Brescia
I primi documenti di Federico II relativi a Brescia, città che era sempre stata alleata di Milano e di Ottone IV e pertanto ostile al giovane sovrano svevo, risalgono agli anni immediatamente successivi alla sua discesa in Italia per l'incoronazione imperiale. Nel primo documento (1221) Federico II diffidò i cittadini a intervenire in aiuto dei conti Narisio e Alberto di Casaloldo, che avevano occupato beni dell'eredità della contessa Matilde di Canossa, mentre nel secondo (1222) decretò il bando dall'Impero per i bresciani, che si rifiutavano di risarcire il salario a Matteo da Correggio per la sua mancata podesteria nel 1220. La seconda questione fu risolta solo nel 1225 con un compromesso che assicurava a Matteo, uomo politico vicino al sovrano, il versamento di 300 lire di moneta corta bresciana. Dopo il violento terremoto del Natale 1222, che causò danni gravissimi alla città e impose la necessità di costruire un nuovo palazzo del comune, tra il 1224 e il 1225 l'aristocrazia bresciana fu sconvolta da una offensiva antiereticale sferrata dal papa Onorio III e dall'imperatore Federico II, che da Catania nel marzo 1224 emetteva una importante costituzione contro i fautori di eresie. A Brescia tuttavia non si trattava tanto di eretici in senso religioso, quanto di gruppi politici contrari alle posizioni del sovrano e del papa, quali gli Ugoni, i Gambara, i Lavellolongo, i Mosio, e dopo numerose lettere papali di minaccia e un viaggio a Roma dei maggiori implicati, la questione si risolse nell'estate del 1225 con il ritiro della scomunica papale da parte di Onorio III. Nel frattempo i gruppi contrari a Federico II si erano affermati in città e pertanto, di fronte a un possibile pericolo costituito dalla riunione a Cremona di numerosi eserciti imperiali per lo svolgimento di una dieta, nel marzo 1226 a Mozzo i plenipotenziari di Brescia, Alberto Ranza e Corrado Faba, e quelli di Milano, Bologna, Mantova, Padova, Vicenza e Treviso si accordavano per rinnovare la Lega lombarda, atto successivamente compiuto a Mantova qualche giorno più tardi. Il 7 aprile Obizzo Ugoni e altri rettori della seconda Lega lombarda, nel palazzo del comune di Brescia appena riedificato, giuravano di esercitare il loro ufficio a comune utilità delle città aderenti e di difendere la libertas dei comuni che si erano alleati.
In queste circostanze il vescovo di Brescia Alberto, molto legato a Onorio III, rimase dalla parte di Federico II e fu presente con il sovrano a Parma e a Borgo S. Donnino nel giugno e nel luglio del 1226. A Parma il 10 giugno Alberto fu tra i presuli che consigliarono al vescovo di Hildesheim, legato papale, di scomunicare le città lombarde aderenti alla Lega e che non avevano partecipato alla dieta di Cremona, impedendo nel contempo al figlio dell'imperatore, Enrico VII, re di Germania, di scendere in Italia. Inoltre nella basilica di Borgo S. Donnino, dopo aver fatto parte di una commissione che avrebbe dovuto prendere in considerazione le proposte di pace tra la Lega e l'Impero concordate a Marcaria, il presule Alberto assistette alla scomunica lanciata dal legato contro le persone che avevano aderito alla societas lombardorum. Ma quando Onorio III si interpose come mediatore di pace, per favorire lo svolgimento della crociata, Alberto svolse una funzione diplomatica di grande rilievo; infatti il documento del 26 marzo 1227, redatto nella 'caminata' del palazzo episcopale di Brescia, contiene le richieste che i rettori della Lega presentavano al papa per poter giungere a una pace con la Chiesa e con il sovrano. A rappresentare il papa era presente il domenicano fra Guala da Bergamo, che a partire dal 1230 avrebbe sostituito Alberto sulla cattedra episcopale bresciana. La guerra fu evitata, ma il 18 marzo il pontefice moriva. Il successore Gregorio IX attuò al contrario una politica di costante appoggio alla Lega e fu in aperto contrasto con l'imperatore. Intanto a Brescia, che aumentava in questo modo il suo prestigio, il 5 novembre 1227 si riunivano i rettori della Lega per ricevere una lettera di lagnanze dei lodigiani contro i piacentini.
