Brasile
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Geografia umana ed economica
di Piergiorgio Landini
Popolazione
Stato dell'America Meridionale. Al censimento del 2000 la popolazione risultava pari a 169.799.170 ab., aumentati a 186.405.000 secondo una stima del 2005.
Paese di dimensioni continentali (ricopre il 6% delle terre emerse totali e il 41,5% dell'America Latina), il B. presenta paesaggi scanditi da grandi blocchi morfologici, tutti tendenzialmente orizzontali, dove le relazioni si svolgono su grandi distanze. Ne deriva una distribuzione della popolazione fortemente ineguale: mai come nel caso brasiliano i valori di densità hanno un significato relativo. A fronte dei soli 21 ab. per km2 della media generale, infatti, il rapporto fra carico demografico e reddito disponibile configura diffuse e perduranti situazioni di sovrappopolamento: ciò accade in particolare nel Nordeste (32 ab. per km2), che peraltro, mentre sul finire del 18° sec. costituiva uno dei baricentri della popolazione brasiliana (47%), nei primi anni del Duemila vede assai ridotto il proprio peso relativo (28%). Poiché il Sudeste si è sempre mantenuto, nello stesso arco di tempo, fra il 41 e il 45% della popolazione totale, la crescita relativa maggiore si è dunque verificata nel Norte (dal 3 al 7%), nel Centro-Oeste (dal 2 al 7%) e nel Sul (dal 7 al 15%): nelle prime due di queste regioni è tuttora in atto quell'avanzamento di frange pioniere, per lo sfruttamento di nuove risorse primarie, che tanti contrasti ha suscitato in merito alla salvaguardia ambientale e al rischio di impoverimento del fondamentale patrimonio forestale. Accanto ai dati distributivi, peraltro, va richiamata la crescita assoluta della popolazione, più che decuplicata rispetto al 1900 (quando era di soli 17 milioni). Il ritmo di tale crescita è tuttavia in calo, e il B. appare ormai entrato in quella che si può definire una fase di transizione demografica. Mentre, infatti, il divario fra i tassi di natalità e di mortalità ha raggiunto il massimo fra gli anni Cinquanta e Sessanta del 20° sec. (44‰ e 13,5‰ rispettivamente), producendo un incremento naturale esplosivo, i dati più recenti (19‰ e 7‰ nel 2003) vedono tale incremento scendere a valori di poco superiori all'1-1,5% annuo, e dunque su una cifra indicativa di uno sviluppo umano in via di consolidamento, come dimostrano anche i dati della speranza di vita media alla nascita (66 anni per la componente maschile e 74 per quella femminile, che costituisce il 51,5% della popolazione urbana), e nonostante una mortalità infantile ancora relativamente elevata (30‰). Per conseguenza, le piramidi delle età mostrano, a partire dagli anni Settanta, il progressivo restringimento delle classi infantili e, soprattutto nelle aree urbane, l'ampliamento delle classi intermedie, entrambi fenomeni tipici di un andamento demografico più maturo. Le proiezioni demografiche prevedono comunque il superamento dei 200 milioni di abitanti per il 2020.
Uno dei grandi problemi del B. è rappresentato dal fenomeno dell'urbanesimo, caratterizzato da enormi agglomerazioni e da periferie precarie, divenute emblematiche di una segregazione socio-spaziale ancora molto netta in termini di distribuzione della ricchezza (il 10% delle famiglie detiene il 45% del reddito, mentre, all'estremo opposto, il 40% ne assomma appena l'11%). Il processo di urbanizzazione è stato ulteriormente complicato dall'evoluzione della geografia amministrativa interna, corrispondente al rapido processo di occupazione e utilizzazione del territorio anche nelle regioni periferiche: il numero dei comuni è salito da meno di 1600 nel 1940 a oltre 5500 nel 2003. Si è resa indispensabile, pertanto, una nuova normativa urbanistica, finalmente adottata nel 2001: essa rende obbligatoria la pianificazione per tutte le città con popolazione superiore a 20.000 ab., introducendo i principi della perequazione della proprietà, dell'interesse collettivo dei servizi, dell'equilibrio ambientale e della qualità della vita, e favorendo una maggiore partecipazione dei cittadini. A sostegno di tali orientamenti è stato istituito, nel 2003, un apposito ministero per le politiche urbane.
