BRADISISMO
(dal gr. βραδύς "lento", e σεισμός "movimento"). Lente oscillazioni dell'ordine di pochi decimetri al secolo, di zone più o meno estese della crosta terrestre; il nome venne introdotto nella scienza dal prof. A. Issel, che su di esse pubblicò un pregevole volume.
Gli effetti di tali movimenti sono specialmente visibili sulle coste ove il mare offre un comodo livello di riferimento: solchi sulle ripe costiere, terrazzi, unione di isolotti alla costa, prosciugamenti lungo le spiagge per i movimenti ascendenti; distacchi di promontorî in isolotti, impaludamenti, proseguimento sottomarino di valli fluviali per i movimenti discendenti. A tali oscillazioni, verificatesi nelle lunghe ere geologiche passate possono pure ascriversi, almeno in parte, i processi orogenetici per i quali i fondi marini diventarono terre emerse e rilievi montuosi e, inversamente, terre emerse vennero coperte dal mare e da sedimenti marini, per modo che la distribuzione delle terre e dei mari fu diversa nei varî tempi geologici.
Gli effetti dei bradisismi più facilmente riconoscibili sono in generale quelli più recenti nella storia della terra, dalla fine del Terziario ai nostri giorni, perché sono meglio conservati e di più facile interpretazione.
Per spiegare le variazioni di livello tra il mare e la costa si può supporre che si muova la costa o, in senso opposto, il mare; si hanno infatti sostenitori dell'una e dell'altra tesi. Come cause che potrebbero aver determinato variazioni del livello marino si adducono fra le altre le seguenti: variazione dell'obliquità dell'eclittica, dell'eccentricità dell'orbita terrestre, della distribuzione rispettiva delle terre e dei mari, della posizione del centro di gravità e dell'asse di rotazione del globo, della quantità di calore irradiata dal sole; talune di queste cause sono invocate anche per spiegare certe vicende periodiche subite dal globo, come le fasi glaciali ed i cambiamenti di clima. Come causa di oscillazioni del livello marino il Suess considera l'accumulo del materiale di deltazione, di sedimentazione marina e di eruzione di materiali vulcanici; come causa più generale ammette un flusso e riflusso delle acque oceaniche dall'equatore ai poli. Possono interpretarsi come dovuti alle variazioni del livello marino quegli effetti che si sono prodotti su grandi estensioni ed in modo uniforme; ad es. si attribuisce al sollevamento del mare, piuttosto che all'abbassamento della spiaggia, la presenza di una terrazza sommersa a profondità massima di 200 m. che spesso contorna i litorali collegandoli con le isole vicine, come è messo in evidenza dalle carte batimetriche.
Pur ammettendo dunque l'instabilità del livello del mare, che possiamo attribuire a bradisismi sottomarini dovuti alle stesse cause di quelli terrestri, non v'è alcun dubbio che la parte emersa della crosta terrestre è soggetta ad oscillazioni proprie, dimostrate dalla diversa entità del sollevamento rispetto all'orizzonte marino di solchi di erosione costiera, di terrazzi, e persino controllate da livellazioni di precisione, come quelle eseguite nella seconda metà del secolo scorso e a trent'anni di distanza su tutta la Francia.
Issel chiama bradisismi positivi quelli di sommersione, accompagnati perciò da trasgressione del mare e negativi quelli di emersione con conseguente regressione del mare.
