BRIGNOLE SALE, Giovan Francesco
Nacque a Genova, presumibilmente nel 1582, dal senatore Antonio Brignole e da Maddalena Sale. Dopo una accurata educazione letteraria, esordì nella vita pubblica nel 1602, allorché fu incaricato delle onoranze al cardinale Aldobrandini in visita a Genova; e nel 1604 gli fu affidato l'ufficio di provvisore del vino. Ma poi per circa un decennio si astenne dalle cariche pubbliche a causa delle nuove incombenze derivategli dal suo matrimonio, celebrato il 25 luglio 1601, con la cugina Geronima Sale.
Era questa l'unica figlia del senatore Giulio, uomo di, notevole ricchezza e influenza, titolare del feudo marchionale di Groppoli, nel granducato di Toscana: il Sale, privo di discendenza diretta maschile, si preoccupò così di non far estinguere il nome della famiglia, come di trasmettere ai discendenti della figlia il feudo ed il titolo nobiliare, oltre all'ingente patrimonio. Legò quindi in eredità il feudo al primogenito del B., delegandone a quest'ultimo l'amministrazione, e in cambio ottenendo che questo ramo della famiglia Brignole, a cominciare appunto dal B., aggiungesse al proprio il cognome dei Sale. Morto il suocero nel 1606, il B. fu pertanto impegnato nel riassetto amministrativo del feudo; e questo, se da un lato lo occupò in annose controversie con i vassalli e lo estraniò a lungo dalla vita pubblica genovese, fu d'altra parte occasione di lusinghiere e durature relazioni con la corte granducale.
Tuttavia il suo rango sociale ed economico - divenuto ora preminente in Genova, appunto per l'acquisizione del patrimonio Sale - non consentì al B. di astenersi dalle cariche pubbliche oltre il marzo del 1612, quando fu prescelto per una ambasceria alla corte di Mantova, incaricato di recare le felicitazioni genovesi al nuovo duca Francesco IV. Il 16 aprile il B., di ritorno a Genova, presentò la sua relazione.
Al seguito del B. in questa sua missione fu anche Gabriello Chiabrera, sempre a lui legato da grande amicizia. Tra l'altro, il poeta ligure dedicò al B. un poemetto intitolato Il Diaspro, e ne celebrò le lodi in alcune rime. Insieme parteciparono alle sedute della Accademia letteraria degli Addormentati; e il Chiabrera fu spesso e a lungo ospite del B. nella incantevole villa che questi possedeva in Albaro.
Dopo l'ambasceria a Mantova, la Repubblica utilizzò il B. nell'ufficio dei Cambi e poi nel magistrato dell'Annona. Durante quest'ultimo incarico ebbe modo di dimostrare il proprio disinteresse: avendo infatti acquistato 200 mine di frumento per i propri sudditi di Groppoli, volle per delicatezza sottrarsi all'ufficio del vettovagliamento, senza peraltro che il Senato accettasse le sue dimissioni. Nel 1613, eletto al commissariato di Savona, riuscì a essere esonerato. dall'incarico grazie a un versamento di 1.250 lire alle Compere di S. Giorgio; il 23 settembre dello stesso anno il Senato lo deputò a sostenere per tre anni la carica di ambasciatore presso l'imperatore Mattia d'Austria: esonerato anche questa volta a sua richiesta, partì al suo posto Giacomo Saluzzo. Nel 1617, gli venne nuovamente attribuito, oltre l'ufficio dei Cambi, quello dell'Annona, e il sindacato delle due Valli di Sestri Ponente. Nel giugno fu estratto senatore e chiamato a far parte dei procuratori camerali. Durante tale carica, al principio del 1618, si recò a Piombino per tenere a battesimo il figlio della principessa Isabella Appiani. Terminata la carica senatoriale di procuratore, negli anni successivi esercitò il magistrato dei Cambi, quello dei Confini, quelli della Zecca e di Corsica; inoltre fece parte della Commissione per la ruota criminale.
