CASTIGLIONE (de Castilliono, de Casteleone, Castiglioni), Branda da
Nacque nella città di Milano, molto probabilmente poco prima del 1360, da Maffeo, o Maffiolo, e da Lucrezia Porro. Le fonti ricordano come suoi fratelli Guido e Giovanni; oltre a loro, anche altri membri della famiglia, che faceva parte della nobiltà milanese, si distinsero nella vita pubblica al tempo del C. (tra gli altri Giovanni, Guarniero, Franchino).
Dopo i primi studi compiuti a Milano, si trasferì a Pavia dove nel 1389 conseguì il dottorato inutroque iure: subito dopo fu chiamato a insegnare, sempre nell'università pavese, diritto canonico con uno stipendio annuo di 50 fiorini. Nello stesso 1389si recò, per incarico della sua università e del signore di Milano, a Roma per chiedere al nuovo papa Bonifacio IX, eletto il 2 nov. 1389, la conferma dei privilegi dello Studio pavese: il pontefice accolse la sua richiesta. Non sappiamo se il C. rientrasse in Lombardia, o già da allora si fermasse alla corte pontificia, dato che le fonti tacciono al riguardo. Egli è ricordato solo a partire dal 23 febbr. 1392, quando compare come cappellano pontificio e auditore della Rota: una ricca serie di documenti testimonia di tale sua attività fino al 1405.
Il C. poteva contare sul reddito di numerosi benefici. Egli era arciprete di S. Martino di Legnago (diocesi di Verona) almeno a partire dal 1392 e perciò titolare di un ricco beneficio - il più importante tra quelli da lui posseduti prima dell'elevazione al vescovato - e diventò preposito di S. Giovanni di Trenno (Milano) nel 1398: nello stesso tempo, come risulta da un elenco di benefici del medesimo anno, era in possesso di altri sei canonicati nel territorio di Milano. E tale stretto rapporto che il C. continuò ad intrattenere con l'Italia settentrionale è testimoniato anche dal fatto che nel periodo tra il 1392 e il 1402 egli pagò per conto di numerogi vescovi e abati lombardi i servizi dovuti alla Camera apostolica.
In questi anni ebbe inizio l'attività diplomatica del C. al servizio dei pontefici. Il 29 maggio 1401 Bonifacio IX lo inviò come nunzio nella provincia ecclesiastica di Colonia (comprendente la Renania e le Fiandre) con l'incarico di sollecitare dai collettori pontifici i conti e la consegna del denaro riscosso. Sembra che durante il viaggio il C. si fermasse a Milano, ove dovette ricevere la richiesta dell'arcivescovo Pietro Filargis (il futuro Alessandro V) di impetrare presso Bonifacio IX la concessione del pallio. La richiesta venne accolta e il pallio fu inviato il 22 maggio 1402, quando il C. era certamente già rientrato a Roma.
Il 12 giugno 1403fu nominato collettore pontificio nelle province ecclesiastiche di Esztergom e Kalocsa in Ungheria, ma non riuscì a entrare in Ungheria: il re Sigismondo già nell'agosto 1403 ruppe i rapporti con il pontefice Bonifacio IX, perché quest'ultimo aveva cominciato a concedere il suo appoggio al re Ladislao di Napoli che Sigismondo considerava un usurpatore. Sembra che anche questa volta il C. si fermasse a Milano: il salvacondotto, oltre che per l'Ungheria, era valido per la Lombardia, e a Firenze corse voce che egli aveva l'incarico di trattare segretamente con il duca di Milano la pace tra questo e la lega pontificio-fiorentina. L'anno successivo, il 3 ag. 1404, Bonifacio IX nominò il C. vescovo di Piacenza. Le resistenze iniziali del duca di Milano, il quale si era impadronito della città solo pochi mesi prima e in base al suo diritto di proposta appoggiava un proprio candidato, poterono essere superate già nello stesso anno. Il papa morì ancora prima che il C. potesse essere consacrato vescovo. Come vescovo eletto di Piacenza il C. presenziò al conclave,nel quale i cardinali il 17 ott. 1404 elessero Innocenzo VII.
