BRIGNOLI DI BRUNNHOFF, Giovanni de
Nacque il 27 ott. 1774 a Gradisca, nel Friuli, da famiglia patrizia. Fino a sedici anni fu educato in famiglia; poi andò a Vienna per imparare la lingua tedesca. Un successivo prolungato soggiorno a Venezia destò le sue prime inclinazioni naturalistiche a contatto con gli illustri studiosi che vi fiorivano: in particolar modo coll'abate G. Olivi e col marchese T. de Suffren, valente botanico, che lo introdusse alla conoscenza e all'amore delle piante. Si può far risalire al 1797 l'inizio di quella attività botanica che doveva renderlo universalmente noto: in quel periodo cominciò le, sue esplorazioni fioristiche in Carinzia, in Carniola, nel Tirolo, in Svizzera, oltre che nelle montagne friulane. Il Suffren utilizzava una sua nota sulle piante del monte Cren e dei dintorni di Cividale, inserendola nel suo catalogo di piante del Friuli, e il B. divenne così assai noto fra gli studiosi della flora alpina. Nel 1800, di ritorno dalla Svizzera, sposava la contessa Maddalena De Clariani di Cividale del Friuli, dalla quale ebbe sette figli. Difficoltà finanziarie lo costrinsero a dedicarsi all'attività giudiziaria ed amministrativa alle dipendenze del tribunale di Cividale e della Camera di commercio di Udine, ma intanto la sua fama di botanico era giunta lontano e gli pervenne nel 1808 la nomina a professore di botanica e agraria nel Collegio convitto di Urbino.
Urbino gli deve la fondazione dell'Orto botanico liceale, l'accrescimento del locale Museo di storia naturale, l'ordinamento della Biblioteca del liceo, l'illustrazione del Museo lapidario, fondato da A. Fabretti e curato in precedenza da G. B. Passeri. Si dedicò anche a ricerche botaniche e geologiche sulle montagne dell'Appennino centrale e sul litorale marchigiano fra San Marino e Ascoli. Non tralasciava però di occuparsi della flora alpina e friulana in particolare, continuando le esplorazioni specialmente sui monti di Venzone, di Gemona, di Pontebba, del Goriziano, del Cadore e del litorale veneto, nonché del Tirolo; nel Aio si dedicava alla flora del monte Matajur, insieme al conte G. C. Cemazai; nello stesso anno dedicava al conte G. A. Scopoli, direttore della Pubblica Istruzione, il fascicolo sulle piante rare del Friuli, in cui dava notizia su piante nuove e critiche di quel territorio.
Volendo realizzare una nuova e grande Flora Italiana, ilB. espose il progetto al conte Scopoli, che gli ottenne un finanziamento da parte del viceré d'Italia per i viaggi di esplorazione; il programma prevedeva sette anni di ricerche, e il finanziamento decorreva dal 1813. Ma le vicende non furono favorevoli alla realizzazione della grande impresa: la caduta di Napoleone, il ritorno di Urbino sotto il governo pontificio, la soppressione del liceo e il passaggio delle scuole ai gesuiti. Il B. fu chiamato per breve tempo a insegnare nella risorta università di Urbino, poi le vicende familiari lo costrinsero a recarsi a Milano e ad accettare nel 1816 la cattedra di botanica e di agraria nel liceo di Verona, succedendo al celebre botanico C. Pollini.
Ebbe subito una vivace polemica con lo stesso Pollini, che gli attribuiva la paternità di un opuscolo, il cui autore si celava sotto lo pseudonimo di Cenomio Euganeo. L'opuscolo criticava il Viaggio al lago di Garda del Pollini e forse era opera di vari naturalisti del tempo, come I. Bevilacqua Lazise, N. Da Rio, l'abate G. Romano, T. A. Catullo, oltre allo stesso Brignoli. Le recenti ricerche del De Toni (1908) e del Forti sulla questione non tolgono i dubbi circa l'estranietà del B., anche se fanno emergere il conte Bevilacqua Lazise quale principale responsabile del libello.
Nel 1817 erano soppresse tutte le cattedre di botanica e di agraria del Lombardo-Veneto e il B. dovette qifindi cessare dall'incarico a Verona, ma subito ricevette l'invito dal duca di Modena a occupare la medesima cattedra in quell'università, rimasta vacante per la morte del celebre botanico e agronomo F. Re. Il B. si dedicò immediatamente a potenziare con nuove piante l'Orto botanico, di cui gli era stata consegnata la direzione, come testimoniano i ricchi elenchi di semi da lui distribuiti; volle arricchire pure gli erbari dell'Istituto con piante del monte Baldo, del Friuli, del Comasco, dell'Urbinate, dell'Emilia, da lui stesso raccolte, e con materiali ottenuti dai suoi corrispondenti italiani e stranieri, fra i quali ricordiamo in special modo A. Berenger, G. B. Balbis, G. Savi, L. Candida Perpenti, G. B. Comelli, F. Unger, C. P. Thuberg, J. F. Schouw, J. W. Hornemann, ecc. Costituiva pure un Museo botanico e una ricca collezione di legni (Xylophilacium). Nel 1836 l'Orto annoverava ben 4.030 specie, mentre erano rinnovate e ampliate le serre destinate a ospitare ricche collezioni di orchidee esotiche, di Bromeliacee e di felci del Messico e delle Indie Orientali, di palme ottenute dal Brasile (dal Riedl) e di piante brasiliane recategli dal modenese L. Bompani. Il 25 genn. 1856 il B. veniva collocato a riposo per motivi di salute ed era chiamato a succedergli E. Celi, che negli ultimi anni era stato suo supplente.
