BOTANICA (VII, p. 566)
Storia della scienza. - Nel tracciare la storia degli studî botanici, conviene distinguere, per l'antichità e il Medioevo e anche per i primi tempi dell'età moderna, tra le conoscenze botaniche di carattere pratico e le nozioni che presentano un certo carattere scientifico. Così i palafitticoli dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale utilizzavano per l'alimentazione i semi di una specie di lino e di papavero, per purgarsi i semi di Chenopodium album e per tingere la Reseda luteola e il Sambucus ebulus. Resti di piante alimentari e medicinali sono stati rinvenuti in tombe egiziane di varie età e numerosi sono i documenti egiziani che forniscono notizie su piante medicinali e utili, come sulla spedizione che la famosa regina Hatsepsówe inviò al Punt (l'attuale capo Guardafui) per raccogliervi mirra, incenso e aloe. Anche l'Antico Testamento nomina numerosi vegetali, ma di molte di queste piante è incerta l'identificazione; vi si trova inoltre un primo accenno alla distinzione tra alberi ed erbe e a una classificazione delle piante secondo l'uso (alimentari, tessili e medicinali). Osservazioni analoghe si possono fare per altri popoli dell'Oriente prossimo, mentre la Cina presenta fin da una remota antichità un trattato sulla coltivazione delle piante (Pên ts'ao) dell'imperatore Shen Nung.
Le prime nozioni di carattere scientifico si trovano presso i Greci; Empedocle d'Agrigento riconobbe nelle piante esseri viventi, non solo, ma dotati di sensibilità e anche d'intelligenza. Aristotele, col suo spirito scientifico, trattò ampiamente delle piante e, fra l'altro, riconobbe la funzione nutritiva delle radici ed ebbe alcuni esatti concetti sulla riproduzione dei vegetali; ma della sua opera botanica non restano che pochi frammenti. Il suo discepolo Teofrasto scrisse: Historia plantarum e De causis plantarum, e in queste opere diede una classificazione in alberi, arbusti, frutici ed erbe, distinse le piante terrestri dalle acquatiche e quelle a foglie persistenti da quelle a foglie caduche, osservò l'influenza del terreno e degli agenti atmosferici sulla vegetazione, studiò le trasformazioni delle piante spontanee in seguito alla coltura, portando un poderoso contributo alle conoscenze botaniche dei suoi tempi.
Le conoscenze dei Romani ebbero carattere essenzialmente pratico e così le opere di Catone (De re rustica), di Varrone (De re rustica), di Columella, e le Bucoliche e le Georgiche di Virgilio trattano solo di piante utili e del modo di coltivarle.
Nel sec. I dell'era cristiana troviamo due grandi figure di naturalisti e botanici: Dioscuride di Anazarba, autore del celebre trattato di Materia medica che, con i commenti di taluni autori dei secoli XVI e XVII, dominò il campo medico per molti secoli, e Plinio il Vecchio, che dedicò 16 dei 37 libri della sua Naturalis Historia, al regno vegetale.
Il Medioevo fu dominato anche sotto questo rispetto dalla cultura antica, non sempre né tutta digesta; non si può attribuire valore scientifico alle numerose opere di compilazione e di carattere enciclopedico che esso produsse. Indirizzo e finalità scientifiche vanno invece riconosciuti agli scritti dei commentatori e seguaci di Aristotele, sia arabi sia latini: tra questi ultimi possiamo ricordare S. Alberto Magno. Notizie su piante esotiche ci forniscono a volte i varî storici delle crociate e i missionarî e viaggiatori che, come Odorico da Pordenone e Marco Polo, si spinsero sino all'Estremo Oriente. Un'opera di carattere agrario redasse nel 1306 Pietro de' Crescenzi che la dedicò a Carlo II re di Napoli.
Al Medioevo risale altresì la fondazione del primo orto botanico perché tale si deve considerare, seguendo l'opinione del padre G. Lais, quella parte del Viridarium novum fondato da Niccolò III in Vaticano dedicata alla coltura delle piante officinali (1227) sotto la direzione di Simone da Genova, autore del dizionario Synonyma medicinae o Clavis sanationis, che contiene molte notizie su piante di uso farmaceutico e sul modo di coltivarle.