Il C. restò in Curia anche durante il pontificato di questo papa. Uditore della Rota fino al 1405, quando una grave malattia lo costrinse a sospendere la sua attività, poi referendario pontificio, da marzo a settembre 1406 resse la Cancelleria pontificia durante l'assenza del cardinale vicecancelliere. Nel luglio 1407 era presente alle trattative di Gregorio XII con gli inviati del papa avignonese Benedetto XIII e del re di Francia che cercavano di convincere Gregorio XII a non disertare l'incontro già fissato tra i due pontefici. Seguì, poi, la Curia a Siena e a Lucca, dove lo troviamo ancora il 10 maggio 1408. Il giorno successivo la maggior parte dei cardinali abbandonò Gregorio XII, accusandolo di sabotare i tentativi diretti a superare lo scisma della Chiesa. Anche il C. passò dalla parte dei dissidenti (la prima notizia in proposito è del 30 ag. 1408, Pisa) e di conseguenza Gregorio XII lo privò del vescovato. La decisione del pontefice romano fu dichiarata nulla dal concilio di Pisa, al quale il C. aderì tra i primi, sin dal 24 marzo 1409 come risulta dalla lista dei presenti.
Nel 1410 fu inviato dal papa pisano Giovanni XXIII quale ambasciatore presso Sigismondo re d'Ungheria che si era dichiarato disponibile a sostenere il papa dell'obbedienza pisana. In qualità di nunzio e collettore il C. ebbe l'incarico di provvedere alla riforma delle Chiese negli Stati di Sigismondo, i quali per molti anni erano stati completamente sottratti al controllo pontificio, e di riscuotere il denaro reclamato dalla Camera apostolica; un compito che richiedeva conoscenza del diritto e abilità diplomatica. Insieme con ampi poteri, il pontefice, tra il 1º e il 25 ag. 1410, gli affidò numerosi incarichi specifici. Il 28 agosto il C. fu anche incaricato di tentare una mediazione tra il re Ladislao di Polonia e l'Ordine teutonico, il quale poco prima aveva subito una clamorosa sconfitta presso Tannenberg. Il salvacondotto porta la data del 13 settembre, l'ultimo documento con cui gli vengono conferiti ulteriori poteri quella del 7 ottobre. Solo dopo questa data il C. deve essersi messo in viaggio da Bologna, dove si trovava allora la Curia. Giunto a Venezia, il 30 ottobre offrì al Consiglio dei dieci i suoi buoni servizi, d'inserirsi cioè a nome della Repubblica, nelle trattative fra questa e re Sigismondo, ma l'offerta fu respinta gentilmente. Nel marzo del 1411 Giovanni XXIII gli inviò ulteriori istruzioni, tra cui quella del 1º marzo relativa alla mediazione del conflitto tra Ladislao e l'Ordine. Alla Pentecoste del 1411 (31 maggio) s'incontrò a Vilna con il re Ladislao e suo fratello Witoldo, granduca di Lituania, certamente per discutere questi problemi.
Il C. era indubbiamente considerato uno dei diplomatici pontifici più autorevoli e furono certamente questi meriti che indussero Giovanni XXIII ad elevarlo alla dignità cardinalizia, il 5-6 giugno 1411, quando per la prima volta creò nuovi cardinali. La nomina avvenne mentre il C. era in viaggio per l'Ungheria e da allora egli assunse il titolo di legato. Ai primi del 1412 ebbero inizio le trattative tra Sigismondo e Ladislao. Fu concordato un incontro tra i due re, che avvenne nel marzo a Lubowla vicino al confine polacco-ungherese; tra il maggio e il giugno i due sovrani si incontrarono di nuovo a Buda e il 24 agosto Sigismondo pronunciò il suo arbitrato nel conflitto tra la Polonia e l'Ordine teutonico. Al fianco del re dei Romani il C. prese parte attiva in queste trattative dopo aver negoziato già nel febbraio con Ladislao a Nowy Sącz per conto di Sigismondo. Ancora nel settembre si trovava a Buda, dove il re, in considerazione dei suoi grandi meriti per l'Impero, confermò alla nobile famiglia Castiglione tutti i diritti e i privilegi con l'esenzione da ogni contributo.
