BORSO di Carminati (Borso Carminati, Borso de' Carminati), Gaetano
Nacque a Malaga nel 1799 da famiglia genovese. Non si conoscono il giorno e il mese della nascita né le vicende a causa delle quali la nascita avvenne in Spagna. Iniziata nel 1815 la carriera militare in Piemonte, nel 1819 veniva nominato sottotenente della brigata Aosta. Come tale si trovava a Genova quando scoppiarono i moti del 1821; pur non partecipandovi attivamente, simpatizzò tuttavia con gli insorti e riuscì a evitare uno spargimento di sangue, impedendo che, nel luogo di raduno delle truppe ove egli si trovava, si sparasse contro i soldati che avevano aderito all'appello insurrezionale di un ufficiale (cfr. Mazzini, Epistolario, X, pp. 343-344). Quando il fallimento dei moti divenne evidente, fuggì con altri esuli e si recò in Spagna; venne perciò dichiarato disertore. La sua posizione non era comunque delle più gravi e gli sarebbe stato possibile ottenere di ritornare in patria senza gravi conseguenze; preferì restare in esilio per il resto della sua vita, ponendosi al servizio della causa costituzionale in altri paesi.
Sbarcato a Barcellona, come molti altri esuli italiani, continuò a combattere in difesa della costituzione spagnola, arruolandosi, col grado di capitano, in un battaglione di volontari catalani. Rimase in Spagna fino alla fine della resistenza dei costituzionali; dopo la caduta del Trocadero fu imprigionato a Malaga; verso la fine del 1823, riuscito a fuggire, si recò a Gibilterra, dove restò a lungo nella più assoluta miseria, insieme con altri esuli italiani, tra i quali Carlo Beolchi, in attesa di un imbarco. Partì infine con i compagni per l'Inghilterra e sbarcò a Jersey alla fine del febbraio 1824. Dopo una, breve sosta nell'isola, dove gli esuli erano stati fraternamente accolti dalla popolazione e dalle autorità, il B. partì nuovamente e giunse a Southampton il 24 marzo.
In Inghilterra rimase sei anni. Almeno per qualche tempo visse a Bath, dando lezioni di italiano; ma non era certo una sistemazione confacente al suo carattere irrequieto: avuta notizia degli avvenimenti francesi, si trasferì in Francia e prese parte alla rivoluzione di luglio, operando alle dipendenze del generale Polignac. Giunta notizia dell'insurrezione del febbraio 1831 a Modena e Bologna, il B. si recò a Lione, dove si era costituito un comitato che doveva preparare una spedizione militare per raggiungere, attraverso la Savoia, il Piemonte.
A tale spedizione la Francia sembrava dare tacitamente, approvazione e aiuti, ma il 24 febbraio giunse improvvisamente la notizia che le autorità avevano ricevuto l'ordine di fermare la colonna dei volontari. Gli esuli italiani tentarono allora di preparare uno sbarco dalla Corsica. Il B. si recò nell'isola a capo di una sessantina di emigrati che avrebbero dovuto costituire i quadri degli ufficiali di due reggimenti italiani, ma il tentativo si dimostrò di impossibile attuazione. In tale occasione, tuttavia, egli conobbe Mazzini, col quale rimase in contatto anche negli anni successivi, interrompendo i rapporti solo negli ultimi anni della sua vita.
Dimostratasi vana la speranza di combattere per l'Italia, il B. accettò di andare in Portogallo ed entrò a far parte del corpo di spedizione organizzato dall'ex re Pedro in difesa della figlia Maria e degli ordinamenti costituzionali contro il regime assoluto instaurato dal reggente Miguel. Nominato maggiore del "Batalhão de Atiradores portugueses", il B. si distinse particolarmente nello sbarco di Mindelo, presso Oporto, e nell'espugnazione della città (29 sett. 1832). Per il suo valore - nella battaglia aveva perso l'occhio destro - ricevette una visita dello stesso re Pedro, che lo decorò con la croce di commendatore dell'Ordine Torre e Spada. Trasferito nel "2º Regimentode infantaria ligeira da reinha", il B. continuò a combattere, ricevendo altre decorazioni e promozioni, fino a ottenere, nell'agosto 1835, il grado di colonnello.
Nel frattempo il pretendente al trono portoghese don Miguel, sconfitto, aveva firmato la convenzione di Evora e lasciato il paese (maggio 1834). I volontari rimasero al servizio del nuovo governo e si procedette al loro riordinamento: tale compito venne affidato al B., che verso la fine del 1835 organizzò il reggimento dei "Cazadores de Oporto", divenendone il comandante. Il colonnello de Gand, addetto militare presso la legazione spagnola a Lisbona, propose che il reggimento passasse in Spagna al servizio della regina Maria Cristina (era allora in corso la lotta tra carlisti e cristini). L'accordo tra governo spagnolo, governo portoghese e reggimento fu presto raggiunto: i "Cazadores de Oporto" si trasferirono in Spagna, dove ancora una volta il B. dimostrò il suo coraggio e la sua abilità di soldato, ottenendo la promozione a generale e varie decorazioni.
Il 7 dic. 1837 sposò la ricchissima Rafaela Alzano, dalla quale ebbe certamente almeno un figlio, Emilio. Il matrimonio venne aspramente criticato, insieme con altri aspetti della sua vita e del suo comportamento, dai commilitoni, in particolare da Nicola Ardoino. In effetti la moglie del B. era imparentata col generale Oraa, fautore di una politica conservatrice e giudicato con disprezzo da tutti gli esuli italiani. Subito dopo il matrimonio, nei primi mesi del 1838, il B. era stato nominato maresciallo di campo e aveva cessato di esercitare il comando del reggimento dei "Cazadores de Oporto". La sua posizione sociale ed economica si era andata progressivamente consolidando e parallelamente si erano andati guastando i suoi rapporti con i vecchi compagni di esilio e di guerra.
