BOROBUDUR
(Boroboedoer) - È il santuario centrale del Buddhismo nell'isola di Giava, situato presso Magelang, nella residenza (provincia) di Kedoe. Il santuario è del tipo stūpa ossia non è un tempio praticabile, bensì un monumento massiccio (v. india: Architettura).
Nei secoli VII e VIII d. C. si fece strada nell'arcipelago indiano una corrente religiosa che sostituì il buddhismo hīnayānico (v. buddhismo) col mahāyānico, e il sacrario di Borobudur, monumento puramente mahāyānista, è segno del suo trionfo. L'epoca della sua costruzione si è potuta stabilire con certezza dai caratteri delle iscrizioni nella parte inferiore del monumento con indicazioni per gli scultori dei rilievi ivi collocati: essi sono della metà del secolo VIII. Secondo la tradizione, l'architetto si chiamerebbe Gunadharma. Per un secolo e mezzo questo stūpa fu centro del buddhismo giavanese; verso il 925, quando il centro politico e culturale di Giava si spostò verso la parte orientale dell'isola, Borobudur come gli altri santuarî di Giava centrale decadde e nella decadenza e nell'abbandono di secoli parzialmente crollò e si coperse di un manto di vegetazione; soltanto dal 1814 le sue rovine destarono l'interesse degli studiosi, furono scavate, studiate, disegnate con rilievi accurati; infine, dal 1907 al 1911, fu restaurato in modo accuratissimo da T. van Erp.
Borobudur si distingue da tutti gli altri stūpa conosciuti, poiché il monumento non sorge su un terreno piano, ma su una collina naturale, che fu rivestita da un manto di pietra lavorata. Per tale scopo si trasformò la collina in nove terrazze degradanti, le sei inferiori a pianta quadrata, le tre superiori a pianta circolare. La terrazza inferiore serve da galleria esterna e d'imbasamento. Il muro su questa prima terrazza e quelli sopra le quattro terrazze seguenti portano sul cornicione un'alta e monumentale balaustrata, limitando così su ognuno dei quattro piani uno stretto andito. Nel mezzo di ogni lato una serie di porte e scalinate dà accesso agli anditi dei quattro piani. Negli anditi tanto le pareti quanto le balaustrate sono riccamente ornate con serie di rilievi in riquadri limitati da due pilastrini e da ornamenti vegetali, ma dall'esterno nulla appare dei rilievi; si vede soltanto ciò che si trova sopra i pesanti cornicioni delle mura di rivestimento, un susseguirsi ininterrotto di nicchie in forma di tempietti, in ognuna delle quali è una statua di Buddha.
Al disopra del quarto andito è una terrazza più ampia contornata verso l'esterno dalla solita balaustrata, all'interno dalla più bassa delle tre terrazze circolari. Colà le mura sono prive di qualsiasi ornamento, poiché lo stūpa vuole avere un significato cosmico: e a quell'altezza, superato il mondo esteriore delle visioni, si entra nel mondo privo di forma. Ognuna delle tre terrazze porta una corona di piccoli stūpa a forma di campana traforata, in ognuno dei quali è una statua del Buddha. Seguitano in alto, anch'esse prive di ornamenti, le scalinate, fino al culmine dell'edificio che ha nel mezzo lo stūpa più grande, con pareti non traforate, chiuso e impenetrabile, che domina tutta la costruzione; e più la dominava quando aveva il suo coronamento di un alto pinnacolo con tre "ombrelloni" di pietra ed in cima un ricco ornamento in pietra rara.
Il monumento (di m. 111,50 per lato; e alto m. 31,50) è costruito di conci di pietra vulcanica riuniti con calce. Già quando si costruiva ne fu modificato il progetto originario: a quanto pare in seguito al pericolo di cedimento, la base fu circondata di grossi blocchi di pietra; si accrebbe così il difetto della troppo grande larghezza in confronto alla poca altezza; e si copersero intieramente i rilievi dell'imbasamento nascondendo alla vista una serie di 160 rilievi di quell'insieme di rappresentazioni (ne restano visibili più di 1300, divise in altre dieci serie) che forma un compendio di dottrina buddhista, illustrando testi buddhisti in gran parte oramai identificati.
