento al trono franco, la Borgogna perde la sua posizione distinta; ma il nome rimane, nell'uso, a designare una vasta regione dalla Valle di Susa e dal Lago di Ginevra fino alla regione di Orléans e di Blois, da quella di Lione a quella di Parigi.
Il ducato di Borgogna. - Il trattato di Verdun (843) portò anche qui, come altrove, conseguenze fondamentali e definitive: Lotario ebbe la parte di Borgogna ad est della Saône e del Rodano, e questa sarà in seguito la contea di Borgogna, o la Franca-Contea (v.); a Carlo il Calvo spettò la parte di Borgogna ad ovest della Saône, e questo fu il nucleo del ducato di Borgogna.
Per il momento, tuttavia, il nome di Borgogna trova applicazione in altri aggregati feudali e precisamente nei due regni, della Borgogna cisgiurana (Bassa Borgogna o Provenza) e della Borgogna transgiurana (o Alta Borgogna, o, anche, Borgogna senz'altro), che, uniti dal 933, formarono quello che si disse il regno di Borgogna o di Arles (v.), dal 1038 in debole soggezione feudale all'Impero. Quando poi la parte meridionale del regno d'Arles venne prima delle altre a staccarsi dal resto e ad entrare in qualche dipendenza della corona di Francia (Provenza, Delfinato, ecc.), si chiamò Borgogna solo la parte settentrionale del regno d'Arles, comprendendovi spesso anche la Franca-Contea, che, per legami familiari, fu più d'una volta unita al regno d'Arles. Una sua fisionomia distinta, ma entro la compagine del regno di Francia, ebbe anche il ducato di Borgogna, creato da Carlo il Calvo e conferito a suo cognato, riccardo il giustiziere, conte di Autun (877-921), che nel suo lunghissimo governo ebbe a combattere specialmente contro i Normanni, penetrati fino nel cuore della Borgogna, e riuscì a liberarne il paese. Nei suoi ultimi anni, e non per il suo diretto intervento, fu fondato e cominciò a fiorire in Borgogna il monastero di Cluny, che tanta importanza, nel secolo successivo, doveva avere nella storia della chiesa e dell'Europa. Raoul (Rodolfo), figlio di Riccardo, tenne il ducato per due soli anni (921-23), salendo poi al trono di Francia, onde il governo della Borgogna passò al cognato Gisleberto (923-936), che tentò, inutilmente, di ribellarsi al re. Peggio gli eccadde quando, morto Raoul (936), Ugo il Nero figlio di Riccardo il giustiziere e Ugo il Grande o il Bianco, il duca più potente e quasi re non coronato di Francia, gliene contesero il possesso. Nonostante un trattato, concluso a Langres (938), che doveva dividere il ducato fra i tre contendenti, Ugo il grande ebbe, in sostanza, la parte del leone, il titolo di duca di Borgogna, e alla sua morte (956) trasmise tutto il ducato al figlio Ottone (956-963); a questo successe il fratello Enrico il grande (963-1002), mentre l'altro fratello, figlio di Ugo il Grande, saliva al trono di Francia (v. ugo capeto). Ma c'era il pericolo che, in processo di tempo, allentandosi i vincoli di parentela con la corona, i duchi di Borgogna si considerassero indipendenti dal sovrano: infatti già il nipote e successore di Enrico il Grande, Ottone Guglielmo (1002-1017) fece un primo tentativo in questo senso: il che provocò varie spedizioni del re Roberto nella Borgogna. Alla fine il duca ribelle si sottomise e il suo più valido aiuto, il cognato Brunone vescovo di Langres, fu sostituito. Poco dopo anche Ottone Guglielmo fu sostituito dal figlio di re Roberto, Enrico (1017-1027), che dieci anni dopo saliva al trono di Francia. Così, già per la seconda volta, il ducato di Borgogna costituiva il feudo provvisorio dell'erede al trono, ed era quasi considerato il suo appannaggio. Ma salito al trono Enrico, il procedimento muta: il ducato di Borgogna è conferito, dopo alcuni anni di contrasti, al fratello Roberto (1032-1076), col quale s'inizia una linea a sé dei Capetingi, che per eredità, entro la loro linea, si trasmetteranno il ducato fino al 1361. Roberto dovette a lungo combattere con i conti ribelli del suo ducato, specialmente contro il conte di Nevers; ma infine riuscì ad affermare la sua autorità e a trasmettere il ducato al nipote Ugo (1076-1079) che fu riconosciuto dai vassalli. Essi combatterono, al suo fianco, in una spedizione in Navarra, e furono validi sostenitori anche del suo successore, Odone detto Borel (1079-1102), che condusse pure parte della sua vita avventurosa in Spagna, s'imparentò con la famiglia reale di Castiglia, fu protettore dei monaci del monastero di Cîteaux, fondato in quel tempo in Borgogna, ma fu anche scomunicato per aver oppresso quello di Cluny e morì crociato, probabilmente in Cilicia. Il figlio Ugo II il pacifico (1102-1143) fu pure implicato nelle querele fra cluniacensi e cisterciensi, e così il figlio Odone II (1143-1182); il figlio di quest'ultimo, Ugo III (1162-1193) dovette riprendere la lotta contro il vassallo, perpetuamente riribelle, il conte di Nevers, dopo che nei suoi primi anni di governo, quand'era ancora sotto la reggenza della madre, si era manifestato un pericoloso pronunciamento dei vassalli, aiutati sottomano dall'imperatore Federico I Barbarossa. Questo di Ugo III fu, in sostanza, un periodo di torbidi e, eccezionalmente nella storia di questi primi duchi di Borgogna, anche