Poco dopo il C. iniziò il viaggio di ritorno, ma non si recò direttamente dal pontefice, bensì continuò a prestare i propri servizi a Sigismondo. Nel novembre, infatti, lo troviamo a far parte dell'ambasceria inviata dal re per trattare la pace con Venezia. Le trattative si svolsero prima a Postumia, poi, a partire dal febbraio 1413, a Trento, Aquileia e Latisana e fu il C. a presentare le proposte più importanti per la conclusione del conflitto. Nel testo della tregua quinquennale, conclusa il 17 aprile, si fa esplicito riferimento ai meriti del C. nel raggiungimento dell'accordo. Le successive trattative per la pace definitiva, nelle quali Venezia sperava di contare sull'appoggio del C., che in quel momento si trovava presso Sigismondo a Udine, furono interrotte già all'inizio di maggio senza che fosse stato raggiunto alcun risultato.
Non conosciamo le tappe successive del viaggio del Castiglione. Stranamente nonsembra aver partecipato all'incontro di Sigismondo con papa Giovanni XXIII avvenuto alla fine del 1413 a Lodi. La sua presenza nella Curia pontificia di Bologna è testimoniata di nuovo Solo il 23 febbr. 1414 (Arch. Segr. Vat., Obl. et Sol., t. 61, c. 52). Pare che nel giugno abbia raggiunto il re in Lombardia per informarlo delle ultime novità della Curia.
Insieme con il papa e la Curia nell'ottobre si recò da Bologna a Costanza, dove per il 1º novembre era stato convocato il grande concilio che doveva comporre lo scisma della Chiesa. Lo stesso 1º nov. Giovanni XXIII chiamò il C., insieme con altri tre cardinali di sua fiducia, a far parte di una commissione incaricata dei rapporti con il clero e gli ambasciatori presenti al concilio. Gli stessi cardinali, nelle settimane successive, scrissero un memoriale col quale indicavano al loro pontefice l'atteggiamento da tenere nel concilio. Il 24 marzo il C. seguì a Sciaffusa, insieme con la maggioranza dei cardinali della sua stessa obbedienza, Giovanni XXIII che il 20-21 marzo aveva abbandonato il concilio:il 20 aprile però fece ritorno a Costanza dopo aver tentato una mediazione tra il papa, trasferitosi nel frattempo a Friburgo, e il concilio. Il 18 maggio depose nel processo istruito dal concilio contro Giovanni XXIII. Sappiamo che il C. prese regolarmente parte alle sedute plenarie, ma quasi nulla è noto in merito alla sua partecipazione alle trattative vere e proprie tra i rappresentanti delle tre obbedienze: è testimoniata infatti solo la sua presenza in alcune commissioni nel 1416. È probabile che egli si tenesse in disparte. Nel 1417,comunque, fu tra i cardinali riuniti in conclave dall'8 all'11 novembre, che elessero come papa della riunificata cristianità Oddo Colonna, il quale prese il nome di Martino V.
