BRUEGEL (Brueghel, Breugel, Breughel)
Famiglia di pittori olandesi. Pieter, detto Bruegel il Vecchio, nacque tra il 1526 e il 1531 forse nel Brabante settentrionale, secondo altri a Capine nei dintorni di Brée; morì nel 1563. Della sua infanzia non si sa nulla. Nel 1551 fu ricevuto maestro nella gilda di S. Luca di Anversa. Era stato apprendista presso Pieter Coeck che forse l'occupò in lavori di pittura decorativa a tempera, procedimento usato in seguito dal B. Lavorò poi presso Hieronymus Cock, incisore e venditore di stampe ad Anversa. I suoi maestri erano imbevuti di umanesimo e invaghiti dell'arte italiana. Erano allora già stati abbandonati i caratteri e le tradizioni realistiche della scuola fiamminga, e nelle composizioni religiose si veniva sostituendo un fondo di architettura pomposa al paesaggio in cui i pittori fiamminghi del sec. XV avevano espressa tutta la loro estasi. Ed anche il B. venne in Italia, e due acqueforti con soggetti mitologici furono infatti datate da lui a Roma nel 1553. Ma la sua visita in Italia non ebbe influenza sulle sue opere. Solamente, nei suoi sfondi vi sarà una curiosa mescolanza di ricordi lontani e di paesaggio fiammingo. Egli rimase fedele alla visione realistica dei vecchi Fiamminghi, anzi l'accentuò, e le sue numerose stampe s'ispirarono al folklore fiammingo, evocando scene popolari, illustrando proverbî; e ricordano anche l'immaginazione fantastica e ingenua di Hieronymus Bosch. Piene di scienza e di fantasia, alcune sono molto semplici, fresche d'ispirazione, come le serie di Paesaggi e il Paesaggio composito; altre satiriche, come la Cucina grassa, la Cucina magra, il Combattimento tra i salvadanai e le casseforti, la Strega di Malleghem, l'Alchimista, I pesci grossi mangiano i piccoli; altre sono gravi: Gesù al limbo, la Parabola del Buon pastore, i Vizî, le Virtù, i Proverbî; altre denotano un'osservazione acuta e triste, come gli Epilettici di Molenbeek Saint-Jean, stampa eseguita più tardi, quando il B. operava soprattutto di pittura e la sua arte aveva acquistato ampiezza nuova e accenti tragici.
Il B. dipinse poco ad Anversa, da lui lasciata quando prese in moglie Marie Coeck figlia del suo primo maestro, per stabilirsi a Bruxelles. Quivi negli ultimi sei anni di sua vita, egli diede alla pittura una serie di capolavori di una singolare originalità. Già prima egli aveva dipinto: è del 1558 la tavola I dodici proverbî fiamminghi (collezione Mayer van den Berg in Anversa), molto affine alle stampe; del 1559: Il combattimento tra carnevale e quaresima (Museo di Vienna), I giuochi dei fanciulli (ibid.); del 1562: La caduta degli angeli ribelli (Museo di Bruxelles). Anche questi quadri ricordano Hieronymus Bosch, perché nei due primi manca l'unità di composizione e di colore, e il terzo conserva ancora qualcosa delle diâbleries del maestro di Bois-le-Duc. Ma nella Battaglia tra gl'Israeliti e i Filistei si vede l'arte del B. svilupparsi meravigliosamente. Vengono poi: la Torre di Babele (Vienna), Dulle Griet (coll. Meyer van den Berg), Gesù che porta la croce (Vienna), l'Adorazione dei magi (National Gallery), il Misantropo (Napoli), il Censimento di Betlemme (Bruxelles), la Conversione di S. Paolo (Vienna), Il paese di Cuccagna (coll. Kaufmann a Colonia), Gli storpî (Louvre), la Pica sulla forca (Darmstadt), La parabola dei ciechi (Napoli). Tutte queste opere furono dipinte dal 1563 al 1569. Il trionfo della morte, al Museo del Prado, è certamente anteriore; la composizione vi è più confusa e l'intenzione più complicata e più ingenua. Sono però, senza dubbio, del periodo della dimora a Bruxelles La strage degl'innocenti (Vienna), Il banchetto di nozze, la Kermesse e la Danza dei contadini, tre scene popolari mirabili per movimento, per la pesante grandezza delle forme e per il colore ardente (Vienna). Seguono quattro grandi paesaggi che sembrano avere appartenuto ad una serie dei dodici mesi, probabilmente ordinata dall'imperatore Rodolfo II; Paesaggio invernale, Ritorno della greggia, Giornata triste e La falciatura (i primi tre quadri a Vienna, l'ultimo al castello di Baudnitz). In questì dipinti, come nella Parabola dei ciechi, nel Censimento di Betlemme e nella Conversione di S. Paolo, si può dire che nasca il paesaggio impressionista, cioè la visione della natura soggetta alla sensazione e all'espressione del momento. Sono grandi capolavori, di un realismo che interpreta, intensifica e ingrandisce ogni cosa. Invece, nel Banchetto di nozze, nella Kermesse e nella Danza di contadini il realismo cerca di cogliere il caratteristico. In queste opere, concepite ed eseguite in un tempo di guerra civile e di repressione sanguinosa, si sente un'emozione violenta e quasi la riprovazione, e nondimeno vi è sempre, nel colore, nella luce e nella visione patetica della natura, una segreta gioia, quella stessa che brilla nei Fiamminghi del sec. XV, quella stessa che più tardi si effonde nelle composizioni di Rubens. Il B. rimase fedele alla propria razza, ma non ripeté il passato: le sue composizioni religiose differiscono profondamente da quelle dei Fiamminghi primitivi, non sono altro che scene popolari; i suoi paesaggi esprimono in modo nuovo l'atmosfera, la gradazione della luce. Per aver resistito alla moda, per essere rimasto fedele alla sensibilità della sua razza ed anche alla tradizione, egli non solo può dirsi l'unico pittore fiammingo originale del sec. XVI, ma anche un precursore. (V. tavv. CCXIX-CCXXII).