Condizioni economiche
Fra i primi dieci Paesi del mondo per volume complessivo del PIL, il B. è ormai considerato nel novero delle grandi potenze industriali. La sua posizione geopolitica (non solo nell'ambito del continente americano) e la sua stretta prossimità geografica con l'Argentina lo hanno esposto nei primi anni Duemila ai riflessi della crisi che ha colpito quest'ultimo Paese: si sono così evidenziate le debolezze strutturali già presenti in B. e accentuate dalla politica economica del decennio precedente. Il B. perveniva al cambiamento politico del 2003 in una condizione di precario equilibrio, a fronte della quale il nuovo governo era costretto ad adottare una linea di rigore in contrasto con le aspettative delle forze politiche e sociali che ne avevano sostenuto l'avvento. D'altro canto, la ripresa di alcuni fondamentali (tra cui l'avanzo primario di bilancio, addirittura superiore a quanto richiesto dagli organismi finanziari internazionali) rilanciava la fiducia degli investitori; sul finire del 2003 il debito scendeva dal 63% al 57% del PIL, e la sua rimodulazione a più lungo termine dava respiro all'economia, pur non potendo annullare i rischi per il futuro. Per effetto di queste vicende congiunturali, il ritmo di crescita del PIL - dopo una flessione assoluta verificatasi a metà del 2001, in coincidenza con l'esplosione della crisi argentina - subì comunque un rallentamento rispetto alla media mantenuta nel decennio precedente. Anche il PIL pro capite diminuì, tornando al di sotto dei 3000 dollari (da un picco di quasi 3700 nel 1994) e rispecchiando la perdita di valore dei salari e la crescita della disoccupazione, a cui si aggiungeva una sottoccupazione invero cronica. Nel 2004 il PIL pro capite risaliva oltre i 3300 dollari, mentre scendeva, seppure di poco, il tasso di disoccupazione.
Fulcro economico del Paese rimangono il Sudeste e il Sul, con le loro caratteristiche differenti. Il primo, infatti, vede un'agricoltura più evoluta, integrata nella filiera di trasformazione agroindustriale centrata su Santos, con prodotti tropicali (caffè, cacao, canna da zucchero) e subtropicali (soia, agrumi) che continuano a occupare posizioni di assoluto rilievo nelle graduatorie mondiali e nelle esportazioni. Queste ultime vengono in parte penalizzate dalle oscillazioni dei prezzi sui mercati internazionali, che i produttori brasiliani imputano alle politiche commerciali e di sovvenzione al settore primario praticate tanto dagli Stati Uniti quanto dall'Unione Europea. Ma, soprattutto, il Sudeste racchiude l'80% del potenziale industriale del B., localizzato nel 'triangolo' San Paolo-Rio de Janeiro-Belo Horizonte; in particolare, nello Stato di San Paolo ha sede il 45% delle imprese con oltre 100 addetti (il 26% nella sola area metropolitana). Inoltre nello Stato di Minas Gerais permane una quota fondamentale dell'estrazione di ferro e bauxite, due minerali che pongono il B., rispettivamente, al primo e terzo posto nelle graduatorie mondiali; in più, nello Stato di Rio de Janeiro sono stati attivati campi petroliferi off-shore che, raddoppiando la produzione brasiliana totale (75 milioni di t all'anno, dal 2002), hanno attenuato una delle poche carenze del Paese in campo minerario.
Pur nelle sue dimensioni territoriali e demografiche notevolmente minori, il Sul tende a sua volta ad assumere una posizione strategica: unica vera regione transfrontaliera del B. e, come tale, punto di incontro fra le culture lusitana e pampeana, essa ha tratto grande vantaggio dalle correnti di immigrazione europea del 19° sec., derivandone una struttura sociale più aperta e un livello di vita superiore alla media del Paese. Si annodano qui le relazioni con Argentina, Paraguay e Uruguay, che sono di rilevanza continuamente crescente nell'ambito del MERCOSUR (Mercado Común del Sur), e punto di partenza per una maggiore integrazione con altre aree di libero scambio.
