BORNIO da Sala
Nacque a Bologna agli inizi del sec. XV da Beltrame di Bornio, di nobile famiglia originaria di Sala nel Bolognese, e da Sara di Conte de' Ruffini. Nella città natale studiò legge, com'egli ricorda nel De Patientia, sotto l'illustre giurista Floriano da Castel San Pietro; laureatosi il 4 sett. 1425 in diritto civile, iniziò in quello stesso anno, come "deputatus ad lecturam Voluminis", la sua carriera di insegnante universitario.
Dopo il breve matrimonio con Amidea di Bartolomeo Gembruti, che morì assai giovane senza lasciargli figli, si unì in seconde nozze, prima del 1428, con Elena di Francesco Poeti: da lei ebbe Girolamo, Lodovico, dottore in diritto canonico, Giovan Gaspare, dottore in utroque iure e anch'egli lettore nello Studio bolognese, e Iacopo.
Spirito intransigentemente religioso e rigidamente moralista, appoggiò le pretese papali di dominio temporale su Bologna, ed ebbe a soffrire gravi danni economici durante la sollevazione promossa nel 1428 dai Canetoli contro il cardinal legato; continuò tuttavia pazientemente la sua vita di studio e d'insegnamento. Il 30 dic. 1435 si laureò in diritto canonico; nel settembre del 1438, dopo aver occupato varie cattedre, riuscì ad esser iscritto nei rotuli dal Reggimento di Bologna tra i lettori di Decretali, cattedra che terrà con gran fama fino al 1466, con le sole interruzioni accertabili del 1440-1441 e del 1463-1464. Dal 1445 in poi, però, probabilmente a causa di più gravi impegni che lo tenevano occupato, insegnò soltanto "de mane diebus festis".
Per la sua posizione ebbe molte cariche cittadine ed universitarie: nel 1441 è giudice del Foro dei Mercanti; nel settembre 1443 è estratto per la prima volta priore del collegio di diritto civile (fu poi nuovamente estratto il 4 marzo 1458 e il 9 febbr. 1465), nel 1456 fa parte del magistrato degli Anziani, nel 1458 èvicario del cardinal legato per quel che riguarda la concessione dei dottorati. Il suo moralismo e la sua fedeltà alla Chiesa lo misero talora in grave contrasto con i suoi concittadini: così nel 1459, incaricato da Bologna di tenere un discorso di benvenuto in occasione dell'arrivo di Pio II, si scagliò invece, come ricorda Enea Silvio nei suoi Commentarii, contro la corruzione dilagante nella città e invocò il papa di intervenire per far rispettare le leggi e riformare i costumi. Il papa umanista ammirò il coraggio e lodò l'oratoria e la dottrina di B., ma questi dovette allontanarsi per qualche tempo da Bologna per sfuggire alle ire dei concittadini. Infondata sembra invece la notizia, riferita tra gli altri dal Mazzetti, secondo cui, a causa di questo discorso, sarebbe stato obbligato ad andare in esilio nel 1462-1463, dato che in quegli anni B. fu regolarmente rotulato tra i lettori dello Studio.
Il 18 febbr. 1460 consegnò le insegne dottorali al figlio Giovan Gaspare, pronunziando una solenne orazione; intorno a quell'anno fu tra i coadiutori del card. Bessarione nell'esaminare il De feudis di Antonio di Pratovecchio. Il 23sett. 1462 emancipò Girolamo e Lodovico assegnando loro parte dell'eredità; il 24 sett. 1465testò in favore di Iacopo e di Giovan Gaspare, e l'anno successivo pose termine all'insegnamento.
Delle molte opere che lasciò manoscritte solo una piccola parte è oggi rintracciabile: tuttavia dal lungo elenco di titoli che riferisce il Fantuzzi è chiaro che, nonostante la lunga e fortunata attività di insegnante di materie giuridiche, B. nelle sue opere non si interessò di giurisprudenza, ma di religione e di morale. Tra i suoi primi scritti v'è un'operetta, intitolata nei codici De patientia o De civili bello (Roma, Bibl. Vaticana, cod. Vat. Lat. 3970, cc. 72 ss.; Vat. Lat. 4569, cc. 3-45; Ottob. Lat. 1828, cc. 31-73; Bologna, Bibl. Universitaria, cod. 5217, cc. 1-80; Venezia, Bibl. Naz. Marciana, cod. Marc. Lat. XIV 292, cc. 148-75; Vienna, Bibl. Palatina, cod. 3420, cc. 61 s.), indirizzata in forma di lettera al fratello Catelano il 1º febbr. 1429: prendendo spunto dalla rovinosa sollevazione del 1428, B. deplora le rovine causate dalle fazioni e ricorda esempi storici di pazienza e moderazione per trovar la forza di sopportare le recenti calamità che l'avevano direttamente colpito. L'opera riesce abbastanza interessante dal punto di vista documentario, dato che vi si narrano aneddoti e fatti riguardanti illustri contemporanei bolognesi. Degli altri trattati che scrisse conosciamo solo il Contra impietatem Iudeorum (Bologna, Bibl. Universitaria, cod. 1400, cc. 1-40) e il De Principe (Milano, Bibl. Ambrosiana, cod. A 83 inf.) dedicato a Borso d'Este.
