BRINI (del Brina)
Pittori fiorentini di non grande rilievo, attivi nella seconda metà del sec. XVI; insieme con il Portelli e Maso da San Friano, si possono inserire in quella tendenza arcaicizzante che sul finire del secolo si risolverà nel voluto arcaismo della pittura controriformistica toscana.
Giovanni già nel 1559 era iscritto all'arte dei Medici e degli Speziali - dove il fratello Francesco entrò solo dieci anni dopo - e dal 1574 fece parte dell'Accademia del Disegno. Il Vasari, nella vita di Grardo miniatore, indica in Francesco quel "pittore fiorentino giovane" che non dipinse in parte l'affresco di Gherardo del Fora sulla facciata della chiesa di S. Egidio a Firenze. Francesco nel 1565 collaborava agli apparati per le nozze di Francesco de' Medici con Giovanna d'Austria, ma è impossibile distinguere la sua mano nei numerosi disegni, di carattere piuttosto artigianale, che sono rimasti (Mostra di disegni vasariani... [catal.], a cura di A. M. Petrioli, Firenze 1966). Nel 1568 un Giovanni e un Francesco scolari di Michele di Ridolfo, identificabili con i Brini (Pecori), erano a San Gimignano ad affrescare nel refettorio del convento di S. Girolamo una Moltiplicazione dei pani. Nulla conosciamo della pittura di Giovanni perché poco si può dedurre da questo affresco, per altro dubbio, mentre è impossibile distinguere la sua mano nella massa di artisti che operarono a palazzo Vecchio col Vasari, tanto più che Giovanni non compare nemmeno a solo nello studiolo dove i collaboratori più importanti firmarono ciascuno una o più tavole. Il dipinto chiave, quell'Annunciazione datata 1581 (Venturi) e firmata "Ioa. de Brina faciebat" - già nel convento della Nunziatina in via della Chiesa a Firenze -, è andato disperso nel secolo scorso (Paatz, IV, pp. 403, 405 n. 14). Il Milanesi (in Vasari) Io dice morto a Pisa nel 1599.
Francesco nel 1570 firmò e datò la pala della Concezione per S. Michele in Visdomini (Paatz, IV., p. 208 n. 42); perdute invece sono le opere documentate per la chiesa di S. Pancrazio eseguite nell'ottavo decennio del secolo (Pini-Milanesi; vedi anche Paatz, IV, pp. 572, 573, 586 n. 59). Dopo il 1577 lavorò a Volterra (nelle antiche guide sono ricordate due Sacre Famiglie nella cattedrale ed una Concezione nelbattistero) e in un documento del 1582 (Colnaghi) risulta assente da Firenze, non sappiamo però se ancora impegnato a Volterra. Morì il 3 marzo 1586 (Colnaghi).
Non molto della personalità di Francesco si può dedurre dall'affresco di S. Egidio, se non la predilezione per una maniera piuttosto arcaica, ed ancor meno dall'affresco di San Gimignano, che oltre che dubbio è anche piuttosto scadente e forse molto ripassato. Quanto alla citazione di Michele di Ridolfa quale maestro dei due fratelli, può essere accettata come valida perché spesso l'attribuzione di molti dipinti di medio formato - soprattutto Madonne col Bambino e Sacre Famiglie - oscilla spesso tra il nome di Francesco e quello di Michele di Ridolfa: è il caso della Sacra Famiglia del Museo Bandini di Fiesole, della Sacra Famiglia nella Galleria Palatina, della Madonna e santi proveniente dalla chiesa dei SS. Iacopo e Lorenzo ed ora nei depositi delle Gallerie fiorentine. La pala del 1570 per S. Michele in Visdomini vale come punto fermo per identificare lo stile di Francesco per quanto il dipinto sia ora molto oscurato e deperito: vi si rivela una cultura piuttosto arcaica, con frequenti richiami ad Andrea del Sarto (la Vergine ricalca il gesto della Madonna di Andrea nella pala per i monaci vallombrosani, oggi a Pitti), mentre la fitta composizione segue la falsariga delle macchinose pale d'altare della pittura fiorentina del tempo dominata dal Vasari, anche se ne rifiuta le più esasperate forzature manieristiche. Gli è attribuita (Milanesi, in Vasari) un'Adorazione dei Magi già nella chiesa dei SS. Maria e Giuseppe sul Prato e ora nei depositi delle Gallerie a Firenze. Ma la sua attività preferita dovettero essere le tavole di piccolo e medio formato - come quelle ricordate dalle fonti nella farmacia di S. Maria Novella o nel duomo di Volterra o quelle a lui attribuite in collezioni pubbliche e private a Firenze, Volterra, Stoccarda, Dortmund, ecc. - dove è variato all'infinito il motivo della Sacra Famiglia desunto dagli schemi di Andrea del Sarto, mentre la cultura manieristica resta in superficie, nell'accentuazione di un gesto affettato, in certi preziosismi esteriori come i nastri delle acconciature, la lucentezza dei gioielli. Caratteristica tipica di Francesco è una gamma cromatica spenta, senza contrasti decisi, ma che presenta sfumature agre, quasi acidule.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, p. 239 n. I; A. F. Giachi, Saggio su Volterra, Siena 1768, p. 202 (per Francesco); L. Lanzi, Storia pitt. della Italia, Milano 1824, I, p. 311 (per Francesco); L. Pecori, Storia di San Gimignano, San Gimignano 1853, p. 653; G. Leoncini, Illustr. delle cattedrale di Volterra, Siena 1869, pp. 52. 101, 118 (per Francesco); C. Pini-G. Milanesi, La scrittura degli artisti ital., Milano 1876, II (per Francesco); G. Carocci, La chiesa e il monastero... detta l'Annunziatina, in L'Illustratore florentino, n.s., V (1908), pp. 30 s. (per Giovanni); H. Voss, Die Malerei der Spätrenaissance in Rom u. Florenz, Berlin 1920, pp. 192 s. (per Francesco); D. E. Colnaghi, A diction. of Florent. painters, London 1928 (per Giovanni e Francesco); C. Gamba, Ridolfo e Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, in Dedalo, IX (1928-29), pp. 547, 549 (per Francesco); A. Lensi, Palazzo Vecchio, Milano 1929, p. 158 (per Giovanni); A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, s, Milano 1932, pp. 269 s. (per Francesco), 274 (per Giovanni); W. e E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, II, Frankfurt a. Mein 1941, pp. 431, 433 n. 23 (per Francesco); III, ibid. 1952, pp. 757, 845 n. 565 (per Francesco); IV, ibid. 1952, pp. 84, 85 n. 12, 199, 208 n. 42, 572, 573, 586 n. 59, 669 (per Francesco); 403, 405 n. 14 (per Giovanni); V, ibid. 1953, p. 412 (per Francesco); II Mostra degli affreschi staccati (catal.), Firenze 1958, n. 189; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 19 s.