brahman
Termine sanscr. usato nella filosofia indiana solo al singolare per indicare l’unica realtà che pervade o trascende – a seconda delle scuole – il mondo fenomenico (in questo secondo caso considerato illusorio). Il significato originario del termine è stato tuttavia molto discusso. Nelle più antiche attestazioni è impiegato al plurale per indicare i versi (mantra) del Ṛgveda, concepiti come carichi di energia sacrale e capaci di rendere efficace il sacrificio. Nei testi tardo vedici (Brāhmaṇa e Āraṇyaka) il termine è usato per la prima volta per indicare la forza suprema al di sopra degli dei. La speculazione sul b. è poi centrale nelle Upaniṣad. Queste sono testi eterogenei per origine e composizione e in particolare le riflessioni sul b. prendono le mosse dal processo di interiorizzazione del sacrificio vedico, prestandosi così a diverse interpretazioni qualora si cerchi di tradurre in termini ontologici quanto affermato in termini psicologici. Fra i temi upaniṣadici che influenzeranno la successiva riflessione in merito si distinguono in particolare: l’identità del sé (ātman) come percepito in meditazione e del b.; il b. come superamento delle individualità; il b. come unica realtà (advaita) e coincidenza degli opposti; il b. come inattingibile dalle facoltà conoscitive umane; la possibilità di un’intuizione mistica del b.; il b. come essenza ultima di ogni elemento del mondo; il b. come creatore e controllore del mondo; il b. come dispiegantesi gradualmente nel mondo. Le scuole vedāntiche successive, che si fondano sull’interpretazione delle Upaniṣad, si dividono in particolare circa l’interpretazione del rapporto fra b. e mondo. Per le scuole teiste, il b. è Dio stesso e ha creato un mondo realmente esistente. Le scuole non-dualiste (➔ advaita), invece, intendono il b. come l’unica realtà, coincidente con la coscienza e rispetto alla quale gli elementi individuali del mondo fenomenico sono come figure oniriche nei sogni del b.; in effetti la riflessione sul problema dell’illusione è molto sviluppata in queste scuole, alle prese con l’enigma di come sia possibile l’apparire illusorio del mondo fenomenico se l’unica realtà è il brahman. Il b. è stato inteso come realtà linguistica da Bhartr̥hari (➔).