BRATTEATO
L'aggettivo b. si riferisce alla decorazione, impressa su di uno stampo mediante la battitura a martello, di sottili lamine di metallo, in genere prezioso. Il nome b. propriamente va riferito ad alcuni tipi monetali medievali ottenuti con tale procedimento, diffusi a partire dal sec. 12° in area tedesca, e deriva da brattea (lat. bractea), termine che designa la lamina metallica, ridotta per battitura a minimi spessori, impiegata per rivestire oggetti di vario genere o per formare gioielli, oppure destinata a essere decorata a stampo, secondo uno dei procedimenti più elementari delle tecniche di oreficeria.Gli artigiani che battevano i metalli in sottili lamine, detti bractearii, dovevano lavorare alle dipendenze degli aurifices e degli argentarii e, almeno in età imperiale, erano riuniti in corporazione insieme agli inauratores e ai caelatores (CIL, VI, 1, 1876, 95); vengono menzionati per ultimi nell'elenco degli artigiani, nominati in ordine di importanza, che vengono esentati dai munera da Costantino (Cod. Iust., X, 66, 1).Isidoro di Siviglia definisce la brattea tenuissima lamina (Etym., XVI, 18), mentre l'applicazione di essa, su mobili, statue o travi per il sostegno di tetti è ricordata da Sidonio Apollinare (Ep., VIII, 8; a cura di A. Loyen, Paris 1970), da Arnobio (Adv. nat., VI, 21; a cura di C. Marchesi, Torino 1953), da Prudenzio (Peristephanon liber, Himnus XII, 49; a cura di M. Lavarenne, Paris 1951) e dallo pseudo-Fulgenzio (Sermo XI; PL, LXV, col. 871), secondo una tradizione nota sin dall'Antichità. Ancora nelle fonti di età carolingia e poi in quelle del sec. 11°, come nel Carmen de Carolo Magno, nel Chronicon di Moissac (Schlosser, 1896) o nell'inventario del duomo di Spira del 1051 (Bischoff, 1967), il termine brattea viene riferito alle lamine auree che rivestivano oggetti dell'arredo liturgico o che decoravano vesti cerimoniali. La tecnica di fabbricazione delle lamine è inoltre menzionata in fonti come le Compositiones ad tingenda musiva, del sec. 8° (Pellizzari, 1915), e la Mappae clavicula, del sec. 10°-12° (Phillipps, 1847).Le lamine di metallo prezioso, dello spessore di mm. 1 ca., potevano essere lavorate dagli orafi per ricavare gioielli di varia forma, assemblate in modo da formare diademi, corone di fiori o altri tipi di decorazione in genere fitomorfa, prevalentemente per uso funerario. Le brattee, inoltre, dopo un'ulteriore battitura delle lamine, venivano utilizzate per la fabbricazione delle tessere musive auree o dei fili per ricami preziosi, nonché per il rivestimento di stucchi architettonici.La definizione di decorazione b. viene per lo più riferita alle lamine di metallo, in genere di dimensioni inferiori ai cm. 10, impresse su stampi; tale tecnica decorativa, già descritta da Teofilo (Diversarum artium schedula, III, 74; a cura di J.G. Hawthorne, C.S. Smith, Chicago 1963, pp. 153-154), è oggetto di recenti studi, in particolare per quanto riguarda la produzione dell'Europa settentrionale all'epoca delle Migrazioni (Bohlin, 1981; Axboe, 1981; 1988; Axboe, Arrhenius, 1982).La lamina di metallo ancora rovente veniva prima martellata fino a raggiungere uno spessore omogeneo; per ottenere questo scopo poteva essere utile interporre uno strato di stoffa o di legno tra il metallo e il martello. Gli stampi, alcuni dei quali sono stati rinvenuti in area bizantina, in Europa centrale e nei paesi nordici, potevano essere in metallo, in pietra, in terracotta, in avorio o in legno; sembra tuttavia che quelli usati più di frequente fossero in materiale deperibile, utilizzabili solo poche volte, ma di più facile preparazione rispetto alle difficoltà che la fusione di stampi in bronzo