Alla base è raffigurato il Karmavibhāga cioè la legge del Karma, secondo cui ogni azione porta con sé le sue inevitabili conseguenze in una vita successiva. Al primo andito si trova raffigurato come il Buddha abbia predicato la sua dottrina di salvazione: il Lalitavistara, cioè la vita del Buddha storico. Nella serie inferiore dei rilievi della stessa parete cominciano le storie delle vite anteriori del Buddha: le Jātaka e le Avadāna che continuano sulla balaustrata del primo e su quella del secondo andito: vi si riconosce la raccolta del Jātakāmālā (v. buddhismo).
Sulla parete principale del secondo andito è rappresentata la quintessenza della dottrina di Buddha, il Gandavyūha, cioè la storia di colui che cerca l'Intendimento Supremo - somma ricompensa promessa dal buddhismo mahāyānico ai suoi fedeli - e in un pellegrinaggio senza riposo ne trova in ogni angolo dell'universo una particella. Nel terzo andito il pellegrino è guidato da Maitreya, cioè da colui che in avvenire sarà Buddha e predicherà in futuro la possibilità di redenzione; nel quarto ha per guida Samantabhadra, colui che tra i buddhisti giavanesi fu considerato il Buddha nuovissimo dell'ultimo avvenire. I rilievi delle balaustrate negli anditi superiori più alti non sono ancora stati spiegati; ma già vi si riconoscono, tra altro, certi esseri miracolosi creati da Maitreya.
Le statue di Buddha nelle nicchie sulle terrazze sono tutte rappresentate sedute, di uguale grandezza: in tutto i Buddha di uguale dimensione sono 504. In questo complesso di statue sono raffigurati dei Buddha trascendentali, irreali - i cosiddetti Jina o Buddha-Dhyani - i quali esistono solamente nel regno del pensiero, e di cui il Buddha terreno non è che un riflesso condensato nella materia.
Nello stūpa centrale, che era inaccessibile, fu trovata una statua di Buddha non finita: c'è chi vede nella statua l'effigie di Ādi-Buddha, origine di tutto l'Essere, la cui natura astratta sarebbe indicata nella forma incompiuta della statua; altri ritiene che si tratti di una copia della statua, anch'essa non finita, del Buddha storico che si trovava sul punto ove una volta egli era giunto all'Intendimento Supremo.
Nonostante alcuni punti ancora incerti, è evidente che il tempio di Borobudur intende dare un compendio dell'intera dottrina buddhista. Oltre al significato religioso - l'unico che valesse per i fondatori - per noi moderni esso ha sommo valore artistico e grande interesse storico per le indicazioni sulla vita giavanese del sec. VIII, poiché gli scultori raffigurarono in forme prettamente giavanesi i testi sanscriti importati (v. tavv. CI e CII).
Bibl.: J. Crawford, On the ruins of Boro Budur, in Transact. Litterary Society, II, Bombay 1820; C. Leemans, Bôrô-Boudour dans l'île de Java, Leida 1874 (traduzione dell'opera olandese, uscita nel 1873); C. M. Pleyte, Die Buddha-Legende in den Skulpturen des Tempels von Bôrô-Budur, Amsterdam 1901; A. FOucher, Notes d'archéologie bouddhique, in Bull. de l'école française d'Extrême-Orient, Hanoi 1909; T. van Erp, Hindu monumental art in Central Java, Londra 1909; J. Ph. Vogel, The relation between the of India and Java, Londra 1925; N. J. Krom, Archaeological description of Barabudur, L'Aia 1927 (revisione dell'originale olandese del 1920, con la bibliografia fino al 1926).