Con la scoperta dell'America, che portò la conoscenza di numerose nuove piante, osservate e studiate con curiosità scientifica, e descritte dai primi missionarî ed esploratori, si sviluppò il desiderio di paragonare anche le piante del nuovo continente con quelle già note, e gli studî botanici, con indirizzo prettamente scientifico, ne ebbero un grande impulso. Filippo II inviò nel Messico Francisco Hernández de Toledo, suo medico, per studiare accuratamente le produzioni del nuovo mondo: la sua poderosa opera restò inedita e fu poi distrutta nell'incendio dell'Escorial del 1617; per fortuna Nardo Antonio Recchi da Monte Corvino, archiatro dello stesso sovrano, ne aveva fatto un estratto che servì di base al lavoro dei primi accademici lincei cui accenneremo appresso.
Numerose e nuove conoscenze botaniche apportarono i viaggi di Martín del Barco nel Paraguay; di Gerolamo Benzoni, che visse in America dal 1541 al 1556 e fece conoscere il tabacco e la coca; di Andrea Thévet (1502-1590) che visitò il Brasile; e le ricerche di Guglielmo Pison e di Marcgraff di Liebstad pubblicate dal geografo Giovanni De Laet (1593-1649) col titolo De medicina brasiliensi e Historia rerum naturalium Brasiliensium.
Intanto la necessità di coltivare e di acclimare le piante del nuovo mondo aveva fatto sorgere e sviluppare numerosi orti botanici. Nel 1514 Leone X istituiva a Roma la prima cattedra per la lectura simplicium, che si deve considerare come un vero insegnamento di botanica separato dalla medicina practica, affidandola a Giuliano da Foligno; invece la cattedra di Padova, dove il primo lettore dei semplici fu Francesco Buonafede, risale solo al 1533. A Padova nel 1545 sorse un giardino botanico affidato allo stesso Buonafede; nel 1549 fu fondato quello di Pisa diretto da Luigi Anguillara e nel 1569 Bologna ebbe il suo orto botanico, di cui fu primo direttore Ulisse Aldrovandi. Seguirono gli orti botanici dell'Olanda, della Francia e di altre nazioni europee.
Nel sec. XVI in Italia si possono ricordare i seguenti botanici: Giovanni Manardi di Ferrara (1462-1536), medico di Ladislao di Ungheria, che per primo distinse le antere negli stami, e il suo discepolo Antonio Brassavola (1500-1570); Pier Andrea Mattioli di Siena (1501-1577), famoso per i suoi commentarî a Dioscuride; Luca Ghini di Croara d'Imola (1500-1556), che insegnò botanica a Bologna, diresse l'orto botanico di Pisa ed ebbe come discepoli Ulisse Aldrovandi, Costantino di Rodi e Luigi Anguillara, il quale viaggiò in Italia e in Oriente e descrisse molte piante nuove; Castore Durante (1529-1590) che compilò l'Herbario novo, opera illustrata che gli procurò grande reputazione e nel 1586 la cattedra dei semplici nell'ateneo romano. Ma il più notevole fra tutti fu Andrea Cesalpino (1519-1603) che, col suo trattato De plantis libri XVI, gettò le fondamenta della botanica scientifica, con molte geniali osservazioni sulla struttura e sulla funzione dei vegetali. Francesco Calzolari (1521-circa 1600) di Verona studiò la flora di Monte Baldo, di cui si occupò anche Giovanni Pona (sec. XVII).
In Francia si segnalarono negli studî botanici Jean Ruel (Ruellius) di Soissons (1474-1537), che scrisse De natura stirpium libri III; Giacomo Dalechamps di Caen (1513-1588), che tentò una classificazione metodica; Carlo de l'Écluse di Arras (1525-1609), detto Clusius, che descrisse nei suoi viaggi numerose piante nuove, diresse il giardino botanico di Vienna e fu professore di botanica a Leida; Matthias de L'Obel (Lobelius) di Lilla (1538-1616).
Nella Penisola Iberica si possono ricordare: Andrea Laguna di Segovia (1494-1560), che scrisse commenti a Dioscuride; Nicola Monardes di Siviglia (1512-1588), autore di numerose opere tradotte in italiano, in francese e in latino; Gonzalo Hernández de Oviedo (1478-1557), che illustrò i prodotti delle Antille; João Rodrigues de Castello Branco, detto Amatus Lusitanus (1510-1568), d'origine ebraica, che molto viaggiò in Europa e scrisse anch'egli un dotto commentario di Dioscuride.
