BOTTONE (fr. bouton; sp. botón; ted. Knopf; ingl. button)
Piccolo oggetto di diverse fogge e materie che, infilato a un occhiello, serve a tenere unite due parti di un abito. Il bottone può avere funzione esclusivamente ornamentale. L'uso dei bottoni va riportato all'altro degli abiti attillati e aderenti al corpo; si capisce quindi come sia rimasto ignoto all'antichità classica: ché mal si adattava al costume generalmente diffuso di portare vesti ampie e svolazzanti a trattenere le quali erano più adatte fibbie o cinghie. Più vicini ai nostri bottoni, ma con funzione solo decorativa, possono essere ricordate, per l'antichità, le lunulae, piccoli oggetti a forma di spicchio lunare che erano cuciti o appuntati sia sui calcei sia sulle tuniche. E come oggetti di ornamento ci appaiono, in un'epoca più vicina alla nostra, i primi veri e proprî bottoni d'oro, d'argento e di pietre preziose che si diffondono in Francia dal sec. XIII. All'epoca appunto di S. Luigi i boutonniers sono ricordati a fianco dei fabbricanti di dadi nei Registri dei mestieri compilati dal prevosto di Parigi Étienne Boileau e da allora, seguendo la moda e il costume, i bottoni, non solamente di materie preziose ma anche d'ottone e di rame, entrano nell'uso comune e si diffondono poi non solo come oggetti di ornamento. Ma nonostante assumessero nel vestito una funzione, diciamo così, pratica, la fabbrica dei bottoni rimaneva in sostanza in mano ai gioiellieri: portava a questo il materiale impiegato e la cura che si metteva nell'eseguire l'oggetto. Vere e proprie manifatture di bottoni a carattere industriale fanno la loro comparsa in Inghilterra fra il sec. XVII e il XVIII specialmente a Birmingham che divenne presto - in questo campo - centro industriale di fama mondiale. Matthew Boulton (1745) e B. Sanders (1807) vanno ricordati fra coloro che maggiori perfezionamenti apportarono alla nuova industria la quale, diffusasi presto in Francia durante la Repubblica e l'Impero, prese larghissimo sviluppo in tutta Europa e in America con l'applicazione di nuovi procedimenti meccanici e con l'impiego di nuove materie prime.
La fabbricazione dei bottoni rappresenta oggi, in Italia, un'industria molto importante, oltre che per la bontà del suo prodotto, diffuso in tutto il mondo, anche per il cospicuo numero di operai occupati (circa 10.000). Questa industria usa le materie più diverse come avorio vegetale, corna, unghie di bue, ossa di animali, metalli, stoffe, madreperla, celluloide, vetro, porcellana, carta compressa, cuoio, materie plastiche. Fra tutte queste varietà quella però che ha preso uno sviluppo enorme è l'avorio vegetale, o corozo, cioè i semi di alcune piante appartenenti alla famiglia delle palme (v. avorio vegetale).
Bottoni di corozo (figg. 1-2). - Giunti alle fabbriche, dopo aver subito la sgusciatura per mezzo di barili a liste di ferro o anche a mano, i semi di corozo vengono scelti, separando i piccoli dai grandi e segati in fette di diverso spessore a seconda delle esigenze, mediante seghe circolari. Le fette, di sostanza molto dura e bianca, data la forma a facce irregolari di questi frutti, sono tutte differenti ed è quindi necessario selezionarle a seconda del loro spessore, della loro larghezza, del loro stato di consistenza e di conservazione. I bottoni si ricavano mediante tornitura delle fette e possono essere di infinite varietà essendo infinite le forme che si possono dare al ferro (fresa) applicato al tornio. Sia la larghezza sia lo spessore dei bottoni, vengono misurate normalmente in linee inglesi. Ordinariamente dai semi di corozo di provenienza Manta, Baja, si ottengono bottoni con diametro sino a 50 linee (circa 38 mm.), mentre per lineati maggiori bisogna ricorrere alle noci di provenienza Esmeralda o Cartagena, con le quali si può giungere sino a diametri di circa 45 mm. Il bottone grezzo così ottenuto, viene poi forato mediante apposite macchinette automatiche, o semiautomatiche (nei primi tempi essi erano forati singolarmente a mano su tornî): possono avere 2, 3, 4 fori a seconda del tipo e dell'uso cui sono destinati; vi sono bottoni aventi un sol foro, praticato contemporaneamente alla fresatura, nel quale è generalmente introdotto poi un chiodino di metallo che si ripiega, sul rovescio del bottone, in modo da costituire un occhiello per la cucitura; in altri tipi, quelli cioè che hanno al rovescio una sporgenza detta gambo, la foratura viene praticata attraverso il gambo stesso.