Effetti dei bradisismi. - I terrazzi litorali rappresentano l'effetto più grandioso e nello stesso tempo la prova più efficace dei sollevamenti. Come è noto il mare corrode e spiana le coste rocciose fino ad una fronte o ripa (falaise) più o meno scoscesa; se la costa si innalza lentamente, la ripa aumenta di altezza; ma se l'innalzamento è rapido, la ripa viene ad essere sottratta ad ogni ulteriore modificazione per parte del mare; la spiaggia ai suoi piedi viene a trovarsi all'asciutto e il mare riprende ad eroderla al suo ciglio esterno, iniziando una seconda ripa o gradino. Il fenomeno può continuare con la formazione di altre alternanze di ripiani e di gradini ossia di successivi terrazzi litorali. Dalle particolarità altimetriche del loro profilo normale si può indurre la durata relativa delle varie fasi del sollevamento, mentre da quelle del loro profilo longitudinale si potrà determinare il grado di uniformità del movimento in ciascuna di esse. Sulle alzate si conservano più o meno evidenti le tracce della multiforme attività erosiva del mare, come marmitte dei giganti, grotte e cunicoli che talora sono state la dimora dell'uomo primitivo e, come prove non meno convincenti, i fori di molluschi litofagi; sui ripiani invece si hanno spesso dei sedimenti costieri, ricchi di resti organici, specialmente di molluschi, tuttora viventi nel mare vicino o in mari lontani o in parte estinti, a seconda del tempo trascorso dal sollevamento.
Di tali terrazzi ripetuti si hanno esempî in quasi tutte le coste elevate dell'Europa e delle Americhe. Uno dei più begli esempî si ha in Calabria, ove il terrazzo più alto, ancora quaternario, giunge ad oltre 1000 m. di altezza. Meno alti, ma assai più estesi, sono i terrazzi che occupano la zona di penepiani tra gli Appalachi e l'Atlantico (Stati di Connecticut, Massachusetts, Maryland ecc.) dovuti, secondo Barrel, a un lento sollevamento che dura dal Cretacico e costituiti da cinque estesi terrazzi tra 524 e 213 m. s. m. e da alcuni altri più bassi, tutti attribuiti prima a denudazione continentale.
Anche i solchi di frangente, scavati al piede delle ripe dall'azione delle onde nello stadio iniziale del processo di terrazzamento sopra esposto, mostrano talora con la loro posizione altimetrica e il loro andamento l'effetto dell'emersione; a questa si deve pure lo sfociamento in cascata di corsi d'acqua (isola di Norfolk) e la posizione attuale, lontana dal mare o a livelli troppo alti, di costruzioni fatte per approdo ed ormeggio di navi.
Meno facili ad osservarsi, perché coperti dalle acque, sono per lo più gli effetti delle immersioni: opere dell'uomo costruite certamente su terraferma, come piani stradali, case, tombe, ed ora coperte dal mare in Inghilterra, in Italia, in Egitto ed altrove: foreste e torbiere sottomarine: valli sommerse in prosecuzione della loro parte continentale; anche la mancanza di delta, malgrado la deposizione di enormi quantità di materie solide portate da taluni grandi fiumi, è almeno in parte attribuita a sommersione.
L'effetto piu grandioso è rappresentato dalle note isole atolliche e barriere madreporiche, formazioni anulari che pur poggiando a profondità notevoli sono dovute ad organismi (madrepore, poriti, astree, fungie) che prosperano costruendo solo nella zona superficiale del mare fino a una profondità di 60-100 m., secondo la specie, dove la temperatura non scende al disotto di 20° C. Tali formazioni coprono nel Pacifico un'area di circa un milione di chilometri quadrati, tra le latitudini 30° nord e 25° sud; la spiegazione di Darwin, che per primo le ha studiate, che esse si siano sviluppate solo in virtù di un graduale abbassamento del fondo, è ancora oggi generalmente accettata.
Meno frequenti sono gli esempî che dimostrino dei movimenti alternanti; un esempio classico è fornito dalle tre colonne del Serapeo di Pozzuoli, per quanto si tratti forse di un bradisismo locale connesso al vulcanismo della regione. Le tre colonne, alte da 9 a 11 m., presentano fino a m. 3,60 dalla base la loro superficie liscia; da 3,60 a 6,30 invece essa è fittamente bucherellata da litodomi, le cui conchiglie si vedono ancora annidate nel marmo; da 6,30 in su la superficie è di nuovo liscia. Le colonne dunque dopo la costruzione del tempio eseguita fuori del mare subirono un notevole abbassamento, che gli studî del monumento riferiscono al Medioevo, fino a m. 6,30 sotto il mare; in seguito risalirono anche alquanto più in alto della loro posizione attuale. La zona liscia inferiore non venne forata dai litodomi perché protetta da ceneri vulcaniche che avevano coperto in parte il tempio. Altre numerose prove raccolte da Gunther (1903) mostrano che la costa tra C. Miseno, Napoli e Sorrento e le isole del golfo furono in tempi storici soggette a notevoli oscillazioni di livello.
