BOTANICA
(VII, p. 566; App. I, p. 306)
La b., scienza biologica antica e fortemente unitaria nel proprio oggetto di studio, è attualmente una delle più diversificate e in rapido sviluppo, e sta acquistando crescente importanza per il rilievo che le conoscenze botaniche hanno nella soluzione di molti problemi ambientali, medici, agricoli.
La ricerca in biologia vegetale ha dato negli ultimi decenni risultati di eccezionale interesse specialmente nel campo della conoscenza delle cellule vegetali e dei loro organelli, dell'accrescimento e sviluppo, dell'analisi ormonale dell'accrescimento, della biochimica vegetale, della b. molecolare, oltre che della tassonomia e delle scienze della vegetazione.
Il mondo vegetale comprende circa 250÷300.000 specie di piante da seme e 100÷150.000 specie di piante inferiori (alghe e funghi): in totale, 350÷450.000 specie di organismi di cui gli studiosi hanno tentato, da circa duecento anni, uno studio completo, che si è aperto solo recentemente a nuovi sviluppi teorici e pratici. Nella tassonomia, che è stato il settore più tipicamente descrittivo della b., la gamma di informazioni si è molto allargata con l'introduzione di metodi che applicano allo studio della diversità degli oggetti vegetali e della complessità delle comunità biologiche vegetali tecniche proprie della genetica, della chimica, della citologia, della statistica, della biometria, della matematica e di altre discipline, i cui apporti costituiscono il fondamento della biosistematica, o tassonomia sperimentale. Si è venuto formando così un nuovo corredo di conoscenze sistematiche che non sempre sono state assimilate dalla tassonomia classica (e anzi a volte contrastano con essa), ma che ne hanno allargato lo spettro d'informazione. Il metodo linneano, nel quale i caratteri per la classificazione delle piante sono tratti essenzialmente dalla morfologia esterna, è tuttora considerato utile per codificare le variazioni degli organismi, ma rigido per valutare le relazioni evolutive delle popolazioni vegetali. La tassonomia classica si è basata su valutazioni e descrizioni delle variazioni degli organismi per lo più intuitive e soggettive, risultate talora imprecise e non correttamente quantificate. I nuovi apporti riguardanti, tra l'altro, le variazioni del numero e della morfologia dei cromosomi, l'interfertilità, la presenza di composti naturali (come alcaloidi, olii essenziali, componenti proteiche di riserva di semi, tuberi, ecc.) che rivestono valore tassonomico per intere famiglie di piante, hanno permesso di tener conto in tassonomia di dati indiretti come quelli citologici (citotassonomia), chimici (chemiotassonomia) e, da ultimo, a livello molecolare, quelli sul grado di affinità del DNA. La congerie crescente di dati e la grande quantità di organismi da classificare hanno posto problemi di dominio dei dati, che si vanno risolvendo con l'adozione di sistemi di memorizzazione su calcolatori.
L'affermarsi del concetto di evoluzione organica ha avuto notevoli sviluppi, specie in riferimento ai raggruppamenti tassonomici superiori (ordini, classi, divisioni), che i vari studiosi hanno ordinato in modi diversi secondo i risultati dei rispettivi studi e le concezioni che sono venute prevalendo in tema di posizione dei gruppi vegetali nella scala evolutiva. Mentre per i grandi raggruppamenti si è registrato un largo interesse verso la loro ricostruzione filogenetica, le implicazioni dell'idea della non fissità delle specie sono state generalmente trascurate nelle applicazioni correnti della sistematica descrittiva che, per motivi pratici, richiede un modulo, pur se convenzionale, di stabilità.
Già ritenuta da alcuni una parte della b. ormai esaurita (rispetto alle più dinamiche branche fisiomorfologiche), la sistematica ha avuto di recente una ripresa legata al crescente interesse per l'ecologia, la fitogeografia, la paleobotanica, discipline che presuppongono una base tassonomica. Di tali interessi è testimonianza, fra l'altro, la recente pubblicazione di importanti opere floristiche, tra cui va segnalata in modo particolare la Flora europaea (1964-80).
L'ecologia tende a correlare il comportamento attuale delle piante con l'ambiente ed è strettamente collegata alla fitogeografia, che si occupa degli aspetti storici della vegetazione.
Che le piante formino comunità a struttura tipica è noto non da oggi. Al concetto di associazione di piante, derivato da quello più generico di tipo di vegetazione, si connette l'attività delle scuole di fitosociologia (o di ecologia descrittiva) che, a partire dagli anni Trenta, hanno cercato di dare una classificazione molto precisa dei consorzi vegetali di un dato territorio nella loro articolazione fisionomica e strutturale in relazione ai parametri ambientali. Questo metodo non è stato condiviso da tutti gli ecologi, parecchi dei quali hanno trovato troppo rigide le classificazioni proposte dai fitosociologi. Benché la classificazione fitosociologica sia legata in qualche misura a valutazioni soggettive sulla struttura e la composizione della vegetazione, negli ultimi anni sono stati sempre più utilizzati metodi quantitativi. La composizione delle vegetazioni è sempre stata stimata sulla base di campionature obiettive e di procedimenti statistici per paragonare e classificare le associazioni vegetali; l'elaborazione della messe di dati così ottenuti ha trovato un ausilio essenziale nell'impiego dei calcolatori.