Dopo la foratura e prima di essere passato alla tintoria, il bottone subisce una pulitura praticata da tamburi (borloni) poligonali, giranti su sé stessi. I bottoni grezzi, essendo bianchissimi, sono suscettibili di qualunque colorazione: possono essere di tinta uniforme ottenuta immergendo i bottoni in appositi bagni di anilina, oppure macchiata, sul diritto del bottone, a differenti disegni. La macchiatura, che avviene prima della tintura totale del bottone e cioè quando esso è ancora bianco, è ottenuta a spruzzo per mezzo di telai, in cui sono rappresentate le figure da riprodurre. Dopo la tintura i bottoni vengono asciugati in appositi essiccatoi e infine puliti e lucidati. Per i bottoni a forma piana o con bordi di poco rilievo, la pulitura e la lucidatura sono praticate contemporaneamente nei borloni in cui è normalmente messo del cascame di corozo misto a bianco di Spagna. Questa operazione può durare due o più giorni a seconda della qualità di materia prima impiegata e del grado di lucidatura che si vuole ottenere. Per i bottoni a forma concava o con bordi alti, la pulitura del diritto è praticata invece mediante apposite macchinette automatiche, munite di spazzolini di crine: oggi però anche per certuni di questi ultimi tipi di bottoni si è riusciti a ottenere la pulitura direttamente nei tamburi, introducendo in questi trucioli o stecchetti di legno imbevuti di sostanze oleose. Per alcuni tipi finissimi, si può ottenere un maggior grado di lucidatura passando i bottoni sotto ruote di panno o di tela, spalmate di apposite composizioni.
Sui bottoni di corozo possono altresì stamparsi, a caldo, mediante punzoni di acciaio, diversi disegni oppure anche dei nomi (questi ultimi specie sui bottoni per pantaloni).
Per la fabbricazione di bottoni simili a quelli di corozo sono usati i semi della palma dum (v. avorio), assai diffusa in Eritrea, Somalia, Sūdān ecc., che però differiscono assai dalle noci americane per la forma, il colore e la fibra: hanno forma di piccole pere, vuote nella parte centrale e sono piuttosto piccoli, per cui il massimo lineato che si possa ottenere normalmente è il 45, vale a dire circa 30 mm. di diametro: per essere vuote all'interno, rimane limitato lo spessore delle fette che da esse si possono ricavare. Il colore non è completamente bianco, come nel corozo, ma leggermente rosato, il che rende più difficile la tintura e la macchiatura: così pure per il fatto di essere costituite da una fibra piuttosto oleosa e grassa, con difficoltà si riesce a dare ai bottoni fatti con queste noci una lucidatura soddisfacente e durevole. Tuttavia nel periodo postbellico l'industria italiana ha fatto molti progressi nella lavorazione del dum, giungendo a ottenere buoni bottonì di ogni forma, colore e macchia, spinta a ciò non solamente dal desiderio di valorizzare un prodotto delle nostre colonie, ma anche dall'alto costo del corozo nei confronti di quello del dum.
Infine nella fabbricazione dei bottoni è usata anche un'altra qualità di avorio vegetale, il tahiti, così denominato perché proveniente dall'isola di Tahiti, in Oceania. L'importazione di queste noci è però scarsissima, anche per il limitato uso che di esse si può fare: sono rotonde e grossissime, per cui si possono ricavare fette di spessore fino a 10 mm. Tuttavia per il loro colore giallognolo, e per la loro fibra, che mal si presta alla lucidatura, non sono usate che per la fabbricazione di bottoni neri o scurissimi, di forme facilmente lucidabili. Il costo di queste noci è inferiore a quello del corozo, ma superiore a quello del dum.
I bottoni d'avorio vegetale sono messi in vendita in scatole, sciolti o cuciti su cartine: la cucitura è eseguita a mano nonostante i molti tentativi fatti per rendere meccanica questa operazione. L'unità quantitativa è la grossa che equivale a 144 bottoni.