In Inghilterra si segnalarono: Antonio Ascham (o Askam) astrologo, autore di A little Herbal (1550); William Turner di Morpeth (circa 1515-1568), autore d'un erbario; W. Sherard (1659-1728); W. Bullein (morto nel 1576); J. Maplet (morto nel 15592); Th. Penny (morto nel 1589), H. Lyte (circa 1529-1607).
In Germania, Olanda, Svizzera, molti furono i cultori della botanica e fra questi: Otto Brunfels (1488-1534), autore di un'opera botanica magnificamente illustrata; Gerolamo Bock di Heiderbach (1498-1554), detto Tragus, autore d'una storia delle piante indigene distinte in spontanee e coltivate, alberi, arbusti ed erbe; Leonhard Fuchs (Fuchsius di Wemdingen (1501-1566), che scrisse De historia stirpium commentarii insignes e descrisse oltre 400 piante nuove della flora germanica; Jacobus Theodorus di Bergzabern (Tabernaemontanus; morto nel 1590); Euricio Cordus di Simshausen (1486-1535) e il figlio Valerio (1515-1544), morto giovanissimo, ma che fu tra i più illustri botanici dei suoi tempi, che studiò le proprietà delle piante direttamente dalla natura e non dalle opere degli antichi, viaggiò molto nell'Europa centrale e scoprì la riproduzione delle felci per spore; Corrado Gesner (1516-1565) di Zurigo, detto il Plinio tedesco, il quale approfondì lo studio dei fiori e dei frutti allo scopo di istituire una classificazione metodica delle piante, stabilì i generi e le specie, e fece conoscere molte piante della flora alpina; Benedetto Marti (Aretius) di Berna (1505-1574), che portò un notevole contributo di studî personali alla conoscenza della flora dei monti svizzeri; Joachim Camerarius di Norimberga (1534-1598), Ramberto Dodoens di Malines, detto Dodonaeus (1517-1585), Adamo Lonicerus (1499-1569), i quali tutti contribuirono con le loro opere al progresso degli studî botanici.
Favorirono le conoscenze botaniche i viaggi di esplorazione geografica e specialmente quelli di Sebastiano Cadamosto, di Pierre Belon (1517-1564), di Melchiorre Guilandino (morto nel 1589), di Leonardo Rauwolf (morto nel 1596), di Prospero Alpino (1551-1617), di Jan Huygen van Linschoten (1563-1611), ecc.
Nel sec. XVII si possono ricordare i fratelli Giovanni e Gaspare Bauhin (1541-1613;1560-1624), che pubblicarono il primo, l'Historia universalis plantarum e l'Historiae plantarum Prodromus, con G. E. Cherler (circa 1570-1610); il secondo, Pinax theatri botanici; Prodromus theatri botanici; Theatrum botanicumn. Fra gl'Inglesi John Parkinson (1567-1650); Robert Morison di Aberdeen (1620-1683), autore di Plantarum historia universalis e della prima monografia delle Ombrellifere; John Ray (Raius) di Black Notley (1628-1705), che scrisse Historia generalis plantarum; William H0we di Londra (1619-1656); Leonardo Plukenet (1642-1706); James Petiver (1663-1718) autore di un lavoro sulle felci americane. Fra gl'Italiani in questo secolo primeggiano gli accademici lincei e specialmente: Federico Cesi (v., IX, p. 888), autore delle Tabulae phytosophicae, opera botanica di straordinaria importanza; G. B. Faber (1574-1629) che, per quanto nato a Bamberga, esplicò tutta la sua attività a Roma collaborando al Tesoro Messicano e insegnando botanica alla Sapienza; Fabio Colonna (1567-1650) di Napoli, autore di opere botaniche notevolissime per la modernità dei concetti; Silvio (padre Paolo) Boccone (1633-1704); Giacomo Zanoni (1615-1682); Tobia Aldini; Pietro Castelli (morto nel 1657); G. B. Ferrari (1584-1655); G. Battista Triumfetti (1656-1708), che diede un. grande impulso all'orto botanico romano del Gianicolo; F. Cupani (1657-1711). Dei Tedeschi, si possono ricordare Joachim Jung di Iuhecca (1587-1657), che osservò l'importanza della distinzione fra caratteri fissi e variabili nella classificazione delle piante e dell'esatto studio dell'organografia fiorale; Ludwig Jungermann di Lipsia (1572-1653) che studiò l'organografia fiorale; Paul Amman di Breslavia (1634-1691), che scrisse un'opera Character plantarum naturalis, basata sull'organografia dei frutti; Augusto Rivin di Lipsia (1652-1723), che adottò una classificazione basata sulla corolla fiorale e usò prima di Linneo una nomenclatura binomia; Christian Knauth di Halle (1654-1716), che riconobbe l'importanza dei caratteri dei fiori e dei frutti nella classificazione. Johannes Commelin di Amsterdam (1620-1692) nel suo Catalogus plantarum horti medici Amstelodamensis descrisse molte piante nuove americane; fra gli orticoltori dei Paesi Bassi si distinsero Emmanuel Sweerts che descrisse molte iridacee e liliacee nuove; Enrico Munting (1605-1658), che fondò l'orto botanico di Groninga, e suo figlio Abramo, che pubblicò un trattato sulla coltivazione delle piante.