Bradisismi in Italia. - La monografia dell'Issel contiene numerosi e dettagliati esempi di bradisismi in tutte le parti del mondo ed in particolare in Italia; da essa sono tratti gli esempî che seguono.
Nel Golfo di Genova le curve di livello sottomarine (isobatimetriche) mostrano che le depressioni delle valli liguri si protendono sul fondo del mare fino a 900 m. di profondità a guisa di solchi vallivi sommersi, non ancora colmati dalla sedimentazione. Nello stesso Golfo la grotta di Bergeggi, importante anche dal lato preistorico, mostra un sollevamento di 6 m., seguito da un affondamento di qualche metro. A Genova sotto la chiesa di S. Tommaso si osservano fori di litodomi a 7 m. s. m., che giungono a 10 m. a Camogli e a Portofino. Sollevamenti assai più pronunziati ma più antichi si hanno in tutta la Liguria occidentale ed orientale, rappresentati da fori di litofagi in molti punti e a tutte le altezze fin sopra i 500 m.
In Toscana si hanno prove numerose di un sollevamento seguito da un abbassamento; attesta il primo la presenza di panchina, roccia quaternaria di origine costiera, formata di sabbia e minuto detrito di conchiglie più o meno cementati, che ora si trova a varie altezze sul mare; essa è diffusa, come ha mostrato il Lamarmora (1857), in tutto il bacino del Mediterraneo occidentale, da Gibilterra a Tunisi, in Sicilia, in Toscana, a Nizza, in Sardegna, nelle Baleari, per lo più ad altezze modeste che giungono a qualche decina di metri; non mancano però esempî in cui giunge anche a 200. Un leggiero avvallamento nella Maremma toscana è dimostrato da una porzione di strada romana ben conservata esistente nello stagno di Scarlino.
Nel Lazio i ruderi dell'antica Anzio sono sommersi e così altri numerosi ai piedi del M. Circeo. Varie furono le vicende delle Paludi Pontine che l'Issel così riassume: le pianure e le paludi che circondano il Circeo furono originariamente occupate dal mare probabilmente fino al declinare del Quaternario; subirono poi un sollevamento, col quale si ridussero allo stato di terre emerse; durante i primi secoli di Roma furono coltivate e sparse di città e villaggi e per conseguenza si trovavano nelle condizioni di terre emerse; prima del sec. IV di Roma, ma in epoca ignota, cominciarono a deprimersi e si fecero acquitrinose e malsane.
Nel Golfo di Napoli ebbero luogo bradisismi in vario senso.
Il litorale calabro, secondo Cortese, è in emersione, specialmente fra Amantea e C. Vaticano; si avrebbe invece immersione attorno a Reggio. L'emersione della Calabria ha raggiunto dal principio del Quaternario ed a più riprese altitudini assai forti, con formazione di 4-5 terrazzi a varie altezze.
A Taranto, intorno al Mar Piccolo ed in Terra d'Otranto si hanno depositi di conchiglie fossili che dimostrano un'emersione nel Quaternario. Risalendo la riva occidentale dell'Adriatico si fanno invece evidenti le prove di una depressione dalla Capitanata (costruzioni sommerse nei laghi di Varano e di Lesina), all'Emilia (costruzioni sommerse od interrate a Fano, Rimini, Ravenna) e al Polesine. Il Po stesso, secondo osservazioni del De Marchi, ha il suo alveo chiaramente indicato al disotto della isobata 30, mentre al disopra la sedimentazione lo ha colmato.
A Venezia i pozzi artesiani trovarono terreni di alluvione e torba alla profondità di circa 100 m., profondità non spiegabile col costipamento degli strati ove non si faccia anche intervenire un movimento di discesa, che del resto si è verificato anche in Istria e in Dalmazia. La piazza S. Marco venne rialzata a più riprese perché fosse sottratta alle inondazioni, restando sempre più incassata la base della mirabile basilica. Negli undici secoli dacché è fondata la basilica si è abbassata di i m. o di 1,50.