Mentre la fitogeografia si occupa della distribuzione delle piante sulla superficie terrestre, la paleobotanica (recente specialità della b.), ispirandosi al concetto di evoluzione organica, tende a ricostruire la storia delle vegetazioni sulla Terra e la filogenesi dei gruppi vegetali, definendone l'epiontologia, con l'ausilio della tassonomia, della morfologia e dell'anatomia comparata delle piante attuali. I microfossili, e soprattutto le spore, come i granuli di pollini che si conservano intatti nei sedimenti per l'elevata resistenza delle pareti imbevute di sporopollenine (di natura politerpenica), sono risultati di grande importanza nelle ricerche paleobotaniche: le loro precise caratteristiche strutturali (studiate dalla palinologia) hanno reso possibili l'identificazione di generi e specie di piante del passato, la loro abbondanza relativa, e la ricostruzione di antichi paesaggi vegetali e dei climi che li caratterizzavano.
L'osservazione microscopica di organi, tessuti e cellule vegetali, fonte di tante scoperte sulla struttura interna delle piante, sui sistemi riproduttivi e sui vari tipi di sviluppo embrionale, aveva trovato un limite invalicabile nel potere risolutivo dei sistemi ottici dovuto alla natura ondulatoria della luce e alla costituzione fisica delle lenti. L'avvento della microscopia elettronica in trasmissione (microscopi elettrostatici e magnetici) e in riflessione (microscopi a scansione) ha dischiuso tutto un vasto mondo di ultrastrutture di dimensioni comprese tra il limite di risoluzione ottico (0,2 μm) e quello elettronico (1 nm). Questo ha reso possibile lo studio accurato delle strutture submicroscopiche delle pareti cellulari, degli organelli cellulari, del complesso sistema di citomembrane costituenti il reticolo endoplasmatico e i ribosomi a esso associati, dei microtubuli che svolgono un'importante funzione nel movimento interno della cellula, e di altre minute strutture della cellula vegetale, della cellula batterica e delle particelle virali. Circa nello stesso periodo, sul finire degli anni Trenta, sono state messe a punto tecniche basate sull'impiego degli isotopi radioattivi combinati con la cromatografia su carta, e delle colture in vitro di tessuti vegetali.
L'impiego estensivo di tecniche fisiche e chimiche nella ricerca botanica e, in generale, nella biologia, ha dato risultati di grande rilievo, sfociati nell'identificazione, a livello molecolare, della natura universale dei fattori ereditari. Seguendo l'indirizzo riduzionista di A. Weismann, il suo ''plasma germinale'' venne identificato con il DNA, che porta, codificate nella struttura della sua molecola (descritta la prima volta nel famoso breve articolo di J. D. Watson e F. H. C. Crick, su Nature dell'aprile 1953), le istruzioni necessarie alla sintesi di tutti gli altri componenti dell'organismo e alla loro organizzazione in strutture appropriate. Anche se, nel 1953, non vi erano ancora prove sperimentali, il modello di Watson e Crick consentiva di prevedere come il DNA potesse avere la funzione di guida nella sintesi di altre molecole. Passo ulteriore è la comprensione delle interconnessioni esistenti fra le istruzioni genetiche del DNA e i meccanismi con cui esse si realizzano concretamente negli organismi, in quanto prodotto visibile dell'elaborazione biologica di tali istruzioni.
Dopo che, a metà del 20° secolo, la genetica ha assunto il ruolo di disciplina centrale della biologia, il successivo rapido sviluppo della biologia molecolare − assurta a simbolo della rivoluzione biologica degli ultimi decenni − ha determinato una larga unificazione, fornendo principi comuni per campi apparentemente eterogenei e lontani quali la sistematica e la biologia delle particelle. Quasi a conferma dell'indirizzo riduzionista di E. Haeckel e di A. Weismann, l'identificazione della natura molecolare dei fattori ereditari ha consentito alla biologia moderna di ricondurre molti fenomeni a un livello comune (coincidente con quello molecolare) con la possibilità di verifiche sperimentali pressoché immediate, diversamente da quanto era accaduto per l'evoluzione, la cui verifica era risultata, se non impossibile, certamente problematica a causa dei lunghissimi tempi di attuazione.