Sebbene il C. non avesse dato il suo voto al Colonna né nel primo, né nel secondo scrutinio, tuttavia divenne successivamente uno degli uomini più fedeli al nuovo pontefice, tanto da ricevere da questo la direzione della Cancelleria pontificia durante l'assenza del vicecancelliere (se ne hanno testimonianze dal maggio del 1418 fino all'aprile del 1419). Il C. seguì la Curia in Italia giungendo a Firenze il 27 febbr. 1419, dopo soggiorni a Ginevra e a Mantova. Nel settembre la corte pontificia proseguì il viaggio fino a Roma. Tra i compiti affidati in questo periodo al C. dal papa, il più importante fu quello della mediazione nel conflitto, non ancora composto, tra l'Ordine e la Polonia: nel gennaio 1419 il C. viene qualificato come sostenitore del re di Polonia, nel 1421 e anche successivamente addirittura come protettore dello stesso re.
La sua familiarità con la situazione nell'Europa centrale ed orientale e la sua lunga esperienza - come diplomatico al servizio pontificio furono certamente i motivi che indussero Martino V nell'aprile 1421 a inviare il C. come legato nel Regno di Boemia - passato nel frattempo a Sigismondo - e in Germania. Tre erano i compiti assegnatigli: la lotta contro l'eresia, cioè contro il movimento ussita, la restaurazione della pace ("tamquam pacis angelum"), la riforma delle Chiese. A tale scopo gli furono conferiti pieni poteri (Reg. Vat. 353, cc. 147-170v, 27rv; cfr. inoltre cc. 211r-212v). Il 15 aprile lasciò Roma per recarsi in Renania. Qui prese parte ad una assemblea di principi e città riunitasi a Oberwesel dal 25 al 31 maggio, nel corso della quale appoggiò la proposta dei principi elettori tedeschi di raccogliere un esercito crociato per la lotta contro gli ussiti boemi. A Lahnstein e a Colonia predicò la croce; la predica per la crociata lo condusse a Liegi, dove sembra aver soggiornato dal 21 giugno fino al 1º agosto. Poi si recò a Norimberga, da dove in compagnia del principe elettore, il conte palatino Ludovico III, proseguì il viaggio fino a Cheb (Eger) sul confine boemo, luogo di raccolta dell'esercito crociato che vi era stato convocato per il 23 agosto. L'invasione del territorio ussita si arrestò però ben presto davanti a Z̆atec (Saaz); il 2 ottobre i crociati levarono l'assedio di questa città per fuggire davanti alle truppe boeme.
Il C. tuttavia non fu testimone della fine ingloriosa della crociata da lui predicata, poiché iniziò il viaggio di ritorno senza entrare in territorio boemo. Il 27 ottobre giunse a Roma, dopo essersi fermato probabilmente a Milano. Ma già il 17 dicembre il pontefice Martino V gli rinnovò l'incarico di legato. Il 17 marzo del 1422, questa volta accompagnato dal futuro cardinale Giuliano Cesarini, il C. lasciò nuovamente Roma. Il 2 maggio egli fece il suo ingresso a Ratisbona per partecipare alla Dieta ivi convocata. Ma visto che la Dieta non poteva essere aperta alla data stabilita, il C. proseguì per Norimberga (27 maggio), Würzburg, Oberwesel, Magonza (26 giugno), certamente con l'intenzione di invitare i principi tedeschi a partecipare alla Dieta, nel corso della quale doveva essere deliberata una nuova campagna contro gli ussiti; poi tornò a Norimberga (20 luglio circa), dove finalmente fu inaugurata la Dieta alla presenza di re Sigismondo.
Anche per questa volta, al pari dell'anno precedente, il C. aveva ricevuto l'incarico di mediare nei vari conflitti armati tra i principi tedeschi per creare in tal modo i presupposti per la guerra contro gli ussiti. Le trattative da lui promosse al riguardo gli lasciarono, comunque, anche il tempo di riformare il vicino monastero delle agostiniane di Pillenreuth. Lo zelo riformatore del C. è testimoniato dagli statuti da lui promulgati allora per questo e per altri monasteri della Germania meridionale.
