BRETTON WOODS
. Stazione climatica degli S. U. nel New Hampshire, a NE del M. Lafayette (m. 1606) nella Franconia Range. Ivi dal 1° al 22 luglio 1944 fu tenuta la Conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite, presenti i delegati di 44 nazioni, la quale deliberò gli accordi, entrati in vigore il 27 dicembre 1945, per la costituzione di due organismi internazionali, il Fondo monetario (International Monetary Fund) e la Banca di ricostruzione e sviluppo (Bank for reconstruction and development).
Gli "allineamenti monetarî" effettuati nel 1936 d'accordo fra varî stati per realizzare un miglioramento nell'equilibrio monetario internazionale, sono una prova che nel mondo degli affari e negli ambienti politici - dopo le complesse vicende monetarie della prima Guerra mondiale - si era acquistata la nozione che i problemi monetarî hanno sempre riflessi contemporanei su più paesi. Questa nozione si rese più evidente durante la seconda Guerra negli ambienti delle Nazioni Unite e ci si convinse che fosse possibile preparare un migliore assestamento post-bellico dell'economia internazionale, mediante la creazione di una qualche istituzione che facilitasse una migliore distribuzione delle riserve auree e rendesse meno gravi gli effetti degli squilibrî nelle singole bilance dei pagamenti.
Nella primavera del 1943 sorse così contemporaneamente (sembra senza preliminare intesa), presso i governi di Londra e di Washington, il proposito di promuovere la creazione di un organismo internazionale per la collaborazione in materia monetaria, cioè per facilitare il raggiungimento dell'equilibrio e lo sviluppo del commercio internazionale, evitando ogni ricorso alla svalutazione delle monete quale mezzo di concorrenza e anche ogni ricorso a regimi di compensazioni bilaterali (bilateral clearing). I due importanti progetti, pubblicati quello inglese l'8 aprile 1943 e quello americano due giorni dopo, presentano singolari analogie di fini, di mezzi e di congegni: ciò che prova come una necessità di collaborazione fra i popoli in questa materia risultasse evidente. Le differenze fra i due progetti sono sintomi invece delle ineguaglianze di situazione e di prospettive fra i due paesi; basti pensare che la Confederazione americana disponeva di un'enorme riserva in oro e in crediti, mentre per l'Inghilterra si profilava un rilevantissimo indebitamento all'estero e l'esaurimento degli anteriori investimenti di capitali nei dominî coloniali ed in altri paesi transoceanici. Il progetto britannico è dovuto all'economista John Maynard Keynes, ed è intitolato Proposals for on international Clearing Union (Londra, aprile 1943). Quello americano è noto come progetto White ed è intitolato Preliminar draft'outline of proposal for a united and associated Nations Stabilisation Fund (Washington, aprile 1943). Precedentemente all'annuncio di questi due piani, un gruppo di esperti francesi aveva elaborato sulle linee dell'accordo tripartito del 1936 un altro progetto valutario, che fu pubblicato il 9 maggio 1943. Il 9 giugno 1943 infine anche il Canada presentò un progetto proprio (piano Ilsey).
Il titolo del progetto Keynes sembra alludere alla creazione di una vera stanza di compensazione mondiale per le liquidazioni periodiche dei debiti e crediti sorgenti fra i varî paesi, risultando facilitata la conoscenza e la sistemazione delle bilance dei pagamenti. L'organizzazione progettata doveva essere un'autorità monetaria e creditizia rivestente contemporaneamente la funzione di dirigente generale del mercato monetario e creditizio e quella di superbanca mondiale; abbinamento di funzioni simile a quello che, attraverso una spontanea evoluzione, si è formato in genere rispetto alla banca centrale di ciascun paese. Come autorità monetaria, la Clearing Union doveva essere un ufficio di registrazione, di riconoscimento della parità adottata da ciascun paese; le parità iniziali dovevano essere concordate, affermazione questa riconoscente il carattere d'interesse internazionale proprio di ognuna, e potevano essere emendate soltanto per necessità riconosciute e con particolari cautele. Come superbanca l'Unione doveva avere la possibilità di fornire, entro limiti, il credito a breve termine ai paesi aderenti, funzionando nei confronti delle rispettive banche centrali o dei fondi di perequazione dei cambî, come il sovventore di ultimo grado. Carattere particolare, originale, di questo schema era l'adozione quale moneta dell'Unione di una moneta immaginaria, il bancor, di una dimensione aurea da stabilirsi dal comitato. Questa moneta non avrebbe dovuto essere soltanto un'astratta unità di misura, bensì una vera istituzione monetaria destinata a esercitare certe azioni di importanza fondamentale sull'economia monetaria e creditizia mondiale; pur non essendo coniata materialmente in metallo, avrebbe potuto cioè essere creata quale moneta bancaria e sarebbe stata suscettibile di variazioni, sia nella quantità, sia nella sua astratta dimensione aurea. Il bancor avrebbe dovuto servire infatti da unità di misura per la fissazione delle parità delle singole monete, per la formazione delle statistiche dell'Unione, delle bilance dei pagamenti e per tutti i rapporti con le autorità monetarie dei singoli paesi.
