BOSA (Βόσα, Βωσα, Bosa)
Poco a S dell'Ἔρμαιον ἄκρον, l'attuale Capo Marrargiu, Tolemeo (Geog., III, 3, 7) colloca la città di B. elencata tra le πόλεις μεσόγειοι, localizzata oggi a poca distanza dall'omonimo centro moderno, posto appena all'interno rispetto alla foce del fiume Temo, lungo la costa centro-occidentale della Sardegna.
Il territorio dell'attuale comune di B. conobbe nel Calcolitico un insediamento umano rilevante, come è documentato soprattutto dalle numerose domus de janas, grotticelle artificiali a destinazione funeraria, riferibili sia al Calcolitico A (Coronedu II, della cultura di S. Michele di Ozieri) sia al Calcolitico Β (Coronedu I, Sorighes VI e VII, con materiali di cultura Abealzu-Filigosa). Sono meno rilevanti le testimonianze di età nuragica, che pure non mancano (nuraghi di Monte Furru, Mesu 'e Roccas, Santu Lo, Nieddu; villaggio Sa Lumenera).
Il toponimo, di origine pre-indoeuropea e di significato controverso, è documentato nella forma Bs'n (forse un etnico collettivo, nel senso de «il popolo di B.») già in un'iscrizione fenicia, incisa nel IX-VIII sec. a.C. su un blocco di arenaria (CIS, I, 162 = Guzzo Amadasi, 1967, p. 99, n. 18), confrontata per la forma dei caratteri con la più nota epigrafe di Nora (CIS, I, 144); un altro frustulo epigrafico fenicio è di più dubbia lettura (CIS, I, 163).
Il sito della colonia fenicio-punica è di difficile localizzazione per quanto si sia pensato alla località Messerchimbe, alle falde del monte Nieddu, sulla sponda sinistra del Temo, specie grazie ai numerosi rinvenimenti di monete sardo-puniche e di altri materiali (di recente un'anfora del III sec. a.C.).
Il centro romano sorse sulle due sponde del Temo, più a monte della città moderna, lungo l'asse tracciato dalla strada costiera occidentale che collegava Sulci (e da qui Karales) con Tibula (Castelsardo ?): l'Itinerario Antoniniano (ed. Wesseling, p. 83, 8 = ed. Cuntz, p. 12) nel III sec. d.C. ricordava le stazioni contigue Cornus (S. Caterina di Pittinuri), forse colonia romana, collocata a 18 miglia a S di B., e Carbia (presso Alghero) a 25 miglia a N.
Le numerose iscrizioni rinvenute prevalentemente nella zona delle necropoli di Messerchimbe, presso il ponte romano e la chiesa romanica di S. Pietro, forniscono informazioni sulla condizione giuridica, la vita religiosa, la demografia, l'onomastica di B. romana, che è probabile abbia ottenuto già nel I sec. d.C. la condizione di municipio di cittadini romani, diretto oltre che dall'orde dei decurioni forse anche da un collegio di IVviri, che avranno sostituito i sufeti della civitas sardo-punica. Il consiglio dei decurioni di B. potrebbe essere ricordato in una tavola di bronzo di patronato e di clientela rinvenuta a Cupra Marittima nel Piceno, che conterrebbe il decreto di nomina del patrono [A(ulus) Caecina Alie]nus Larg[us] da parte dell'[ordo populus]que Bosanu[s], forse nella seconda metà del I sec. d.C. (EE, VIII, 227). L'introduzione del culto imperiale a B. ha una splendida testimonianza nella grande tavola epigrafica in marmo lunense (riutilizzata come predella dell'altare nella chiesa di S. Pietro) che ricorda la dedica, fra il 138 e il 141 d.C., da parte di un magistrato o sacerdote locale di quattro statuette d'argento, di cui è riportato il peso, raffiguranti Antonino Pio, Faustina, Marco Aurelio e Lucio Vero (cfr. CIL, X, 7939 e vol. II, s.v. Cornus). All'età degli Antonini risale anche la promozione di un anonimo flamine municipale bosano al massimo sacerdozio provinciale della Sardinia: scelto dai delegati delle colonie e dei municipi sardi, il [sacerd(os)] urb(is) Rom(ae) [et] imp(eratoris) originario di B., fu incaricato dell'organizzazione del culto imperiale e quindi cooptato all'interno dell'orcio della capitale Karales (CIL, X, 7940).
