BOSNIA ED ERZEGOVINA
Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Silvia Lilli. – Stato dell’Europa meridionale. La popolazione complessiva delle entità substatali che costituiscono il Paese al censimento del 2013 risultava essere di 3.791.622 ab. (salita a 3.824.746 nel 2014, secondo una stima UNDESA, United Nations Departmentof Economic and Social Affairs), dei quali 2.371.603 risiedenti nella Federazione di Bosnia ed Erzegovina, 1.326.991 nella Repubblica serba e 93.028 nel distretto Brčko. La composizione etnica del Paese risulta divisa in tre gruppi principali: l’etnia bosgnacca, maggioritaria, quella croata e quella serba. Alle tre etnie principali corrispondono le lingue ufficiali del Paese. Composito è anche il quadro religioso: la maggioranza della popolazione è di fede musulmana, seguita da quella ortodossa e da quella romano-cattolica. La capitale, Sarajevo, nel 2013 ha registrato una popolazione di 291.422 ab., saliti a 608.300 nell’agglomerato urbano; altri centri urbani notevoli sono Banja Luka e Tuzla. Complessivamente, tuttavia, la maggior parte della popolazione risiede in aree rurali (51,7% nel 2011).
Condizioni economiche. – La situazione socioeconomica del Paese permane critica, risentendo ancora degli effetti della guerra degli anni Novanta del secolo scorso: la disoccupazione nel 2013 risultava pari al 27,5% (scesa al 25,5% nel 2014); particolarmente critica è quella giovanile (62,8%), che è tra le più alte del mondo. Il PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto (PPA) è di 9808 dollari, circa il 18% della popolazione è sotto la soglia di povertà e, nel 2006, le rimesse degli emigrati hanno contribuito circa al 10% del PIL. L’economia dipende dal settore dei servizi per il 65% e, nonostante la deindustrializzazione avvenuta nel periodo bellico, per il 26% dal settore industriale; in crescita, soprattutto per le esportazioni, risulta il settore minerario. Il Paese ha avviato le trattative per l’ingresso nel-l’UE, con la firma nel 2008 dell’Accordo di stabilizzazione e associazione; a frenare il processo resta tuttavia il trattamento discriminatorio delle minoranze etniche e l’assenza di una vera identità unitaria. Altro obiettivo internazionale è l’adesione alla NATO, per la quale nel 2010 è stato stilato il Membership action plan.
Storia di Lorena Pullumbi. – Ancora segnata dall’eredità della guerra – di cui la divisione del Paese in unità etno-territoriali distinte e la presenza internazionale continuavano a essere tracce visibili – nel primo decennio del 21° sec. la B. ed E. provò a rafforzarsi come realtà statale unitaria, pur nella sua conformazione federale. Mentre gli sforzi dopo la guerra furono concentrati sulla ricostruzione e sul mantenimento della pace, a partire dal 2005 iniziarono a emergere gradualmente istituzioni multietniche come l’esercito congiunto (unione degli eserciti della Repubblica serba e della Federazione di Bosnia ed Erzegovina) e la polizia di confine; mentre una ripartizione più equilibrata dei posti chiave nell’esecutivo permise alle autorità federali di assumere un ruolo di maggior peso nel governo del Paese. In tale quadro, le consultazioni del 1° ottobre 2006 rappresentarono un passaggio fondamentale, in quanto furono le prime elezioni democratiche amministrate integralmente dalle autorità della Bosnia ed Erzegovina. Il tentativo di consolidare le istituzioni federali si scontrò tuttavia con i comportamenti delle élites politiche locali, che manifestavano spesso tendenze nazionaliste e secessioniste e monopolizzavano la gestione del potere all’interno delle rispettive comunità etniche (bosgnacca, serba e croata).
Sul fronte della cattura dei dirigenti politici e militari implicati nella guerra successiva alla disgregazione della Iugoslavia, una svolta storica si registrò nel luglio 2008 quando Radovan Karadžić, ex presidente della Repubblica serba, fu arrestato a Belgrado dopo quasi 13 anni di latitanza. Accusato di genocidio e crimini contro l’umanità, fu estradato nei Paesi Bassi, per essere giudicato dal Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia. Seguirono nel maggio 2011 la cattura – sempre in Serbia – e l’estradizione di Ratko Mladić, tra i principali responsabili del massacro di Srebrenica.
Dopo quattro anni di stallo nel processo riformatore – incentrato in particolare sull’adozione della Costituzione – alle elezioni generali dell’ottobre 2010 partecipò oltre il 56% degli elettori. I moderati Bakir Izetbegović (figlio del presidente Alija Izetbegović e membro del Partito d’azione democratica) per la comunità bosgnacca e Željko Komšić (Partito socialdemocratico di Bosnia ed Erzegovina) per la comunità croata furono eletti alla presidenza tripartita insieme al rappresentante della comunità serba Nebojša Radmanović (Alleanza dei socialdemocratici indipendenti), il quale continuò a prediligere un modello di governo centrale debole a favore di una maggiore autonomia per la Repubblica serba. La realtà politica successiva alle elezioni del 2010 vide sempre più radicati i blocchi politici etnici invece dei partiti, mentre il Paese rimaneva senza un governo per 15 mesi. Le difficoltà politiche, unite al cattivo funzionamento della macchina statale, rappresentarono inoltre ostacoli importanti all’attrazione degli investimenti nel settore privato, con ricadute negative sull’economia e sull’occupazione.
