BRANCACCIO
. Famiglia napoletana del seggio di Nido. Ad essa furono attribuiti S. Candida, prima cristiana di Napoli, e S. Baccolo, vescovo e patrono di Sorrento, ma in realtà il primo ricordo sicuramente datato di un tribuno Gregorius Brancatius si trova in un documento napoletano del 961; e molto probabilmente si deve trattare di quell'unus ex nobilioribus Neapolitanorum, cui accenna la Vita S. Antonini abbatis (in Mon. Germ. Hist., Script. rerum Langobard. et Italic., pagg. 584-85). Da Marinus Brancatius, ricordato nel Catalogo dei Baroni, derivarono poi i due rami principali della famiglia: i Brancaccio Glivoli, o Dogliuoli (dal nome di una contrada di Napoli), o Delle branche asciutte (perché nello stemma posero soltanto quattro branche di leone in campo azzurro); e i Brancaccio Imbriachi (che invece usarono nello stemma più branche di leone, e tra di esse un palo con tre aquile). Oggi sopravvive soltanto questo secondo ramo, che da alcuni è detto illegittimo, forse a torto; il primo si estinse nel secolo XVII, dopo aver dato origine, a sua volta, ad altri rami. Uno di essi si trapiantò in Francia con Buffillo Brancaccio e il fratello Nicola (il cardinal Cosentino), alla fine del Trecento: ivi si chiamò De Brancas, e, fusosi con i De Forcalquier, si suddivise nel secolo XVI in due rami, quello dei marchesi di Cereste e quello dei duchi di Villars.
A questa famiglia mancarono una salda unità, una grande fortuna economica e importanti titoli feudali, sicché, più che di una famiglia Brancaccio potente per tali ragioni, si deve parlare dei singoli suoi membri che ebbero onori e potere. Fra coloro che meritano ricordo per l'opera spiegata durante il periodo aragonese sono Marino conte di Noia (morto nel 1497) e Giovan Battista, che fu consigliere di re Federico.
Fra gli ecclesiastici vanno citati i cardinali Nicola, Rinaldo, Francesco Maria, Stefano. Nicola (morto nel 1412), già arcivescovo di Bari e poi di Cosenza, è il cardinal Cosentino di cui abbiamo parlato. Rinaldo (morto nel 1427), elevato alla porpora da Urbano VI, ebbe notevole parte nello scisma d'Occidente, in Napoli, il suo nome è particolarmente affidato alla chiesa e all'ospedale di S. Angelo a Nido, che egli fondò e dove Cosimo de' Medici, suo esecutore testamentario, gli fece erigere il sepolcro, lavoro di Donatello. Francesco Maria (1592-1675), come vescovo di Capaccio costretto a fuggire dalla diocesi a Roma per questioni giurisdizionali, fu promosso cardinale in odio alla Spagna (1633); ma questa si oppose al suo ritorno nel regno come arcivescovo di Bari ed appose il veto alla sua elezione a papa alla morte di Clemente IX. Il suo cuore fu conservato nella chiesa di S. Angelo a Nido; ed egli volle che anche qui fosse trasportata la sua ricca collezione di libri e che fosse aperta a tutti: sicché, per opera sua, Napoli ebbe nel 1690 la prima biblioteca pubblica, che ancor oggi esiste, incorporata nella Nazionale. Infine, Stefano (1619-82), suo nipote, dopo esser stato nunzio apostolico a Firenze e a Venezia, fu promosso cardinale nel 1681. Fra i militari, grande fama acquistarono Lelio, primo marchese di Montesilvano, e Tiberio detto iuniore. Il primo (1560-1637) comandò le truppe genovesi nelle guerre contro i Savoia e contro la Francia (1626) e fu maestro di campo generale delle milizie spagnole nelle guerre di Fiandra accanto allo Spinola; inoltre scrisse un libro dal titolo Carichi militari (Anversa, 1610, ristampato più volte), sulle qualità che devono avere coloro che occupano uffici nell'esercito. Il secondo (1599-1647) ebbe parte notevole nella guerra dei Trent'anni e giunse al grado di capitano generale della cavalleria dell'esercito di Catalogna.
Bibl.: Oltre alle numerose opere sulle famiglie nobili napoletane, cfr. specialmente Ricca, Le nobiltà delle due Sicilie, V (1879), quasi tutto dedicato ai Brancaccio Glivoli.