Si è ritenuto da alcuni, forse affrettatamente, che la b. e la zoologia − i rami classici, inclusa la sistematica, della biologia − fossero ormai esaurite. A tal riguardo si deve osservare che la biologia molecolare, oltre a penetrare gli aspetti strutturali e funzionali delle molecole biologiche, e il loro contenuto d'informazione specifica, ha segnato il culmine della tendenza, già manifestatasi più di cento anni fa con la ''meccanica dello sviluppo'' di W. Roux, a studiare sperimentalmente gli organismi viventi con metodi chimici e fisici. Nell'attuale contesto, aspetti morfologici e ultrastrutturali tendono a integrarsi, contribuendo a correlare fatti e proprietà macroscopici degli organismi viventi con la loro matrice submicroscopica e molecolare. Accanto e insieme alla biologia delle particelle, con i suoi concetti e leggi, c'è la biologia degli organismi, i cui concetti e leggi, definiti a livello biologico, sono altrettanto basilari. Per i biologi ''organismici'' la biologia comprende due campi distinti che differiscono profondamente per concetti fondamentali, problematica e metodi. Oltre la biologia strutturale, puramente descrittiva (si pensi alla b. sistematica classica), le aree indicate si possono distinguere in ''biologia funzionale'' e in ''biologia evolutiva'', delle quali si può dire, con Th. Dobzahansky, che "la prima è cartesiana e riduzionistica, la seconda darwiniana e composizionistica". Nell'originale accezione di W. E. Ritter (1919), con la dizione ''biologia organismica'' (oggi si preferisce dire ''composizionistica'', o ''integrazionistica'') s'intendeva sottolineare che i processi biologici si possono comprendere compiutamente solo ponendoli in relazione con l'intero organismo. L'esigenza di due biologie deriva, quindi, dal fatto che i sistemi biologici funzionano in simultaneo rapporto sia con i fattori causali istantanei sia con il processo evolutivo che ne ha prodotto il genotipo. Ciascuna pianta e ciascun animale è portatore di un ''programma genetico'' che, oltre a essere un ''dato'' proprio dell'individuo, è anche il risultato di un processo evolutivo. La biologia funzionale cerca di decodificare l'informazione contenuta nei programmi genetici (del DNA, dello zigote, dell'organismo funzionante); la biologia evolutiva prende in considerazione la storia dei programmi d'informazione, di come si sono mutati e differenziati nel tempo, delle cause di tali cambiamenti e delle leggi secondo cui si attuano, delle loro interazioni con l'ambiente nel processo di formazione e della vita del fenotipo, cioè, per la b., dell'aspetto della pianta in quanto concreta conseguenza visibile.
La b. è stata partecipe di questo intenso movimento di idee e di risultati. Le piante, come tutti gli organismi, sono formate di materia ad alto livello di organizzazione, e i botanici, oltre che descriverne e classificarne tutti i tipi, hanno contribuito a definirne sia la costituzione dal punto di vista fisico, chimico e matematico, sia le caratteristiche dei processi biologici e delle relazioni e interazioni con l'ambiente. La b., pertanto, è collegata e strettamente dipendente dalla matematica e dalle scienze fisiche, per i concetti e i termini atti a descrivere costituzione e processi vitali delle piante; ha relazioni con le scienze della Terra (mineralogia, geologia, geografia, meteorologia, oceanografia, ecc.) per la conoscenza delle caratteristiche fisiche degli ambienti e, conseguentemente, per l'interpretazione dell'ecologia delle piante e della loro distribuzione geografica; ha, inoltre, relazioni con molte altre scienze biologiche, agrarie, mediche per i vari aspetti riguardanti la fisiologia delle coltivazioni, la medicina e l'industria, la chimica farmaceutica e quella dei prodotti vegetali e delle fermentazioni, la selvicoltura, lo studio delle piante infestanti e della patologia vegetale, la scienza delle costruzioni, la tecnologia delle fibre, la tutela e conservazione della natura, il conseguente miglioramento dell'ambiente umano.
Mentre non ha più, come un tempo, il compito precipuo di enumerare e censire le forme (allora ritenute immutabili) diffuse sulla terra all'atto della creazione, la b. è ora suddivisa in molte e diverse specializzazioni, sia nei settori legati ai temi attuali della biologia, fisiologia e genetica, sia in quelli legati alle discipline classiche che fanno capo alla sistematica (batteriologia, algologia, micologia, briologia, pteridologia, ecc.) e all'ecologia (fitogeografia, fitosociologia, scienze della vegetazione, ecc.).
Sia nei settori descrittivi che in quelli di ricerca sulle funzioni fondamentali, la b. è una scienza in grande sviluppo e di preminente rilevanza per la funzione essenziale da essa esplicata in vista della comprensione del mondo, dell'uso delle sue risorse e dei vantaggi derivanti dalla godibilità di un ambiente in cui sia tutelata la ricchezza e la varietà delle piante.
Bibl.: D. R. Bienz, The why and how of home horticulture, San Francisco 1980; C. B. Helser jr., Seed to civilization. The story of food, ivi 1981; P. F. Wareing, I. D. J. Phillips, Growth and differentiation in plants, Ehmsford (N. Y.) 1981; J. H. Langenheim, K. V. Thimann, Plant biology and its relation to human affairs, New York 1982; P. M. Ray, T. A. Steeves, S. A. Fultz, Botanica, Bologna 1985.