Nell'Istria e nella Dalmazia le numerose isole tra il Golfo del Quarnaro e Ragusa non sono che resti di una terra sommeisa che le univa alla terraferma; l'abbassamento sarebbe stato, secondo il Taramelli, postglaciale e dell'ordine di qualche centinaio di metri. Frequenti sono inoltre le prove di piccoli affondamenti rappresentate da ruderi sommersi.
In Sardegna la panchina è sviluppata specialmente sulle coste occidentali e giunge, a qualche chilometro dal mare attuale, a 150 m. di altezza nella Nurra e a 200 nell'Iglesiente. Gli stagni salsi, ora prosciugati, di Sanluri e di Serrenti, sono attribuiti dal Lamarmora a innalzamento di un braccio di mare interno; non mancano infine tracce di terrazzamento.
Anche in Sicilia prevalgono le tracce di sollevamento; così a Milazzo, a Taormina, dal Simeto all'Alcantara, da Marsala a Trapani, a Palermo; quivi ha notevole sviluppo la panchina; vi sono tracce di varî antichi livelli marini con grotte, fra cui quella di S. Ciro a 55 m. s. m. con sabbie a fauna marina coperte da breccia ad ossami di elefanti, ippopotami, ece. Il prof. Cipolla (1926) ha messo in luce l'esistenza di un solco di frangente sulle pendici del M. Gallo e del M. Pellegrino interessante per le sue deformazioni ad arco e per la sua altimetria che da 100 m. giunge a 380. Immersione si avrebbe invece nel Messinese.
A Capri i terrazzi costieri vanno da 5 a 300 m. s. m. Malta invece è in progressivo abbassamento; a Marsa Scirocco si vede una strada praticata in roccia scomparire nel fondo di una piccola insenatura del mare e riapparire sull'altra riva.
Bradisismi in Europa. - Le Svalbard mostrano depositi di conchiglie marine quaternarie fino a 50 m. s. m. poggianti talora su rocce striate dall'azione glaciale.
Anche nella Scandinavia si hanno prove di sollevamento, più forte a nord che a sud; è anzi nella Scandinavia che Celsìus e Linneo fecero le prime osservazioni bradisismiche, attribuendo però le variazioni osservate all'abbassamento del mare; Lyell e Bravais più tardi misero fuori dubbio che si tratta di sollevamento della costa, provato da un terrazzo ad Altafjord (fra 70° e 71° di lat. N.), lungo 48 km., che da sud a nord si innalza da 25 a 66 m. s. m. I terrazzi sarebbero 7 di cui il più alto giunge a 176 m. Le prime prove del sollevamento vennero fornite da segni praticati sulla roccia in numerosi punti al livello del mare o ad altezze determinate e seguiti nei loro spostamenti; uno di questi segni venne scolpito da Rudberg nel 1731 presso il porto di Gävle ed osservato da Lyell nel 1834 a m. o,76 più in alto; a Sundsvall, il sollevamento raggiunge m. 1,36 in un secolo e a Stoccolma m. 0,24. Presso Karlskrona finisce l'area di sollevamento scandinavo-finlandese e poco a sud (Ystad, Malmö) si notano segni del movimento inverso; sulle coste del Kattegat e del Sund riprende il sollevamento.
Dal golfo di Finlandia alla Prussia orientale i segni di bradisismi sono rari ed oscuri; in Pomerania, nell'isola di Bornholm, nello Schleswig l'affondamento è dimostrato da foreste e da torbiere sommerse, nello Zuiderzee dall'invasione del mare in ragione di una media di m. o,40-0,50 al secolo.
La Scozia presenta terrazzi e banchi di sedimenti marini recentissimi; si ha invece immersione più a sud lungo tutta la costa dell'Inghilterra, al Passo di Calais ed in minor misura sulla costa occidentale; uno degli effetti geograficamente più notevoli è la separazione dell'Inghilterra dalla Francia avvenuta nel Quaternario recente.