Conclusasi la Dieta, il C. si recò insieme con re Sigismondo a Ratisbona (21 settembre) e a lui prestò assidua collaborazione - ampiamente testimoniata dalle fonti - fino ai primi di ottobre, quando lasciò la città. Dopo esser passato da Norimberga, il C. si recò nuovamente a Magonza, dove il 26 novembre promulgò costituzioni dettagliate per la riforma del clero dell'arcidiocesi. Un contemporaneo, il domenicano Hermann Korner, riferisce però che, una volta partito il C., le sue costituzioni trovarono scarsa, se non nulla, applicazione (Chronica novella, a cura di J. Schwalm, Göttingen 1895, pp. 454 s.).
Nei mesi successivi il C. si trattenne probabilmente ancora in Renania. A metà maggio 1423 partecipò all'incontro dei quattro principi elettori renani a Boppard; poco dopo la sua presenza è attestata di nuovo a Magonza. Poi si diresse verso est, predicando tra l'altro, a Ratisbona, una nuova crociata contro gli ussiti. Il 24 agosto si incontrò a Buda con Sigismondo, l'appoggio del quale era indispensabile per il successo della campagna contro gli eserciti boemi. Nei mesi successivi si trattenne alla corte del re, invitando i principi a prepararsi alla guerra. Contemporaneamente convocò per il 2 febbraio del 1424 una "audentia" a Brno: alla presenza di teologi dell'università di Vienna, gli ussiti erano invitati ad esporre il loro punto di vista. Per incarico del C. fu elaborata allora, proprio da teologi dell'ambiente viennese, un'ampia confutazione dei quattro articoli ussiti del 1420. Ma l'incontro non ebbe luogo, così che fallì il tentativo di giungere ad una composizione pacifica del contrasto.
In seguito il C. si adoperò sempre più attivamente per ottenere l'appoggio dei principi per i suoi obiettivi: in occasione di un incontro tra il re Ladislao, Sigismondo e Enrico IX di Danimarca all'inizio del marzo 1424 a Cracovia, il C. espose il suo progetto di divisione del Regno di Boemia. Poi tornò in Ungheria insieme con il re dei Romani. Con lui fu il 30 marzo a Levoča in Slovacchia, alla fine di aprile e il 16 a Višegrad sul Danubio, nel giugno e nel luglio a Buda, l'8 novembre era a Vienna, dove si trovava ancora nel gennaio del 1425, quando vi giunse anche Sigismondo. Fu certamente allora che il re lo incaricò formalmente di rappresentare i suoi interessi presso il papa Martino V. Dopo un soggiorno a Eisenstadt dove è ricordato il 14 febbraio, il C. iniziò il viaggio di ritorno in Italia.
Sostò ancora una volta a Milano, dove il 18 marzo ebbe un colloquio con il duca Filippo Maria Visconti, che lo incaricò di trasmettere a Firenze, con cui era in guerra, la sua proposta di pace. Informò la Signoria di questa offerta il 23 aprile durante il suo soggiorno in quella città. Il 3 maggio tornò a Roma, dopo un'assenza di ben tre anni.
Durante il viaggio aveva fatto consacrare, alla sua presenza, il 25 marzo 1425, la chiesa di SS. Stefano e Lorenzo nel castello di Castiglione Olona, l'antica sede della sua famiglia. Aveva fatto ricostruire questa chiesa distrutta negli anni precedenti, dotandola di entrate, arredi liturgici e reliquie. Accogliendo la richiesta del C., Martino V già nel 1422 aveva elevato il titolare della chiesa ad arciprete. I lavori promossi dal C. si inserivano in un più ampio quadro di attività edilizia: annesso alla chiesa collegiata nel castello egli fece infatti costruire un edificio per i chierici, la scuola da lui istituita e un battistero, che fece affrescare da Masolino da Panicale, lo stesso che incaricò di eseguire gli affreschi nella sua chiesa titolare di S. Clemente a Roma; inoltre, nel paese posto ai piedi del castello fece erigere un'altra chiesa, palazzi e case per sé e i nipoti. La realizzazione di tutti questi progetti tenne occupato il C. fino alla fine della sua vita.