L'industria brasiliana si va affermando in comparti avanzati come l'aeronautica, che è stata privatizzata ed è balzata al primo posto nelle esportazioni grazie a una capacità competitiva riconosciuta a livello mondiale. Tiene il passo il settore automobilistico, grazie all'apertura di nuove catene di montaggio. Ma è soprattutto rilevante la sempre maggiore capacità di trasformazione delle materie prime, che ha consentito al B. di uscire da quella condizione di scambio ineguale che ne sanciva la dipendenza dai Paesi industrializzati: la produzione di acciaio ha infatti superato i 30 milioni di t annue (un terzo in più rispetto al 1990), mentre la capacità di raffinazione del petrolio riesce a saturare pienamente la produzione.
Il sistema delle comunicazioni appare orientato verso la strada (65% del traffico interno, contro il 20% della ferrovia e il 12% della navigazione di cabotaggio e fluviale; il resto va alle condotte e al mezzo aereo): una scelta che può apparire in contrasto con le grandi distanze geografiche e, soprattutto, con una politica di contenimento dei consumi energetici, dell'inquinamento e dell'impatto ambientale (conclamati, a quest'ultimo proposito, i pesanti effetti della costruzione della strada transamazzonica). Tuttavia, grazie al sistema viario, il territorio brasiliano è coperto da una rete (a maglie larghe, ovviamente, nelle aree meno abitate) che, appena quarant'anni addietro, si poteva riconoscere solo in parte nel Sudeste, e che ha rappresentato uno dei fattori-chiave dello sviluppo economico.
bibliografia
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Politica economica e finanziaria
di Giulia Nunziante
Come l'Argentina, il B. conobbe un periodo di gravi difficoltà a cavallo del millennio. Tuttavia, grazie ad adeguati interventi di politica economica riuscì a riconquistare in breve tempo la fiducia degli investitori nazionali ed esteri.
L'economia brasiliana fu fortemente condizionata dalla crisi finanziaria che colpì i mercati internazionali a partire dalla seconda metà del 1997. Nel 1999 il Paese denunciava una particolare vulnerabilità dei conti con l'estero, a causa dell'ingente debito pubblico accumulato e della sopravvalutazione del real. Per far fronte a una situazione divenuta insostenibile, il governo decretava l'uscita della valuta nazionale dal sistema dei cambi fissi, per cui questa nei primi mesi dell'anno conobbe un forte deprezzamento; nel contempo dava vita a una stretta fiscale, al fine di contenere il deficit e stabilizzare l'incidenza del debito pubblico sul PIL. In particolare, venivano varate misure volte a incrementare la raccolta fiscale - soprattutto grazie alla riforma del sistema di sicurezza sociale e all'imposizione sulle transazioni finanziarie - e a contenere le uscite relative alla difesa e alle infrastrutture. Tutti gli organi centrali e locali di governo furono coinvolti nella riforma fiscale, e sollecitati ad attuare una gestione più responsabile delle risorse pubbliche. Inoltre, al fine di promuovere l'espansione e la competitività del sistema bancario, vennero ridotte le tasse sulle operazioni creditizie. Nel 2000 l'economia fece registrare un'espansione del consumo, assicurata dall'aumento del reddito nazionale, dall'espansione del credito e da un clima di diffuso ottimismo tra gli investitori nazionali e internazionali. Il controllo rigoroso della spesa pubblica fu accompagnato da una politica monetaria focalizzata sulla riduzione della pressione inflazionistica, mentre proseguiva la privatizzazione delle banche pubbliche e delle compagnie per la distribuzione dell'energia elettrica. Tuttavia rimase preoccupante l'esposizione del sistema economico nei confronti dei finanziamenti a breve termine dall'estero, con potenziali minacce alla stabilità del mercato. Nel 2001 la situazione macroeconomica si deteriorava nuovamente. In particolare, l'anno fu segnato da una grave crisi energetica, determinata dalle avverse condizioni metereologiche ma anche dall'assenza di adeguati investimenti nel settore durante gli anni Novanta. Le autorità furono costrette a razionare l'energia elettrica, con inevitabili conseguenze sul livello della produzione. Inoltre, il clima di incertezza sui mercati internazionali (dovuto agli attentati dell'11 settembre negli Stati Uniti e alla recessione argentina) concorse all'abbattimento delle esportazioni. Per contenere la pressione inflazionistica e porre un argine ai problemi finanziari della bilancia dei pagamenti, il governo adottò una serie di misure restrittive di politica monetaria. I tassi d'interesse furono mantenuti elevati, le riserve bancarie obbligatorie vennero incrementate, la liquidità fu posta sotto stretto controllo. Sul mercato dei cambi, il real fu oggetto di forti pressioni che contribuirono a ridurre il suo valore rispetto alle altre valute. Tale situazione di incertezza si protrasse per tutto il 2002. Il peggioramento delle aspettative degli investitori esteri comportò una contrazione del flusso in entrata di investimenti diretti e il rinnovarsi di pressioni sul mercato dei cambi.