La politica interna di questi anni registra importanti atti per la sistemazione della zona in cui era stato edificato il nuovo palazzo comunale, attuata attraverso una serie di acquisti, in particolare dalla famiglia dei Poncarale, ma anche attraverso espropriazioni, come emerge da un brano a carattere moralistico di Iacopo Malvezzi. Nel settore giuridico il podestà Bonifacio di Guido Girardi ordinò durante il 1225 che fossero raccolte e codificate le consuetudini antiche del comune. Inoltre la stessa istituzione due anni più tardi si accordava con gli Ugoni per dividere i vassalli abitanti sul territorio di Mariana e con altri signori per il controllo degli uomini di Asola, Marcaria, Mosio e Redondesco. L'anno successivo si tenne un lungo processo tra il comune rurale di Montichiari e gli omonimi consoli per ottenere la successione dei beni del conte Narisio. I giudici imposero un sistematico interrogatorio di testimoni al fine di stabilire quali terre fossero di natura allodiale e quali fossero invece di carattere feudale. Per queste ultime il comune avrebbe potuto rivendicare il possesso nei confronti degli eredi.
Nell'aprile del 1229, durante la permanenza di Federico II in Terrasanta, si tenne un altro colloquio di rettori della Lega a Brescia, sotto la torre della Pallata, durante il quale gli ambasciatori di Ferrara accusarono i rappresentanti di Venezia e di Mantova di non essersi presentati in giudizio per rispondere alle accuse a loro mosse. L'improvviso ritorno dalla crociata dell'imperatore e la guerra contro il pontefice, che aveva occupato il Regno di Sicilia, misero di nuovo in allarme le città lombarde, che a Verona decisero di vietare a tutti gli aderenti alla Lega di avere rapporti con Cremona, Modena e Parma, città che erano inserite nello schieramento imperiale. Il 2 dicembre dello stesso anno a Milano otto bresciani, tra cui i Lavellolongo e i Gambara, guidati dal podestà Rolando Bonifaci, riconfermavano con i rappresentanti di numerose città lombarde la Lega per difendere l'honor della Chiesa. Intanto Brescia era coinvolta in inutili guerre in aiuto di altre città alleate: ad esempio soccorse Verona contro Ezzelino da Romano e fu sconfitta. Allo stesso modo dissipò le sue forze combattendo contro Bonifacio II di Monferrato e assediando tra il 1230 e il 1231 i castelli di Mombaruzzo e di Chivasso, sino alla pace proposta dai milanesi nel medesimo 1231.
Intanto fra Guala, che aveva mediato la pace di San Germano tra il sovrano e il papa, nel 1230 fu consacrato vescovo di Brescia, ma continuò a occuparsi di problemi diplomatici e in particolare dei rapporti tra la Lega e Federico II. Il sovrano il 1o novembre 1231 aveva indetto una dieta a Ravenna, alla quale avrebbe partecipato anche il figlio Enrico VII, per realizzare la pace nell'Impero, per sedare i contrasti tra le città e per garantire prosperità e tranquillità all'Italia. Ancora una volta i lombardi non aderirono e si giunse di nuovo sull'orlo della guerra, che il papa riuscì a evitare affidando una paziente opera di mediazione al presule Guala e a fra Giovanni da Vicenza. In queste circostanze l'imperatore richiese ai bresciani di rinnovare il giuramento di fedeltà secondo il dettato del privilegio di Costanza, di rinnegare i giuramenti della Lega, di riparare alle ingiurie e ai danni inflitti all'Impero e di restituire in parte le regalie. Solo così Brescia avrebbe ottenuto la grazia del sovrano. I rappresentanti politici della città rifiutarono e fecero a Federico una controproposta, quella di poter rinnovare e accrescere la Lega e di garantire al loro vescovo il giudizio sulle cause di appello, come si era in precedenza stabilito a Costanza. Intanto da Roma, ove si erano recati per trattare con Gregorio IX, quattro ambasciatori bresciani scrissero in segreto al loro podestà Oberto Sordo consigliandolo di rifiutare all'imperatore il permesso di passare in piena libertà attraverso le terre lombarde. Inoltre essi esprimevano totale fiducia a due cardinali, inviati dal papa per mediare i conflitti, in quanto essi appartenevano a città dello schieramento lombardo: Giacomo Pecorara era piacentino, Ottone da Tonengo era vercellese.
