BRIGHELLA
. Lo sviluppo dato alla voce arlecchino, che il lettore dovrà tenere presente (anche per la bibliografia), permette di procedere qui per semplici accenni, in quanto capostipite comune di Brighella e di Arlecchino è Zani. Non si sa bene se nelle coppie di zani che nei primi decennî del Cinquecento partecipavano ai "ludi zanneschi", si distinguesse già il primo dal secondo. Certo è che nella commedia dell'arte, nella quale, fin quasi dall'origine, gli zani sono costantemente due, il primo (il futuro Brighella) si venne sempre più distinguendo dal secondo (il futuro Arlecchino) per i nomi specifici, per il vestito, per il linguaggio, per la tecnica scenica, per il carattere.
Nomi specifici. - Tra i moltissimi, i primi e più frequenti, che il primo zani ebbe nelle compagnie della valle padana, furono Pedrolino (donde il Pierrot francese e l'eroe delle marionette russe Petruška) e Scapino (donde lo Scapin molieriano e, in genere, del teatro francese); e, nelle compagnie dell'Italia meridionale, Coviello (Giacometto). Ultimo o uno degli ultimi, e non immigrato mai in Francia, quantunque restato poi nome generico del tipo, Brighella, che pare debba la sua fortuna, più che ad altro, al teatro goldoniano. Per lo meno, in tutti gli scenarî secenteschi finora conosciuti esso non ricorre mai.
Vestito. - Originariamente, come quello di tutti gli zani, lo componevano una larga camicia bianca stretta alla cintola con una correggia, lunghi e larghi pantaloni bianchi, mantello bianco, cappello biforcuto con penna, pantofole, borsa, batocio, maschera nera con barba. In progresso di tempo, la camicia, i pantaloni e il mantello di Brighella furono orlati da un gallone colorato, per lo più verde, in guisa da arieggiare una livrea più o meno signorile.
Linguaggio. - Già dalle origini Brighella ne adopera uno meno rustico e incolto di Arlecchino. I prontuarî secenteschi (p. es. quello del Cecchini), mentre impongono al primo zani d'essere spiritoso cum moderamine, gl'inibiscono formalmente le stupidaggini arlecchinesche. Anzi nel Pellegrino fido amante di Flaminio Scala (1600 circa) Pedrolino è così colto da ergersi a giudice della questione allora di moda: se sia professione più nobile quella dello scrittore o l'altra del guerriero.
Tecnica scenica. - Molto meno indiavolato d'Arlecchino nella mimica, nella danza e nell'acrobatismo, Brighella doveva saper suonare e cantare meglio di lui (donde l'altro suo nome specifico di Flautino). Codesta consuetudine quasi costante della Comédie française, sembra derivasse dal famoso scapino Francesco Gabrielli, inventore e suonatore di parecchi strumenti, compositore di canzonette, "chitarrista di corte", protagonista de Gl'istrumenti di Scapino (commedia scritta apposta per lui), e anche firmatario, in punto di morte (1638), d'un testamento burlesco, in cui, dei suoi tanti strumenti, lasciò il violino a Cremona, il contrabasso a Piacenza, la viola a Milano, la chitarra a Venezia, l'arpa a Napoli, il trombone a Genova, il mandolino a Perugia, la tiorba a Bologna, il liuto a Ferrara e tutti gli altri a Firenze.
Carattere. - Di carattere, a proposito delle maschere della commedia dell'arte, si può, per ovvie ragioni, parlare soltanto in significato molto empirico. Comunque, negli scenarî, in cui Brighella e Arlecchino intervengono tutti due in condizione servile o poco diversa, quanto Arlecchino è abitualmente sciocco, altrettanto Brighella è furbo, accorto, orditore di complicati intrighi (donde appunto il nome). Se c'è tipo della Commedia dell'arte ricalcato sui Trappola, sui Truffa e altrettali servi astuti della commedia erudita della Rinascenza, è proprio il primo zani, che imbroglia le carte, mena per il naso gli sciocchi, manda a monte matrimonî, organizza burle a danno di vecchi amorosi, paga creditori a suon di nerbate, et sic de caeteris. Pertanto nessun'a a maschera più di Brighella doveva conoscere a menadito il canovaccio della favola, il cui svolgimento era affidato soprattutto a lui. Anzi egli, più delle altre maschere, pur sottostando all'obbligo dell'improvvisazione, doveva mandare a mente molti "luoghi comuni", quali "entrate", "chiusette", lazzi, prologhi e così via. Più d'uno quindi gli "zibaldoni" compilati per lui, fra i quali il più ampio è quello raccolto dal Brighella Zannoni e pubblicato nel 1787, ricco di circa 750 fra motti, satire, freddure, calembours e altra consimile merce, talora di qualità più fine di quella esibita di solito in compilazioni di questo genere.
S'avverta per ultimo che, pur ricalcato talora sull'astuto e imbroglione Pedrolino o Scapino della commedia dell'arte, il Brighella goldoniano diventa molto spesso una sorta di maggiordomo o cameriere di fiducia: onesto, disinteressato, buon consigliere del padrone, di cui cura egregiamente gl'interessi; l'incarnazione, insomma, dei domestici del buon tempo antico.
v. arlecchino.