Bronchi
I bronchi (dal greco βρόγχος, "gola") sono segmenti tubulari delle vie respiratorie (v. Respiratorio, apparato; e il capitolo Torace, Trachea, bronchi e polmoni), che si originano dalla biforcazione della trachea in due condotti principali (bronchi primari, o grossi bronchi) e, penetrando nei rispettivi polmoni, si ramificano nell'albero bronchiale, costituito da condotti di calibro progressivamente minore. Le pareti dei bronchi sono caratterizzate dalla presenza di formazioni cartilaginee, che, conferendo loro rigidità, ne evitano il collasso quando, nel corso del ciclo respiratorio, si hanno variazioni di pressione. Questa struttura rimane pressoché invariata fino ai bronchi di minor diametro; scompare completamente quando il diametro dei rami bronchiali scende al di sotto di 1 mm circa, nelle diramazioni più esili, dette bronchioli, che non posseggono più pareti rigide e sono completamente avvolte da una tunica muscolare, la cui presenza fa sì che il lume possa essere ampiamente modificato. I bronchioli terminano negli alveoli polmonari, strutture particolarmente adatte agli scambi respiratori, costituite da un sacco cavo a parete sottile, riccamente circondato da una rete di capillari: i gas attraversano facilmente le pareti sia dell'alveolo sia dei capillari, cosicché il sangue che fluisce attraverso il tessuto polmonare può raccogliere rapidamente l'ossigeno e liberarsi dal suo carico di anidride carbonica. I bronchi di maggior calibro sono tappezzati da una mucosa rivestita da epitelio ciliato, le cui ciglia vibrano in modo da determinare un movimento verso l'esterno, cosicché il muco prodotto dalle abbondanti ghiandole mucose e gli eventuali corpuscoli esterni introdotti con l'aria inspirata sono sospinti verso la bocca per venire espulsi. La maggior parte dei bronchi e i polmoni sono contenuti, insieme al cuore, nella cavità toracica: a questa stretta vicinanza anatomica degli organi della respirazione con il cuore fa riscontro una stretta correlazione funzionale.
In biologia il termine respirazione (v.) assume due significati: a livello cellulare, consiste in una serie di reazioni chimiche che richiedono ossigeno, producono anidride carbonica e rappresentano la fonte principale di energia per la cellula (respirazione cellulare); a livello di organismo, indica un complesso di funzioni che coinvolge diversi organi e apparati e il cui fine è lo scambio di gas con i tessuti. Entrambi i processi sono strettamente correlati. L'assunzione di ossigeno è la prima tappa della respirazione, ma affinché questa molecola possa essere utilizzata deve essere presente qualche meccanismo che la trasporti a tutte le cellule del corpo. In gran parte degli organismi a organizzazione più semplice o di minori dimensioni, nei quali tutti i tessuti possono facilmente venire a diretto contatto con l'ambiente, non si trovano particolari strutture destinate all'assorbimento dell'ossigeno, che si diffonde semplicemente attraverso la superficie corporea fino a raggiungere tutte le cellule; anche molte uova e molti embrioni, soprattutto durante gli stadi precoci di sviluppo, respirano in questo modo. Per gli organismi che presentano invece notevoli dimensioni e un'organizzazione strutturale più complessa, la semplice diffusione non è più sufficiente, in quanto le cellule all'interno del corpo possono essere distanti molti centimetri dall'aria o dall'acqua, cioè dalle fonti di ossigeno. Inoltre, a causa di un maggiore differenziamento del tegumento, la pelle è sovente troppo spessa o dura, quindi poco permeabile, e troppo poco vascolarizzata per effettuare gli scambi gassosi. Questi organismi più complessi, quindi, sono dotati sia di strutture specializzate, quali branchie e polmoni, sia di sistemi di circolazione per il trasferimento dell'ossigeno dai polmoni ai tessuti e dell'anidride carbonica in senso opposto. Per evidenti necessità funzionali, tra apparato respiratorio e apparato circolatorio esistono stretti rapporti che possono essere messi bene in evidenza dallo studio dello sviluppo delle due funzioni nel corso dell'evoluzione. A ogni cambiamento della funzione respiratoria corrisponde, immancabilmente, una modificazione nella funzione cardiocircolatoria. La respirazione è tanto più efficiente, quanto più perfezionata è la circolazione. Questo nesso è ben evidente negli Insetti, che, pur possedendo un apparato circolatorio, per il trasporto di ossigeno usano un apparato, detto tracheale, costituito da una rete di tubuli