Conclusa nel 1839 la lotta tra i fautori di don Carlos e quelli di Maria Cristina con la vittoria di questi ultimi, il B. cessò d'interessarsi alle questioni politiche spagnole. Fu dunque solo a causa dell'amicizia che lo legava a Diego León (secondo alcuni), o a causa della sua eccessiva ambizione (secondo altri), che si lasciò convincere a partecipare a una congiura contro il generale Espartero, al fine di restituire a Maria Cristina la pienezza del potere. Il piano dei congiurati prevedeva che la sollevazione avvenisse contemporaneamente in quasi tutta la Spagna, e al B. fu affidato il compito di occupare Saragozza, dove arrivò il 3 nov. 1841, proveniente da Madrid. Il giorno successivo, giunta la notizia della sollevazione di Pamplona, il B., dopo aver smentito di far parte della congiura, si recò in caserma e il mattino successivo uscì dalla città alla testa di un reggimento della guardia reale di fanteria, inseguito da truppe fedeli a Espartero. Il 5, sopravvalutando il loro numero e la loro pericolosità, decise di fuggire. Il 7 fu catturato da uomini della guardia nazionale e condotto dapprima a Borja, quindi a Saragozza, dove nel frattempo il tentativo insurrezionale era stato represso. Condannato a morte, venne fucilato, sempre a Saragozza, presso la lapide della costituzione.
Incerta è la data esatta della morte: probabilmente essa avvenne l'11 nov. 1841, certamente tra il 7 e l'11. La datazione del 12 novembre, accettata dal Manno e ripresa in vari testi, è sicuramente errata; fonte dell'equivoco è molto probabilmente un brano dell'opera di Carlo Beolchi (p. 215), il quale, nel narrare le circostanze della morte, cita una lettera di un corrispondente del Times datata Tolosa, 12 novembre. Poiché la fucilazione ebbe luogo a Saragozza, è lecito dedurre che essa sia avvenuta almeno il giorno precedente a quello in cui il giornalista scriveva. La data dell'11 novembre è del resto riportata da altri autori.
Anche sull'atteggiamento del B. di fronte alla morte esistono versioni nettamente contrastanti: mentre Manfredo Fanti, in una lettera a Nicola Fabrizi, si sdegna per il comportamento vile da lui tenuto al momento della fucilazione, il Beolchi ne esalta lo sprezzante contegno, riferendo che, mentre veniva condotto al luogo dell'esecuzione, rivolgendosi al tamburino che lo accompagnava scandendo un lento passo, il B. esclamò: "Vamos muchacho, paso redoblado" (C. Beolchi, p. 215).
Tutta l'opera del B. suscitò del resto contrastanti commenti tra i contemporanei; probabilmente il giudizio più esatto è contenuto in una lettera di Mazzini a Luigi A. Melegari del 14 febbr. 1836:"Benissimo Borso: ma il miglior contatto con lui, ch'io conosco benissimo, sarebbe quello dell'azione" (Epistolario, IV, p. 243).Per alcuni anni, dopo l'episodio di Lione, Mazzini aveva mantenuto con lui cordiali rapporti e addirittura nutrito molte speranze sul ruolo che, sotto la guida del B., il corpo dei "Cazadores de Oporto" avrebbe potuto avere nelle vicende italiane, tanto da considerarlo come un "nocciolo di esercito liberatore" (ibid., V, p. 139) e da consigliare a tutti i veri patrioti di arruolarvisi. Nel 1838, però, cioè appena un anno dopo, i rapporti tra il B. e una parte dei suoi compagni si erano guastati: gli si rimproverava di avere ormai solo preoccupazioni di carriera e di non curarsi delle difficoltà in cui si dibattevano i suoi antichi compagni d'esilio. È difficile giudicare se quei rimproveri, rivoltigli da Nicola Ardoino, fossero allora fondati, ma certo un cambiamento nella condotta del B. risulta anche da altre fonti, quali lo stesso Mazzini, il quale, nel 1839, parlava ormai di lui con grande amarezza: l'ex difensore dei regimi costituzionali, l'ex uomo d'azione era divenuto un politicante, che evitava di scrivergli per il timore di compromettersi e le cui "ultime speranze si fondavano su ministeri probabili o possibili" (ibid., VIII, p. 133).
Fonti eBibl.: Ediz. naz. degli scritti... di G. Mazzini,Epistolario, IV, pp. 106, 243; V, pp. 139, 226-228; VII, pp. 151-52; VIII, p. 133; X, pp. 340-44; C. Beolchi, Remin. dell'esilio, Torino 1853, pp. 177-97, 214 s.; G. La Cecilia, Mem. storico-polit., II, Roma 1876, p. 11; A. Manno, Inform. sul Ventuno in Piemonte, Firenze 1879, p. 154; T. Palamenghi Crispi, Gli italiani nelle guerre di Spagna, in Il Risorg. ital., VII (1914), pp. 45-121, 161-208; A. Segre, I profughi sardi del '21 in Ispagna, in Rass. stor. del Risorg., VIII (1921), fasc. spec., p. 215; C. Spellanzon, Storia del Risorg. e dell'unità d'Italia, II, Milano 1934, pp. 414-16, 896; H. De Campos Ferreira Lima, Una companhia ital. no exercito libertador, Vila Nova de Famalicão 1937, p. 12; E. Michel, Esuli polit. in Portogallo, in Relaz. stor. tra l'Italia e il Portogallo, Roma 1940, pp. 450-54; E. Spaggiari, M. Fanti e la Spagna, Modena 1965, ad Ind.; Diz. del Risorg. naz., II, p. 376.