La base finanziaria per l'attività edilizia del C. a Castiglione, a Roma e altrove, per la fondazione nel 1429 di un collegio con una biblioteca per 24 studenti bisognosi a Pavia, modello per altre istituzioni del genere, per le donazioni di libri alla scuola di Castiglione e ad alcuni monasteri a Milano. Parma e Pavia, era costituita dalle entrate provenienti dai suoi numerosissimi benefici sparsi in tutta Europa, alle quali si aggiunsero più tardi anche quelle connesse con la dignità cardinalizia. Tra i benefici più importanti erano i vescovati di Veszprem in Ungheria e di Lisieux in Normandia che il C. amministrò per parecchi anni.
Già durante il viaggio di ritorno in Italia il C. si era inserito nelle trattative di pace tra Milano e Firenze; dal luglio 1425 fino all'inizio dell'anno seguente fu poi, a Roma, insieme con Rinaldo Brancaccio, il principale interlocutore degli ambasciatori milanesi e fiorentini poi anche di quelli veneziani, i quali, tramite Martino V, si adoperavano per una soluzione del conflitto. Il 4 dicembre si venne alla conclusione di una lega tra Venezia e Firenze; ma le trattative con Milano, di cui il C. agiva come fiduciario, si interruppero poco dopo senza essere giunte a un risultato.
Negli anni successivi il C. appare uno dei personaggi più influenti della Curia. Oltre al duca di Milano, anche i re di Polonia e d'Inghilterra, il re Sigismondo e il duca Alberto V d'Austria (più tardi re dei Romani), lo consideravano il loro amico di fiducia. Ma il C. non si distinse soltanto sul piano della diplomazia. Gli umanisti gli mostravano gratitudine per gli aiuti che da lui ricevevano e considerazione, perché sin dai primi anni del secolo egli aveva preso parte alla ricerca dei manoscritti di autori classici.
Anche nella soluzione dei problemi più specificamente ecclesiastici il C. si acquistò grandi meriti. Furono certamente le sue pressioni a indurre Martino V a convocare, dopo molte esitazioni, alla fine del 1430 un concilio generale a Basilea, e a nominare presidente il vecchio amico del C., Giuliano Cesarini. Ma il papa non vide l'inizio dei lavori: la morte lo colse il 20 febbr. 1431. Il C. fu uno degli elettori del suo successore Eugenio IV, il 3 marzo 1431. Il papa lo nominò il 14 marzo cardinale vescovo di Porto (il 29 genn. 1440 passò alla sede di Sabina). Il 27 luglio 1431, incaricato di una nuova missione diplomatica, il C. lasciò la Curia romana per partecipare, come inviato del papa, alle trattative di pace tra la lega veneziano-fiorentina da un lato e il duca di Milano dall'altro. A metà agosto il C. fu a Firenze, e dal novembre a Milano, dove presenziò allincoronazione a re d'Italia di Sigismondo. Quindi visitò Castiglione Olona, poi si recò ad Abbiategrasso presso Filippo Maria Visconti, al quale l'8 dic. consegnò l'invito di Eugenio IV al concilio di Basilea. Come rappresentante del duca accompagnò Sigismondo fino a Piacenza, dove ricevette il breve con cui Eugenio IV disponeva lo scioglimento del concilio. Nel marzo il C. seguì il re a Parma, sempre pronto a consigliare gli ambasciatori del duca nelle trattative con la lega.