In Francia si hanno bradisismi d'immersione che continuano tuttora la livellazione di precisione già accennata mostra che tra gli anni 1860 e 1890 si ebbero al passo di Calais le depressioni massime man mano decrescenti in Normandia, a Parigi, verso le coste del Mediterraneo, nelle quali scendono fino a zero. Un piccolo sollevamento si ha verso il Moncenisio, invece stazionaria una striscia lungo le Alpi e i Pirenei.
L'immersione si estende alla costa spagnola del Golfo di Guascogna. Nel Mediterraneo occidentale, come già si è accennato, la posizione attuale della panchina dimostra un sollevamento recente; in quello orientale si hanno prove di sollevamento nelle isole di Candia e di Cipro e sulle coste del Mar Nero.
Bradisismi negli altri continenti. - In Asia si ha sollevamento lungo tutta la costa settentrionale ed orientale fin verso la latitudine di Formosa; così tra Pechino ed il mare si hanno banchi conchigliferi dovuti a molluschi viventi. Anche il Giappone è in emersione. Dall'isola di Formosa alle coste del Mar Cinese Meridionale con le sue isole atolliche si ha depressione; invece dalle coste del Golfo del Bengala (incluse le isole di Sumatra e di Giava) a quelle del Mare Arabico e fino al Mar Nero si ha emersione, tranne in Siria.
In Oceania si ha sollevamento lungo le coste sud e sud-est dell'Australia, della Tasmania, della Nuova Zelanda, della Melanesia (Isole Salomone, Nuove Ebridi, Samoa) e delle Sandwich. Si abbassano invece le coste nord e nord-est dell'Australia, la Nuova Caledonia e la Micronesia (Isole Caroline, Marshall, Gilbert) nonché le Isole dell'Unione.
In Africa si ha sollevamento quasi ovunque, dall'Istmo di Suez al Madagascar, alle coste del Golfo di Guinea fino a Gibilterra e a Tunisi; in depressione è la Tripolitania, la Cirenaica e l'Egitto.
Nell'America del Nord si ha sollevamento dalla latitudine di New York a Terranova, dalla Florida lungo le coste del Golfo del Messico, alle Antille, in Colombia, nel Panamá e lungo tutta la costa occidentale fino all'Alasca; si ha invece depressione nel Labrador e tra New York e la Florida, anche le profondissime incisioni del Colorado (cañones) vennero attribuite a un progressivo innalzamento del suolo.
Nell'America del Sud il sollevamento avrebbe raggmnto sulle coste occidentali l'altezza massima conosciuta, di qualche migliaio di metri, come dimostrerebbe la flora tropicale fossile di Potosí (Bolivia) a 4000 m. e la posizione altimetrica dei giacimenti di salnitro del Chile, che raggiunge i 3000 metri, flora e giacimenti depositatisi più in basso, in clima più caldo e più secco. Anche la costa orientale dalla foce del Plata al 2° grado di latitudine si sarebbe sollevata.
Cause dei bradisismi. - La ricerca delle cause dei bradisismi regionali, cioè di una certa estensione, rientra in quella più generale delle cause dei movimenti orogenetici, ai quali cioè son dovute la formazione delle catene montuose, anzi dei continenti e degli oceani; tali movimenti si sono verificati in tutte le epoche geologiche, per quanto i corrugamenti più antichi abbiano perduto in massima parte il loro rilievo per effetto di un' erosione assai profonda. Al problema delle cause orogenetiche si è rivolta da lungo tempo la mente dei geologi e dei geofisici senza che si sia giunti ancora a un risultato soddisfacente; riassumiamo qui le principali ipotesi.
