BRANDOLINI, Brandolino Conte
Probabilmente figlio illegittimo di Guido Brandolini, il B. (Conte non è il suo titolo bensì il secondo nome, poiché egli così viene chiamato molto tempo prima di ricevere da Venezia il feudo di Valmareno) fu compagno e "fratello giurato" del Gattamelata, accanto al quale svolse la maggior parte della sua attività militare.
Lo troviamo per la prima volta insieme col Gattamelata nell'esercito di Braccio da Montone dopo che quest'ultimo, nel 1416, aveva conquistato il potere a Perugia. Nella battaglia che nel giugno 1419 fu combattuta presso le mura di Viterbo, il B. ebbe il merito di ferire Muzio Attendolo Sforza, generale dell'esercito avversario. Ma lo Sforza si vendicò alla fine del settembre successivo, quando riuscì a prenderlo prigioniero, insieme col Gattamelata, nel villaggio di Capitone, presso Amelia. Riscattati, entrambi poterono partecipare, nel distaccamento di riserva con Niccolò della Stella, alla decisiva battaglia dell'Aquila il 2 giugno 1424. Si disse che in quella occasione il B. non era stato secondo a nessuno per coraggio.
Tre mesi dopo la battaglia dell'Aquila il Gattamelata era già ai servizi del papa. Il B. invece dovette rimandare di qualche tempo il suo passaggio nelle file pontificie: intorno al 1427, comunque, era col Gattamelata nell'esercito del papa in Umbria e nella Marca d'Ancona. Il 31 marzo 1427 entrambi ricevettero dal governatore pontificio l'ordine di partire per il Regno napoletano insieme con Paolo Colonna ed entrambi parteciparono, poi, nel 1428-1429 all'assedio di Bologna combattendo nell'esercito del Caldora.
I due condottieri prestarono ancora servizio in Romagna (il 12 genn. 1431 ricevevano uno stipendio di 2.000 fiorini) e rimasero nell'esercito pontificio anche dopo l'elezione di Eugenio IV nel 1431. Nel maggio 1432 erano a Forlimpopoli; nel settembre 1433 il B. tolse Monteveglio ad Antonio Bentivoglio. Il 26 dic. 1433 a Forlì i partigiani di Antonio Ordelaffi sollevarono la città contro il governo pontificio: tra le cause della rivolta era anche il cattivo comportamento delle truppe del Brandolini. Questi non si oppose e con il consenso dell'Ordelaffi si ritirò dal contado di Forlì per unirsi poi, nel gennaio 1434, al Gattamelata presso Castelfranco d'Emilia. I due condottieri tennero Castelfranco a garanzia del versamento, da parte pontificia, del loro stipendio.
Il 28 dic. 1433 il Senato veneziano decise di chiamare il B. e il Gattamelata al servizio della Repubblica: un agente pontificio venne inviato a Venezia per trattare il passaggio dei due condottieri. Il 14 apr. 1434 essi ricevettero una condotta di 400 lance e 400 fanti con il compito di combattere in Lombardia, in Romagna e nella Marca d'Ancona, "come se fossero impiegati del papa": ognuno dei due si faceva garante della fedeltà dell'altro. Scopo principale di questo accordo, che rientrava nell'alleanza stretta tra Venezia e il papa, era la protezione della Romagna sia dall'opposizione interna della fazione dei Canetoli sia dal pericolo esterno di un'aggressione milanese. I due condottieri erano autorizzati ad attaccare le truppe milanesi in Romagna il 3 luglio 1434 e ricevevano in custodia San Giovanni in Persiceto e Castelfranco.
Ma il B. e il suo compagno non riuscirono né a prevenire la rivolta antipapale di Bologna nel 1434, né a impedire l'occupazione del Bolognese da parte, delle truppe milanesi agli ordini del Piccinino. Questo insuccesso procurò loro il biasimo di Flavio Biondo - che come agente pontificio si dovette occupare del loro reingaggio nel 1434 - il quale li accusò di aver impiegato il loro tempo in saccheggi (accusa forse ingiusta, poiché la sconfitta era dovuta essenzialmente alla soverchiante forza milanese). Il 28 maggio 1434 il B. e il Gattamelata chiesero altri 8.000 cavalieri e fanti; ne ricevettero molti di meno e il loro tentativo di attaccare di sorpresa Bologna agli inizi del 1435 fallì.
Il 17 febbr. 1436 il governo veneziano concesse la contea di Valmareno ai due condottieri, che poco dopo litigarono; il loro contrasto durò fino al 30 nov. 1437, quando raggiunsero un accordo in base al quale il B. si impegnava a non esercitare più il mestiere delle armi ("contentus est dimittere ministerium et exercitium armorum"): in compenso - sembra - ricevette l'esclusivo dominio di Valmareno.
Il testamento del B. porta la data del 13 nov. 1456. In esso egli condanna il tradimento compiuto dal figlio Tiberto nel 1453 ai danni dei Veneziani: ma questa condanna è dovuta senza dubbio al fatto che il suo feudo principale di Valmareno era in territorio veneziano. Fu sepolto a Treviso. È possibile che, nonostante la sua probabile nascita illegittima, per mancanza di altri eredi i principali possedimenti dei Brandolini a Bagnacavallo e a Forlì passassero ai suoi discendenti.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Introituset Exitus, 388; Flavio Biondo, Decades, Basileae 1531; pp. 480, 488 s.; A. Minuti, Vita di M.A. Sforza, a cura di G. B. Lambertenghi, in Misc. di storia italiana, VII, 1869, pp. 239, 241; L. Fumi, Inv. e spoglio dei reg. della TesoreriaApost. della Marca, in Le Marche, IV (1904), p. 176; Flavio Biondo, Scritti inediti e rari, a cura di B. Nogara, Città del Vaticano 1927, pp. LXII s.; Giovanni di M. Pedrino, Cronica di suotempo, a cura di G. Borghezio e M. Vattasso, Città del Vaticano 1929, I, pp. 441, 462; Corpuschronicorum Bononiensium, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XVIII, 1, 4, a cura di A. Sorbelli, pp. 66, 72, 79; I. Simonetae Rerum gestarumFrancisci Sfortiae Commentarii,ibid., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 15, 17, 18; L. Balduzzi, La famiglia dei conti Brandolini nobili veneti,in Giorn. araldico geneal. diplom., II(1874-1875), pp. 19 s.; G. Eroli, Erasmo Gattamelatada Narni..., Roma 1876, pp. 12 s., 22, 249 ss., 261, 264-270, 271, 274, 285 s., 303 s., 306 s., 317; C. Cipolla, Storia delle Signorie italiane, Milano 1881, pp. 336 s.; R. Valentini, Lo statodi Braccio e la guerra aquilana nella Politica diMartino V, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, LII (1929), p. 324; A. Brandolini d'Adda, I Brandolini di Bagnacavallo, Venezia 1945, pp. 56-61.