di rapporti non sempre cordiali con il re di Francia, alla cui famiglia pur appartenevano i duchi di Borgogna. Ugo III, riacquistata la fiducia del re Filippo Augusto, morì crociato a Tiro, e gli successe il figlio Odone III (1193-1218), che strinse ancor più i vincoli con il sovrano, del quale fu grande sostenitore contro gl'Inglesi e contro gli Albigesi. Lasciò un figlio giovinetto, Ugo IV (1218-1272), sotto la forte reggenza della madre Alice di Vergy; anch'egli fu crociato, con Luigi IX il Santo cadde prigioniero a Mansurah ed ebbe poi, da Baldovino di Costantinopoli, il titolo, solamente onorifico, di re di Tessalonica. Alla sua morte il ducato doveva spettare, per le ultime volontà di Ugo, al fratello Roberto II (1272-1305), ma questi riuscì a mantenervisi solo dopo aspre contese con i mariti delle figlie di Ugo, specialmente con Roberto III conte di Fiandra. Ebbe alleato il re Filippo il Bello, verso il quale Roberto si mostrò sempre fedele, specie nella lotta contro il papa Bonifacio VIII; aveva anche aiutato, in Italia, Carlo d'Angiò. Dopo il breve governo del figlio minore Ugo V (1305-1315) il ducato passò all'altro figlio Odone IV (1315-1350), che va ricordato anche perché fu leale alleato di Amedeo VI conte di Savoia. Lasciò, in momenti assai difficili, mentre la Borgogna stava per essere invasa dagl'Inglesi, un figlio minorenne, Filippo di Rouvre (1350-1361), che morì senza eredi. L'eredità fu pretesa dal re di Francia, Giovanni II il Buono, il quale, benché non avesse maggiori titoli, la vinse contro l'altro pretendente Carlo re di Navarra, e mantenne il ducato, anche contro le compagnie di ventura che lo mettevano a ferro e a fuoco.
Nel 1363 concedeva a suo figlio Filippo l'Ardito (v.) il ducato di Borgogna in appannaggio e con l'obbligo che ritornasse alla corona, nel caso che venissero a mancare gli eredi maschi. In questo modo si stringevano di nuovo i vincoli fra il ducato di Borgogna e la corona di Francia. I quattro duchi di questa seconda famiglia di Borgogna, Filippo l'Ardito (1363-1404), Giovanni Senzapaura (1404-1419: v.), Filippo il Buono (1419-1467: v.) e Carlo il Temerario (1467-1477: v.) furono figure di grande rilievo nella storia di Francia, anzi d'Europa; con essi la Borgogna assume un'importanza non mai avuta fino allora e, specialmente con i due ultimi, è sul punto di divenire un potente stato a sé e forse, anche, predestinato a soppiantare la dinastia sul trono di Francia, se tutto non fosse crollato con la sconfitta di Carlo il Temerario a Morat e la sua uccisione sotto le mura di Nancy (1477). Questa maggiore importanza del ducato di Borgogna si deve non soltanto al rilievo singolare della personalità dei suoi duchi, ma altresì all'estensione che il ducato aveva assunto per l'incorporazione di vaste terre in seguito a matrimonî. Infatti, nel 1369, Filippo l'Ardito sposò Margherita di Fiandra, che gli portò in dote la Fiandra, la Franca-Contea (o contea di Borgogna), l'Artois, la contea di Nevers e di Rethel. In questo modo i possessi del duca di Borgogna si estendevano dal Giura al Mare del Nord; e benché, giuridicamente, le singole parti mantenessero la loro fisionomia distinta, tuttavia, nella pratica, il nome di Borgogna si estese anche ad esse e ad esse fu applicato spesso nell'uso corrente.
La Borgogna nella monarchia francese. - Carlo il Temerario lasciava solo una figliuola, Maria, e Luigi XI ne approfittò per riunire subito il ducato e la contea di Borgogna. Avrebbe, forse, voluto occupare anche le Fiandre, ma non se ne sentì la forza, senza dire che qui gli avrebbero ancor più fatto difetto i titoli di legittimità alla successione. Le truppe francesi furono cacciate dalla contea ma poterono occupare e mantenere il ducato. Maria, che aveva sposato nel frattempo Massimiliano d'Austria, trasmise i suoi diritti sul ducato al re di Francia e il 3 dicembre 1482 fu previsto che la figlia Margherita avrebbe sposato il Delfino di Francia. Il matrimonio andò a monte, quando Carlo VIII passò, invece, a nozze con la duchessa di Bretagna; di qui la guerra con Massimiliano d'Austria; col trattato di Senlis, del 1493, la contea (non il ducato) di Borgogna, il Charolais e l'Artois furono rese a Filippo il Bello, figlio di Maria di Borgogna e di Massimiliano d'Austria.
Il ducato, riunito definitivamente alla Francia nel 1497, conservò i suoi stati provinciali, istituiti nel sec. XIV, e a cominciare dal sec. XV essi furono riuniti regolarmente ogni tre anni, ordinariamente a Digione. Esso dipendeva dai due Parlamenti, da quello di Digione per la massa principale del ducato e dei suoi annessi (Charolais, Bresse, Bugey, Vabromay, paese di Guy), da quello di Parigi per la contea d'Auxerre e di Bas-sur-Seine; dal 1771, Mâcon dipese dal Consiglio superiore di Lione. La generalità di Borgogna comprendeva 32 città e al suo governo erano uniti i quattro annessi precitati. A Digione, fin dal sec. XIV, v'era una Corte dei Conti. Dal punto di vista ecclesiastico, la Borgogna si estendeva alle tre diocesi di Lione, Sens e Besançon. Il vescovato di Digione fu creato solo nel 1731, a spese della diocesi di Langres.
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