Bringing up Baby
(USA 1938, Susanna!, bianco e nero, 102m); regia: Howard Hawks; produzione: Howard Hawks per RKO; soggetto: Hagar Wilde; sceneggiatura: Dudley Nichols, Hagar Wilde; fotografia: Russell Metty; scenografia: Van Nest Polglase, Perry Ferguson; costumi: Howard Greer; musica: Roy Webb.
In un museo di storia naturale David Huxley, paleontologo, attende con ansia, nell'ordine, l'osso mancante alla ricostruzione d'uno scheletro di brontosauro e il matrimonio, da celebrarsi l'indomani, con la sua assistente Miss Swallow. Si reca al campo di golf dove deve incontrare un certo Mr. Peabody, che potrebbe aprirgli la strada a un'importante donazione per il museo; i tentativi di conferire con lui sono ostacolati dall'entrata in scena di Susan Vance, giovane ricca ed eccentrica che lo mette in alcune situazioni assurde. I due si incontrano di nuovo al Country Club; e nonostante i tentativi (più che altro enunciati) di liberarsi di Susan, David si ritrova a scortare un leopardo domestico, giunto in dono dall'Africa, fino alla casa di campagna della zia di lei nel Connecticut, e qui a inseguire George, il cagnetto di famiglia, che ha nascosto l'osso del brontosauro. Nuovi incidenti portano David a farsi sorprendere in un negligé di piume dalla padrona di casa, che si rivela la possibile benefattrice del museo; mentendo sulla propria identità, il professore passa la notte a cercare il leopardo Baby nel bosco circostante insieme a Susan, mentre un altro leopardo, questo selvaggio, viene smarrito da un vicino circo. Arrestati dallo sceriffo, finiscono tutti in guardina, dove David salva Susan dal leopardo che lei crede domestico e che invece è feroce. Il giorno dopo, David riceve il benservito da Miss Swallow e la visita di Susan, che porta il milione di dollari della zia: oscillando dall'alto della struttura del brontosauro si dichiarano il loro amore, poi Susan fa crollare lo scheletro finalmente completato.
L'assoluto, l'essenza, la crème de la crème della commedia screwball. A quest'epoca, il genere ha dato già molto di sé (da My Man Godfrey di La Cava, 1936, a Theodora Goes Wild ‒ L'adorabile nemica di Boleslawski, 1936; da Easy Living ‒ Che bella vita di Leisen, 1937, a The Awful Truth di McCarey, ancora 1937); nella sua limpidezza il film di Howard Hawks, che alla battaglia dei sessi ha dato avvio con lo scintillante Twentieth Century (Ventesimo secolo, 1934), finisce per essere una sorta di archetipo della maturità. "Ho letto che l'interesse amoroso si manifesta nelle fasi iniziali in forma di conflitto", riflette l'ereditiera Susan Vance, ribadendo la premessa teorica e formale del genere. Ma ogni pensiero, nell'ordito di questa commedia, precipita in istantanea azione: la Susan di Katharine Hepburn è propulsione pura, è libero flusso desiderante, è l'energia della new woman che va imponendo la propria presenza borghese e 'moderna' nel tessuto sociale americano e che il cinema celebra. Il genio femminile, la funzione dell'eroina della commedia anni Trenta sta nel trascinare il proprio compagno in una cascata di situazioni imbarazzanti, vertiginoso percorso di crescita che conduce il maschio maldestro tanto a una nuova consapevolezza, quanto a una riduzione di libertà ('bringing up baby', e non c'è dubbio su chi sia il pupo da educare). Qui, a precipitare nel conflitto è un paleontologo, un pensatore di Rodin (Cary Grant non si concede un sorriso, per tutto il film) con gli occhiali e la giovanile rigidezza di un Harold Lloyd; e Hawks che "dirige ogni commedia come fosse un film di guerra" (Frieda Grafe) usa senza risparmio le armi dello slapstick, della conflagrazione comica, tra abiti strappati, macchine sfasciate e grotteschi travesti, fino al crollo finale del dinosauro ricostruito (figura chiave è l'inseguimento, dove come nelle comiche arcaiche o in un nastro continuo, presto non si sa più chi sia l'inseguitore e chi l'inseguito).