Pieter Bruegel il Vecchio ebbe due figli: Pieter e Jan. Pieter il Giovane, detto anche "degl'Inferni", nacque circa il 1564, morì nel 1637-38 ad Anversa dove era stato maestro già nel 1585. Imitatore fedele del padre, ma artista assai più debole, ebbe il soprannome da certi quadri, in cui dipinse scene infernali con effetti d'incendio ed altri elementi fantastici; composizioni più artificiali che artistiche. Esempio interessante di questa parte della sua attività è l'Inferno con le figure di Dante e Virgilio, del 1594, nella galleria degli Uffizî. Egli dipinse spesso su rame in formato piccolo. Gli si attribuiscono a ragione varie copie dei più celebri quadri di Pietro il Vecchio (Massacro degl'Innocenti a Bruxelles; Salita al Calvario, a Berlino)
Suo fratello minore Jan, detto "dei velluti", nacque nel 1568, un anno prima della morte del padre; morì nel 1625. Durante una lunga permanenza in Italia (1592-1596) strinse rapporti a Milano col cardinale Fed. Borromeo, il quale rimase sempre protettore di lui e dei suoi. Nel 1596 poi entrò nella gilda di Anversa. Dipinse numerosi paegaggi animati, di carattere decorativo che nondimeno mai non si stacca totalmente dall'osservazione realistica. Da segnalarsi è la collaborazione di Jan B. col Rubens nel Peccato originale nella galleria Mauritshuis a L'Aia.
Jan B. ebbe due figli. Il primo Jan il Giovane, nato nel 1601, morì nel 1678. Visse dal 1622 in Italia, a Milano prima, a Genova poi. Dopo un viaggio in Sicilia fece ritorno in patria nel 1625. Dipinse soggetti sacri e profani con finezza, ma senza molta invenzione, continuando l'arte del padre; con successo, anche quadri di fiori. Suo fratello Ambrosius (1617-75) trattò di preferenza questo genere, ma i quadri suoi si confondono spesso con le opere di Ambrosius Bosschaert (morto nel 1645), maestro d'Anversa e pittore di fiori anche lui.
Jan il Giovane ebbe ben sette figli, di cui cinque esercitarono il mestiere del padre. Di questa generazione ricordiamo Abraham detto il Napolitano (1631-90), valentissimo pittore di fiori. Dopo una lunga permanenza a Roma, si trasferi a Napoli, dove dimorò fino alla morte. Subì fortemente l'influsso di Mario Nuzzi, detto Mario dei Fiori, ed a sua volta contribuì allo sviluppo dell'arte fiorista a Napoli, dov'ebbe una schiera di seguaci (cfr. G. J. Hoogewerff, Nature morte italiane del Seicento e del Settecento, in Dedalo, IV, 1924-25, pp. 710, 718). Abraham era anche commerciante d'arte come risulta con evidenza dalla sua relazione col marchese Antonio Ruffo a Messina. Tra i capolavori di Abraham è notevole la grande tela con fiori, firmata, nella raccolta di Nestore Leoni a Roma, un altro quadro firmato (del 1670) è nel museo di Amsterdam, e uno, del 1671, è a Torino, ugualmente firmato. Un fratello minore di Abraham, Giovanbattista, pittore di nature morte, nato nel 1647 ad Anversa, morì a Roma nel 1719.
Bibl.: Per Pieter B. il Vecchio: Van Bastelaer e Hulin de Loo, Peter Bruegel l'Ancien, son oeuvre et son temps, Bruxelles 1907; C. Bernard, Pierre Bruegel l'ancien, Bruxelles 1908; W. Cohen, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, V; M. I. Friedländer, P. B., Berlino 1921; K. Tolnai, Die Zeichnungen P. B.'s, Monaco 1925; G. Vanzype, Bruegel, Bruxelles 1926; F. Crucy, Les Brueghel, Parigi 1928; K. Tolnai, Beiträge zur Bruegels Zeichnungen, in Jahrb. d. preuss. Kunsts., L (1929), pp. 195-216; G. Glück, A newly discovered Pointing Ay B. the Elder., in The Burl. Mag., LVI (1930), pp. 284-86. - Per gli altri maestri, oltre la monografia già citata di F. Crucy, e gli articoli in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, V; M. Vaes in Bull. de l'Institut historique belge de Rome, VI (1906), pp. 163-224 per molte notizie e documenti riguardanti il soggiorno dei varî Bruegel in Italia.