avrebbe richiesto. L'impressione sulla lamina doveva avvenire a freddo e possibilmente mediante un solo colpo violento; per un migliore risultato inoltre era necessario che la lamina fosse appoggiata sopra lo stampo e non viceversa. Perché le incisioni dello stampo si imprimessero meglio sulla lamina era infine opportuno frapporre, tra questa e il martello, del materiale morbido (piombo, pece, stoffa, cuoio bagnato o legno dolce). Dopo la battitura, la lamina b. veniva lucidata prima di subire ulteriori lavorazioni, che prevedevano eventuali saldature in caso di piccole rotture, la rifinitura dei bordi e la decorazione a punzonatura, quando la lamina era più grande dello stampo, come pure la possibile applicazione di filigrana o anche di un occhiello superiore passante. In taluni casi si possono osservare tracce di ulteriori lavorazioni, nonché resti di mastici o leghe leggere poste a riempimento nel lato incavato delle lamine b., per renderle più resistenti.Le lamine b. venivano per lo più cucite su tessuti come ornamento dell'abbigliamento, portate al collo o incluse in medaglioni, oppure applicate su piccoli oggetti di uso quotidiano o liturgico. Diffuse in tutta l'area mediterranea e caratterizzate da una relativa semplicità di esecuzione, in età tardoantica le lamine b. divennero il veicolo di modelli iconografici paleocristiani e tardoimperiali, in breve tempo accolti e rielaborati nell'Europa centrale e settentrionale. Esempio di tale processo è una cassetta della metà del sec. 4° rinvenuta a Intercisa in Pannonia (Magonza, Römisch-Germanisches Zentralmus.), della quale restano i frammenti di quattro fasce che alternano due diversi fregi ornati: uno a medaglioni con gorgóneion, profilo di imperatore laureato e busti affrontati degli apostoli Pietro e Paolo, l'altro a pannelli rettangolari con la raffigurazione delle scene di Daniele fra i leoni, Mosè che batte la rupe e il Miracolo di Cana.Alla fine del sec. 4° o agli inizi del 5° è assegnabile (Testini, 1969) una piccola lamina in bronzo a carattere devozionale, proveniente dal cimitero di S. Agnese a Roma (già Coll. Armellini), con i busti degli apostoli Pietro e Paolo ai lati di un cristogramma entro una corona, molto simile nell'iconografia a un frammento di intonaco con l'impronta lasciata da un'analoga lamina quadrata, proveniente dalla chiusura di un loculo cimiteriale (Roma, BAV. Mus. Sacro).Per quanto riguarda l'applicazione di lamine b. su oggetti di uso comune, di grande interesse è una piccola brocca di legno rivestita di lamine bronzee, rinvenuta in Gallia in una tomba merovingia a Lavoye e datata al sec. 5°-6° (Saint-Germain-en-Laye, Mus. des Antiquités Nat.), con cinque placchette rettangolari raffiguranti i miracoli di Cristo, stilisticamente vicine a prototipi siriani e copti, ma legate a un tipo di lavorazione radicato nella tradizione gallica della regione (Salin, 1957). Una decorazione assai simile può essere riscontrata su diversi oggetti coevi rinvenuti in area sassone o germanica, come per es. il secchiello di Long Wittenham (Londra, British Mus.), la scatola di Strood (Liverpool, Merseyside County Mus.), il vaso di Wiesoppenheim (Worms, Mus. der Stadt und Städtische Gemäldegal.). In Renania e in Lorena nella stessa epoca erano diffuse invece situle decorate da un fregio di placchette triangolari ornate da maschere umane. Dalla metà del sec. 7° nei territori merovingi tornò a essere frequente, per lo più in contesti funerari, la decorazione a stampo, anche se quasi esclusivamente su lamine di ottone.In area bizantina numerosi sono i rinvenimenti di lamine b. dei secc. 6°-7°, per lo più legate alla tipologia dei medaglioni imperiali e spesso