che, ramificandosi, raggiunge direttamente le cellule; l'aria e, quindi, l'ossigeno passano attraverso questo sistema principalmente per diffusione. Tale peculiare modalità di respirazione può essere efficiente solo in un organismo molto piccolo; infatti, l'assenza di partecipazione dell'apparato circolatorio alla respirazione è uno dei principali fattori che limita le dimensioni di questi animali. I Vertebrati hanno due tipi di organi respiratori, che denotano come l'evoluzione abbia portato a una precisa corrispondenza tra l'ambiente tipico di un organismo animale e le strutture del suo apparato respiratorio. Le branchie sono peculiari dei Pesci e degli stadi larvali degli Anfibi e rappresentano adattamenti per la respirazione in ambiente acquatico, in cui viene utilizzato l'ossigeno disciolto nell'acqua. Va ricordato che non tutti gli animali che vivono nell'acqua presentano una respirazione branchiale: le tartarughe d'acqua (Rettili), le foche, i delfini e le balene (Mammiferi) e molti altri, pur vivendo sommersi, devono ogni tanto emergere per respirare, perché provvisti di polmoni; il loro 'ritorno' alla vita acquatica è considerato un adattamento secondario. I polmoni, presenti negli animali terrestri, sono adatti alla respirazione aerea, mediante la quale viene assorbito l'ossigeno libero nell'aria. Branchie e polmoni, anche se svolgono la stessa funzione, hanno tuttavia strutture notevolmente differenti e si sono originati lungo due vie evolutive separate; in comune hanno solo l'origine ontogenetica, in quanto derivano entrambi dalla faringe, e alcune caratteristiche: entrambi sono situati in una parte del corpo in cui è facile il rinnovo dell'ossigeno, presentano un ampio sviluppo della superficie di scambio che deve essere costantemente umida, data l'insufficiente permeabilità dei tessuti asciutti, sono abbondantemente vascolarizzati. Nella respirazione branchiale l'acqua viene aspirata nella bocca e passa quindi attraverso le branchie, nelle quali circola il sangue che utilizza l'ossigeno sciolto nell'acqua. Nella respirazione polmonare l'ossigeno atmosferico non viene assorbito in forma gassosa, ma disciolto nel velo liquido che riveste la superficie interna degli alveoli polmonari. Infatti, nonostante l'aria abbia un contenuto di ossigeno (21%) molto più alto dell'acqua (0,7%) e quindi la respirazione polmonare sia più efficiente, gli animali terrestri corrono il pericolo di disidratazione delle superfici respiratorie, che, quindi, devono essere necessariamente protette e umidificate. Per questo tutti gli animali che hanno compiuto con successo il passaggio dall'acqua alla terra presentano l'umida superficie respiratoria all'interno del proprio corpo.
Soffermando l'attenzione sulle varie classi di Vertebrati, che con la loro organizzazione forniscono un quadro generale di quelle che furono le varie tappe evolutive, si nota che la struttura dell'albero bronchiale si complica procedendo lungo la scala evolutiva. Lo sviluppo della superficie polmonare, infatti, varia notevolmente nelle diverse classi di Vertebrati terrestri, Anfibi, Rettili, Mammiferi, in relazione all'incremento dell'esigenza energetica. Sebbene i polmoni si siano sviluppati in modo caratteristico nei Tetrapodi (Vertebrati dotati di due paia di arti) con il passaggio dall'ambiente acquatico alla terraferma, essi sono strutture filogeneticamente più antiche. La loro origine evolutiva non è ancora completamente conosciuta, poiché non esistono resti fossili di questi organi molli e solo poche informazioni si sono ottenute studiando gli organismi attuali. Essi sono comunque comparsi molto precocemente nella storia dei Vertebrati: organi deputati alla respirazione aerea si svilupparono già nei pesci ossei ancestrali in remote ere geologiche (circa 300 milioni di anni fa), caratterizzate da periodi di elevata siccità. Questi pesci primitivi, abitanti di raccolte d'acqua spesso stagnante e quindi poco ossigenata, fecero ricorso, per sopravvivere, all'utilizzazione dell'ossigeno atmosferico. I loro polmoni erano semplici sacche connesse con il cavo orale, che potevano essere riempite d'aria e scambiare gas con il sangue dei capillari aderenti alla loro parete (nei loro discendenti, divenuti completamente marini, le sacche polmonari finirono col perdere la loro funzione e furono convertite in vesciche natatorie, organi idrostatici che contribuiscono a mantenere il pesce sospeso nell'acqua). Questi primitivi pesci polmonati sono gli antenati di tutti i Vertebrati terrestri.
