SFORZA, Bosio
II. – Nacque da Federico e da Bartolomea Orsini di Pitigliano. Mancano dati certi sul luogo e sulla data di nascita. L’anno è da collocarsi proprio fra quelli a cavallo fra il XV e il XVI secolo, forse il 1500.
Suo padre, quarto conte di Santa Fiora, aveva combattuto nell’esercito della Repubblica veneziana e si era ritirato nel suo feudo quando era succeduto nel titolo comitale. Era sempre stato in buoni rapporti con il ramo principale della famiglia, quello, cioè, dei signori di Milano; il duca Francesco II Sforza, nel 1522, lo aveva insignito del titolo di senatore di Milano e gli aveva donato – per sé e per i suoi successori – i proventi della miniera metallifera di Santa Caterina in Valsassina. La madre Bartolomea, invece, era figlia di uno dei principali condottieri del Quattrocento italiano, Nicola Orsini di Pitigliano.
Mancano dettagli anche sulla formazione di Bosio II. Di sicuro, ancora adolescente, fu prescelto dal padre come titolare esclusivo della signoria su Santa Fiora, feudo posto alle pendici meridionali del monte Amiata, posseduto sin dall’XI secolo dagli Aldobrandeschi e passato agli Sforza in virtù del matrimonio del 1439 tra Bosio I Sforza, bisnonno di Bosio II, e Cecilia Aldobrandeschi. Infatti, il primo evento che vide protagonista Bosio II fu, nel 1517, la cessione a suo vantaggio – tramite donazione – dei diritti ereditari da parte di altri due fratelli maschi: Alfonso, avviato alla carriera ecclesiastica e futuro arcivescovo di Benevento (dal 31 agosto 1522), e Ascanio, cavaliere dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, Rodi e poi Malta, asceso nelle cariche dell’istituzione fino a quella di priore d’Ungheria.
Il matrimonio con Costanza Farnese, figlia naturale del cardinale Alessandro, doveva tout court elevare Bosio II ai vertici della società italiana della prima età moderna. La data della cerimonia non è nota. Lo è quella del contratto nuziale, firmato all’inizio di luglio del 1517, in palazzo Farnese, a Roma. In questo atto, fu chiaramente affermato che Costanza era la figlia naturale del cardinale Alessandro. L’accordo prevedeva una dote di 7000 ducati (più 1000 per il corredo); contestualmente, venne rogato l’atto con il quale Bosio II riceveva la titolarità della signoria di Santa Fiora e degli altri castra di suo padre, Federico, il quale però si riservava l’usufrutto in vita.
Bosio II continuò nella carriera militare. Le scarne notizie disponibili lo vedono nel febbraio del 1527 accanto al duca di Milano Francesco II Sforza, impegnato nell’organizzazione delle forze della Lega di Cognac, che univa contro Carlo V d’Asburgo il Papato, la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano. Si distinse particolarmente nella difesa di Parma, occasione nella quale procedette in contatto con il luogotenente generale Francesco Guicciardini. Per questo, gli fu concessa la cittadinanza onoraria parmense. Successivamente, nell’agosto del 1528, si trovò nel Veronese al comando di una compagnia di cavalleggeri, nell’esercito impegnato nel tentare di frenare i movimenti di truppe dell’imperatore Carlo V nel Nord Italia. Infine, dopo la conclusione della guerra (con gli accordi di Bologna del 23 dicembre 1529), Bosio comparve tra i gentiluomini del duca Francesco II Sforza, ospite della Repubblica veneziana nell’ottobre dello stesso anno.
Asceso il cardinale Alessandro Farnese al soglio pontificio (con il nome di Paolo III, eletto il 13 ottobre 1534), Bosio II fu nominato capitano dei cavalleggeri della sua guardia. I suoi compiti non furono tutti puramente cerimoniali, come quello – riferito dalle fonti – di cingere di spada i nuovi cavalieri di S. Pietro, Ordine cavalleresco militare pontificio, durante le solennità della loro investitura. Alla fine dello stesso anno, infatti, fu inviato a Perugia per contribuire a domare la ribellione di Rodolfo Baglioni, resosi responsabile nel novembre del 1534 di gravissimi disordini, con l’uccisione del vicelegato di Perugia e dell’Umbria, Cinzio Filonardi, incendi e saccheggi a Deruta e a Perugia e l’assedio a Bettona, che papa Clemente VII gli aveva fatto sequestrare. Bosio II, insieme a trecento fanti, ai cavalieri del capitano Alessio Lascari e alle truppe di un altro membro della famiglia Baglioni, Pirro di Castelpiero, raggiunse la zona degli scontri, arginò i movimenti di armati favorevoli a Rodolfo Baglioni e, secondo alcune fonti, contribuì decisamente al ritorno della quiete nel territorio, trattando con il ribelle. Perugia tornò sotto il dominio del pontefice e Baglioni acconsentì a rimanerne lontano.