direttamente desunte da essi. È il caso di una lamina con la figura di un imperatore, forse Foca, su una quadriga e con in mano la mappa (Londra, British Mus.) o di quella con l'immagine di imperatore che sparge monete (Parigi, Coll. De Clercq), iconograficamente molto vicina ai medaglioni di Giustino II (565-578). Assai simili a questa sono pure due lamine quasi identiche montate su bracciali (Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.), rinvenute in Siria. Di particolare interesse è una collana aurea, forse di provenienza costantinopolitana, formata da due medaglioni centrali e da ventuno tondi più piccoli (Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.); questi rappresentano divinità pagane, mentre i tondi centrali, identici, recano la scena di una cerimonia di matrimonio con la figura di Cristo fra gli sposi. Ancora ascrivibili fra il sec. 6° e il 7° sono alcune lamine b. rinvenute in Italia meridionale, forse eseguite localmente su modelli orientali. Fra di esse vanno menzionate la c.d. lamina Garrucci (Berlino, Staatl. Mus., Frühchristlich-byzantinische Sammlung), inserita in una montatura in bronzo e raffigurante la Madonna in trono con il Bambino, e una lamina discoidale con la scena dell'Adorazione dei Magi, proveniente da una tomba bizantina di Siderno (Reggio Calabria, Mus. Naz.), stilisticamente analoga ad alcune delle ampolle di Monza (Mus. del Duomo). Coeve sono alcune crocette in lamina d'oro o d'argento che recano iscrizioni votive, provenienti dall'Asia Minore e diffuse nel Mediterraneo orientale (Nicosia, Cyprus Mus.; Roma, Mus. Naz. Romano), così come alcune lamine b. con immagini sacre (Berlino, Staatl. Mus., Frühchristlich-byzantinische Sammlung; Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.; Napoli, Mus. Archeologico Naz.).Dalla metà del sec. 7° le lamine b. trovano diffusione anche tra gli Alamanni stanziati nella zona germanica sudoccidentale e dai rinvenimenti in quest'area possono distinguersi gruppi iconograficamente indipendenti (Haseloff, 1989). Alcune di esse mostrano un ornato con l'albero della vita affiancato da figure di animali, mentre altre si richiamano a tipi monetali romani e in particolare alle monete con la rappresentazione di Roma in trono incoronata dalla Vittoria - forse intesa, secondo una reinterpretazione in chiave cristiana della scena, come Vergine in trono - oppure a quelle degli imperatori Valente e Valentiniano I (367-375). Numerose sono inoltre le lamine b. con figure di uccello, desunte da monete ostrogote coniate a Roma o a Ravenna e diffuse soprattutto nella regione del medio Reno: su talune di esse si nota la presenza di una croce. Da ricordare infine un gruppo di fibule alamanne con decorazione a nastri intrecciati e ornamentazione zoomorfa della fine del 7° e degli inizi dell'8° secolo.L'uso di imprimere lamine b. direttamente sopra medaglioni aurei, già diffuso in area bizantina fra il sec. 6° e il 7°, divenne comune in Europa centrale, come testimoniano per es. due placche della metà del sec. 7°, saldate insieme in forma di croce e decorate con una moneta costantiniana più volte impressa sulle due lamine (Monaco, Prähistorische Staatssammlung). Questa pratica divenne frequente anche fra i Longobardi.Un orecchino con una lamina b. ricavata da una moneta del console Caio Papio Mutilo (91-88 a.C.; Napoli, Mus. Archeologico Naz.) e decorato anche da gemme e perle può essere riportato a un'officina attiva in area beneventana nel 7° secolo. In un altro orecchino simile, appartenente al c.d. tesoro longobardo di Senise (Napoli, Mus. Archeologico Naz.) e forse anch'esso di produzione beneventana, la lamina b. ivi applicata venne ricavata