L'industria dei bottoni di corozo sorse in Italia intorno al 1900 e, rapidamente sviluppatasi, contava all'inizio della guerra 55 fabbriche con circa 8000 operai. Nell'immediato dopoguerra - superata la crisi bellica - arrivò sino ad impiegare circa 10.000 operai. Più tardi, col sorgere di barriere protettive e di nuove fabbriche nei mercati di sbocco, e con la sensibile discesa dei prezzi, l'industria si trovò ancora in difficoltà, e dal 1922 al 1924 essa non poté assorbire che circa 6000 operai, e talvolta anche 3000. Nell'ultimo quinquennio, però, è riuscita ancora a risollevarsi (50 fabbriche attive e circa 8000 operai) L'industria è largamente esportatrice. Nel 1926, che col 1925 fu anno di grande attività, l'esportazione raggiunse la cifra di 142 milioni, discesi però a 65 circa nel 1929. I centri maggiori di produzione dei bottoni d'avorio vegetale in Italia sono nelle provincie di Brescia, Bergamo e Piacenza, dove le maestranze sono specializzate in tale lavorazione: l'esportazione è fatta in tutto il mondo e prevalentemente in Germania, Inghilterra, Francia, Svizzera, Indie e America Meridionali.
Bottoni di corno e di unghia. - I primi sono di gran lunga migliori dei secondi e sono ricavati dalle corna del bue o del bufalo: quelli di bufalo sono i più belli e quindi anche i più costosi. Il corno viene tagliato in placche nelle quali si torniscono i bottoni che vanno poi puliti e lucidati (come quelli di corozo), prima di essere cuciti sulle cartine. Si tratta di bottoni molto fini, e perciò di uso limitato, fabbricati specialmente in Inghilterra. I bottoni d'unghia, anch'essi comunemente, ma erroneamente, compresi sotto il nome di bottoni di corno, si ottengono invece dalle unghie bovine, provenienti per la maggior parte dall'America Meridionale. La lavorazione dei bottoni d'unghia procede in modo alquanto differente dalle precedenti. Le unghie, passate nei borloni di ferro giranti per essere ripulite dalla terra, vengono messe a macero, anche per dei mesi, in vasche, per ammollirle; poi, previo un riscaldamento a vapore, sono tagliate a mano, in modo da dividere la parte superiore, che è quella che si usa, da quella inferiore. Le unghie vengono quindi, mediante presse idrauliche a diversi piani riscaldati, ridotte in placche piane dalle quali si ricavano, mediante tornitura, dei dischetti, destinati ad essere trasformati in bottoni. Questi dischi sono introdotti in appositi stampi di acciaio, sagomati internamente a seconda della forma che si vuol dare al bottone: la stampatura è praticata a caldo. Così stampato, il bottone è rifinito al tornio e poi forato e verniciato come i bottoni di corozo. Tanto i bottoni di corno quanto quelli d'unghia hanno colori e striature naturali e quindi sono venduti così come escono dalla lavorazione: ciò non toglie che quelli d'unghia possano essere tinti in qualunque colore. I bottoni d'unghia sono di valore inferiore a quelli di corno: attualmente il loro uso è quasi completamente cessato.
Bottoni d'osso. - Essi si ricavano dalle ossa (stinchi) dei bovini e degli equini, debitamente depurate; le ossa sono ridotte in lastre per mezzo di seghe, piallate e messe a macero: i bottoni sono torniti e forati come quelli d'avorio vegetale. Si usano specialmente per biancheria e perciò sono in maggioranza bianchi; si possono però tingere. Di osso sono in buona parte i bottoni per colletto.
Bottoni di legno. - Sono fabbricati per la maggior parte in Germania e in Polonia: durante la grande guerra ne furono però fabbricati anche in Italia: il legno generalmente usato è il faggio bianco russo. Sono scarsamente usati.