Le esplorazioni archeologiche nel territorio di B. sono state occasionali e hanno riguardato prevalentemente le aree delle necropoli; soltanto negli ultimi anni (1982 e 1983) si sono svolti sondaggi e limitati saggi di scavo ancora inediti, a cura della Soprintendenza Archeologica di Sassari e di Nuoro, nell'area di Messerchimbe, dalla quale provengono oltre che iscrizioni, monete di età repubblicana e imperiale, materiali ceramici varî, lucerne, vasi, tegole con bollo, urne cinerarie. Gli ultimi scavi hanno consentito di rilevare il muro di cinta di un'ampia area funeraria utilizzata tra il II e il VI sec. d.C., con sepolture in sarcofago, a fossa, alla cappuccina ed entro anfora; alcune tombe erano accompagnate da un'iscrizione con adprecatio agli Dei Mani. Un intervento di urgenza, effettuato sulla costa poco a Ν di B., ha consentito di evidenziare i resti di un impianto, di età incerta, forse destinato alla concia di pelli; sono stati effettuati sondaggi anche in una piccola necropoli di età tardo-repubblicana, impiantata sulla spiaggia, dalla quale provengono ceramiche a vernice nera, tra cui una coppa della metà del I sec. a.C. Resti di edifici termali, già da tempo individuati, costituiscono un primo indizio per la localizzazione dell'abitato che doveva forse trovarsi in posizione prossima al fiume, come mostrano alcuni recenti trovamenti di testine marmoree (1975) nell'alveo del Temo. Si tratta di una replica di età antonina del noto tipo del Dioniso Tàuros e di una statua assai danneggiata di Giove Ammone che testimonia l'introduzione dei culti orientali. La documentazione archeologica conferma una continuità di insediamento ancora nel basso impero e attesta alcune attività produttive (raccolta del corallo, pesca, concia delle pelli, agricoltura, pastorizia).
Dopo la parentesi vandalica e l'occupazione bizantina, con il progressivo interramento della vallata alluvionale, la città si allontanò sensibilmente dal mare, l'antico abitato fu in gran parte abbandonato e decadde soprattutto a causa delle ripetute incursioni arabe che, a partire dai primi anni dell'VIII sec., spopolarono le coste sarde.
Nell'ex convento dei Cappuccini è in allestimento un museo.
Bibl.: G. Schmiedt, Antichi porti d'Italia, in L'Universo, XLV, 1965, p. 254 ss.; M. G. Guzzo Amadasi, Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie in occidente, Roma 1967; S. M. Cecchini, I ritrovamenti fenici e punici in Sardegna, Roma 1969, p. 32 s.; F. Barreca, La Sardegna fenicia e punica, Sassari 1974, p. 21 ss.; A. Mastino, Le origini di Bosa, in AA. VV., Il IX centenario della cattedrale di San Pietro di Bosa, Sassari 1974, PP· 108-112; P. Meloni, La Sardegna romana, Sassari 1975, p. 247 ss.; A. Mastino, Una nuova iscrizione dalla necropoli di San Pietro di Bosa, in StSard, XXIV, 1975-77 (1978), pp. 209-213; C. Tronchetti, Un Dionysos Tauros da Bosa, ibid., pp. 179-182; G. Tore, La localizzazione della Bosa arcaica, in Il Convegno, XXX, 3-4, 1977, p. 8; A. Mastino, La chiesa di San Pietro di Bosa alla luce della documentazione epigrafica, in AA. VV., Le chiese di Bosa, Cagliari 1978, pp. 9-87; R. J. Rowland jr., I ritrovamenti romani in Sardegna, Roma 1981, p. 23 s.; G. Sotgiu, L'epigrafia latina in Sardegna dopo il CIL X e l'EE VIII, in ANRW, II, 11, 1988, pp. 552-739.