Nell'estate del 1233 la pace era raggiunta e il 20 agosto nel palazzo del comune di Brescia i rettori della Lega chiesero agli ambasciatori delle città se intendessero accettare le condizioni del compromesso fissato tra il papa e l'imperatore. Ottenuto il consenso, a Paquara presso Verona, otto giorni più tardi, si tenne un'imponente assemblea di lombardi, presieduta dal vescovo Guala, nella quale fra Giovanni da Vicenza annunciò la pace perpetua in Lombardia. Fu cattivo profeta, poiché Brescia e Milano, mentre erano ancora in stato pacifico con il sovrano, inviarono ambasciatori in Germania a Enrico VII per proporgli un'alleanza contro il padre. Per Brescia agivano Lanfranchino Lavellolongo e Ugolino Ugoni. Le trattative proseguirono e nel dicembre a Milano i rappresentanti del re di Germania sottoscrivevano un trattato di alleanza con i rettori della Lega. Inoltre Brescia, alleata di Milano, combatteva contro i cremonesi con alterna fortuna impegnandosi in due cruente battaglie dall'esito incerto a Genivolta (1234) e Alfiano (1235). Per ragioni di politica interna, in quanto Enrico VII aveva appoggiato le città tedesche contro i principi, Federico fu costretto a intervenire in Germania contro il figlio e nell'estate del 1235 ottenne la sua resa. Impressionati dalla forza dell'imperatore, nel successivo mese di novembre, i lombardi rinnovarono a Brescia nel palazzo del vescovo la Lega, presente il loro podestà, il milanese Pagano della Torre; in quell'occasione, di fronte ai podestà delle città aderenti, i ferraresi chiesero di essere accettati nella societas lombardorum. Intanto Ezzelino da Romano conquistava Verona; da quella città le truppe imperiali potevano attaccare facilmente il territorio di Brescia. Per risolvere i problemi italiani l'imperatore pensò di organizzare nel maggio del 1236 una dieta a Piacenza, ove sarebbero state condannate le città ribelli ed esaltato l'honor dell'Impero.
Gregorio IX inviò allora come legato in Lombardia il cardinale Giacomo di Palestrina, che riuscì a bloccare la dieta di Piacenza e a far sì che i piacentini abbandonassero il partito imperiale. Iniziavano le guerre attorno a Brescia, mentre Vicenza cadeva nelle mani di Ezzelino da Romano e Mantova e Bergamo si ritiravano dalla Lega. La situazione dei bresciani divenne critica, poiché si trovarono accerchiati dagli imperiali. Mentre il sovrano era di nuovo in Germania, Gregorio IX inviò a settentrione i cardinali Rainaldo di Ostia e Tommaso di S. Sabina, che dopo essere passati per Mantova raggiunsero Brescia, ove ricevettero una lettera di Ermanno, generale dei Cavalieri teutonici, nella quale il prelato li informava di aver abbandonato la Germania per raggiungerli in Lombardia con l'ordine da parte dei suoi confratelli e dei principi tedeschi di non continuare a trattare la pace se le città ribelli si fossero ostinate nel loro atteggiamento antimperiale. Le trattative iniziarono a luglio presso Fiorenzuola con la richiesta imperiale di sciogliere la Lega e l'ordine ai piacentini di restituire al fuoriuscito Guglielmo di Andito, capo del partito imperiale in Piacenza, i beni e la cittadinanza. La risposta delle città fu ancora una volta negativa e la trattativa si interruppe. Nel settembre Federico II era a Verona, ove congiunse le sue truppe con quelle di Ezzelino e con i contingenti provenienti dalla Puglia e dalla Toscana, in cui militavano anche schiere di saraceni. A ottobre gli imperiali, conquistati i castelli di Redondesco e di Goito, attaccarono Montichiari e lo incendiarono, poi si diressero a Pontevico. I bresciani e i milanesi, che erano venuti in loro aiuto, insieme ai piacentini e a contingenti di altre città alleate, si accampavano a Manerbio, a pochi chilometri da Federico II, che finse di licenziare l'esercito per la stagione ormai avanzata. Trattenne tuttavia con sé i cavalieri e i saraceni con i quali raggiunse Soncino, mentre l'esercito della Lega si spostava verso Cortenuova. In questa località avvenne la battaglia, vinta in modo schiacciante dall'imperatore, che prese prigionieri un migliaio di cavalieri e tremila fanti. Il Chronicon Parmense parla però, in modo forse un po' esagerato, di seimila prigionieri.