In Francia si segnalarono nel campo botanico Pietro Magnol di Montpellier (1638-1715), che propose una classificazione dei vegetali basata sui caratteri del calice e della corolla; Jean Robin (1550-1629); Félix Carnot; Jacques Barrellier di Parigi (1606-1673), che studiò la flora dell'Europa meridionale; Joseph Pitton de Tournefort di Aix (1656-1708), il cui ricco erbario costituì la base di quello del museo di Parigi e che fu autore di una classificazione che dominò nel campo scientifico per circa un secolo: il suo concetto dei generi fu veramente naturale e molti di quelli da lui istituiti si conservano ancora.
Con la scoperta del microscopio si apriva anche alla botanica, che finora si era occupata della classificazione e della descrizione dei vegetali, un nuovo e vasto campo per lo studio della struttura del loro corpo (anatomia) e in conseguenza per quello delle loro funzioni (fisiologia).
Giuseppe degli Aromatari (1587-1660), riconobbe che l'embrione vegetale è una pianta in miniatura e che le riserve del seme hanno funzione analoga all'albumina dell'uovo. Tommaso Brown osservò la frequenza della pentameria nella costituzione fiorale; K. Digby, R. Boyle constatarono l'importanza dell'ossigeno nei fenomeni di germinazione e respirazione dei vegetali. R. Hooke osservò la struttura del sughero, le spore dei muschi, i vasi latticiferi; Adriano Van den Spiegel (1578-1625) di Bruxelles, professore nell'Ateneo di Padova, nella sua Isagoges in rem herbariam esaminò la costituzione di diverse parti del vegetale. Ma il maggiore impulso all'anatomia vegetale fu dato dall'inglese Nehemiah Grew (1641-1712) e da Marcello Malpighi di Crevalcore (1628-1694). Nel 1604 Adam Zalužanský (Zaluzanius; 1555-1613) affermava che la maggior parte delle piante sono ermafrodite e solo poche hanno i sessi separati. A. van Leeuwenhoek (1632-1723) fece molte osservazioni sull'anatomia vegetale e distinse diverse specie di vasi. Claude Perrault (1613-1688) riconobbe la circolazione della linfa distinguendola in linfa ascendente e discendente e riconoscendo il suo percorso. Denis Dodart (1634-1707) si occupò dell'accrescimento del tallo; E. Mariotte (morto nel 1684) studiò la costituzione chimica delle piante secondo le idee del suo tempo e spiegò l'ascensione della linfa per il fenomeno di capillarità.