Bottoni di metallo. - I metalli più usati per la fabbricazione dei bottoni sono: l'ottone, il similoro, il tombacco, l'alpacca (argentana), l'alluminio, la latta, nonché i metalli preziosi oro e argento e i relativi placcati: un tempo è stato usato anche lo stagno, che veniva fuso in apposite pinze con la foggia del bottone da riprodurre. I bottoni di metallo possono anche essere a un sol pezzo massicci, oppure a due pezzi, vale a dire una parte superiore, nella quale si possono anche stampare lettere, fregi, disegni diversi, e una inferiore (rovescio) nella quale è fissato il gambo: il rovescio può essere dello stesso metallo della parte superiore oppure di latta: alcuni tipi contengono un dischetto di cartone, o del gesso. Mediante la galvanoplastica possono essere dorati, argentati, nichelati, zincati, bruniti. Infinite sono le forme che possono assumere questi bottoni: possono farsi anche bottoni di metallo con i buchi, in luogo del gambo, come, ad esempio, quelli per pantaloni. Fra i bottoni di metallo va annoverato il gruppo dei cosiddetti bottoni a pressione per guanti, carrozzerie e anche per abiti. Svariati sono i tipi in uso per i primi: tutti si compongono di diverse parti, che, riunite fra di loro, finiscono per ridursi a sole quattro principali, da applicarsi due per parte. I bottoni a pressione per guanti possono avere la parte superiore (calotta) di metallo oppure di corozo, di corno, di madreperla, di galalite, di celluloide; le altre parti sono generalmente d'ottone e vengono fabbricate con macchine speciali a punzoni multipli. I bottoni a pressione per abiti sono un po' differenti dai precedenti e consistono in due sole parti (a maschio e femmina) di cui una ha incastrata una molletta che, a bottone chiuso, trattiene la testa dell'altra parte: sono d'ottone nichelato o verniciato nero. I bottoni a pressione per guanti e carrozzeria sono venduti in scatole da una grossa; quelli per abiti, invece, sono venduti applicati su cartoncini appositamente forati.
Bottoni di stoffa. - Questi bottoni sono normalmente costituiti di differenti parti: una interna, di metallo (latta), di forma piana o curvata a seconda del tipo; la stoffa, che ricopre la parte precedente; il rovescio, pure di latta, verniciato in nero o nichelato a seconda del tipo; il gambo per la cucitura del bottone, costituito da un pezzetto dì tela bianca o nera, sporgente da apposito foro del rovescio; un dischetto di cartone, collocato nell'interno del bottone. In certi tipi, come ad esempio nei bottoni usati per i sedili delle automobili, il gambo, anziché di stoffa, è costituito da un occhiello di filo metallico, fissato al rovescio stesso. Con qualunque stoffa si possono confezionare i bottoni, eccetto quelli usati per abiti da uomo, per i quali le stoffe sono espressamente tessute, in pezze o in nastri, in tanti quadratini di misure e di disegni differenti: queste stoffe si fabbricano in Germania, per quanto in questi ultimi anni anche case italiane abbiano iniziato tale lavorazione.
Bottoni di madreperla. - Sono fabbricati con conchiglie di madreperla di varie qualità e provenienza: Egitto, Australia, Burgos, Mar Rosso, Mississippi, Giappone. Dato il tipo della materia prima, la lavorazione di questi bottoni è piuttosto lunga: dalle conchiglie sono segati dei dischi, che vanno accuratamente scrostati; dal disco, mediante tornitura, si ricava il bottone nel quale sono praticati i fori, per mezzo di trapanini semi-automatici. I bottoni, così in grezzo, vengono poi sottoposti a lisciatura in piccoli barili ed a lucidatura con procedimenti speciali e anche con ruote di panno. Pregi di questi bottoni sono la lucentezza e i riflessi iridescenti. Essi sono molto usati per la biancheria, perché possono benissimo essere lavati senza che subiscano alcuna alterazione. Il loro costo è piuttosto elevato specialmente per i bottoni bianchi ricavati dalla parte centrale della conchiglia; quelli scuri e verdastri si ricavano invece dai bordi. Vi sono anche bottoni di madreperla nera naturale (Tahiti), usati generalmente per abiti. I bottoni di madreperla sono cuciti su cartine colorate o argentate. I maggiori produttori di questo tipo di bottoni sono il Giappone e l'Austria; attualmente ne esiste qualche fabbrica anche in Italia.
