Bosone de' Raffaelli da Gubbio
Poeta e cultore di D., autore di un Capitolo a compendio della Commedia. Nato a Gubbio molto probabilmente nella seconda metà del secolo XIII, morì dopo il 1349. Di Parte ghibellina, dovette esulare nel 1300, trovando rifugio ad Arezzo; rientrato in patria, fu nuovamente bandito nel 1315, e tra il 1316 e il 1327 accettò podesterie e altre cariche pubbliche ad Arezzo, Lucca, Viterbo, Todi. Nel 1327 fu nominato capitano del popolo di Pisa, e l'anno dopo vicario di Ludovico il Bavaro. In Pisa cadde prigioniero della Parte guelfa, cui in seguito ebbe però ad accostarsi: lo troviamo nel 1337 senatore di Roma insieme con Iacopo de' Gabrielli (e a lui si è creduto un tempo che il Petrarca indirizzasse la canzone Spirto gentil).
L'operosità di B. (s'intende quella più chiaramente connessa alla fortuna di D., prescindendo dunque da sporadici echi e imitazioni da testi danteschi, del rimanente frequenti già anteriormente alla metà del secolo XIV fra i rimatori della cerchia perugina) è legata a poche ma vivaci testimonianze del suo entusiasmo per la poesia dantesca (ovviamente quella del poema maggiore), e di un costante impegno celebrativo. Ricorderemo anzitutto, fra i ‛ compianti ' immediatamente seguiti alla morte di D. (accanto dunque a quelli di Pieraccio Tedaldi e di Giovanni Quirini), un sonetto inviato a Immanuel Giudeo, cui era appena scomparsa la moglie: B. scrive accomunando la sventura privata di Immanuel a quella pubblica della poesia, e il destinatario risponde con voce di un dolore senza conforto.
La successiva morte di Immanuel originò un altro sonetto (Messer Boson, lo vostro Manoello) falsamente attribuito a Cino da Pistoia (cfr. Mazzatinti, B. da Gubbio, p. 333, e Zaccagnini, Le Rime di C. da Pistoia, Ginevra 1925, 290-291) animato tutto da sentimenti francamente oltraggiosi per la memoria di D.: ad esso fu risposto per le rime " in persona di Messer Bosone " (e dunque non direttamente dall'Eugubino) col sonetto Manoel che mettete 'n quell'avello.
Non rima di corrispondenza, ma componimento assai più esteso e maggiormente impegnato, è poi il Capitolo in terza rima Però che sia più frutto e più diletto... Fortificando la cristiana fede, che ebbe grande fortuna, anche per il suo precoce abbinamento nei codici - e di lì nelle stampe - con l'altro capitolo ternario composto a dichiarazione del poema da Iacopo Alighieri. Con esso fu pubblicato primamente nell'edizione vindeliniana del 1477, ed è tramandato da un numero assai alto di codici (circa settanta).
L'accoppiamento col Capitolo di Iacopo non appare casuale: non soltanto per l'ovvia coincidenza della materia, ma per la complementarità delle intenzioni e della trattazione; se infatti Iacopo mira a esporre sinteticamente la struttura portante, il contenuto della Commedia, B. si sofferma a dichiarare, del tutto rapsodicamente, il significato di alcune fra le principali allegorie, e dei simboli concreti, dedicando la maggior parte dei 193 versi a esporre il significato delle tre fiere, di Virgilio, di Beatrice (vv. 1-57); indi di alcuni personaggi e momenti salienti della seconda cantica: Catone, Lucia, l'angelo portiere, gli altorilievi del canto X, infine Stazio, il Paradiso terrestre, la mistica processione (vv. 58-177). Le restanti terzine (vv. 178-189) discorrono, con rapidissimo cenno, del Paradiso, soffermandosi sul cielo della Luna, su quello di Saturno, infine sul mistero trinitario. Si tratta, nel complesso, di ben povera cosa, documento soprattutto del vigore con il quale, fin dagli anni immediatamente successivi alla morte del poeta, la Commedia riusciva a far presa anche sui lettori meno provveduti.
Bibl. - Edizioni: F. Roediger, Dichiarazione poetica dell'Inferno dantesco di Frate Guido da Pisa, in " Il Propugnatore " n .S. I (1888) 334 ss. (ediz. pp. 376-384); C. Del Balzo, Poesie di mille autori intorno a D., Roma 1889, 1358 ss.; i sonetti scambiati tra Bosone e Manoello, rispettivamente a 1299 e 1304.
Studi: G. Mazzatinti, B. da Gubbio e le sue opere, in " Studi di Filol. Romanza " (1884): il M. esclude che D. abbia avuto con B. relazioni politiche e letterarie; E. Cavallari, La fortuna di D. nel Trecento, Firenze 1921, 38, 55, 81, 235-236, 238; A. Alunno, B. Novello de' Raffaelli, poeta eugubino del secolo XIV, in " Boll. Deputazione St. Patria per l'Umbria " XXVII (1924) n. 71 (crede invece a strette relazioni tra D. e B.: ma cfr. " Studi d. " XIII [1928] 151-152); E. Flori, Influssi e fortuna d'uomini e d'idee, Milano 1926; G. Raffaelli, B. da Gubbio e le sue opere, in " Giorn. d. " XXXI (1928) 87-248 (nonostante la mole, del tutto trascurabile: cfr. " Studi d. " XV [1931] 140); N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1945 (ristampa), 113, 114, 199, 615; ID., Storia letteraria del Trecento, Milano-Napoli 1963, 179.