Molti furono i viaggiatori, botanici o no, che in questo periodo con le loro esplorazioni arricchirono la scienza di nuove piante e di nuove osservazioni: John Banister raccolse molte piante nella Virginia; John, o Hans, Sloane (1660-1752) visitò la Giamaica, l'isola di Madera e la Barbados e ne studiò la flora; Charles Plumier di Marsiglia (1646-1704) visitò le Antille e la costa meridionale del Messico, descrisse molte piante nuove che illustrò con disegni e taluni suoi generi furono conservati da Linneo; Louis Feuillée di Marsiglia (1660-1732) visitò le Antille, la costa del Venezuela, il Perù e il Chile; William Dampier (v. XII, p. 278) non trascurò di descrivere nuove piante trovate nei suoi viaggi in America, nelle isole del Pacifico e nelle Indie Orientali; Herman Niclas Grim (1641-1711), medico di Stoccolma, visitò l'India; Hendrik Adriaan van Reede tot Drakestein (1636-1691), governatore dei possedimenti olandesi dell'India, scrisse il grandioso Hortus malabaricus che fu terminato dai suoi discepoli. Così l'Herbarium amboinense di G. Eberhard Rumpf (Rumphius) di Hanau (1627-1702), fu compiuto da J. Burmann. Il missionario gesuita polacco Michał Boym (1612-1659) fu il primo a far conoscere la Flora sinensis, mentre servendosi di essa Andrea Cleyer tradusse i quattro libri di Wang Cho-ho sui semplici cinesi e fece osservazioni su differenti piante del Giappone. Engelbert Kaempfer di Lemgo (1651-1716) visitò molti paesi dell'Europa e dell'Asia, fu lungamente in Giappone e il suo ricco erbario è ora al British Museum; Étienne de Flacourt di Orléans (1607-1660) esplorò il Madagascar; A. Cluyt visitò ripetutamente le coste dell'Africa settentrionale; W. Sherard fece un ricco erbario di piante dell'Asia Minore; F. Martens visitò le Spitsbergen e la Gmenlandia facendovi importanti osservazioni botaniche.
Il sec. XVIII segna i grandi progressi della botanica, che si eleva al grado e alla dignità di scienza. La sistematica, che finora aveva brancolato nel buio e nelle incertezze attraverso i più bizzarri e spesso assurdi sistemi di classificazione, ebbe un grande impulso con Carlo Linné, detto Linneo, il quale per quanto abbia creato un sistema artificiale, pure stabilì rigorosamente i criterî sistematici dei generi e delle specie e istituì la nomenclatura binomia che solo saltuariamente e capricciosamente era stata adottata dai botanici precedenti. A. de Jussieu istituì il primo sistema naturale di classificazione vegetale (1789); altri furono dovuti a A. P. de Candolle (1813), Oken (1821), Reichenbach (1828), Lindley (1834), Bartling (1830), Endlicher (1838), A. Braun (1864), A. W. Eichler (1883) in parte seguito da E. Warming (1898); il sistema moderno che ha incontrato maggior favore, perché basato su criterî filogenetici, è quello di A. Engler (1919). Grandi sviluppi con il perfezionamento del microscopio e la creazione di nuovi mezzi e strumenti d'indagine assunsero l'anatomia, la morfologia e la fisiologia dei vegetali. Taluni botanici, fra cui il Triumfetti e G. G. Sbaraglia (1641-1710), impugnarono le scoperte microscopiche sulla struttura delle piante, ma la verità finì con l'imporsi e si può dire che ogni anno si fecero nuove scoperte nel campo dell'anatomia e della fisiologia vegetale e col perfezionamento dei mezzi ottici si crearono la citologia e l'embriologia vegetale che hanno avuto un grande sviluppo e raggiunto una notevole perfezione.
Nel sec. XIX, e precisamente nella seconda metà di esso, nelle principali università accanto alle cattedre di botanica sorsero istituti specialmente organizzati e attrezzati per le ricerche botaniche di morfologia, d'anatomia e di fisiologia, e in essi furono riuniti grandi erbarî per lo studio della floristica, della sistematica e della fitogeografia. In alcune grandi università (Berlino, Vienna, Parigi, ecc.) esistono istituti e cattedre separate per la botanica generale e sistematica e per l'anatomia e fisiologia vegetale e insegnamenti distinti per la botanica applicata, specialmente per la botanica farmaceutica, quella agraria, la patologia vegetale, la farmacognosia.
Grande sviluppo in questi ultimi decennî hanno raggiunto le ricerche di genetica pura e applicata, che hanno per base le geniali leggi dell'abate G. Mendel.
Per notizie precise e più ampie sullo sviluppo storico di queste branche della botanica, v.: anatomia: Anatomia vegetale, III, p. 137; citologia, X, p. 461; embriologia: Embriologia vegetale, XIII, p. 887; erbario, XIV, p. 186; fisiologia: Fisiologia vegetale, XV, p. 486; genetica, XVI, p. 509 segg.; geografia: Geografia botanica, XVI, p. 613; morfologia, XXIII, p. 823 segg.; orto botanico, XXV, p. 628 segg.; patologia: Patologia vegetale, XXVI, p. 512 e le biografie di molti autori sopra citati.