Il 29 apr. 1432 il concilio di Basilea convocò il papa e i cardinali. Re Sigismondo incaricato, quale protettore del concilio, di trasmettere la citazione, la consegnò al C. a Parma, alla metà di maggio. L'invito era di presentarsi a Basilea entro due mesi; ma il C. vi giunse il 18 agosto, e il 21, nel corso di una congregazione generale, fu accolto nel concilio. Partecipò attivamente ai lavori conciliari, occupandosi in particolare dei rapporti tra il concilio e il pontefice e di quelli con Sigismondo, che in quel momento si trovava a Basilea. La sua esperienza di giudice della Rota indusse il concilio ad affidargli varie questioni giuridiche. Con il permesso del concilio nell'ottobre e nel novembre fu in Lombardia per condurre trattative di pace; nel settembre e nell'ottombre 1433 presiedette il concilio al posto di Giuliano Cesarini che si era ammalato. Abbandonò definitivamente Basilea il 7 sett. 1434 per recarsi a Milano, dove il 1º ottobre fu ricevuto dal duca Filippo Maria.
Spaventato dagli sviluppi che aveva preso il concilio e valutando realisticamente i suoi veri interessi il C., come altri cardinali, cercò di venire a un compromesso con Eugenio IV. Ma solo il 18 giugno 1435 raggiunse la Curia, che si era spostata a Firenze. Il 30 dello stesso mese lasciò la città per recarsi dal duca di Milano e vi tornò il 22 luglio (cod. Vat. lat. 12.123, c. 290). In tutto quel periodo lavorò instancabilmente per la pace, conclusa poi il 10 agosto, tra il papa, Venezia, Firenze e il Visconti. In seguito tornò per un breve periodo in Lombardia (9 settembre); l'11 ottobre lo troviamo a Castiglione Olona, il 2 novembre era di ritorno a Firenze (ibid.), da dove il 18 apr. 1436, al seguito del papa e della Curia, si recò a Bologna.
Dal gennaio 1438 partecipò al concilio di Ferrara ed ebbe una parte decisiva nelle trattative per l'unione della Chiesa greca con quella romana. Quando nel gennaio 1439 il concilio fu trasferito a Firenze, non seguì immediatamente il papa, ma rimase per tre settimane a Ferrara presso l'imperatore bizantino Giovanni VIII; insieme con altri quattro cardinali accompagnò l'imperatore a Firenze, dove arrivò il 15 febbraio.
Per gli anni successivi non si hanno molte notizie del Castiglione. La sua età avanzata gli dovette impedire di svolgere attività di particolare rilievo. Ma continuò ad essere uno dei cardinali più autorevoli e stimati. Era anche protettore dei cisterciensi.
Lasciò Firenze per il suo ultimo viaggio il 18 ott. 1442. Ciriaco d'Ancona ne ha lasciato un resoconto dettagliato: senza sosta, passando da Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Pavia, raggiunse Milano, dove il 30 ottobre fu accolto con grandi onori dalla cittadinanza e ricevuto il giorno seguente dal duca nel castello. Poi si trasferì a Castiglione, dove mise ordine ai suoi affari personali. Ammalatosi a metà gennaio, morì il 3 febbr. 1443. Fu sepolto nella chiesa da lui ricostruita nel castello di Castiglione, dove il suo sepolcro (aperto nel 1935) è visibile ancora oggi sul lato sinistro del coro. Guarniero Castiglione, suo parente e protetto, tenne l'orazione funebre.
