BRUNELLI
Famiglia di mercanti lucchesi attivi nella seconda metà del secolo XIV. In origine consorti dei Moriconi (come risulta anche dalla residenza in Lucca nelle contrade di S. Quirico all'Olivo e di S. Andrea in Pelleria ove i Moriconi ebbero le loro case), i Brunelli che ci sono noti come mercanti appartengono a due gruppi familiari che, se pure imparentati fra loro, appaiono sempre ben distinti.
Il primo è quello che trae origine dal notaio Tommasino, morto prima del 1327: suo figlio Davinuccio operò prevalentemente a Lucca, come titolare d'una azienda che sappiamo in rapporto con i Rapondi e con i Guinigi e, primo della famiglia, conseguì per due volte l'anzianato nel 1357 e nel 1373. Nel 1368 - alla morte della moglie Chiaruccia - acquistò in S. Giulia un sepolcro destinato anche ai suoi discendenti che, più di due secoli dopo, l'ultimo di questi Brunelli donò per testamento alla compagnia del SS. Crocifisso della stessa chiesa. Sempre in S. Giulia Davinuccio fece costruire un tabernacolo nel 1381, ma né i segni esteriori di devozione, né il fatto d'avere un figlio chierico (la testimonianza è del 1372) gli evitarono nel 1374 una citazione da parte del vescovo di Lucca per pubbliche usure ed estorsioni. Nel 1371-72 era associato con altri tre concittadini "in arte tintorie sendadorum"; nel 1373 muoveva lite a Giovanni Tadiccioni per un debito di 100 fiorini e otteneva il sequestro di sue mercanzie. La morte di Davinuccio sarà probabilmente da fissare poco dopo il 1381.
Più ampie testimonianze possediamo sulle attività mercantili e bancarie, a Bruges, a Londra e a Parigi, dei figli di Cosciarino di Pietro (morto prima del 1361), Piero, Luiso, Nese e Tommasino. Il primo che compaia a Bruges - almeno a a quanto risulta dal Libro della comunità dei mercanti lucchesi in quella città (1377-1404) - è Piero, che nel 1377 vi risiedeva da non molti anni se nel 1370 è attestato ancora a Lucca dove era consigliere della Corte dei Mercanti. Nel 1371 era associato, insieme con i fratelli, a Lando Moriconi; nell'anno successivo il Moriconi era uscito dalla ditta che si intitolava ai soli Piero, Tommasino e Luiso Brunelli. A Bruges Piero era l'unico titolare ("maestro per se medesimo") di una ditta con sede nella città fiamminga e con un fattore, Francesco Vinciguerra, a Londra: questa elementare struttura dell'azienda ci è confermata per il 1378-1381 dalle registrazioni annuali presso la comunità lucchese di Bruges delle "marche" (o "segni") utilizzate dai mercanti. Se ben poco si conosce delle attività bancarie e mercantili di Piero (sappiamo che operò, oltre che a Londra, a Parigi e in Brabante), è, ampiamente testimoniata la sua partecipazione alla vita della comunità lucchese: sebbene ad esempio nel 1377 egli stesso fosse stato multato per non aver presenziato a una messa di S. Croce, si fece promotore l'anno successivo della condanna del compatriota Giovanni Scandaleoni, il cui disprezzo per la comunità sarebbe stato dimostrato dall'assenza alle messe della prima domenica del mese nella cappella dei Lucchesi. Nel 1380 Piero fu uno dei due pacieri della comunità e nel 1382 fu consigliere. A partire dal 1382 si associò Francesco Panichi, i cui interessi aveva già curato l'anno precedente in qualità di procuratore. Dopo l'ottobre del 1383 non si hanno più notizie di Piero e a partire almeno dal 1386 (e fino al 1394) il solo Francesco Panichi continuò la ditta avvalendosi sempre della stessa "marca" che già era stata del Brunelli. Il Panichi non aveva "né compagno né fattore", e in realtà Francesco Vinciguerra lasciò Londra nel 1386 (o 1387), e nel 1391 risultava a Bruges con propria attività mercantile; poco dopo entrò come fattore nella compagnia dei Guinigi. A lunghe e complesse vicende giudiziarie, - non ancora concluse nel 1394, andò soggetta l'eredità di Piero, perché la sua vedova, Caterina, risposatasi con un altro lucchese residente a Bruges, Clais Barbagialla, rivendicò, per sé e come erede di due figlie nate a Bruges, buona parte dell'asse ereditario: ne nacque un conflitto fra le autorità di Lucca e quelle della città fiamminga che ritenevano legittimo avocare a sé una questione che interessava "cittadini burgiesi" o che "borgigìa uzavano" in Bruges. Ciò che qui importa rilevare è che da tutto il contesto della vicenda emerge implicitamente che Piero né aveva lasciato figli, né aveva mantenuto stretti legami con la sua città d'origine.
