Bosnia ed Erzegovina
Terra di frontiera
La Repubblica di Bosnia ed Erzegovina è un simbolo del mosaico di popolazioni e religioni che da secoli convivono, spesso scontrandosi violentemente, nei Balcani. Dal 1995, alla fine della guerra civile seguita alla dissoluzione della Iugoslavia, la comunità internazionale è impegnata a far vivere pacificamente insieme Bosniaci, Serbi e Croati, garantendo la libertà religiosa a tutti e lentamente ricostruendo il paese.
La Bosnia ed Erzegovina deve il nome al fiume Bosna che la attraversa e al fatto che parte del paese fu governata da un duca (herceg) fino alla conquista turca, nel 15° secolo. Il territorio è montuoso, salvo le valli dei fiumi principali, come la Drina e la Sava, affluenti del Danubio, e ha un clima continentale. Le Alpi Dinariche sono vicine all'Adriatico e i fiumi scorrono verso est. Solo il fiume Narenta arriva all'Adriatico e la sua foce è l'unico minuscolo 'sbocco' al mare del paese.
Il territorio della Bosnia ed Erzegovina è da millenni area di contatto e di contrasto fra popoli diversi: qui si sono succedute molte dominazioni, portando costumi e religioni differenti, al punto che sono in uso due alfabeti, quello cirillico e quello latino.
Il costo della guerra civile (1992-95) è stato pesantissimo: centinaia di migliaia di morti e milioni di rifugiati, un'economia che dipende dagli aiuti internazionali, gran parte del patrimonio storico-artistico distrutto: le principali città, come la capitale Sarajevo (579.000 abitanti), Banja Luka, attivo centro economico e culturale, Mostar, importante città della Erzegovina, hanno tutte subito distruzioni gravissime.
Dopo aver subito il dominio di Bizantini, Croati, Serbi e Ungheresi, la Bosnia ed Erzegovina rimase sottomessa dal 15° al 18° secolo ai Turchi, che islamizzarono una parte consistente della popolazione. Occupata dall'Austria-Ungheria nel 1878 e annessa nel 1908, entrò a far parte, dopo la Prima guerra mondiale, del nuovo Regno di Iugoslavia e dal 1946 fu una delle sei repubbliche che si federarono nella Repubblica socialista di Iugoslavia. Al venir meno di quest'ultima, nei primi anni Novanta, la Bosnia ed Erzegovina proclamò la propria indipendenza (1992), alla quale seguì la più lunga e sanguinosa guerra civile della ex Iugoslavia. La ragione di ciò stava nella complessa composizione etnico-religiosa della sua popolazione, costituita per più del 40% da musulmani, per più del 30% da Serbi cristiano-ortodossi e per circa il 20% da Croati cattolici.
Mentre i musulmani si riconobbero nel nuovo Stato, i Serbi ‒ che rifiutavano la prospettiva di diventare una minoranza in uno Stato a maggioranza musulmana e che erano militarmente appoggiati da Belgrado ‒ proclamarono una loro Repubblica e subito dopo i Croati fecero altrettanto. Questi tre gruppi combatterono una guerra spietata, che l'intervento dell'ONU (1992) non riuscì in alcun modo a fermare. Vi furono anzi ripetuti episodi di 'pulizia etnica', cioè tentativi di eliminare da un territorio tutti gli appartenenti alle altre etnie, che portarono a veri e propri massacri: atroce quello di Srebrenica, dove il generale R. Mladi´c, capo militare dei serbo-bosniaci, una volta conquistata la città, fece uccidere 7.000÷8.000 persone.
L'intervento militare della NATO, nel 1995, fermò la guerra e portò i Serbi al tavolo delle trattative. Dopo la devastazione di quasi tutte le città, 300.000 morti e quasi tre milioni di profughi, un milione dei quali poi rientrò, si giunse a un accordo in base al quale la Bosnia ed Erzegovina si componeva di due entità autonome, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina (croato-musulmana) e la Repubblica Serba. Attualmente, la Bosnia ed Erzegovina cerca a fatica di sanare le ferite della guerra civile e di ricostruire la propria vita politica ed economica.