da un solido aureo di Tiberio Eraclio e Tiberio (659-668). Tra i gioielli rinvenuti a Senise (Potenza) va anche ricordato un anello la cui fascia decorata con un motivo a ramo ondulato e spirali, ripreso dalla tradizione tardoromana, sembra essere stata battuta su stampo e poi piegata e saldata (Lipinsky, 1971). Sempre rinvenute in Italia meridionale sono due lamine discoidali più tarde, attribuibili all'ambiente bizantino gravitante in Calabria nel sec. 9°: l'una reca impressa la figura di S. Teodoro a cavallo in atto di trafiggere un serpente, dai contorni stilizzati e dalla scarsa resa plastica (Reggio Calabria, Mus. Naz.), l'altra l'Adorazione dei Magi (Catanzaro, Mus. Prov.).Di alcune delle numerosissime lamine b. rinvenute nell'Europa del Nord e in particolare in area scandinava (Salin, 1895; Mackeprang, 1952; Hauck, 1970; Bakka, 1973; Die Goldblattkreuze, 1975; Arrhenius, 1977; Die Goldbrakteaten, 1985-1989) va rilevato il legame con l'arte tardoromana, dal momento che medaglioni e monete con busti e figure di imperatori fungono da modello fin dal sec. 5° per la produzione nei paesi nordici di tali oggetti, diffusi anche in area anglosassone e nell'Europa nordoccidentale. Divise tipologicamente per gruppi, le lamine b. scandinave presentano, nel c.d. tipo A, una figura di profilo, come nel caso di quella proveniente da Ramdala in Svezia (Stoccolma, Statens historiska mus.), nella quale viene riprodotto con fedeltà un busto imperiale già presente su alcuni medaglioni trovati in area scandinava, oppure, nel c.d. tipo C, una figura di profilo su di un animale a quattro zampe, come per es. la lamina di Gerete in Svezia (Stoccolma, Statens historiska mus.). Maggiormente problematico è il ravvisare l'origine delle lamine c.d. di tipo B, le quali sembrano improntate, per le composizioni di figure umane con animali, la presenza di figure 'danzanti', la linearità dei contorni, a una tradizione più specificamente nordica e a elementi germanici, come negli esempi delle lamine di Trollhaettan e di Soederby in Svezia (Stoccolma, Statens historiska mus.). Immagini simili si ritrovano pure su lamine del sec. 7°, con figure di danzatori con lancia, come nelle placchette quadrangolari in bronzo di Torslunda in Svezia (Stoccolma, Statens historiska mus.).A una decorazione in stili animalistici di tipo germanico o a disegni geometrici, infine, si può ricondurre una buona parte dei ritrovamenti di lamine b. in area nordica (Die Goldbrakteaten, 1985-1989). Questo tipo di lamine b., accanto a quelle di produzione locale, si ritrova anche lungo il corso del Reno, in Turingia, lungo l'Elba e la Saale e più a oriente, lungo il corso dei fiumi Oder e Vistola, almeno fino al sec. 6° inoltrato (Haseloff, 1970). Dagli oggetti rinvenuti in queste aree è possibile desumere che ornamenti tipicamente scandinavi fossero conosciuti direttamente dai Longobardi ancor prima della loro trasmigrazione in Italia e che solo l'arrivo degli Avari abbia interrotto una via di scambi culturali di notevole portata.Considerevole è il gruppo delle croci b. longobarde, di cui sono stati rinvenuti in Italia oltre duecento esemplari, in gran parte decorati a stampo (Dorigo, 1988). Tra di esse rilevanti sono le numerose croci non decorate (Cividale, Mus. Archeologico Naz.; Benevento, Mus. del Sannio), con elementi perlinati oppure punzonati (Norimberga, Germanisches Nationalmus.; Cividale, Mus. Archeologico Naz.; Chiusi, Mus. Etrusco; Roma, Mus. dell'Alto Medioevo; Pavia, Civ. Mus.) o con l'impressione di monete, come nel caso della crocetta con l'immagine di Foca (Augusta, Maximilianmus.) o di quella con un conio di Giustino II proveniente da Novara (Norimberga, Germanisches