Ipotesi plutonica. - I grandi geologi della prima metà del secolo scorso von Buch, Humboldt, Beaumont attribuirono il sollevamento delle catene montuose a masse eruttive erompenti dal basso. L'ipotesi è ora abbandonata per la genesi delle catene a pieghe, che costituiscono il caso più generale ed importante, perché lo studio accurato della tettonica non mostra, come l'ipotesi richiederebbe, dei sistemi di pieghe periferiche ed incrociantisi attorno ai massicci a cupola, né attorno ai massicci allungati delle pieghe pressoché simmetriche rispetto agli assi longitudinali dei massicci stessi; si nota invece una struttura asimmetrica, quale ad es. presentano gli Appalachi, i Carpazî, il Giura, gli Appennini, che volgono il loro versante più ripido verso le grandi fosse dei mari vicini ed il versante più dolce, formato da rughe minori, verso terra. I massicci si comportano piuttosto come masse passive rispetto ai movimenti orogenetici, furono cioè essi stessi coinvolti in tali movimenti e nelle pieghe che ne conseguirono; solo in qualche caso si ebbero per parte di magmi laccolitici delle azioni positive di sollevamento.
Teoria della costruzione. - Già Cartesio (1664) e Leibniz (1693) ammettevano che la terra fosse un astro estinto e che le accidentalità della sua superficie fossero dovute al corrugamento conseguente alla sua diminuzione di volume per effetto dell'abbassamento della temperatura. Questa dottrina è tuttora ammessa dalla maggioranza dei geologi, almeno nelle sue linee generali, perché offrirebbe una soddisfacente spiegazione dei fenomeni orogenici e sarebbe la più aderente alla teoria cosmogonica di Laplace. Secondo la teoria della contrazione la parte esterna del globo fu la prima a solidificarsi; dovendo per la gravità mantenersi aderente alla parte interna in via di raffreddamento e quindi di contrazione, la crosta solidificata deve ripiegarsi, accavallarsi ed anche rompersi e sprofondarsi; essa non potrebbe mantenersi più o meno isolata dal nucleo come una enorme vòlta perché, come venne calcolato da Heim, le pressioni tangenziali che ne deriverebbero sarebbero ben 1700 volte maggiori di quelle necessarie per schiacciare il granito, una delle rocce a coefficiente di rottura più elevato; deve perciò deformarsi assai prima che le sollecitazioni raggiungano gli enormi valori suddetti e comportarsi rispetto al nucleo come la buccia di una mela che si essicca o si cuoce in cui, per la perdita di vapore all'interno, la buccia stessa si raggrinza. All'obbiezione che le catene montuose siano localizzate lungo linee determinate anziché uniformemente distribuite come richiederebbe l'uniformità della contrazione, si risponde con Heim che la buccia ha un'omogeneità di composizione ed un'aderenza al substrato che mancano alla crosta terrestre, la quale non ha ovunque né la stessa composizione né lo stesso spessore e non aderisce ma piuttosto si appoggia ad un nucleo fluido o almeno plastico su cui può scorrere con relativa facilità. Ne viene che appena le sollecitazioni tangenziali hanno raggiunto un'intensità sufficiente a vincere la resistenza delle zone più deboli, in queste avviene il corrugamento e si concentrano le sollecitazioni dell'intera crosta terrestre, che viene così sottratta, per un certo tempo, a corrugamenti in altre zone. Del resto, secondo Kayser, quando nei primi tempi del consolidamento la crosta terrestre era più omogenea e più sottile, i corrugamenti furono effettivamente distribuiti con maggiore uniformità, perché ovunque affiorano le rocce primitive gneissiche, esse sono corrugate. In seguito, coll'ispessirsi della crosta ed il differenziarsi della sua composizione, la distribuzione delle zone di corrugamento si fece sempre più irregolare. In generale le zone che sono state in precedenza sede di ripiegamenti sono meno o punto toccate dai ripiegamenti successivi; anzi esse esercitano, secondo Suess, un'influenza notevole sulle modalità dei corrugamenti successivi; ad esempio i residui di antichi rilievi montuosi rappresentati dal Plateau Central, dai Vosgi, dalla Foresta Nera e dal Massiccio Boemo hanno arrestato come pilastri le pieghe della catena alpina in formazione, le quali si mostrano avvicinate nella parte occidentale e centrale mentre si allargano verso oriente.