Come questo genere vuole, come già tematizzato dal Leo McCarey di The Awful Truth, il gioco a due appare la stilizzata ricostruzione di un'infanzia, aperta però a tutto un mondo di nuove curiosità sessuali, criptate nel dialogo d'un film sommamente sfacciato e innocente. Tra l'irresponsabile impeto di Susan e la riottosa denegazione di David, si fa strada un desiderio a piede libero, una comica folie à deux lungo la quale Hepburn e Grant, corpi quant'altri mai necessari a quest'impresa, scivolano, inciampano, si rialzano sul filo teso tra inavvertenza e scaltrezza seduttiva. Solo questo autorizza, in un racconto peraltro ricco di geminazioni (come nota Stanley Cavell: ci sono, sempre pronti a sovrapporsi e confondersi, due palle da golf, due automobili, due leopardi), il dilagare dei doppi sensi ‒ di cui chi conosce l'edizione italiana, drasticamente depurata, può rendersi conto solo in parte: quell'"osso di David" che il cinecane Asta ha rubato e non vuol restituire e di cui "Susan e David hanno bisogno" non è evidentemente solo un osso, e c'è davvero da chiedersi quale censore connivente possa aver lasciato passare, sia pure masticata nello slang, la frase che Susan, nel ruolo improvvisato di Susie la dritta, rivolge ai poliziotti al di là delle sbarre, "fatemi uscire di qua, che spalanco la bocca e vi accontento tutti". È la presunzione d'innocenza a condurre in porto l'avventura di Susan e David, a condurli, per la verità, in nessun posto: su un piedistallo senza sfondo, senza luogo, senza tempo, sospesi nel vuoto sopra un brontosauro sbriciolato, in un'alba preistorica degli affetti umani, stretti in un abbraccio che li ripaga dei molti affanni ma probabilmente non prelude a nulla. Fu forse l'astratta bizzarria romantica, o lo stato costante d'esaltazione o di trance che dà ai personaggi un timbro quasi meccanico, o l'idea stessa di un'incontrollabile energia femminile (che ha davvero in sé qualcosa di minaccioso), o magari proprio l'ultima infrazione ai codici, l'assenza di un vero bacio finale, ma Bringing up Baby non ebbe successo alla sua uscita, e fece perdere soprattutto a Hepburn altro terreno sul piano dell'affidabilità commerciale. Ma se è vero che non riusciamo a immaginare un futuro per David e Susan; se è vero che i protagonisti di questo film ci sembrano aver consumato tutto in una notte, e che niente più sia ormai immaginabile; e se pure, scespirianamente, la magia d'una notte di giugno nel Connecticut, il gioco infinito dell'innocenza presunta e perduta si sono dissolti al chiarore del giorno ‒ è anche per quest'ombra che pesa sulla perfetta astrazione del finale che il film di Howard Hawks è stato consacrato ed è rimasto, nel tempo, il capolavoro impareggiato che è.
Interpreti e personaggi: Cary Grant (David Huxley), Katharine Hepburn (Susan Vance), Charles Ruggles (maggiore Horace Applegate), May Robson (zia Elisabeth), Barry Fitzgerald (Gogarty), George Irving (Peabody), Virginia Walker (Alice Swallow), Ward Bond (poliziotto), Richard Lane (direttore del circo), Walter Catlett (Slocum), il cane Asta (George il cane).
Wear., Bringing up Baby, in "Variety", February 16, 1938.
Anonimo, Susanna, in "Bianco e nero", n. 8, agosto 1938.
E. Patalas, Bringing up Baby, in "Filmkritik", n. 4, april 1966.
K. Murphy, Of Babies, Bones and Butterflies, in "Movietone News", n. 54, June 1977 (trad. it. in Il cinema di Hawks, a cura di A. Aprà, P. Pistagnesi, Venezia 1981).
J. Johnson, Bringing up Baby, in Magill's Survey of Cinema, 1° vol., a cura di F.N. Magill, Englewood Cliffs, NJ 1980.
S. Cavell, Pursuit of Happines. The Hollywood Comedy of Remarriage, Cambridge, MA, 1981 (trad. it. Torino 1988).