La variabilità del bancor, attraverso alterazioni nella massa della moneta bancaria, era destinata a imprimere elasticità all'accennata funzione superbancaria. Inizialmente la superbanca sorgeva in quanto ciascun paese doveva corrispondere in oro o in altre valute una propria quota all'Unione e l'insieme delle quote dava all'organismo la possibilità di agire come organo di credito, possibilità elastica in quanto l'Unione poteva creare credito. Essa veniva a godere di una posizione analoga a quella che spettò lungo il secolo XIX alle piazze di Londra e di Parigi, in quanto spontaneamente i regimi creditizî relativi ebbero possibilità espansioniste nei momenti di difficoltà. Se questo schema fosse stato adottato, certamente l'organizzazione avrebbe avuto una certa azione inflatrice, rivelantesi con una dinamica nel livello generale dei prezzi, approssimativamente analoga nei varî paesi, e non manifestantesi attraverso il più sensibile sintomo di spostamenti nei corsi correnti dei cambî.
Maggiore importanza per la dinamica economica generale poteva avere lo schema con la prevista possibilità di variare la dimensione del bancor, poiché una tale variazione avrebbe recato automaticamente un'analoga variazione nel valore dell'oro espresso nelle monete di tutti i paesi aderenti; una simile variazione era prevista per il caso in cui l'oro divenisse troppo scarso o troppo abbondante nel mondo. La convenienza di simili spostamenti nella dimensione del bancor attraverso il tempo, avrebbe potuto essenzialmente presentarsi in occasione di divergenze notevoli fra la dinamica nella produzione mondiale del metallo e nel generale movimento degli affari.
Il piano Keynes ammetteva la prosecuzione del regime di controllo sui movimenti internazionali dei capitali, per quanto questo controllo fosse estraneo ai fini dell'Unione; esso è divenuto infatti una necessità permanente in attesa della remota restaurazione di condizioni propizie ai prestiti internazionali. Il piano ammetteva inoltre la persistenza dell'area della sterlina e di altri aggregati di paesi aventi particolari riserve per il controllo della rispettiva situazione monetaria e ammetteva, nell'interesse dell'economia inglese, provvedimenti speciali per rendere graduale e lenta la liquidazione dei grossi crediti anormali derivati dalla guerra.
Gli accordi effettivamente stipulati a Bretton Woods divergono dagli iniziali progetti, e specialmente dallo schema Keynes; hanno determinato la costituzione di due organismi internazionali funzionanti distintamente ma coordinati tra di loro, il Fondo monetario e la Banca di ricostruzione e sviluppo. Entrambi sono organismi senza esempio ancora nella storia economica del mondo. Il compito cumulativo comune è indicato astrattamente come quello di facilitare l'armonia fra le economie dei diversi paesi in vista di raggiungere un più alto grado d'occupazione e di tenore di vita, mediante l'eliminazione di ostacoli agli scambî commerciali.
I due organismi sono essenzialmente banche concedenti prestiti, l'una a breve e l'altra a lunga scadenza. Il Fondo monetario ha specificamente per fine di facilitare la realizzazione continuativa di posizioni di equilibrio nelle bilance dei pagamenti dei varî paesi aderenti, cioè la realizzazione di un conveniente assetto nella circolazione monetaria internazionale. Deve mirare a conseguire la stabilità dei cambî ed evitare che alterazioni nelle parità sieno effettuate come mezzo di concorrenza commerciale e deve collaborare all'adozione di un sistema plurilaterale di pagamenti nei rapporti economici correnti.