Negli Anfibi adulti, ancora strettamente vincolati all'acqua ma con respirazione polmonare, i polmoni, poco progrediti, sono costituiti da due sacchi con un'ampia cavità centrale, la cui superficie respiratoria è parzialmente concamerata. Manca una gabbia toracica e la respirazione è dovuta all'azione della lingua e della muscolatura addominale. Il risultato è una capacità respiratoria mediocre, che però è efficacemente coadiuvata dalla respirazione cutanea ausiliaria; la pelle degli Anfibi, infatti, garantisce scambi gassosi supplementari, quando non rappresenta addirittura l'unico organo respiratorio. Tuttavia, nonostante la sua relativa semplicità, l'apparato respiratorio degli Anfibi appare già più complesso di quello dei pesci polmonati. Mentre in quest'ultimi, infatti, i polmoni si sviluppavano direttamente dalla faringe, in alcuni tipi di salamandre, con la formazione del collo, la via aerea dalla faringe ai polmoni diviene più lunga e cominciano a differenziarsi la laringe, la trachea e i bronchi. I Rettili, i primi Vertebrati veramente svincolati dall'acqua, hanno sviluppato, per sopravvivere sulla terraferma, una serie di adattamenti atti a limitare la disidratazione, tra cui la presenza di una cute molto più spessa e secca di quella degli Anfibi. In questi animali, nei quali a causa delle barriere rappresentate dalle squame cornee non vi può essere respirazione cutanea, tutti gli scambi respiratori sono a carico dei polmoni. La testa e il tronco sono separati da una ben distinta regione del collo ed è sempre presente la trachea, rafforzata da anelli di natura cartilaginea. Nelle forme più primitive, come nei serpenti e in alcune lucertole, i polmoni sono ancora sacciformi con una limitata suddivisione interna delle pareti in tasche alveolari e nascono direttamente dalla parte terminale della trachea; singolare è, nei serpenti, lo sviluppo di uno solo dei due polmoni, che si allunga molto, in armonia con l'angustia della cavità toracica e l'allungamento del corpo. Nei varani il polmone assume una struttura più complessa, ma presenta ancora delle ampie camere d'aria, residui della disposizione sacciforme. Solo nei Rettili più evoluti, coccodrilli e testuggini, la struttura polmonare si complica notevolmente dando origine a polmoni parenchimatosi, caratterizzati dalla presenza di setti, originariamente bassi e limitati alle pareti del sacco, che si accrescono verso l'interno suddividendosi fino a invadere completamente la cavità stessa. La trachea si biforca prima di raggiungere i polmoni e dà origine a un paio di bronchi primari, rinforzati da anelli cartilaginei. Da ogni bronco si diramano i bronchi di secondo e terzo ordine, fino ad arrivare agli ultimi bronchioli, le cui pareti si allargano negli alveoli. I movimenti respiratori, quando i polmoni si perfezionano, sono effettuati dai muscoli della parete del corpo che possono abbassare o innalzare le costole e, di conseguenza, comprimere e decomprimere i polmoni. Nei coccodrilli, inoltre, compare una struttura in qualche modo paragonabile al diaframma dei Mammiferi.
La struttura polmonare dei Mammiferi è simile a quella dei Rettili, ma è ulteriormente progredita la suddivisione interna. L'albero bronchiale è più fitto, con pareti meglio delimitate dal tessuto respiratorio vero e proprio, costituito da numerosissimi alveoli. Nei bronchi di maggior calibro, come nella trachea, sono presenti gli anelli cartilaginei, anche se con numerose differenze: le scimmie, per es., hanno cartilagini bronchiali poco sviluppate. Lo sviluppo del diaframma, che separa la cavità toracica da quella addominale, coadiuva i movimenti respiratori. Filogeneticamente, come è dimostrato dalle trasformazioni dei polmoni e dell'albero bronchiale negli Anfibi e Rettili più primitivi, la progressiva complessità è stata raggiunta mediante una fine concamerazione della cavità polmonare; risultato di questo processo è la maggiore estensione rispetto ai setti dell'area alveolare, il vero sito degli scambi gassosi. Ciò è fondamentale negli animali a 'sangue caldo', giacché la regolazione della temperatura interna rappresenta un'attività altamente dispendiosa, che richiede un elevato metabolismo, supportato da un sistema respiratorio perfezionato. Gli Uccelli sono anch'essi a 'sangue caldo' e con un metabolismo estremamente attivo, poiché in termini energetici il volo rappresenta un'attività molto dispendiosa. Hanno quindi bisogno di una respirazione intensa; per questo motivo l'efficienza dei loro polmoni è superiore a quella di tutti gli altri Tetrapodi, Mammiferi compresi.