Ipotesi degli slittamenti. - Pur attribuendo alla contrazione le fratture e gli sprofondamenti il Reyer ritiene che i corrugamenti si debbano attribuire a scorrimenti per gravità di masse sedimentarie giacenti su piani inclinati fin dall'origine (fianchi di bacini) o resi tali da sollevamenti successivi; lo slittamento sarebbe provocato da mutamenti dello stato di imbibizione, di inclinazione, da impulsi sismici, ecc.; giungendo tali masse al piano o incontrando un ostacolo si ripiegano ed accavallano. Il fenomeno si verificherebbe di preferenza in vicinanza delle coste ove è più attiva la sedimentazione e così si spiegherebbe il sorgere delle catene a pieghe in vicinanza delle spiagge. L'ipotesi degli slittamenti se può servire a spiegare fenomeni tettonici localizzati o secondarî conseguenti alla formazione delle grandi catene, non sembra sufficiente a spiegare la formazione stessa; alcuni degli esempî portati dall'autore a sostegno della sua ipotesi, di zone fortemente piegate poggianti su altre che non lo sono, vennero contestati dal Kayser.
Ipotesi della dilatazione termica. - Secondo questa ipotesi, sostenuta specialmente dal Dana e dal Reade, la causa principale dei corrugamenti va ricercata nella dilatazione che talune parti della crosta terrestre hanno subìto per effetto di aumenti di temperatura. Venne osservato che nella maggior parte delle catene a pieghe esistenti (Alpi, Pirenei, Himālaya, Ande, Montagne Rocciose) la potenza delle formazioni marine che le compongono è assai maggiore di quella che le formazioni coeve hanno a distanza dalle catene stesse e che certe formazioni raggiungono potenze di migliaia di metri senza sensibili modificazioni di facies; ciò non si può spiegare che ammettendo un graduale abbassamento verificatosi durante la deposizione e con lo stesso ritmo. Si avrebbe dunque che appunto in corrispondenza delle zone di abbassamento e di ispessimento delle sedimentazioni, dette geosinclinali dal Dana, si sarebbero avuti in seguito i maggiori sollevamenti; questi secondo l'ipotesi della dilatazione sarebbero dovuti al fatto che, con l'accumularsi e approfondirsi dei sedimenti, la loro temperatura aumenta secondo la nota progressione di circa 3° C. per ogni 100 m., con conseguenti dilatazioni che, impedite ai fianchi ed al fondo, si manifestano essenzialmente con innalzamenti alla superficie, più forti nella zona mediana. All'aumento della temperatura contribuirebbero pure le intrusioni di magmi che trovano facile passaggio attraverso le fratture provocate dai rigonfiamenti.
Lo studio delle geosinclinali mostra però che il corrugamento, anziché graduale, è pressoché uniforme in tutto il complesso corrugato, come se la dilatazione fosse avvenuta soltanto dopo la colmata delle geosinclinali stesse.
In contrapposto alla precedente, l'ipotesi della contrazione termica attribuisce alla diminuzione della temperatura la contrazione di zone raffreddate, con formazione di fratture e di depressioni; la diminuzione di temperatura sarebbe dovuta a fenomeni glaciali ed alla stessa erosione che abbassa le geoisoterme primitive. In tal modo spiega Drygalski l'affondamento di una parte dell'America del Nord, coperta nel periodo glaciale da un potente manto di ghiaccio ed il successivo suo rialzarsi con la scomparsa del manto stesso.
Teoria isostatica. - Risale a Pratt (1855) ma venne sviluppata più tardi da Dutton e da Hayford. La crosta terrestre costituita in prevalenza da silice ed allumina (donde il nome di Sial) galleggia sopra un magma fluido più pesante, costituito in prevalenza da silice e magnesio (Sima), mentre la parte nucleare, prevalente, sarebbe in maggior parte di nichelio e di ferro (Nife). Per l'equilibrio idrostatico ognuna delle zolle in cui, per comodità di ragionamento, si può immaginare decomposta la superficie terrestre, tende ad immergersi di quel tanto che richiede il principio di Archimede; sennonché variando alla loro superficie esterna il carico, essenzialmente per l'erosione continentale e per le sedimentazioni marine, ma anche per lo scioglimento o l'accumulo di grandi masse glaciali, le zolle dovranno le une innalzarsi perché alleggerite e deprimersi le altre caricate, ingenerando movimenti riflessi anche nelle zolle vicine. Basterebbero questi movimenti per spiegare la formazione dei bacini oceanici e delle catene montuose, di preferenza sui margini delle terre emerse, ove i movimenti, come le cause che li producono, sono più sentiti.