Nel 1621 fu inviato in ambasceria a Roma, in occasione dell'elezione al pontificato di Gregorio XV; compagni del B. furono Gian Stefano Doria, Agostino Pallavicino, Ottavio Sauli. Le loro lettere datano dal 15 maggio al 4 giugno: in questo periodo il B. e i compagni ebbero modo anche di fare visita al cardinale Ludovisi e al conte Orazio Ludovisi, fratello di Sua Santità, e di ricevere testimonianze di simpatia dal cardinale Sauli. Al suo ritorno a Genova, il B. presentò una relazione sull'ambasceria in pubblica udienza al Senato.
Subito dopo gli venne affidata la spada di capitano, ovvero governatore, della Valle di Bisagno. Nel 1623 entrò di nuovo a far parte del magistrato di Corsica e di una magistratura di recente costituzione, quella delle Acque potabili di Cavassolo. L'anno seguente fu assegnato al magistrato degli Straordinari; nel 1625 venne inviato, a capo di una commissione, in Spagna, per difendere gli interessi economici genovesi lesi dal conte di Olivares, che cercava di deviare alcuni "affari di commercio" verso altre nazioni.
Dopo due anni di assenza, verso la fine del 1627 fu nominato protettore dei monasteri; inoltre ricoprì l'ufficio di conservatore della Pace (1627) e nuovamente, nel 1629, di magistrato di Corsica. Per tre anni di seguito, in un periodo di agitazioni belliche per le mire espansionistiche del duca di Savoia, appartenne al magistrato di Guerra. Nel giugno 1630, in occasione del passaggio per Genova della regina di Ungheria, fu a capo di una legazione che ebbe l'incarico di riceverla a Portofino. Nel 1633 fece parte dell'importantissima magistratura dei Sindacatori supremi; nel novembre dell'anno seguente, estratto di nuovo senatore, venne posto tra i governatori della Repubblica e incaricato di occuparsi degli affari finanziari dello Stato. Una simile carriera politica non poteva non portare alla massima carica della Repubblica: e infatti il B. fu eletto doge l'11 luglio 1635.
Il dogato del B. si distinse per attività e saggezza: fu approvata e iniziata la costruzione del molo nuovo del porto di Genova; vennero ampliati i confini territoriali con l'acquisto di una parte del feudo di Campoligure da Franceschetto Spinola e con quello di un largo tratto di territorio di Savignone dal principe Doria Landi. Particolarmente felici, in politica estera, i rapporti con la S. Sede, anche grazie alla collaborazione dell'abile ambasciatore Lazagna. Una carestia, che minacciò la città in quel periodo, venne bloccata grazie al tempestivo invio di granaglie dall'Olanda. Il suo dogato conobbe, sul finire, i grandiosi festeggiamenti per la consacrazione della città alla Vergine, nel giorno dell'Annunciazione del 1637.
L'11 luglio dello stesso anno ebbe termine la sua carica: il B., lasciato palazzo ducale, ritornò nel suo splendido Palazzo Rosso, dove, quattro giorni dopo, il 15 luglio 1637, un improvviso malore ne causava la morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova. Instructiones et relationes, 2707 F; Istruzioni ai ministri, 1-2708; Lettere ministri Roma, 5-2346; Litterarum, 110-1886, p. 222; Manoscritti, 473 e 474; Genova, Civica Bibl. Franzoniana, ms. V 500 C 6: Orazione fatta nella Chiesa Cattedrale di S. Lorenzo nel giorno della unione l'anno 1635; Ibid., Civica Bibl. Berio, ms. D Bis 11-5-26: Diario di A. Giustiniani; Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, II, Spagna: 1619-1635, Roma 1955, p. 277; III, Spagna: 1636-1655, ibid. 1955, pp. 12, 114; G. Chiabrera, Opere, Venezia 1757, p. III; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova 1825, I, ff. 1-3; L. Grillo, Elogi dei Liguri illustri, Genova 1846, II, ad Indicem;F. Alizeri, Guida artistica della città di Genova, Genova 1848, II, pp. 390 ss.; R. A. Vigna, Illustrazioni di S. Maria di Castello, Genova 1864, pp. 422 ss.; F. Donaver, Storia della Repubblica di Genova, II, Genova 1913; L. Levati, I dogi biennali di Genova, Genova 1930, p. 22; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti della Società ligure di storia Patria, LXIII (1934), pp. 13-80; Id., Breviario della storia di Genova, I, Genova 1955, ad Indicem.