Nelle nostre colonie, sulla costa del Mar Rosso, si trova una qualità di conchiglie, denominata Trocas, il cui mercato è a Massaua, molto usata nella fabbricazione dei bottoni di madreperla: queste conchiglie possono sostituire la madreperla vera, ma non eguagliarla, perché i bottoni ricavati da esse, sono privi di riflessi perlacei, sono meno lucidi e si rompono, sfaldandosi, con una certa facilità: il loro valore è pertanto inferiore ai bottoni di vera madreperla. Le conchiglie di Trocas sono tagliate in dischi che vengono levigati in barili con pomice e acqua e successivamente spianati per mezzo di una mola, e speciali macchine automatiche hanno la funzione di scegliere i dischi a seconda del loro spessore. l bottoni sono torniti dai dischi, indi forati e messi in un bagno d'acqua ossigenata o d'altro decolorante al fine di renderli perfettamente bianchi, poi lucidati a mezzo di borloni, contenenti segatura di legno e sostanze oleose: infine i bottoni sono cuciti su cartine del tipo di quelle usate per i bottoni di madreperla. I bottoni di Trocas possono anche tingersi con colori di anilina.
Bottoni di celluloide. - Anche la celluloide è impiegata nella fabbricazione dei bottoni: se ne hanno di quelli fatti interamente di detta materia o solamente ricoperti. La celluloide in fogli può essere colorata a piacere e anche litografata a mezzo di spruzzatori e di maschere: da questi fogli si tranciano dischi di varia misura che vengono, con ferri riscaldati, prima ripiegati e poi serrati attorno a dischi di carta o di metallo. In questo genere di produzione sono specializzate le fabbriche cecoslovacche.
Bottoni di vetro. - La lavorazione di questi bottoni è esclusivamente manuale. Essi si ricavano da bastoni di vetro di diametro e tinte differenti, riscaldandone un'estremità sino a rendere il vetro malleabile e tagliando quindi il bottone per mezzo di una pinza a mano, nella quale è riprodotto il disegno che si vuol dare al bottone. Siccome nella suddetta stampatura si hanno eccedenze di materiale sul bordo, così i bottoni vanno passati al tornio per rendere il bordo perfettamente liscio; la lucidatura si ottiene per mezzo di piccole mole e i buchi sono praticati contemporaneamente alla stampatura; quando il vetro è ancora malleabile, può essere altresì applicato al bottone un gambo metallico, che viene imprigionato fortemente dal vetro, al suo raffreddamento. I bottoni di vetro sono cuciti su cartine, come i bottoni di corozo. La maggiore e miglior produzione di questi bottoni è data dalla Boemia.
Bottoni di materie plastiche. - Nei tempi passati sono stati fatti molti tentativi per trovare sostanze di composizione che potessero impiegarsi nella fabbricazione dei bottoni, e le maggiori difficoltà, allora incontrate, erano quelle per la colorazione e la macchiatura. Gli studî fatti in questo campo hanno, in questi ultimi tempi, portato a risultati sorprendenti: le migliori fabbriche di queste sostanze si trovano in Olanda e in Germania, tuttavia anche in Italia esiste già qualche casa che prepara questi prodotti. Svariati sono i nomi che assumono queste sostanze (galalite, galakerite, proteolite, neolite, ecc.) ma la loro base è sempre la caseina indurita con bagni di formaldeide. Queste sostanze vengono colorate quando la materia è ancora in pasta con tonalità di colore e screziature svariatissime. Dalla pasta si ricavano lastre e bastoni della misura voluta, dai quali, una volta induriti, vengono tranciati o segati (a seconda che si tratti di lastre o di bastoni) i dischi nel diametro desiderato. La fabbricazione dei bottoni può avvenire in due modi, o mediante tornitura, come per quelli di corozo, o mediante stampatura a caldo, come per quelli d'unghia: in quest'ultimo caso i dischi, dopo essere stati riscaldati in acqua bollente, sono introdotti fra due stampi d'acciaio, sagomati nella forma del bottone che si vuol ottenere, e stampati per mezzo di presse idrauliche, dopo di che si procede alla foratura e lucidatura. Recentemente sono state fatte prove per ottenere i bottoni contemporaneamente alla preparazione della materia prima ovvero, sia per tranciare sia per stampare i bottoni, mediante presse a stampi multipli, direttamente dalla lastra, quando questa è ancora molle. Di queste sostanze sono fabbricati specialmente i bottoni fantasia per donna, per la possibilità di ottenere da esse forme, disegni e colori non sempre ricavabili dal corozo; e i bottoni da uomo, per i tipi imitanti il corno e l'unghia. Queste materie costano assai più del corozo, ma, come s'è detto, presentano possibilità maggiori specialmente perché le fette di corozo hanno limiti di diametro e spessore che non esistono nelle lastre di galalite.