Gli stati aderenti devono conferire ciascuno al Fondo una quota, per una parte in oro e per il rimanente nella propria valuta. Il capitale complessivo così formato deve permettere al Fondo di esercitare il credito breve, in guisa da operare una certa redistribuzione topografica dei mezzi di pagamento, quella redistribuzione che dopo la prima Guerra mondiale si procurò d'evitare riguardo al metallo e d'attuare più agevolmente attraverso la dilatazione nella massa delle riserve equiparate, mediante l'adozione del regime del gold exchange standard (i mezzi monetarî transitoriamente esuberanti in un dato paese vengono spostati verso un altro, per far cessare ivi lo squilibrio nella bilancia dei pagamenti e operarvi il mantenimento della stabilità dei cambî). Le quote fissate per i singoli paesi indicano gli importi massimi da corrispondere e gli importi massimi ottenibili come prestito. I prestiti del Fondo monetario non devono servire quale trasferimento duraturo di risparmio, ma solo come mezzo per realizzare l'equilibrio breve nella situazione monetaria. I motivi delle richieste di prestiti sono oggetto di indagine da parte del Fondo per evitare che attraverso destinazioni non appropriate la funzione tipica del Fondo non risulti ostacolata. Le domande massime vengono presentate rispetto ai dollari, cosicché essi non sono copribili mediante la quota americana. Le valute che rimangono "scarse", possono essere oggetto di acquisto mediante oro o scambio con altra valuta, o con prestito accordato dal paese dove circola la moneta "scarsa". Le difficoltà in questi prestiti, entro la cerchia degli aderenti al Fondo, si sarebbero attenuate con l'espediente, proposto dal Keynes, della possibilità di creare credito sotto forma di quantità addizionali di bancor. L'elasticità del sistema di Bretton Woods - anche con il regime attuato - sta nello sviluppo di prestiti effettuati attraverso il Fondo. Un movimento creditizio di questo genere si è sempre svolto automaticamente, in maniera inavvertita e non misurata, attraverso i sistemi bancarî operanti a Londra, a New York, a Parigi e nelle altre grandi piazze finanziarie mondiali. Così nel passato come nell'avvenire questo movimento creditizio, volto a realizzare l'equilibrio nel mercato monetario mondiale, ha potuto e potrà raggiungere l'intento in quanto i prestiti brevi, o anche brevissimi, siano prontamente liquidati. I prestiti duraturi in questo mercato sono fenomeni patologici, che significherebbero pericolosi passaggi di fondi dall'una all'altra sezione del movimento creditizio.
Il Fondo monetario non è soltanto una banca specializzata per la concessione di brevi prestiti monetarî: esso è anche un'autorità monetaria mondiale. Gli accordi di Bretton Woods hanno previsto che ogni paese, all'entrata in funzione del Fondo o all'atto della propria adesione, se successiva, comunichi la parità della propria moneta espressa in peso d'oro e coordinatamente il prezzo massimo e minimo per l'acquisto e la vendita di oro. Ogni aderente s'impegna a mantenere stabile tale parità: esso può attuare un regime di controllo sui cambî, e più paesi possono collaborare per il controllo dei cambî nei rispetti di un dato paese: è questa un'ammissione che consente l'esistenza di "aree monetarie". Nessun paese può adottare misure recanti la discriminazione di corsi diversi per la stessa moneta: ciò sempre in vista di evitare manovre monetarie come mezzi di concorrenza commerciale internazionale.
Non tutte le clausole degli accordi sono state rigorosamente osservate durante questo primo periodo di vita del Fondo, ma tale parziale inosservanza non deve destare meraviglia dinanzi alle gravissime difficoltà dell'attuale economia internazionale. Durante l'anno 1947 (il primo di concreto funzionamento del Fondo), varî provvedimenti sono stati adottati nei confronti di singoli paesi partecipanti, per attenuare difficoltà nei rispetti dei rapporti di cambio, provvedimenti che sono prova d'elasticità nel funzionamento dell'organismo. Così, è stata ammessa per l'Equador una certa discriminazione nei tassi di cambio per talune importazioni, secondo il grado d'impellenza del bisogno delle merci per la popolazione. Sono stati consentiti emendamenti al regime valutario italiano in relazione alle particolari condizioni del mercato monetario: le modificazioni alla procedura per le operazioni di cambio adottate dal governo italiano hanno portato i corsi dei cambî più vicino all'equilibrio fra i livelli dei prezzi interni ed esterni, facilitando i movimenti commerciali delle merci. Nei primi mesi del 1948 è stata ammessa una diminuzione considerevole (44%) del valore esterno del franco francese. La concessione deve presumibilmente non essere stata facile ad ottenere in quanto potevano trovarsi nel caso - accanto agli estremi della necessità - quelli della competitive depreciation della moneta, diretta a deformare le condizioni della concorrenza internazionale: secondo la comminatoria disposta dallo statuto del Fondo, lo stato francese ha perduto il diritto ad avvalersi delle disponibilità monetarie dell'istituto. Il Fondo ha mosso obiezione a certe operazioni di stati associati sul mercato internazionale dell'oro secondo prezzi diversi dalle parità, che potevano sembrare includenti "premî sull'oro" secondo la pratica seguita talora nel secolo XIX per promuovere l'offerta del metallo alla Banca d'emissione. Innegabilmente il Fondo fa grandi sforzi per adattare la propria opera alle perduranti eccezionalità della situazione monetaria, ma le difficoltà sono gravi e molteplici.
