brahmanesimo
L’insieme di valori culturali, credenze religiose e istituzioni sociali e politiche che ha caratterizzato la fase di consolidamento della civiltà in India, fino all’epoca della diffusione dell’islam (ca. 9°-12° sec.); per il periodo successivo si è soliti impiegare il termine . Il trapasso dai sistemi di discendenza a quelli di Stato e la formazione di società complesse si accompagnarono, dalla metà del 1° millennio a.C. in poi, a un graduale aggancio delle identità sociali a particolari profili professionali e rituali (le caste). La mediazione fra l’uomo e il sacro, in precedenza operata dai brahmani mediante il sacrificio commissionato dal sovrano a beneficio proprio e del collettivo dei sudditi, si estese alle diverse realtà sociali, dando impulso allo sviluppo di un ricco e diversificato apparato ritualistico destinato ad accompagnare i cicli della vita sia naturale che umana. Sotto questo profilo il b., inteso in senso stretto, si contrappose alle esperienze religiose e spirituali non-mediate come, da un lato, le scuole ascetiche ed eremitiche degli antichi shramana e degli yogi, e dall’altro le più tarde correnti devozionali del movimento bhakti, nonché a vie di salvezza più individualistiche mirate all’ottenimento immediato della rescissione dai legami con il mondo, come per es. il buddhismo e il jainismo. Più in generale, il b. generò nel corso dei secoli particolari istituzioni atte a realizzare il dharma (l’esistente visto come mondo organico) secondo modalità proprie di ciascuna forma di vita. Di particolare rilievo il varnashramadarma, che prevedeva quattro tipologie di comportamento adottabili nel corso dell’esistenza: il celibe dedito allo studio (brahmacari), il capofamiglia (grhastha), il vagabondo nella foresta (vanaprastha) e il rinunciante dedito alla conoscenza e alla realizzazione dell’assoluto (saṃnyasi). A ciò si affiancò la concezione dei quattro purusharta, o fini, al cui ottenimento l’uomo poteva indirizzare le proprie azioni, dei quali i primi tre andavano realizzati nel mondo (kama, il piacere dei sensi; artha, la ricchezza e il potere; dharma, il bene di tutti gli esseri viventi), e il quarto al di là di esso (moksha, la liberazione dal ciclo delle rinascite). Di qui il valore comunque positivo attribuito all’affermazione nel mondo, e quindi il dinamismo dei soggetti politici ed economici indiani, accanto alla consapevolezza che di nascita in nascita ogni individuo avrebbe dovuto avvicinarsi allo stadio supremo del riassorbimento nel brahman trascendente grazie a un comportamento appropriato (sva-dharma). Di qui anche il concetto di pluralità dei modelli etici e, in campo giuridico, dei diritti e dei doveri stabiliti dalla consuetudine e dal consenso locale, in assenza di un codice universale di leggi. Il bisogno costante di ridefinire tali modelli ha prodotto, fra l’altro, una ricca letteratura dal carattere insieme filosofico, religioso e morale, di cui è sommo esempio la Bhagavadgita (ca. 2° sec. a.C.).