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Finke, I-IV, Münster 1896-1928, ad Indices; Concilium Basiliense, I-III,V, a cura di J. Haller, Basel 1896-1904, ad Indices; Codice diplom. dell'Università di Pavia, a cura di R. Maiocchi, I-II, Pavia 1805-15, ad Indices; Repertorium Germanicum, II, III,Berlin 1933-35, ad Indices;IV, 1, ibid. 1943, coll. 281 s.; K. A. Fink, Die polit. Korrespondenz Martins V. nach den Brevenregistern, in Quellen und Forsch. aus ital. Archivenund Bibliotheken, XXVI (1935-36), pp. 174-180, 182-190, 192 s., 225, 237; Acta concilii Pisani, a cura di J. Vincke, in Römische Quartalschrift, XLVI (1938), ad Indicem; Die Berichte der Generalprokuratoren des Deutschen Ordens an derKurie, II-III, a cura di H. Koeppen, Göttingen 1960-71, ad Indices; Carteggio di Pileo de Marini arcivescovo di Genova, a cura di D. Punculi, in Atti della Soc. ligure di storia patria, n. s., XI (1971), 1, ad Indicem; A. Madre, Kardinal B. an Nikolaus von Dinkelsbühl, in Von Konstanznach Trient ... Festgabe für August Franzen, München 1972, pp. 87-100; H. Tüchle, Das Mainzer Reformdekret des Kardinals B., ibid., pp. 101-117;P. Bondioli, La ricognizione della salma del card. B. C. e la scoperta di una sua biografia, in Aevum, IX (1935), pp. 474-478 (con il testo della biografia scritta da Giovanni da Olomouc); Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del sec. XV, a cura di P. D'Ancona-E. Aeschlimann, Milano 1951, pp. 70-72.Tra le biografie del C. ricordiamo: A. Schmarsow, Masaccio-Studien, I, Kassel 1895, passim;IV, ibid. 1898, pp. 18-81; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés.,XI, coll. 1434-1444. Sulla sua carriera ecclesiastica e sull'attività diplomatica: R. Sabbadini, Il cardinale B. da C. e il rito romano, in Arch. stor. lomb., s. 3, XIX (1903), pp. 397-408;B. Katterbach, Referendariiutriusque signaturae a Martino V ad Clementem IX, Città del Vaticano 1931, pp. XXXV s.; Storia di Milano, VI, Milano 1955, ad Indicem;T. Foffano, I primi benefici del card. B. C. in una bolla ined. di Bonifacio IX, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XVII (1963), pp. 312-320; A. A.Strnad, Aus der Frühzeit des nationalen Protektorates der Kardinäle, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, Kan. Abt., L (1964), pp. 264-271; L. S. Domonkos, The historyof the Sigismundean foundation of the Universityof Óbuda (Hungary), in Studium generale. Studiesoffered to Astrik L. Gabriel, Notre Dame, Indiana 1967, pp. 20s., 29-33;C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasterii 1913, pp. 33, 197, 304, 401, 524; II, ibid. 1914, pp. 4, 26s. Sul mecenatismo e sulle attività umanistiche del C.: R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli XIV e XV, I, Firenze 1805, ad Indicem; A. Barili, Castiglione Olona e Masolino da Panicale, Milano 1938, pp. 11-23, 30-56, 59-63; T. Foffano, La costruz. di Castiglione Olona in un opuscolo inedito di Francesco Pizolpasso, in Italia medioevale e umanistica, III (1960), pp. 153-187; Id., Umanisti italiani in Normandia nel secolo XV, in Rinascimento, s. 2, IV(1964), pp. 3-9, 14-16, 31 s.; A.L. Visintin, Il più significativo precedente del Collegio Ghislieri: il Collegio univers. Castiglioni, in Il Collegio Ghislieri di Pavia, I, Milano 1966, pp. 51-64; M. L. Eiko Wakayama, "Novità" di Masolino a Castiglione Olona, in Arte lombarda, XVI (1971), pp. 1-16; Id., Iconografia ritrattistica negli affreschi a Castiglione Olona, ibid., XVII (1972), pp. 83-87 (con le tavole a pp. 56-61); T. Foffano, Tra Costanza e Basilea. Rapporti col mondo d'Oltrealpe del card. B. C., legato pontificio e mecenate della cultura, in The late Middle Ages and the dawn of Humanismoutside Italy, Leuven-The Hague 1972, pp. 19-30; Id., Rapporti tra Italia e Ungheria in occasionedelle legaz. del cardinale B. C., in Venezia e Ungheria nel Risorgimento, Firenze 1973, pp. 67-78; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, ad Indicem.