La teoria isostatica spiega facilmente i bradisismi e parecchi fatti geologici e geofisici altrimenti poco chiari: ad es. la formazione di sedimenti di acque basse della potenza di migliaia di metri (conglomerati del Righi almeno 2000 m.), dovuti, come già si è detto, all'abbassamento del fondo in misura uguale all'accrescimento della sedimentazione; ed altrettanto si può dire delle numerose alternanze del carbonifero produttivo e delle formazioni madreporiche, anzi, più in generale, dei cicli di sedimentazione ossia successioni di formazioni abissali, neritiche e di superficie che si osservano nei varî periodi geologici.
Le misure della gravità hanno messo in luce che sugli oceani essa è pressoché normale malgrado la deficienza di massa rappresentata dall'acqua, mentre nelle zone montuose, beninteso riportandosi alla superficie marina, mostrano una deficienza di massa; coi principî dell'isostasi i due fatti si spiegano facilmente: il fondo oceanico è costituito da rocce più pesanti (Sima) che compensano la deficienza di massa soprastante, mentre il maggior volume sopra il mare delle catene montuose compensa la minor densità di esse. La teoria della isostasi ha assertori tra i geologi e i geofisici.
Teoria della traslazione o deriva dei continenti. - Si deve a Wegener (1912) l'elaborazione di quest'ardita teoria, secondo la quale i continenti formati di Sial e gli oceani a fondo di Sima furono in ogni tempo distinti e pressoché della stessa entità complessiva attuale, ma con diversa distribuzione. Le masse continentali, più leggiere, emergenti per una piccola frazione della loro altezza, si affondano per la massima parte nel Sima, vi restano sospese come gli icebergs o monti di ghiaccio lo sono nel mare e come questi, ma in misura assai minore per la viscosità del Sima e la loro enorme massa, sarebbero mobili e si sarebbero anzi effettivamente mosse, talune anche per migliaia di km., staccandosi ed allontanandosi da altre rimaste indietro. Per l'arresto o per il rallentamento delle masse in deriva causato da continenti rimasti fermi o dallo stesso Sima consolidato nel fondo oceanico, si sarebbero formati i grandi rilievi montuosi a pieghe sia nella zona di contatto fra la parte in moto e quella di arresto (Himālaya), sia sulla fronte di avanzamento (Ande). La direzione più pronunciata della traslazione è da est ad ovest; un'altra è diretta invece verso l'equatore. Sull'origine delle forze a cui tali movimenti sarebbero dovuti non è fatta ancora luce completa; quella verso ovest sembra dovuta all'azione del sole e della luna, quella verso l'equatore è dovuta alla rotazione della terra.
La teoria delle traslazioni è nata dall'evidente corrispondenza morfologica tra le coste africane e le sud-americane dell'Atlantico, già notata da altri, che il Wegener ha esteso e approfondito avvalorando la sua teoria con altre corrispondenze geologiche, paleontologiche, paleoclimatiche e geodetiche anche negli altri continenti, le quali dànno alla teoria stessa un suggestivo appoggio.
Bibl.: A. Issel, Le oscillazioni lente del suolo o bradisismi, in Atti R. Univ. di Genova, i vol. di 422 pag. e 2 carte, Genova 1883; C. F. Parona, Trattato di geologia, 2ª ed., Milano 1924; E. Suess, Das Antlitz der Erde, Lipsia-Vienna 1885-1910; L'aspetto della terra (trad. Vinassa de Regny), Pisa 1894; La face de la terre (trad. de Margerie), Parigi 1897-1910; A. Wegener, Die Entstehung der Kontinente und der Ozeane, Brunswick 1915; 2ª ed., 1920; La genèse des continents et des océans (trad. Reichel), Parigi 1924.