Nationalmus.). Desunte dalle croci a encolpio bizantine e adottate dopo l'occupazione dell'Italia, queste croci, prodotte dagli ultimi decenni del sec. 6° e per tutto il 7°, possono presentare la decorazione figurale ereditata da elaborazioni nordgermaniche dove l'uso seriale e iterato di stampi con volti e profili orna i bracci delle croci o il centro di esse, talvolta con l'aggiunta di mani aperte (per es. nelle croci di Brescia, Civ. Mus. Cristiano; nella croce di Clefi, Trento, Mus. Prov. d'Arte; nella croce di Gisulfo, Cividale, Mus. Archeologico Naz.), oppure un ornato a figure intere stanti (Cividale, Mus. Archeologico Naz.) o motivi ornamentali tardoclassici, geometrici o fitomorfi (Brescia, Civ. Mus. Cristiano; Bergamo, Mus. Civ. Archeologico) per i quali vengono impiegati stampi, o solo modelli, di produzione italica e bizantina, utilizzati però spesso in modo sommario o frammentario. Su tali croci è frequente anche una decorazione a nastri intrecciati, diffusa in Italia dagli inizi e in Pannonia dalla metà del sec. 6° (Brescia, Civ. Mus. Cristiano; Cividale, Mus. Archeologico Naz.; Milano, Soprintendenza Archeologica per la Lombardia), cui si unisce in numerosi esemplari anche un'ornamentazione di I o di II stile animalistico con animali singoli, in coppia o in sequenza continua, talvolta estremizzato sino allo smembramento dell'intreccio o alla parziale utilizzazione dello stampo sulle croci (Norimberga, Germanisches Nationalmus.; Udine, Mus. Civ.; Verona, Mus. di Castelvecchio, Civ. Mus. d'Arte; Bergamo, Mus. Civ. Archeologico; Trento, Castello del Buonconsiglio; Milano, Castello Sforzesco, Civ. Raccolte Archeologiche e Numismatiche; Benevento, Mus. del Sannio); tra queste croci vanno ricordate quelle con figura di cervo presente su diversi esemplari di Cividale (Mus. Archeologico Naz.), dove è conservato anche un disco proveniente da S. Giovanni Battista, con una decorazione simile. Particolare menzione deve avere la lamina rinvenuta a Rodano (Milano, Castello Sforzesco, Civ. Raccolte Archeologiche e Numismatiche), ove la fitta rete di elementi iconografici tardoantichi, pur in un linguaggio classico ormai impoverito, riporta a una resa figurativa di carattere naturalistico attribuibile forse a un artigiano di estrazione non longobarda. Vanno ricordate infine la lamina b. di forma circolare con la figura di un guerriero a cavallo, circondata da una cornice a motivi zoomorfi di II stile ottenuti con un diverso stampo, avvicinabile da un punto di vista formale ad alcune fibule germaniche del sec. 7°, ma con una resa più morbida del disegno, e la fibula a disco in argento con impressa una moneta romana di Lucilla, del 189, entrambe a Cividale (Mus. Archeologico Naz.).Specialmente in ambito bizantino la produzione di lamine b. si protrasse per lungo tempo, come testimoniano alcuni ritrovamenti di placchette lavorate a impressione, indice di una persistenza di tradizioni legate a modelli più antichi e all'uso dei pellegrini di raccogliere piccoli oggetti di culto. Ne è esempio un medaglione con l'immagine del profeta Daniele (Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.), con il verso riempito di una lega di rame, per aumentarne la solidità, datato all'età paleologa, simile a una lamina b. con lo stesso soggetto, del sec. 6°, rinvenuta in Italia meridionale e collegabile con le vie di pellegrinaggio per la Terra Santa (Majeska, 1974).Sempre con decorazione b. sono alcuni orecchini del tipo a semiluna, già noti in età classica ma diffusi in area bizantina dal 6° all'11° secolo. Decorati a motivi vegetali o zoomorfi oppure con simboli cristiani, tali gioielli di produzione costantinopolitana