BRACCI, Braccio
Nacque a Santa Croce sull'Arno (Pisa) il 9 nov. 1830 da Giovanni, calzolaio, autore di un Conte Ugolino, tragedia in versi che commosse il pubblico del teatro della Quarconia di Firenze. A Livorno frequentò il collegio di S. Sebastiano e, con la guida di don A. Danielli, si perfezionò nello studio dei classici. Insofferente, però, di ogni disciplina troppo prolungata, volle cimentarsi nella improvvisazione di ottave e sonetti durante i trattenimenti di allegre brigate e nella composizione di tragedie, prima declamate da amici che regolarmente rappresentate. Conseguita la laurea in legge a Pisa, esercitò con fortuna l'avvocatura a Livorno. Nel 1856 il B. pubblicò una piccola raccolta di versi, Fiori e spine - Nuovi canti (Livorno).
Il fatto che quei versi - "su per giù dei soliti, come ne facevano i giovani d'allora, che avean letto il Prati e gli altri moderni" - risentissero dell'improvvisazione e, soprattutto, non avessero, così poco meditati e lavorati, alcun sapore di classicità, fece "uscire dai gangheri" gli "Amici pedanti", ma specialmente il Gargani, il quale, incoraggiato dal Targioni Tozzetti e dallo stesso Giosue Carducci, ne scrisse rapidamente una serrata critica. A riprova della mancanza di idee ben definite e dell'ignoranza della grammatica e della lingua italiana, l'autore cita tre strofe del canto Ad amica lontana, ridicolizzandole al confronto con versi famosi di Properzio e del Leopardi. Ma la Diceria, sciatta e puerile, denunciò subito che l'ironia in essa profusa non era altro che "assoluta impotenza di riso"; sollevò scandalo persino in seno al sodalizio e soli a difenderla si ostinarono, durante la chiassosa polemica che seguì, il Targioni Tozzetti, il Chiarini e il Carducci che da quel momento, al dire del Chiarini, rimasero i soli veri "Amici pedanti". A un'analisi più spassionata, il canto succitato, senza ambire ad accostamenti con Le ricordanze, si rivela lirica contenuta e sommessa, e le sue parti migliori si pongono accanto alle ultime due strofe dell'epicedio per la Turrisi-Colonna, in cui è evocato con commozione un rarefatto paesaggio notturno.Nell'attività di giornalista del B. rientrano la collaborazione al quotidiano livornese Euterpe (che si pubblicava durante il decennio della reazione) e la creazione di un giornale tutto suo, Il Popolano, che diresse e redasse per qualche anno. Alla storia del teatro la sua produzione interessa soprattutto come documento di costume: le sue tragedie, che facevano piangere e fremere, riuscivano, con versi reboanti, ad alimentare l'amore per la libertà e l'odio contro i tiranni; ne conseguiva che la verità dei suoi eroi veniva sacrificata all'esaltazione della passione e della giustizia descritte in personaggi senza sfumature, tutto vigore e sete di generosità. In questo giudizio, del resto, concordarono i contemporanei che videro nelle sue tragedie sempre il medesimo colore e trapassi improvvisi da idee nobilissime a idee trite e volgari, sino a soprannominarlo "bastardo del Niccolini"; oggi la lettura del Pier Luigi Farnese, il più citato dei suoi lavori, non produce emozioni superiori a quelle, poniamo, suscitate dalla Placidia in cui, peraltro, si sente un maggiore impegno stilistico.
Il B. morì nella città di Livorno l'8 dicembre 1904.
Opere: Poesie, Livorno 1848; Poesie varie, ibid. 1850; In morte di Giuseppe Giusti,ode, Pisa 1850; Memorie e dolori - Nuovi canti, Livorno 1851; Placidia, dramma tragico in 5 atti in versi, 2 ediz., ibid. 1853; Le rose selvagge - Nuovi versi, ibid. 1855; Fiori e spine - Nuovi canti, ibid. 1856; Struensée, dramma tragico in 5 atti in versi, ibid. 1857; Isabella Orsini, tragedia in 4 atti in versi, 2 ediz., ibid. 1868 (con una dedica a Gioacchino Napoleone Pepoli); Pier Luigi Farnese, dramma tragico in 5 atti in versi, Firenze 1855. Dopo la morte gli eredi raccolsero, per desiderio del defunto, un gruppo di poesie in gran parte apparse in precedenti raccolte: Poesie, Livorno 1905.
Fonti eBibl.: Necrologio, in Il Resto del Carlino, 10-11 dic. 1904; C. Trevisani, Delle condizioni della lett. dramm. ital. nell'ultimo ventennio, Firenze 1867, pp. 41 s.; O. Bracci, G.Carducci e gli "Amici pedanti", Rocca San Casciano 1908, pp. 18 s.; G. T. Gargani, Di B. B. e degli altri poeti nostri odiernissimi, Napoli 1915, pp. 31-33; G. Chiarini, Memorie della vita di G. Carducci, Firenze 1920, pp. 61-68; F. Martini; Confessioni e ricordi, Firenze 1922, pp. 64, 67-80; A. Evangelisti, G. Carducci col suo maestro e col suo precursore, Bologna 1924, pp. 160-166, 170 s.; M. Parenti, Gli "Amici pedanti" visti da un bibliofilo, Firenze 1950, pp. 16-29, 76 s.; Diz. del Risorg. naz., II, Milano 1930, p. 397; Enc. dello Spett., II, coll. 960 s.