BRIOSCO (da Briosco, Brioschi)
Famiglia di scultori milanesi, operosi nei secoli XV e XVI, per molti dei quali non si conoscono i reciproci rapporti di parentela.
Antonio, figlio di Pietro da Briosco, milanese, della parrocchia di S. Silvestro di porta Nuova, si suppone nato intorno al 1390, dal momento che il suo nome ricorre negli Annali della Fabbrica del duomo di Milano dal 144 al 1457; ivi è ricordato nelle varie mansioni di scultore, ingegnere, deputato (1450; Annali, II, p. 133) e benefattore (1457; ibid., II, p. 174). Le opere di cui parlano i documenti sono due statue: una Maddalena, da porsi su un capitello (1414; Appendice, I, p. 311), e un S. Nazzaro (1429; Appendice, II, p. 24; rispettivamente n. 2619 e n. 2414 in Nebbia). Restaurò, inoltre, il sarcofago del defunto duca di Milano, forse Gian Galeazzo (1421; Appendice, II, p. 6), fece un candelabro di ferro con tre angeli dipinti e dorati (1428; ibid., p. 23) e un gruppo di 29 figure da porre all'altare di S. Ambrogio (1439; ibid., p. 46). Sulla base delle opere di scultura gliene vengono assegnate altre simili stilisticamente: una S. Agnese (n. 335 in Nebbia) e un Apostolo (o Profeta) barbuto (n. 2618 in Nebbia). Antonio fu assieme ad altri soci appaltatore dello scavo dei marmi di Candoglia: per i debiti contratti in questo ufficio, ebbe una vertenza con la Fabbrica di cui sono ricordate varie fasi negli anni 1434, 1436 e 1446 (Annali, II).Ed è credibile che, sempre in conseguenza della vertenza, nel 1457 la vedova, per pagare i debiti del defunto, rinunciasse alla propria dote a favore della Fabbrica, benché questa fosse stata nominata erede universale dallo scultore (ibid., II, p. 174; Appendice, II, p. 273). Nel 1442 Antonio fu presentato da Priamo della Quercia, fratello di Iacopo, quale esecutore capace, per il compimento del portale di S. Petronio a Bologna (Supino). Ma l'opera non fu portata a termine.
L'arte di Antonio, pur mantenendo qualcosa della durezza nordica propria delle opere dei maestri tedeschi allora dominanti al duomo di Milano, se ne distacca negli esiti, per un linearismo incisivo e continuo.
Marco, figlio di un Antonio, che potrebbe essere il precedente, compare negli anni 1484-1491 in documenti riguardanti la certosa di Pavia. Era ingegnere ducale e agì come procuratore dell'Amadeo (Maiocchi).
Pietro dal 1473 al 1491 è attivo dapprima presso il duomo di Milano (all'altare di S. Celso), poi a "finire l'opera" incominciata al ponte nel castello di Abbiategrasso (Annali, II; III).
Gian Antonio figura tra i partecipanti al monumento di Giovanni e Vitaliano Borromeo in data 20 nov. 1476.
Maffino (Maffiolo) e Manfredino (Manfrino), lapicidi, compaiono negli Annali della Fabbrica del duomo di Milano, il primo nell'anno 1426 e il secondo negli anni 1483-1487.
Di Bartolomeo si ricavano notizie dal 1475 al 1503 dagli Annali della Fabbrica del duomo. Del 1475 è un mandato di pagamento per lavori eseguiti all'altare di S. Giuseppe (II, p. 286; Appendice, II, p. 229). Accanto all'attività di scultore, dovette esercitare quella di architetto, se nel 1503 gli fu affidata la presentazione, in collaborazione con C. Solari, di uno dei tre modelli per la porta verso Compito (Annali, III, p. 124).
Giovan Giacomo, figlio di un Pietro (non sappiamo se dello scultore o di un omonimo), nel 1517 partecipa, dietro concessione della Fabbrica del duomo, presso la quale esercitava la sua arte con Francesco di Benedetto Briosco e altri scultori, ai lavori per la cappella Trivulzio in S. Nazzaro a Milano (Baroni, II, p. 140)Nel 1518 stipula una convenzione con la Fabbrica per la costruzione di una piramide e di due condotti e nell'anno seguente riceve il pagamento (Annali, III, pp. 204 nota 1, 209). Nel 1523 ottiene di nuovo, assieme ad altri scultori, il permesso di assentarsi dalla Fabbrica del duomo (ibid., p. 226) per lavorare alla porta del Monte di Pietà, di cui faceva parte il rilievo col Compianto di Cristo, ora nella sala del consiglio della banca. Compare come teste nel 1526 (Milano, Bibl. d'arte, Miscellanea scultori lombardi, R. B. B., II, 77, p. 30; trascriz. ms. del docum. disperso).
Battista, capomastro, figura in un documento del 1583 riguardante S. Maria presso S. Celso (Baroni, I, pp. 267 s.)
Fonti e Bibl.: Isola Bella, Archivio priv. Borromeo, Mastro partita doppia 1464-1478, c. 570v (Gian Antonio); Annali della Fabbrica del duomo di Milano, II(1877), pp. 61, 65 s., 69, 101, 133, 174 (Antonio), 281 (Pietro), 286 (Bartolomeo); III (1880), pp. 21, 25, 34, 40 (Manfredino), 34, 40, 68 (Pietro), 124 (Bartolomeo), 189, 204 nota 1, 209, 226 (Giovan Giacomo); Appendice, I (1883), p. 311 (Antonio); Appendice, II (1885), pp. 6, 23 s., 46, 78 (Antonio), 20 (Maffina), 229 (Bartolomeo e Antonio), 273 (Antonio); I. B. Supino, La scultura in Bologna nel sec. XV, Bologna 1910, pp. 174 s. (Antonio); R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia..., I, Pavia 1937, pp. 287 (1233), 337 (1410), 355 (1476), 357 (1487), 367 (1523 [Marco]); C. Baroni, Documenti per la storia dell'architett. ..., I, Firenze 1940, pp. 267 s. (Battista); II, Roma 1968, p. 140 (Giovan Giacomo); A. Ricci, Storia dell'architett. in Italia, II, Modena 18.58, p. 293 (Pietro: gli riferisce erroneam. il contratto per la porta di S. Petronio); D. Sant'Ambrogio, Un bassorilievo del Rinascimento lombardo in una sala del Monte di Pietà, in Il Politecnico, XIV (1899), n. 239 (Giovan Giacomo); F. Malaguzzi Valeri, G. A. Amadeo, Bergamo 1904, pp. 12 nota 2 (Antonio), 268, 274 (Bartolomeo), 320 (Giovan Giacomo); Appunti e notizie, in Arch. stor. lomb., XXXV(1908), I, p. 522 (Antonio); U. Nebbia, La scultura nel duomo di Milano, Milano 1908, pp. 101-105 (Antonio), 128 (Pietro), 129, 140 (Bartolomeo), 157 s. (Giovan Giacomo), 262 (Antonio, Bartolomeo, Giovan Giacomo e Pietro); C. Baroni, Scultura gotica lombarda, Milano 1944, pp. 139 s. (Antonio), 151 n. 57 (Antonio); R., Salvini, Sculture ined. al Museo Estense, in Emporium, LIII(1947), p. 156 (attribuisce ad Antonio un Ecce Homo del Museo); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 21 s.(sub voce Brioschi, Antonio di Pietro), 24 (Bartolomeo, Giovan Giacomo e Pietro).