Secondo gli accordi, le parità sono destinate a rimanere stabili. L'ideale della "buona moneta" per il Fondo monetario è quello stesso che fu per il regime aureo. Ma, dopo le esperienze monetarie della prima Guerra mondiale, non deve recare meraviglia che lo statuto del Fondo preveda possibile il caso di un paese aderente, il quale provi la necessità di modificare la propria parità. La modificazione dev'essere preventivamente autorizzata dal Fondo e la richiesta deve avvenire solo per correggere uno squilibrio fondamentale. Questa importante dizione non è definita dallo statuto e il silenzio è veramente bizzarro. Si può presumere essa alluda a uno squilibrio duraturo nella bilancia dei pagamenti, recante la necessità di alterare le condizioni degli scambî con l'estero, per aprire nuovi sbocchi alle esportazioni e recare la possibilità di un definitivo assetto nelle condizioni dei rapporti economici con l'estero. Sono previste le modalità per le indagini e le misure cui vanno soggette queste variazioni delle parità.
Lo statuto del Fondo ha accolto una proposta essenziale contenuta nello schema del Keynes, quella di attribuire ai dirigenti del Fondo stesso la possibilità di modificare di propria iniziativa il prezzo dell'oro quale è espresso in tutte le monete dei paesi aderenti, modificando contemporaneamente e uniformemente tutte le parità esistenti. Il provvedimento è analogo alla variazione nel peso del bancor, escogitata dal Keynes, e dovrebbe essere adottato, per es., quando la produzione dell'oro nel mondo si presentasse come troppo scarsa di fronte alla condizione generale del mercato. È il caso che sembrò concretarsi all'indomani della prima Guerra mondiale, a detta di una commissione di indagine della Società delle Nazioni, presieduta dall'economista svedese Gustavo Cassel: la convenienza potrebbe presentarsi anche quando la produzione del metallo fosse sovrabbondante, tale da addurre a un'ascesa notevole nel livello generale dei prezzi.
La moneta keynesiana, il bancor, sarebbe stata una moneta internazionale simile a quelle vagheggiate da alcuni economisti innovatori a partire dal 1500, cioè dopo le nuove esperienze in materia monetaria determinate dalle correnti di metalli preziosi sgorgati dalle miniere del nuovo mondo. Le monete mondiali caldeggiate in quel tempo avrebbero dovuto essere prodotte dal Sacro Romano Impero, e costituire un modello uniforme per la dimensione e il titolo dei dischi coniati in tutti i paesi. L'Istituto di Bretton Woods non ha acquistato il compito di produttore di una vera moneta mondiale; ma la possibilità di variare uniformemente in tutto il mondo il prezzo dell'oro, cioè della merce che mantiene attraverso lo spazio la funzione di merce monetaria, consente al Fondo la possibilità di agire sull'economia circolatoria, così come se una moneta internazionale effettivamente esistesse.
È stato talora affermato che l'istituzione del Fondo monetario corrisponde approssimativamente a una restaurazione dell'antico regime aureo. L'affermazione non sembra fondata. Il Fondo monetario non sembra debba realizzare immediatamente e generalmente il principio della moneta invariabile nella dimensione aurea e il principio dell'approssimativa stabilità nei corsi dei cambî. È probabile siano frequenti gli aderenti che si varranno della facoltà di operare variazioni della parità: si può solo sperare che siano rari i paesi ricorrenti ad espedienti di valuta-dumping. Per quanto lo statuto sia stato abilmente congegnato e siano numerosi i paesi che hanno accettato la minorazione dell'autonomia monetaria insita nell'adesione agli accordi, non sembra verosimile che il regime di Bretton Woods realizzi quell'elasticità di funzionamento, che era così mirabile nel regime aureo. Dopo la seconda Guerra mondiale, stipulati gli accordi di Bretton Woods, nei rispetti del funzionamento del mercato monetario internazionale, vengono a coesistere: a) il Fondo monetario, come autorità monetaria; b) il Fondo monetario, come banca; c) i fondi nazionali di perequazione di cambî; d) i regimi di controllo del mercato delle divise; e) i regimi di controllo sul movimento dei capitali; f) le aree monetarie. Tutte queste istituzioni coesistono e fra di esse risultano sia interferenze che distinzioni di compiti. Talune fra esse intervengono per facilitare o per ostacolare movimenti nel mercato, e talune mirano a influire sull'entità o sulla formazione dei prezzi delle divise. Le ultime quattro istituzioni enumerate nell'elenco parrebbero destinate a un'esistenza transitoria, in attesa del raggiungimento di un assetto stabile, ma la prospettiva non sembra debba realizzarsi a breve scadenza.
La Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo è un cospicuo organismo di credito mobiliare che sorge con mezzi copiosi e suscettibili di ulteriore espansione, come organizzazione polistatale, per proseguire quell'opera di finanziamento a lungo decorso, che attraverso il secolo XIX venne svolta dalla iniziativa privata in alcuni mercati europei (Inghilterra, Francia, Olanda, Svizzera, Belgio), per operare la messa in valore delle due Americhe e di parte degli altri continenti. Attualmente l'opera di finanziamento dev'essere svolta essenzialmente dagli Stati Uniti, dopo che il mercato americano da paese debitore è divenuto paese creditore con ampie possibilità ulteriori. Nelle mutate condizioni dei tempi, sembra che l'azione di lungo finanziamento possa trovare un più agevole sviluppo in un organismo ufficiale posto a lato del Fondo monetario, imperniato prevalentemente sull'economia finanziaria americana.
A designare il carattere e l'opera della Banca, si richiama l'articolo fondamentale dello statuto, il quale ne specifica i compiti: 1°) aiutare la ricostruzione e lo sviluppo nei territorî degli stati aderenti, facilitando l'investimento di capitali per scopi produttivi, fra cui la restaurazione delle economie distrutte e sconvolte dalla guerra, la riconversione delle attività produttive secondo le esigenze del tempo di pace e il promuovimento delle capacità produttive e risorse dei paesi arretrati; 2°) promuovere gli investimenti privati esteri mediante la concessione di garanzie per prestiti o altri investimenti privati o l'integrazione di investimenti privati per finanziamenti produttivi mediante il capitale proprio della Banca o altri suoi mezzi; 3°) promuovere l'espansione del commercio internazionale in un lungo periodo e il mantenimento dell'equilibrio nelle bilance dei pagamenti incoraggiando gli investimenti internazionali destinati allo sviluppo delle risorse produttive dei paesi associati, aiutando così l'aumento della produttività ed il miglioramento nelle condizioni di vita e di lavoro; 4°) coordinare i prestiti fatti o garantiti dalla Banca con altri prestiti internazionali, secondo la relativa urgenza e utilità; 5°) dirigere le operazioni della Banca tenendo in considerazione l'effetto degli investimenti internazionali sullo stato degli affari nei varî paesi aderenti, al fine che la transizione all'economia di pace avvenga senza attriti.
All'opera di ricostruzione e sviluppo facilitata dalla Banca internazionale fa riscontro quella organizzata dalla Confederazione americana mediante l'istituzione intitolata "Amministrazione per la cooperazione economica", assai largamente finanziata dal Tesoro americano per l'attenuazione delle condizioni di depressione economica in cui si sono trovati molti paesi europei, in conseguenza della guerra. Si tratta di una politica di solidarietà internazionale di cui si erano avuti ben rari esempî anteriormente: che mostra come si sia alfine compreso che è fondamentalmente vantaggioso anche per paesi in condizioni di benessere economico che altri paesi riescano a conseguire una sorte migliore, di fronte allo svolgimento complessivo della vita economica internazionale.
Bibl.: C. Bresciani Turroni, La collaborazione finanziaria internazionale, in La Comunità internazionale, aprile 1946; G. U. Papi, Che significa dopo tutto Bretton Woods, in Rivista di Politica economica, dicembre 1946; Ass. tra le Soc. per azioni, Gli accordi di Bretton Woods, Roma 1946; Fr. Perroux, Les accords de Bretton Woods, Parigi 1946; R. G. Hawtrey, Bretton Woods, Londra 1946; U. Sacchetti, Bretton Woods e i piani monetarî internazionali, Roma 1947; G. Demaria, Dopo Bretton Woods: le tre aree monetarie ed i loro cambî, in Riv. Bancaria, 1947; F. Vito, Dal sistema aureo al Fondo monetario internazionale, in Econ. intern., gennaio 1948.