Il debito pubblico, finanziato per la maggior parte con titoli in dollari, sfuggiva ormai al controllo del governo, mentre l'inflazione saliva fino all'8,4%. Le autorità non modificarono la politica del cambio, e promossero la regolamentazione delle transazioni in valuta estera sui mercati finanziari; sul fronte fiscale, in accordo con i fondi pensione e altri operatori coinvolti nell'imposizione sul reddito, introdussero una serie di imposte: sul petrolio, sulla vendita dei titoli del debito pubblico, sulle concessioni di sfruttamento delle risorse naturali. Le maggiori disponibilità finanziarie dello Stato vennero impiegate soprattutto nei settori della previdenza e della salute, per la riduzione della povertà e per il potenziamento del sistema viario.
La nuova amministrazione, insediatasi nel gennaio 2003, si mostrò subito a favore della responsabilità fiscale e del contenimento dell'inflazione, e varò riforme volte a ridurre l'onere della previdenza sociale e mantenere elevata la pressione fiscale; si impegnò inoltre in campagne di riforme orientate a rendere più accessibile il mercato finanziario alla popolazione meno agiata, semplificando le modalità di apertura di conti bancari ed estendendo il microcredito. Dal canto suo la banca centrale assicurò il controllo degli aggregati monetari, e nella prima parte dell'anno innalzò il tasso d'interesse; l'apprezzamento del real che si verificò nel resto del 2003 e nel 2004 compensò parte del deprezzamento verificatosi nel 2002. Nel corso del 2003 l'economia riconquistò la fiducia degli operatori internazionali. Le previsioni di crescita lasciavano ben sperare il governo, che fin dai primi mesi del 2004 si impegnò in numerose iniziative volte a modernizzare il Paese, quali la riduzione del costo del capitale, la semplificazione delle norme per l'apertura di nuove attività imprenditoriali, l'inserimento di strumenti assicurativi e di credito per favorire l'agricoltura, la modifica della regolamentazione per l'avvio di progetti infrastrutturali, il varo di una nuova legge sull'innovazione tecnologica, la promozione del commercio con l'estero. Tali interventi, accompagnati da un ambiente esterno favorevole allo sviluppo del mercato, contribuirono al conseguimento nel 2004 di numerosi successi economici, quali il contenimento della pressione inflazionistica (assicurato da una politica monetaria prudente), il graduale risanamento delle finanze pubbliche (volto a una maggiore sostenibilità del debito dello Stato) e l'avanzo del saldo delle partite correnti. (v. .)