Milano inviò subito a Cremona il francescano fra Leone da Perego con proposte di pace: la città era disposta a riconoscere e restituire i diritti dell'Impero e a pagare una somma considerevole. Federico rifiutò, chiedendo la resa incondizionata della città, che decise di resistere. Prima di attaccare Milano, il sovrano si rivolse contro Brescia che in quegli anni, sotto la spinta della crescita demografica e di un forte inurbamento dalle campagne, aveva deciso di allargare per la seconda volta la cerchia muraria. Nel giugno del 1238, ricevuti i rinforzi dalla Germania e unitosi ai cremonesi, l'imperatore iniziò l'assedio di Brescia, ponendo l'accampamento tra la città e il fiume Mella. Il centro abitato aveva scarse difese, in quanto era già in atto l'allargamento del muro: "Brixienses vero nondum spaldis muniverant fossata civitatis" (Chronicon Placentinum, 1856, p. 173), tuttavia resistette per oltre due mesi, costringendo Federico II a ritirarsi in Cremona per passare l'inverno.
La resistenza dei bresciani rinvigorì la Lega, che nel 1239 era formata solo dalle città di Milano, Brescia, Piacenza, Genova e Venezia; Gregorio IX scomunicò di nuovo il sovrano, che attaccò Milano, strenuamente difesa dai cittadini e dai bresciani, poiché podestà di Milano era il bresciano Filippo Ugoni e podestà di Brescia era il milanese Azzone da Pirovano. Nel decennio tra il 1240 e il 1250 Brescia, pur avendo una parte rilevante nella Lega, non fu più al centro di importanti eventi bellici. Anche il vescovo Guala ebbe gravi difficoltà a controllare la vita politica cittadina e a mantenere un equilibrio tra i gruppi di potere, soprattutto dopo l'arrivo sul territorio bresciano del legato papale Gregorio da Montelongo, che tentò di vendere al comune i diritti giurisdizionali sulla città appartenenti alla sua Chiesa. Il vescovo dovette pertanto esulare in Valcamonica, tradizionalmente ostile alla Lega, e poi a Bergamo, nel monastero vallombrosano di Astino, ove rimase sino alla morte (1244). Occorre infine ricordare che in quel decennio i bresciani recuperarono i castelli di Gavardo, Iseo e Ghedi (1241-1243), ma persero il centro fortificato di Pontevico, che fu consegnato ai cremonesi da un gruppo di fuoriusciti fautori dell'imperatore. Negli anni tra il 1246 e il 1248 essi tennero testa a re Enzo durante l'assedio di Quinzano, ma dovettero subire la perdita di Leno, conquistata da Ezzelino da Romano. Contingenti bresciani operarono a Parma nel febbraio del 1248, quando l'esercito imperiale venne gravemente sconfitto, e l'anno successivo a Fossalta il bresciano Filippo Ugoni, podestà di Bologna, distrusse l'esercito di re Enzo e catturò il sovrano, che rimase prigioniero nella città emiliana sino alla morte.
Nonostante i trent'anni di guerre e le gravi spese per gli eserciti, il comune di Brescia seppe sviluppare la vita civile della città, che cresceva sia sul piano demografico, sia sul piano economico; l'iniziativa maggiore fu l'ampliamento delle mura e della superficie urbana, che si realizzò tra il 1237 e il 1249 e comportò ingenti spese per i lavori e per gli espropri delle case e dei terreni.
La nuova pianta della città, allargata a sud, a nord e a ovest, ubbidiva a criteri urbanistici così rivoluzionari che rimase sostanzialmente immutata sino al sec. XIX. Il piano regolatore del 1237 fu realizzato sotto la guida di un frate umiliato, Alberto di Gambara, che utilizzò anche ingegneri e maestri di muro del territorio bresciano. Egli organizzò la nuova città a occidente sia del centro fortificato romano, le cui mura terminavano a un centinaio di metri dalle due cattedrali, sia del primo ampliamento realizzato alla fine del sec. XII, che aveva portato la muraglia sino a inglobare la canonica regolare di S. Giovanni de Foris presso la nuova porta difesa dalla torre della Pallata. La città comunale del Duecento si contrapponeva per la sua geniale organizzazione urbanistica a quella del sec. XII, incentrata su di un ampio quartiere artigianale e commerciale, caratterizzato da vie lunghe e strette, da case formate da tante cellule abitative poco ampie e sovrapposte, lungo canali e corsi d'acqua. Nella più recente sistemazione urbanistica furono realizzate numerose porte, da cui si dipartivano strade ampie, rettilinee, fiancheggiate da abitazioni di maggiore superficie, da orti e da costruzioni ecclesiastiche dei nuovi Ordini religiosi.
