PASTERNAK, Boris Leonidovič (XXVI, p. 477)
Poeta e narratore russo, morto nella sua casa di campagna a Peredelkino, presso Mosca, il 29 maggio 1960.
Durante la seconda guerra mondiale lo scrittore pubblicò due soli piccoli volumi di versi: Na rannich poezdach ("Sui treni mattutini", 1943, contenente 11 poesie scritte nel 1936 e 15 scritte nel 1941, alcune di queste ultime ispirate alla guerra), e Zemnoj prostor ("La vastità terrestre", 1945, in cui figurano alcune ristampe, nonché altre poesie sulla guerra), la cui caratteristica stilistica è la stessa delle raccolte precedenti, come lo stesso ne è il tono fondamentale, cioè individualistico; il che spiega l'atteggiamento negativo della critica sovietica, nonostante l'evidente sforzo del poeta di inserirsi nella nuova realtà creata dalla guerra.
Conseguenza dell'atteggiamento negativo della critica fu la circostanza che per varî anni P. si dedicò soprattutto a un lato secondario della sua attività, quella di traduttore, pubblicando tra l'altro Gruzinskie poety ("Poeti georgiani", 1946) il Primo e il Secondo Faust di Goethe (1953) e una scelta di tragedie di Shakespeare (1953). Un ritorno alla poesia segnò il 1954 con la pubblicazione di alcune liriche nella rivista Znamja, ma le poesie erano accompagnate da una nota che, presentandole come opera dell'eroe di un romanzo in preparazione, Doktor Živago ("Il dottor Ž.") indicava un ritorno di P. anche alla prosa. Portato a termine nel 1956 e inviato alla rivista Novyj Mir, il romanzo fu respinto con una motivazione assai severa: l'eroe era accusato di "individualismo patologico" e il romanzo stesso era giudicato un romanzo politico a tesi "ingiusto, storicamente non obbiettivo nella rappresentazione della rivoluzione, della guerra civile e degli anni post-rivoluzionarî". Ma l'opera era stata frattanto affidata all'editore italiano Feltrinelli che, nonostante l'opposizione dell'Unione degli scrittori sovietici, la pubblicò in italiano nel novembre del 1957.
Alla pubblicazione in Italia seguirono quasi subito quelle in Inghilterra, negli S. U. A., in Germania, in Francia, in Olanda, suscitando in tutti questi paesi vive discussioni che, in contrasto col giudizio dato dalla critica russa, difendevano soprattutto l'apoliticità e la profonda liricità del romanzo. L'individualismo del romanzo è apparso alla maggior parte della critica occidentale la logica continuazione di quello di tutta la poesia di P. Particolarmente notevole nel romanzo è l'alternarsi delle prevalenti note epiche con numerosi e frequenti motivi lirici. Prendendo in considerazione sia il poeta sia il prosatore, nell'ottobre del 1958 l'Accademia svedese assegnò a P. il premio Nobel per la letteratura, assegnazione ritenuta dalle autorità sovietiche come un atto politico diretto contro l'URSS. Ad evitare gravi conseguenze nei proprî riguardi, preannunziate dalla sua espulsione dall'Unione degli scrittori sovietici, P. dichiarò di rinunziare al premio. La polemica suscitata dalla pubblicazione del romanzo all'estero dopo la proibizione in Russia, e aggravatasi con l'assegnazione del premio Nobel, ha indubbiamente amareggiato gli ultimi anni di vita del poeta.
Bibl.: A. M. Ripellino, introd. a Boris P., Poesie, trad. con testo originale a fronte, Torino 1957 (ampia trattazione anche con riferimento all'epoca come sfondo all'evoluzione del poeta); Y. Berger, B. P., Parigi 1958; A. M. Ripellino, introd. a Boris P., L'infanzia di Ženia Ljuvers, Torino 1960. Sul romanzo Il dottor Živago: A. Moravia, Visita a P., in Corriere della Sera, 11 genn. 1958; G. Ruge, Visita a Boris P., in Tempo Presente, III, i, gennaio 1958; G. Herling, Poesia e storia, in Il Mondo, X, 4, 28 gennaio 1958; E. Zolla, Cinque tesi sul "dottor Živago", in Tempo Presente, III, 2 febbraio 1958; R. Bacchelli, Lo sguardo di un poeta russo, in Corriere della sera, Milano, 19 marzo 1958; E. Lo Gatto, Boris P., in Il Tempo, 31 maggio 1960.