Il B. morì il 15 aprile del 1857.
L'opera del B., così come appare dalle bibliografie, non sembra forse all'altezza della fama e della reputazione scientifica di cui egli ha goduto meritatamente in Italia e all'estero. Il botanico L. Henkel, che lo conosceva personalmente per aver compiuto con lui molte escursioni, scriveva che era un "talentvoller und kenntnissreicher Mann" e forse ne dava così la migliore qualificazione. Il B. era infatti uomo di notevoli capacità scientifiche ed organizzative, di grande ed eclettica cultura: conosceva numerose lingue, disponeva di grande informazione botanica e agronomica; spaziava anche nella mineralogia, nell'archeologia (come fanno fede ricerche su scavi dell'antica Forum Iulii) e perfino nella critica artistica e letteraria e nella poesia (restano di lui saggi poetici, traduzioni, epistole varie). L'erudizione si manifesta tuttavia particolarmente nella storia della botanica, e in special modo nella monografia sulla storia dell'Orto botanico modenese, da lui offerta ai botanici riuniti in congresso a Padova nel 1842.
L'opera botanica è particolarmente degna di elogio. Fu uno dei più insigni collaboratori della Flora Italica di A. Bertoloni, del Prodromus di A. P. De Candolle ed anche della Flora del F. Parlatore. Sarebbe lungo enumerare i numerosi singoli lavori di fioristica, di patologia vegetale, di agronomia, di morfologia. Si tratta purtroppo di un'opera vasta ma frammentaria, che documenta le sue alte capacità, ma che dimostra il fallimento delle più grandi imprese da lui progettate. La Flora Italiana, cui si era accinto, doveva aver assunto mole notevole di materiali preparatori, come testimonia il già ricordato Henkel, che lo aveva visitato nel 1816. Il B. voleva realizzare una Flora simile a quella che il Roth aveva pubblicata per la Germania, prevedendola in più volumi descrittivi e critici. De Candolle gli dedicò il genere Brignolia, molte Accademie lo vollero loro socio (ad esempio l'Accademia dei XI, e i Georgofili, la Società linneana di Parigi, quella di mineralogia di Jena, quella di geologia gallica, ecc.). Che il B. fosse un naturalista completo è dimostrato anche dall'assunto pure rimasto irrealizzato di una grande storia naturale degli Stati estensi per la quale si sa che aveva raccolto ingente materiale.
Opere: Fasciculus rariorum plantarum foròjuliensium, Urbino 1810; Stirpes R. Horto botanico mutinensi additae 1814, Mutinae 1814 e 1815; Ad Eleuterio Benacense, Verona 1817; Osservazioni critiche sull'opera del Pollini: Viaggio al Lago di Garda e al Monte Baldo, in Giorn. dell'italiana letteratura. (Padova), 1817, pp. 142-160; Annunzi aicoltivatori della botanica (Florae Italicae Descriptiones et Icones), in Biblioteca italiana, V (1820), t. XIX, pp. 5100-517; Horti Botanici R. Archigymnasii Mutinensis Historia, Mutinae 1842; Discorso per l'inaugurazione del busto di Carlo Linneo, Modena 1843; Difesa di Paolo Boccone botanico italiano del secolo XVII contro alla taccia addossatagli d'usurpatore delle scoperte botaniche del P. Iacopo Barrelier, in Giorn. bot. ital., II, I (1846), pp. III, 51-68; Intorno al Moly d'Omero. Lettera a don Celestino Cavedoni, Modena 1846; Del crambo,malattia che quest'anno corruppe l'uva in molte partid'Italia, Modena 1851; Catalogo delle piante che crescono tra il Friuli e il M. Maggiore d'Istria, ms., in sez. botanica del Naturhistorischesmuseum di Vienna.
Fonti e Bibl.: L. Henkel v. Donnersmark Correspondenz, in Flora, Regensburg 1820, pp. 39-40; I. Cantù, L'Italia scientifica contemporanea, Milano 1844, pp. 165-167; E. Celi, Necrologio, in Messaggero di Modena, n. 1538, v, maggio 1857; Id., Notice nécrologique sur M. G. De B. di B., in Bull. de la Soc. Botan. de France, IV (1857), p. 691; Nuova enciclopedia popolare italiana,Suppl., I, 1857-1864, p. 91; P. A. Saccardo, Della storia e letteratura della flora veneta, Milano 1869, pp. 73 s.; Id., G. B., in La Botanica in Italia, I, Venezia 1895, pp. 38, 178; II, ibid. 1901, pp. 24, 155; H. Christ-G. B. De Toni, La Pteris Iongifolia L. Presso il lago Lario? Nota, in Atti d. R. Ist. veneto di scienze lett. arti LXII (1903), 2, pp. 561-565; G. B. De Toni, Il R. Orto botanico di Modena dal 1772 al 1906, in Malpighia, XX(1906), pp. 272-283; Id., Notizie intorno ad una Polemica tra botanici nel 1817, in Madonna Verona, II(1908), 2, pp. 57-62; A. Forti, La fine della polemica tra botanici nel 1817…, Verona 1924, p. 7; A. Beguinot, Tre lettere inedite di F. Parlatore a G. De' B., in Archivio botanico, IV (1928), pp. 72-77; Id., L'autographotheca botanica del prof. G. de B. conservata nel R. Istituto Botanico di Modena, in Rassegna per la storia dell'università di Modena e della cultura superiore modenese, I (1929), fasc. 1.