Fra le materie plastiche oggi in uso meritano speciale menzione la globeite e la corozite, che utilizzano, come base, il sangue animale disseccato e ridotto in polvere. I bottoni si ottengono per stampatura e sono per la massima parte di colore nero; se si vuol dare a questi bottoni altra colorazione, bisogna prima decolorarli e poi tingerli come avviene per i bottoni di frutto. La corozite, come dice il nome, utilizza anche i detriti di corozo.
Infine dobbiamo ricordare i bottoni fatti di carta compressa, tra i quali particolarmente noti quelli per calzature: quelli di agata, di cuoio compresso oppure intrecciato, quelli di ambra e di tartaruga.
Ad eccezione però dei bottoni di frutto, d'osso, di madreperla e di metallo, tutti gli altri non dànno vita a singole aziende ma sono di complemento alle altre lavorazioni con le quali hanno in comune la materia prima.
Macchine per bottoni. - Le varie qualità dei materiali impiegati nella fabbricazione dei bottoni richiedono delle lavorazioni diverse fatte con macchine a mano o automatiche che si adattano alle singole fasi delle lavorazioni stesse.
I bottoni di frutto sono quelli che segnano un diagramma di lavorazione più complesso e perciò richiedono macchine più varie e più numerose. Per i bottoni di metallo invece, si ricorre a macchine poco diverse da quelle destinate alla ordinaria stampatura dei metalli. Le altre qualità di bottoni: madreperla, galalite, celluloide, legno, globeite, stoffa, richiedono macchine che derivano in generale le loro caratteristiche da quelle destinate al frutto o ai metalli, naturalmente con quelle modificazioni agli utensili volute dalla durezza del materiale in lavorazione.
La levigatura delle superficie dei bottoni, sia dei materiali allo stato greggio, sia di quelli pronti per la tinteggiatura e per la lucidatura terminale, viene fatta con i borloni. Sono questi specie di barili di ferro o di legno, nei quali si mettono i bottoni soli o insieme con opportune miscele di polvere. La rotazione dei borloni fa urtare fra loro i bottoni, che sfregandosi l'un l'altro, si levigano vicendevolmente.
Il taglio delle noci di frutto si fa in fette mediante seghe circolari (fig. 3), mentre quello dei materiali su fogli si compie con la tranciatura di rondelle del diametro desiderato.
Coi tornietti, che sono una riduzione molto rudimentale d'un tornio ordinario da officina, si ricavano i dischi-bottoni dalle fette. I tornî possono anche essere automatici. Il tipo illustrato nella fig. 4 si presta per lavorare 25 bottoni al minuto e richiede 0,5 HP di potenza.
La formatura dei bottoni di galalite si fa con presse a bilanciere, con presse comandate a mano per mezzo d'una leva o con presse automatiche.
Le macchine per la foratura delle animelle sagomate sono automatiche o semi-automatiche. La macchina illustrata nella fig. 5 è una foratrice automatica a sei fusi.
L'ultima fase della lavorazione del bottone viene compiuta con le pulitrici. Sono, queste, speciali macchine automatiche nelle quali i bottoni, a seconda della loro finezza, attraverso un gioco di spazzole di crine o di setola, o mediante dischi di tela umettati di polvere di sapone, vengono resi brillantissimi sul davanti (fig. 6). Queste macchine assorbendo HP 1,5 di potenza provvedono alla lucidatura di 22 bottoni per minuto.
La fabbrica dei bottoni ha creato molte varietà di macchine automatiche per ogni sorta di lavorazione, ma ogni tipo di macchina trova applicazione in misura diversa nei varî luoghi di produzione dei bottoni.
Bibl.: W. Lutter, Knopffabrikation, 1907; M. Schmitt, Manuel du fabricant de boutons et de peignes, Parigi 1923; H. Pécheux, Le cuir, les os, l'ivoire, la corne, l'écaille, la nacre, les perles, le corail, Parigi 1908.