Storia
di Paola Salvatori
Alle soglie del Duemila il B., pesantemente condizionato da gravi problemi finanziari, non era riuscito a dare risposta alle gravi questioni sociali che da sempre minavano la sua stabilità interna: la riforma agraria, la cui mancata attuazione provocava l'urbanizzazione massiccia di contadini senza terra, e la lotta alla criminalità organizzata. La politica di austerità e di privatizzazioni attuata, in conformità con le indicazioni del Fondo monetario internazionale, da F.H. Cardoso, riconfermato alla presidenza della Repubblica nelle elezioni del 1998, aveva prodotto un rallentamento della crescita dell'inflazione e del debito pubblico, ma non era riuscita a innescare un vero e proprio cambiamento di tendenza né a rilanciare in maniera duratura lo sviluppo. Il tasso di disoccupazione rimaneva elevato e manteneva critico il livello di vita dei ceti medio-bassi, i più colpiti dal fenomeno e i più penalizzati dai tagli effettuati alla spesa pubblica; tagli che avevano comportato anche l'accantonamento dell'ipotesi di ridistribuzione delle terre incolte, ventilata all'inizio del mandato di Cardoso ma contro la quale si era schierata la lobby dei proprietari. Nel corso del 1999 e del 2000 il malcontento nei confronti della politica sociale del governo divenne sempre più diffuso, e si tradusse in scioperi e agitazioni che portarono in piazza migliaia di persone. Le manifestazioni più imponenti furono quelle organizzate dal movimento dei contadini senza terra, il Movimento dos Sem-Terra (MST), che tra il maggio e il settembre del 2000 occupò piazze, strade e uffici pubblici del Paese, spingendo infine l'esecutivo a scendere a trattative. La perdita di popolarità di Cardoso si tradusse nella sconfitta dei partiti che lo sostenevano (il Partido da Social Democracia Brasileira, PSDB, il Partido da Frente Liberal, PFL, e il Partido do Movimento Democrático Brasileiro, PMDB), nelle elezioni amministrative svoltesi in ottobre, nelle quali ottenne un significativo successo il principale partito di opposizione, il Partido dos Trabalhadores (PT), guidato da L.I. da Silva, detto Lula. Nel biennio successivo il Paese conobbe un peggioramento della situazione economica, e il governo fu investito da una serie di scandali che portò all'allontanamento di molti suoi esponenti e contribuì a far emergere attriti e divergenze. La decisione del PFL di presentare un proprio candidato, la signora R. Sarney, alle elezioni presidenziali previste per l'ottobre 2002, in contrapposizione a J. Serra, candidato del PSDB, fece precipitare la situazione e, nel marzo 2002, il PFL decise di uscire dal governo. Il clima elettorale fu reso incandescente dal coinvolgimento della Sarney in uno scandalo per corruzione e dalle accuse da questa mosse agli ambienti governativi di averlo costruito ad arte per costringerla a ritirarsi, cosa che effettivamente avvenne. I contrasti sorti nello schieramento di centro-destra contribuirono al successo di Lula, che, presentatosi con un programma di rilancio dell'occupazione, di riforme fiscali e di lotta alla povertà (progetto "Fame zero"), riuscì a incanalare il diffuso malcontento non solo degli strati più poveri della popolazione ma anche dei ceti medi, e si assicurò al secondo turno il 61,3% voti, ottenendo una vittoria che aspettava da 13 anni (si era già candidato nel 1989, 1994 e 1998). Il PT conquistò inoltre la maggioranza dei seggi nelle elezioni legislative svoltesi contestualmente a quelle presidenziali. Nonostante i forti accenti posti in campagna elettorale sulla politica di equità sociale e di ridistribuzione dei redditi, e l'ingresso nell'esecutivo di vari partiti di sinistra (il Partido Socialista Brasileiro, il Partido Democratico Trabalhista, il Partido Popular Socialista, il Partido Comunista do Brasil, il Partido Verde), la nuova amministrazione, insediatasi nel gennaio 2003, proseguì sulla strada segnata da Cardoso, avviando un programma sostanzialmente moderato, incentrato sulle questioni del risanamento finanziario e del contenimento dell'inflazione. Venne attuata la riforma previdenziale, puntando a una maggiore razionalizzazione e a una sostanziale riduzione della spesa pubblica, migliorato il sistema fiscale, pesantemente gravato da una struttura articolata e complessa che comportava una sensibile dispersione delle risorse, e furono varati incentivi per favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese. L'amministrazione approvò anche un programma di opere pubbliche volto a promuovere, oltre all'occupazione, l'integrazione e lo sviluppo del Paese nel suo complesso attraverso la diffusione capillare delle infrastrutture; stanziò inoltre risorse per la distribuzione della terra ai contadini e per migliorare il sistema sanitario e scolastico, soprattutto nei centri più poveri. La linea scelta dal nuovo presidente, nel rispetto delle indicazioni dettate dal FMI, trovò