All'organogenesi dell'apparato broncopolmonare partecipano più tessuti embrionali: dall'entoderma si sviluppa tutta la parte epiteliale dell'albero respiratorio, dal mesenchima tutti i connettivi implicati. All'incirca alla quarta settimana, dalla regione del tubo digerente caudale alla faringe si origina un'estroflessione entodermica sacciforme che si spinge indietro e si biforca. La porzione mediana indivisa rappresenta l'abbozzo della trachea, le due biforcazioni gli abbozzi dei bronchi primari. Le loro estremità a fondo cieco vanno incontro a una serie di dicotomizzazioni progressive, con suddivisione in bronchi secondari e poi in bronchioli terminali che finiscono, a fondo cieco, nelle camere alveolari. Ben presto l'abbozzo entodermico viene rivestito dal mesenchima, da cui si svilupperà la maggior parte dei tessuti che rafforzano la parete dei polmoni e delle vie respiratorie. Intorno alla dodicesima settimana, infatti, si formano gli anelli cartilaginei intorno alla trachea e ai bronchi primari. La genesi dell'albero bronchiale, e quindi del polmone, si divide in tre stadi: fino al quarto mese di gestazione si ha un'attiva proliferazione della massa centrale con le divisioni bronchiali; dal quarto al sesto mese il polmone diventa fortemente vascolarizzato; dal sesto mese fino al termine le anse dei capillari prendono contatto con gli alveoli in sviluppo. Già al settimo mese di gestazione i capillari sono sufficientemente sviluppati, tanto da permettere, in caso di nascita prematura, la vita extrauterina. I polmoni del feto, ben sviluppati a partire dal sesto mese, diventeranno funzionanti solo al momento della nascita quando, con il taglio del cordone ombelicale e la conseguente interruzione della connessione con la placenta, l'aumento di concentrazione dell'anidride carbonica nel sangue stimolerà il centro respiratorio dell'encefalo, determinando l'espansione dei polmoni.
Le principali patologie a carico dei bronchi sono rappresentate dalle bronchiti e dalle bronchiectasie.La bronchite è un'infiammazione della mucosa bronchiale, di natura infettiva (per lo più virale o batterica) o irritativa (da inalazione di gas, polveri, fumi ecc.), che può avere i caratteri di affezione eminentemente respiratoria o far parte di un quadro clinico di una malattia più generale (morbillo, tifo ecc.). Può essere localizzata ai grossi bronchi (macrobronchite) o ai piccoli (microbronchite), oppure diffusa a tutto l'albero bronchiale, e può estendersi al tessuto polmonare (broncopolmonite). Sintomo caratteristico è una tosse persistente, associata all'espettorazione di quantità variabili di muco. Si distinguono le forme acute dalla bronchite cronica, in cui l'ipersecrezione da parte della mucosa bronchiale, con tosse ed espettorazione, è presente in modo continuo o recidivante per mesi o per anni. In tali casi, il quadro clinico può evolvere verso un'insufficienza respiratoria di tipo ostruttivo (enfisema). La bronchiectasia è una dilatazione patologica dei bronchi di piccolo calibro e dei bronchioli, causata dalla distruzione delle componenti elastiche e muscolari della parete bronchiale, in conseguenza di una rara malformazione congenita o, più spesso, di malattie respiratorie. Può essere interessato l'intero albero bronchiale o, più di frequente, un singolo segmento. Si hanno bronchiectasie secche, che in genere non provocano disturbi, e umide, con ristagno delle secrezioni; queste ultime, a seconda della loro forma, estensione, dimensione, provocano disturbi di varia entità: dal catarro bronchiale cronico all'emottisi e all'enfisema.
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