Anche l'espansione del comune sul territorio avveniva secondo una logica che seguiva il tracciato di tre fiumi, il Chiese, il Mella e l'Oglio: lungo il primo corso d'acqua i bresciani acquisirono tra il 1238 e il 1240 Asola e Montichiari, espropriando una potente famiglia comitale. Nella zona del Mella il comune si espanse da Sarezzo in bassa Valtrompia sino a Castel Mella; in quella dell'Oglio da Darfo in Valcamonica sino al castello di Rudiano. Questa politica di acquisizioni territoriali fu realizzata da ufficiali comunali di alta preparazione scientifica, militare, giuridica, filosofica e retorica come Albertano, che combatté aspramente contro l'imperatore e i cui scritti etico-giuridici, maturati nell'esperienza della vita politica e della guerra, contengono intuizioni di alto valore sul concetto di merito individuale, o virtù, pensato come criterio per distinguere l'uomo nobile dal non nobile. Nella città dunque si formavano in età federiciana sia le forze politiche, economiche, sociali, sia i concetti che avrebbero dominato la vita della cultura italiana nel Trecento.
fonti e bibliografia
Iacopo Malvezzi, Chronicon Brixianum ab origine urbis ad annum usqueMCCCXXXII, in R.I.S., XIV, 1729, coll. 901-918.
Historia diplomatica Friderici secundi, II, 2, pp. 582, 588, 603, 609, 616, 620, 622-628, 633, 655, 657, 659.
Chronicon Placentinum et chronicon de rebus in Italia gestis, a cura di J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Parisiis 1856, pp. 173, 175, 178.
F. Odorici, Storie bresciane dai primi tempi sino all'età nostra, V, Brescia 1856, pp. 320-325; VI, ivi 1856, pp. 83-139; VIII, ivi 1858, pp. 74, 78-92.
Annales Placentini Gibellini ab anno 1154 usque ad annum 1284. Gesta imperatoris Friderici de rebus gestis in Lombardia, in M.G.H., Scriptores, XVIII, 1863, pp. 457-481.
Annales Brixienses, ibid., pp. 818-819.
Il Liber Poteris della città e del Comune di Brescia e la serie dei suoi consoli e podestà dall'anno 969 al 1438, a cura di A. Valentini, Brescia 1878, pp. 56-78.
M.G.H., Epistolae saeculiXIII e regestis pontificum Romanorum selectae per G.H. Pertz, a cura di C. Rodenberg, I, 1887, pp. 189-191, 197-198.
Regesta Honorii papaeIII, a cura di P. Pressutti, II, Romae 1888, nrr. 5262-5265, 5561, 5917.
M.G.H., Leges, Legum sectio IV: Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II, a cura di L. Weiland, 1896, pp. 100-103, 126-127, 132-134, 136-139, 190-191, 199-200, 203, 266-269.
Liber Potheris Comunis Civitatis Brixiae, a cura di F. Bettoni Cazzago-L.F. Fé d'Ostiani, in Monumenta Historiae Patriae, XIX, Augustae Taurinorum 1899, nrr. 107-115, 142-146.
Giovanni Codagnello, Annales Placentini, a cura di O. Holder-Egger, in M.G.H., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XXIII, 1901, pp. 86-87. Chronicon Parmense ab annoMXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, a cura di G. Bonazzi, in R.I.S.2, IX, 9, 1902-1904, p. 11.
Salimbene de Adam, Cronica, in M.G.H., Scriptores, XXXII, 1905-1913, pp. 34, 93, 95.
M.F. Baroni, Gli Atti del Comune di Milano nel secoloXIII (1217-1250), Milano 1976, pp. 236-241, 330-331, 338-340, 366-368, 446-447, 499-502.
G. Volpe, Movimenti religiosi e sette ereticali nella società medioevale italiana, Firenze 1926, pp. 104-105.
F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300: la Lombardia, II, 1, Bergamo, Brescia, Como, Bergamo 1929, pp. 244-250, 252-256.
A. Gnaga, Le cerchie murali di Brescia nel Medioevo, "Commentari dell'Ateneo di Brescia", 1935, pp. 170-185.
L. Simeoni, Note sulla formazione della seconda Lega lombarda, "Memorie dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di Scienze Morali", ser. III, 6, 1931-1932, pp. 23-27.
S. Bosisio, Brescia ai tempi di Federico II, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, pp. 655-676.
G. Panazza, Il volto storico di Brescia sino al secolo XIX, ibid., III, ivi 1963, pp. 1078-1081.
I. Bonini Valetti, Il libro 'de usanciis' del Comune di Brescia, in Raccolta di studi in memoria di Sergio Mochi Onory, Milano 1972, pp. 267-277.