La morte senza discendenti di Sforzino Sforza, zio di secondo grado di Bosio II, all’inizio di ottobre del 1527, pose le premesse per un consistente ampliamento dei suoi possessi feudali. Il defunto, infatti, aveva lasciato tutti i suoi beni a Francesco II Sforza, duca di Milano, ma quest’ultimo aveva deciso di trasferirne la proprietà proprio a Bosio II, nipote di secondo grado (tutti discendevano direttamente da Muzio Attendolo Sforza). Bosio II fece richiesta a Roma di una formale investitura per quei beni, che fu accolta da papa Clemente VII. Così, il 28 ottobre 1527, per atto di monsignor Bartolomeo Ferratini, vicelegato dell’Emilia e governatore di Piacenza, Bosio II fu investito del feudo di Castell’Arquato nel Parmense. La nuova signoria comprendeva, oltre a «Castrum Arquatum cum pertinentiis et iuribus eius, jurisdictio, et datia Rochetae, Vallis Clavena [l’attuale Chiavenna Rocchetta], possessio Sforcichae [Sforzesca], possessio Gerbidarum, possessio Dosiorum, possessio Casaenovae [Casanova di Bardi], possessio Gazolae [Gazzola]» (Poggiali, 1761, p. 33). Subito a Castell’Arquato, che doveva diventare una delle dimore preferite della moglie Costanza, intraprese l’edificazione di una nuova torre difensiva, nota con il nome di Torrione Farnese.
Nel 1530 Francesco II Sforza investì Bosio II della contea di Cella nel Pavese, attualmente località del Comune di Montalto Pavese, già signoria dei Malaspina, confiscata in ragione dei contrasti insorti tra la famiglia lunigianese e i duchi di Milano.
Bosio II fece testamento il 25 agosto 1535. Morì poco dopo in luogo ignoto.
I nomi di maggior spicco, fra i suoi figli, furono Guidascanio, avviato alla carriera ecclesiastica e creato cardinale da Paolo III il 18 dicembre 1534, e Sforza, che fu educato alla corte del duca di Milano Francesco II e gli successe nella signoria di Santa Fiora e di Castell’Arquato. Ma Bosio II ebbe prole numerosa: Francesca (andata in sposa a Girolamo Orsini); Carlo, cavaliere dell’Ordine di Malta; Faustina (futura coniuge del marchese di Caravaggio, Muzio I Sforza); Giulia (moglie di Sforza Pallavicino); Camilla (moglie del marchese di Masserano, Besso III); Mario; Giustina; Alessandro (anch’egli futuro cardinale); Paolo. Il 16 agosto 1538, quando Bosio II era già defunto, Paolo III confermò l’investitura di Castell’Arquato e delle località vicine ai suoi figli. La data di questo atto è stata talvolta fonte di confusione negli studi, riguardo alla data della sua morte.
Fonti e Bibl.: M. Sanudo, I Diarii, a cura di R. Fulin et al., XLIV, Venezia 1895, col. 132; XLVIII, 1897, coll. 325, 413; LIV, 1899, coll. 30, 48.
L. Alberti, Descrittione di tutta Italia, Bologna 1550, p. 55v; C. Manente, Historia, II, Vinegia 1560, p. 250; C. Poggiali, Memorie storiche di Piacenza, IX, Piacenza 1761, pp. 32 s.; N. Ratti, Della famiglia Sforza, I, Roma 1794, pp. 212, 214, 218, 222-226, 228 s., 231, 233, 253, 272, 279, 356; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Attendolo-Sforza, tav. II, Milano 1819; L. Calzona, La gloria de’ Prencipi: gli Sforza di Santafiora da Proceno a Segni, Roma 1996, p. 97; R. Zapperi, La leggenda del papa Paolo III. Arte e censura nella Roma pontificia, Torino 1998, pp. 50, 52.