Bosnia ed Erzegovina
Repubblica federale divisa in due entità politico-territoriali: la Repubblica serba di Bosnia e la Federazione di B. ed E. (o Federazione croato-musulmana). Dal 15° al 18° sec. la regione rimase sottomessa ai turchi, che islamizzarono una parte consistente della popolazione. Occupata dall’Austria-Ungheria nel 1878 e annessa nel 1908, dopo la Prima guerra mondiale entrò a far parte del nuovo regno di Iugoslavia e dal 1946 fu una delle Repubbliche federate nella Repubblica socialista di Iugoslavia. Alla fine degli anni Ottanta quest’ultima fu investita da una violenta crisi; nel 1992, dopo la Slovenia e la Croazia, anche la B. ed E. proclamò la propria indipendenza. Ne seguì una sanguinosa guerra civile: mentre i musulmani si riconobbero nel nuovo Stato, i serbi, che rifiutavano di divenire minoranza in uno Stato a maggioranza musulmana, proclamarono una loro Repubblica e subito dopo anche i croati di Bosnia, inizialmente alleati dei musulmani in funzione antiserba, fecero altrettanto. Dopo una guerra spietata, che l’azione dell’ONU (1992) non riuscì in alcun modo a fermare, nel settembre 1995 venne lanciato un attacco aereo delle forze NATO contro i serbo-bosniaci, che ridimensionò la loro forza e facilitò le trattative di pace iniziate a Dayton (1995), da cui emerse un accordo (ratificato a Parigi il 14 dicembre) che permetteva la cessazione delle ostilità. Gli accordi di Dayton confermarono di fatto la situazione creata dalla guerra, prevedendo la formazione di uno Stato bosniaco diviso in due entità, la Federazione di B.ed E. (croato-musulmana) e la Repubblica serba, retto da una presidenza collegiale, costituita da tre membri (uno musulmano, uno serbo e uno croato), che a rotazione ne sarebbero stati a capo. Fu inoltre dispiegata una forza di peace-keeping guidata dalla NATO e stabilita la presenza fino al 2007 di un alto rappresentante dell’ONU. Le prime elezioni generali si svolsero nel settembre 1996 e Izetbegović fu eletto presidente della Presidenza collegiale. La situazione rimaneva tuttavia critica: il Paese era regolato da 13 costituzioni (della B. ed E., delle due entità e dei 10 cantoni della Federazione di B. ed E.), disponeva di tre eserciti e in esso circolavano 4 monete (il dinaro bosniaco, il dinaro iugoslavo, la kuna croata e il marco tedesco), cui si aggiunse, dall’aprile 1998, il marco convertibile. L’economia era nel caos e le ripercussioni sociali sempre più gravi. Le elezioni svoltesi nei dieci anni successivi hanno confermato, con la generale preponderanza dei partiti nazionalisti, una geografia politica che segue le linee etniche, in un clima di contrapposizione fra le diverse comunità: in tale contesto vanno anche collocati il ritiro del mandato, nel 2001, al rappresentante croato della presidenza collegiale A. Jelavić, favorevole alla secessione della componente croata del Paese, le minacce di secessione avanzate nel 2006 dai leader serbo-bosniaci dinanzi alla paventata riduzione dell’autonomia della componente serba e soprattutto la bocciatura da parte del Parlamento di Sarajevo del progetto di Carta costituzionale mirato a ridurre l’eccessiva autonomia delle due entità che formano lo Stato. Nel 2008 è stato avviato l’iter di adesione all’Unione Europea.