Alcuni suoi discorsi ci sono rimasti manoscritti: tra essi uno indirizzato ad Eugenio IV (Palermo, Bibl. Comunale, cod. 2 Qq D 140), quello pronunziato nel consegnare le insegne dottorali al figlio Giovan Gaspare (Vienna, Bibl. Palatina, cod. 5217, cc. 85-89), uno detto "in senatu Bononiensi pro domino Donato dominorum Florentinorum oratore" (Monaco, Staatsbibliothek, cod. Lat. 504, c. 293v) ed altri (Milano, Bibl. Trivulziana, ms. 682, cc. 169v-170v; Napoli, Bibl. Nazionale, cod. VII E2, cc. 175-76, datato 1433).
B. fu anche scrittore, pur se non molto prolifico, di versi volgari, che rappresentano la parte migliore della sua opera. Una canzone e tre sonetti pubblicati dal Frati nei suoi Rimatori bolognesi dal cod. Isoldiano mostrano chiaramente come in lui ci fosse una vocazione moralistica sincera, evidentissima nella fiera canzone, mossa dal letterario rimpianto per una mitica età dell'oro, ma anche da un risentito senso di giustizia e da una ribellione tutt'altro che di maniera contro la decadenza morale e i vizi del suo tempo. Una canzone accesamente misogina e religiosa fu pubblicata dal Cinquini (in Classici e neolatini, VII [1911], pp. 373-77); altre sue rime sono a Rovigo, Bibl. Comunale, ms. 289 del fondo Concordiano.
Del volume di sue lettere ricordato dal Fantuzzi pochissime ci sono rimaste, tra cui una in volgare contro l'amore, indirizzata a un Gentile, fu pubblicata dal Frati in un suo saggio su B.; le altre sono inedite (Arch. di Stato di Torino, J b IX 9: al Panormita; Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 797, cc. 86v-87: 2 lettere; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, filza 139, c. 143: al card. N. Acciapaccio; Brescia, Civica Bibl. Queriniana, cod. B VI 18, c. 10: lettera datata Butrii 1430). Qua e là sono reperibili anche lettere indirizzategli da suoi corrispondenti: il Poggio (Poggii Epistolae, Argentorati 1513, p. 131);Jacopo Piccolomini (J. Piccolomini card. Papiensis Epistolae, in Pii II Commentarii..., Francofurti 1614, pp. 460 s.), il beato Ambrogio Traversari (A. Traversarii... Epistolae, Florentiae 1759, coll. 457-60);ebbe amichevoli rapporti anche col Filelfo, l'Aurispa, Ludovico Casella. Testimonianza - forse unica - dell'attività legale di B. è infine un B. de S. et Gratioli de Prusilio iurisconsultorum bononiensium patrocinium pro patria, che porta la data 1449, a c. 230 del ms. 166, conservato nella Biblioteca Gozzadini di Bologna.
B. morì a Bologna il 13 ag. 1469 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco.
Non deve essere confuso col suo antenato Bornio di Catelano, canonico della Collegiata di S. Maria Maggiore di Bologna, decapitato nel 1376per complicità in una congiura, né col nipote Bornio, figlio di Giovan Gaspare e anch'egli giureconsulto.
Fonti e Bibl.: Pii secundi P. M. Commentarii..., II, Francofurti 1614, pp. 55 s.; G. Aurispa, Carteggio, a cura di R. Sabbadini, Roma 1931, in Fonti per la storia d'Italia, LXX, pp. 16, 35, 179; G. Fantuzzi, Notizie degli scritt. bol., VII, Bologna 1789, pp. 254-60; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi, e moderni della famosa Università... di Bologna, Bologna 1847, p. 275 n. 2742; U. Dallari, Irotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, I e IV, Bologna 1888-1924, ad Indicem; R. Sabbadini, Un biennio umanistico, in Giorn. stor. della letter. ital., suppl. VI(1903), p. 98; L. Frati, B. e Gio. Gaspare da S., in Studi e mem. per la storia dell'Università di Bologna, I (1908), pp. 197-227 (a pp. 226 s. la lettera a Gentile); Rimatori bolognesi del Quattrocento, a cura di L. Frati, Bologna 1908, pp. 335-346 (le rime di B. sono a pp. 339-46); Chartularium Studii Bononiensis, I, Bologna 1909, pp. 100, 336 s.; G. Zaccagnini, Storia dello Studio di Bologna durante il Rinascimento, Genève 1930, pp 88-89, 96; G. Mercati, Ultimi contributi alla storia degli umanisti, I, Città del Vaticano 1939, pp. 35, 44, 49, 131; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I - II, ad Indices.