Il crescente malcontento dovuto alla difficile situazione economica, alla corruzione endemica e ai bassi livelli di fiducia nella classe politica, si palesò nel febbraio 2014, con una serie di grandi manifestazioni successive al via libera del governo sulla privatizzazione di alcune delle principali imprese di proprietà statale.
Le elezioni generali dell’ottobre 2014 riconfermarono la frammentazione del voto sulla base delle divisioni etniche, consentendo ai tre partiti nazionalisti delle comunità bosgnacca, serba e croata di rafforzare le loro posizioni e riducendo le prospettive di convergenza e reale cambiamento politico. Bakir Izetbegović, Dragan Čović (Unione democratica croata di Bosnia ed Erzegovina) e Mladen Ivanić (Partito del progresso democratico) furono eletti per la presidenza tripartita della Bosnia ed Erzegovina.
Cinema di Nicola Falcinella. – La storia del cinema bosniaco – con la prima proiezione a Sarajevo il 27 luglio 1897, il primo lungo metraggio (Major spook di Nikola Popović) nel 1951 e nomi come Bato Čengić, Hajrudin Krvavac (Valter brani Sarajevo tornò in gran voga durante l’assedio) fino a Emir Kusturica – è fatta di meno di centocinquanta lungometraggi con un sensibile incremento negli ultimi anni. Un cinema che è ripartito quasi da zero, alimentato da tanti esordienti, formatisi durante la guerra del 1992-95. Capofila del nuovo corso, mentre Kusturica sceglieva di vivere e lavorare in Serbia, è stato Ademir Kenović con il neorealismo poetico di Savrseni krug (1997, Il cerchio perfetto), sceneggiatura di Abdulah Sidran e Pjer Žalica, il primo film realizzato nel dopoguerra, sul cui set si sono ritrovati diversi cineasti.
La svolta è avvenuta nel 2001, con No man’s land di Danis Tanović, Palma per la miglior sceneggiatura a Cannes e soprattutto Oscar come miglior film straniero nel 2002. Tanović si è imposto come il regista bosniaco più importante di inizio secolo con l’ambizioso L’enfèr (2005), la commedia malinconica Cirkus Columbia (2010) e il duro Epizoda u životu berača željeza (2013, Un episodio nella vita di un raccoglitore di ferro), vincitore di due Orsi al Festival di Berlino 2013. Žalica ha esordito nella regia nel 2003 con Gori Vatra (Benvenuto Mr. President), Pardo d’argento al Festival di Locarno, cui hanno fatto seguito Kod amidže Idriza (2004, A casa di zio Idriz) e il documentario Orkestar (2011, Orchestra) sullo storico gruppo pop Plavi Orkestar. Altro premio importante per il cinema bosniaco è stato l’Orso d’oro di Berlino per il primo film diJasmila Žbanić, Grbavica (2006, Grbavica - Il segreto di Esma), dramma di una madre che deve rivelare alla figlia di essere frutto di uno stupro. Al fanatismo religioso è dedicato Na putu (2010, Il sentiero), ai fantasmi della guerra For those who can’t tell no tales (2013), seguito dalla commedia Love Island (2014), tutti diretti da Žbanić. Altra regista di punta è Aida Begić, che ha ambientato in un remoto villaggio dove sono rimaste solo le donne il suo film d’esordio Snijeg (2008, Neve) e in Djeca (2012, Buon anno Sarajevo) narra la storia di una ragazza che si prende cura del fratello in una città fredda e corrotta; mentre la pioniera Vesna Ljubić è tornata a girare realizzando il notevole documentario, tra medicina e politica, Bosanska rapsodija na rubu znanosti (2011, Rapsodia bosniaca ai margini della scienza).
Humour e attenzione ai ragazzi sono le caratteristiche dei film di Srđan Vuletić, Ljeto u zlatnoj dolini (2003, Estate nella valle dell’oro) e Teško je biti fin (2007, È difficile essere gentili).
Ahmed Imamović ha affrontato nella commedia Go West (2005) l’amore omosex tra un soldato serbo e un bosniaco. Da ricordare le favole morali di Antonio Nuić, come Sve dzaba (2006, Tutto gratis), e i composti drammi familiari di Faruk Loncarević, Mama i tata (2006, Mamma e papà) e Sa mamom (2013, Con mamma). Interessante infine il film a episodi firmati da 13 registi europei Ponts de Sarajevo (2014, noto anche con il titolo Bridges of Sarajevo) nel centenario dell’attentato a Francesco Ferdinando.
Bibliografia: S. Badon, Esperienze di cinema dalle ceneridella Jugoslavia. Bosnia Erzegovina, Recanati 2012. Si vedano inoltre i siti on-line: www.balcanicaucaso.org e www.bhfilm.ba