sarebbero stati anche esportati o imitati in molte regioni mediterranee, in particolare in Sicilia (Atene, Coll. Stathates; Benaki Mus.; Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.; Nicosia, Cyprus Mus.; Londra, Vict. and Alb. Mus.; Bologna, Mus. Civ. Medievale; Taranto, Mus. Naz.). In Italia meridionale la produzione di questi oggetti sembra inoltre testimoniata da uno stampo per orecchini rinvenuto nel secolo scorso a Ruvo di Puglia e oggi perduto (Fiorelli, 1880), approntato per ottenere orecchini a semplice anello con globetti oppure a semiluna, in uso in ambito bizantino fra il sec. 9° e l'11° (Farioli Campanati, 1982; D'Angela, 1984).
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Viene definito b. un tipo di moneta medievale di spessore molto sottile, con impronta a rilievo su un lato. Il termine risulta attestato per la prima volta in un documento emesso a Magonza nel 1368.I b. furono realizzati in lamina d'oro o d'argento; impressa per stampa su un punzone, essa risulta con il motivo in rilievo da una parte e incavato dall'altra.I b. cominciarono a diffondersi in Germania alla metà del sec. 12°, probabilmente in seguito all'accresciuto fabbisogno di denaro, e costituirono un'innovazione molto interessante, soprattutto dal punto di vista iconografico, per varietà, ricchezza e complessità tipologica. Tra i temi raffigurati sui b. possono trovarsi la Lapidazione di s. Stefano, oppure s. Stefano nella tomba sormontata da angeli sorreggenti un medaglione con la sua effigie (Halberstadt), il Martirio di s. Lorenzo (Merseburg), la badessa Berta in ginocchio di fronte a s. Eustachio seduto (Nordhausen), il busto di s. Martino nel campo superiore della moneta e il vescovo Enrico nell'inferiore, separati dalle mura (Erfurt), un abate in trono, il signore a cavallo in corazza con asta o stante in abiti civili, da solo o con la moglie, l'imperatore con globo crucigero e giglio.In Boemia l'emissione dei b. iniziò con Přemysl Ottocaro I (1198-1230) e durò per tutto il 13° secolo. Temi iconografici caratteristici per i b. della Boemia sono il leone e il principe incoronato stante o seduto.Per quanto riguarda l'aspetto ponderale, si nota una varietà di pesi del tutto arbitraria; la moneta era garantita solo dal prestigio della casata che la emetteva e non dal peso.I b. circolarono in tutta l'Europa settentrionale fino al sec. 15°, in particolare in Germania, nelle regioni lungo il Danubio, in Ungheria e in Scandinavia.
Bibl.: G.L. Schlumberger, Des bractéates d'Allemagne, Paris 1873; E. Bahrfeldt, Der Brakteatenfunde von Michendorf. Ein Beitrag zur brandenburgischen Münzkunde des XII. Jahrhunderts, Berlin 1881; Archiv für Brakteatenkunde, 1890-1906; H. Buchenau, Der Brakteatenfunde von Niederkaufungen bei Kassel, Dresden 1903; E.H. Bethe, Saalfelder Mittelaltermünzen. Der Brakteatenfund von Gross Kamsdorf und Langenschade, Halle a.d.S. 1923; H. Buchenau, B. Pick, Der Brakteatenfund von Gotha (1900), München 1928; E. Mertens, Der Brakteatenfund von Nordhausen (Münzstudien, 6) Halle a.d.S. 1929; W. Jesse, Die Brakteaten Heinrichs des Löwen, Braunschweigisches Jahrbuch 30, 1949, pp. 10-47; E. Waschinski, Zur Technik der Brakteatenprägung um 1500, Berliner Numismatische Zeitschrift 1, 1949-1952, pp. 227-229; W. Jesse, Der zweite Brakteatenfund von Hodesse und die Kunst der Brakteaten zur Zeit Heinrichs der Löwen, Braunschweig 1957; A. Suhle, Mittelalterliche Brakteaten, Leipzig 1965; B. Kluge, Brakteaten, deutsche Münzen des Hochmittelalters (Kleine Schriften des Münzkabinetts Berlin, 2), Berlin 1976; Brakteaten der Stauferzeit 1138-1254. Aus der Münzensammlung der Deutschen Bundesbank, Frankfurt 1977.S. Piattelli