consensi anche tra le file dei partiti di centro e di centro-sinistra (il Partido Liberal, il PMDB, il Partido Trabalhista Brasileiro), che l'appoggiarono in Parlamento, e soprattutto sventò le paure degli investitori stranieri e ridiede fiducia ai mercati finanziari, tornati a manifestare un forte dinamismo. La conseguenza fu un rilancio dell'economia del Paese, che nel corso del 2004 registrò una sensibile crescita, accompagnata da un miglioramento dei conti pubblici e da un contenimento dell'inflazione. La stabilità monetaria era stata tuttavia raggiunta attraverso un'accentuazione della politica di austerità e un conseguente ridimensionamento dei programmi di natura sociale, che avevano finito per assumere un carattere puramente marginale: gli interventi attuati, pur rivestendo in alcuni casi un importante significato anche di natura simbolica, come la restituzione di circa 2 milioni di ettari di foresta amazzonica agli indios che l'abitavano (aprile 2004), erano per lo più rimasti localizzati a poche realtà particolarmente depresse, e non avevano intaccato sostanzialmente gli equilibri esistenti. Il divario tra ricchi e poveri non era diminuito, né era cresciuto significativamente il tasso di occupazione. La mancata attuazione degli impegni assunti in campagna elettorale alimentò crescenti malumori sia nel sindacato sia nei partiti della coalizione, primo fra tutti lo stesso PT, e ridiede slancio alla protesta del MST, che di fronte ai ritardi nell'attuazione del programma di riforma agraria, pur continuando a dichiararsi disposto al dialogo, aveva ripreso l'occupazione delle terre. Nel gennaio 2004, nel tentativo di rinsaldare la compagine di governo, Lula aveva chiamato a far parte dell'esecutivo alcuni esponenti del PMDB, ma la crisi, rimasta latente, si accentuò nel corso dell'anno quando il Partido Liberal decise di uscire dalla coalizione (aprile), denunciando gli scarsi risultati ottenuti sul piano economico. L'erosione della popolarità di Lula venne evidenziata anche dai risultati delle consultazioni amministrative svoltesi nell'ottobre 2004: nonostante un incremento generale della percentuale dei voti, il PT perse consensi nei grandi centri urbani - come San Paolo e Porto Alegre - dove da sempre si era concentrata la base sociale di riferimento del partito. Contraccolpo dei risultati elettorali fu l'uscita dalla coalizione di governo, in dicembre, del Partido Popular Socialista e del PMDB, anch'essi critici verso le scelte economiche dell'esecutivo. Per superare il crescente isolamento e soddisfare le richieste della base, l'amministrazione Lula annunciò, agli inizi del 2005, l'avvio di un nuovo indirizzo di politica economica, caratterizzato da un incremento del welfare e da maggiori stanziamenti per opere e infrastrutture, ma dovette fronteggiare in maggio una nuova manifestazione del MST, che invase pacificamente le vie della capitale, mobilitando migliaia di contadini poveri. Nell'estate 2005 la popolarità del governo subì un duro colpo in seguito agli scandali finanziari che investirono il PT, minandone la credibilità morale presso l'opinione pubblica, che lo aveva da sempre considerato come il principale protagonista della lotta alla corruzione. La dirigenza del partito fu costretta a rassegnare le dimissioni (luglio) e vennero allontanati anche alcuni collaboratori del presidente rimasti coinvolti nello scandalo che andò allargandosi nei mesi successivi.
In politica estera l'amministrazione Lula si contraddistinse fin dall'inizio per un'intensa attività diplomatica volta ad accrescere il ruolo regionale del Paese, che ambiva ad assumere la leadership indiscussa dell'area. L'esordio più significativo fu la posizione assunta durante la conferenza della WTO (World Trade Organization) svoltasi a Cancún nel settembre 2003: in quell'occasione il B. guidò la protesta dei Paesi emergenti contro le politiche agricole protezionistiche sostenute dai membri dell'Unione Europea e dagli Stati Uniti, ritenute inique e fortemente penalizzanti nei confronti delle economie più deboli. Nei mesi seguenti il governo si adoperò per promuovere l'integrazione dei Paesi sudamericani sotto la guida del B., così da creare un blocco economico-commerciale in grado di controbilanciare le politiche delle grandi compagnie statunitensi. Di qui il rilancio dell'attività del Mercado Común del Sur, MERCOSUR (accordo commerciale siglato nel 1995 da B., Argentina, Uruguay e Paraguay, che garantiva la libera circolazione dei beni e dei servizi tra i Paesi contraenti) e le resistenze del B. nei confronti della creazione dell'Area di libero commercio progettata e sostenuta dagli Stati Uniti, con la conseguente accentuazione degli attriti tra i due Paesi. Nonostante le divergenze, le trattative per la realizzazione del progetto proseguirono, tra alti e bassi, nel corso del 2004 e del 2005.
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