G. Fasoli, Federico II e la lega lombarda. Linee di ricerca, "Annali dell'Istituto Storico Italo-Germanico in Trento", 2, 1976, pp. 54-60.
E. Guidoni, Un monumento della tecnica urbanistica: l'espansione di Brescia nel 1237, inLombardia. Il territorio, l'ambiente, il paesaggio, a cura di C. Pirovano, Milano 1981, pp. 127-136.
U. Soragni, La cultura urbanistica a Brescia da piazza del Mercato Nuovo a piazza della Vittoria (secoli XII-XX), "Storia della Città", 54-56, 1990, pp. 11-16.
G. Andenna, Il monastero e l'evoluzione urbanistica di Brescia tra XI e XII secolo, in Santa Giulia di Brescia. Archeologia, arte, storia di un monastero regio dai Longobardi al Barbarossa. Atti del Convegno internazionale, Brescia, 4-5 maggio 1990, a cura di C. Stella-G. Brentegani, Brescia 1992, pp. 97-103.
J.M. Powell, Albertanus of Brescia. The Pursuit of Happiness in the Early Thirteenth Century, Philadelphia 1992.
G. Andenna, 'Foris muros civitatis'. Lo spazio urbano fuori porta Bruciata dai longobardi alla conquista veneta, in La Loggia di Brescia e la sua piazza.
Evoluzione di un fulcro urbano nella storia di mezzo millennio, I, Dall'apertura della piazza alla posa della prima pietra del palazzo della Loggia (1433-1492), Brescia 1993, pp. 240-241.
E. Artifoni, Sull'eloquenza politica nel Duecento italiano, in Federico II e le città italiane, a cura di P. Toubert-A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 157-160.
G. Cracco, Chiese locali e partito imperiale nell'Italia dei Comuni, ibid., p. 415.
W. Maleczek, La propaganda antiimperiale nell'Italia federiciana: l'attività dei legati papali, ibid., p. 303.
M. Vallerani, Le Leghe cittadine: alleanze militari e relazioni politiche, ibid., pp. 394-400.
D. Abulafia, Federico II e i suoi rapporti con le città settentrionali, in Federico II e la civiltà comunale nell'Italia del Nord. Atti del Convegno internazionale promosso in occasione dell'VIII centenario della nascita di Federico II di Svevia, Pavia, 13-15 ottobre 1994, a cura di C.D. Fonseca-R. Crotti, Roma 1999, pp. 17-23.
G. Chiodi, Istituzioni e attività della seconda Lega Lombarda (1226-1235), ibid., pp. 267, 280, 291, 310, 360-365.
G. Soldi Rondinini, 'Ad honorem imperii cui fide et devotione tenemini': Federico II e le città lombarde, ibid., pp. 36-43.
G. Andenna, I primi vescovi mendicanti, in Dal pulpito alla cattedra. I vescovi degli Ordini Mendicanti nel Duecento e nel primo Trecento. Atti del XXVII Convegno internazionale della Società internazionale di studi francescani, Assisi, 14-16 ottobre 1999, Spoleto 2000, pp. 59-70, 73-77.
Id., Tra Nord e Sud: Federico II e le città, in Federico II 'puer Apuliae': storia, arte, cultura. Atti del Convegno internazionale di studio in occasione dell'VIII centenario della nascita di Federico II, Lucera, 29 marzo-2 aprile 1995, a cura di H. Houben-O. Limone, Galatina 2001, pp. 10-13, 18-23.
F. Santi, Il cielo dentro l'uomo. Anime e corpi negli anni di Federico II, ibid., pp. 143-148.
V. Braidi, Modena la nemica, in Bologna, re Enzo e il suo mito. Atti della giornata di studio, Bologna, 11 giugno 2000, Bologna 2001, pp. 166-170.
A.L. Trombetti Budriesi, La figura di re Enzo, "Tabulae del Centro di Studi Federiciani", 20-21/1, 2001, pp. 187-188, 201-204.
G. Andenna, La signoria del vescovo Berardo Maggi e la creazione della piazza del potere. Brescia tra XIII e XIV secolo, in Lo spazio nelle città venete (1152-1348). Espansioni urbane, tessuti viari, architetture. Atti del II Convegno nazionale di studio, Verona, 11-13 dicembre 1997, a cura di E. Guidoni-U. Soragni, Roma 2002, pp. 182-188.