Forse soltanto nel 1378 (sappiamo fra l'altro che era a Lucca nel novembre 1375) arrivò a Bruges Luiso, fratello di Piero, ma non suo collaboratore; era infatti associato con Matteo Cattani, che risiedeva a Lucca, e con un altro compatriota, Giovanni Franchi, "dimorante in Vinegia" - Già nel 1379, pur conservando la stessa "marca", Luiso si dichiarava "senza compagno né factore" e dimorante "in Brugia, vel Parigi, vel in Londra"; identica era la situazione nel 1380, mentre nel 1381 si ometteva nella dichiarazione qualsiasi accenno a Parigi. Nel 1382 Luiso (che già nel 1380 era stato operaio della cappella di Santa Croce) sostituì il fratello Piero nella carica di consigliere della comunità; nessuna notizia abbiamo invece per il 1383, quando Luiso si spostò probabilmente a Parigi. Nel 1384 egli ricompare a Bruges e nell'agosto è eletto consigliere, in un momento di tale crisi delle attività mercantili lucchesi in Fiandra che di lì a poco si fu obbligati a sospendere l'elezione del nuovo console e dei nuovi consiglieri "perché non ci si trovòe numero di mercanti sufficiente a ciòe poter fare"; nell'aprile del 1386 Luiso era di nuovo (o sempre) consigliere, mentre era console quel Forteguerra de' Forteguerra che appunto nel 1386 (o poco prima) lo aveva accolto come socio nella sua compagnia. Con Luiso era entrato nella compagnia dei Forteguerra, in qualità di socio, anche un terzo fratello, Nese, che risiedeva a Londra, dove forse già negli anni precedenti rappresentava Luiso.
Proprio a Londra Nese andò incontro a una grave disavventura che rivela quanto labile e formale fosse il suddividersi e spezzettarsi in più compagnie delle attività di mercanti e banchieri stretti da fortissimi vincoli di cittadinanza e di famiglia. Nese abitava a Londra insieme con Francesco Vinciguerra che non solo - come si ricorderà - era stato fattore in Inghilterra di Piero, ma era anche cugino dei fratelli Brunelli. Così quando il Vinciguerra nell'autunno-inverno 1386-87 all'improvviso lasciò Londra con tutta la famiglia senza neppure avvertire - come poi sostennero poco credibilmente i Brunelli - Nese, il vescovo di Durham, i cui gioielli erano in pegno presso Francesco Vinciguerra, non esitò a far arrestare Nese. Egli venne liberato - già nel gennaio 1388 era a Bruges - quando la comunità dei mercanti lucchesi nella città fiamminga, investita del caso per sollecitazione di Luiso, chiarì ufficialmente che Nese e Francesco Vinciguerra appartenevano a ditte indipendenti e costrinse il Vinciguerra, che richiese salvacondotto regio, a tornare a Londra per trovare l'accordo con il vescovo di Durham.
Nel 1388 la compagnia dei Forteguerra e dei Brunelli (che continuava ad adottare la "marca" che i Forteguerra usavano almeno dal 1377) era formata dagli stessi soci del 1386, ma non contava più che un fattore a Bruges (rispetto ai tre del 1386, due a Bruges e uno a Londra). Nel 1390, morto o rientrato a Lucca Nese, gli succedeva il quarto dei fratelli, Tommasino, il quale fino ad allora era rimasto a Lucca, dove aveva anche seguito la carriera degli onori sostenendo l'anzianato nel 1378, 1380, 1381, 1383, 1387 e 1389: il successo mercantile in terra straniera corrispondeva puntualmente all'ascesa politica in patria, dove due sole volte prima del 1378 (e cioè come abbiamo visto con Davinuccio di Tommasino) i Brunelli avevano conseguito l'anzianato. Con l'arrivo di Tommasino a Bruges la compagnia dei Forteguerra e dei Brunelli sembra essersi riorganizzata: cambiava la "marca", non vi era alcun fattore a Londra, si apriva una filiale a Parigi (dove andò Iacopo Feci, già fattore a Bruges), divenivano fattori nella città fiamminga Guglielmo da Colle e Giannecchino Micheli. Nel 1391 (uscito dalla società il da Colle) troviamo di nuovo un fattore a Londra, oltre a quello di Parigi.
La tragica morte a Lucca nel 1392 di Forteguerra de' Forteguerra (da poco eletto gonfaloniere) e di suo fratello Bartolomeo consegnò la compagnia interamente nelle mani di Luiso e Tommasino: mutò, sia pur di poco, la "marca" della ditta, venne ritirato, almeno a quanto risulta, il fattore di Londra e si continuò a operare a Parigi. Nel 1393 il fattore di Parigi, che era sempre Iacopo Feci, venne associato alla compagnia, e nel 1394 fu la volta di un altro mercante lucchese residente a Parigi, Salvestro Trenta. Nel 1396 la "marca" venne ancora mutata e si ritornò a quella usata dai Forteguerra fin da prima dell'associazione con i Brunelli; nello stesso 1396 entrò forse in compagnia anche quel Giovanni Franchi, già dimorante a Venezia e nel 1378 associato a Luiso, che sulla piazza di Bruges aveva continuato ad appoggiarsi ai Brunelli. Costoro partecipavano sempre attivamente alla vita della comunità lucchese a Bruges, il cui intervento dovettero ripetutamente sollecitare per la difesa dei loro interessi nelle questioni legate alle eredità di Piero e dei Forteguerra. Nel 1390 Luiso era stato nuovamente consigliere e in occasione d'una assenza aveva surrogato il fratello Tommasino. Nel 1392, nel corso di un soggiorno a Lucca, anche Luiso conseguì la carica dell'anzianato, mentre nello stesso anno Tommasino (che doveva poi assentarsi da Bruges fra il 1393 e il 1395) fu eletto consigliere della comunità.
Mentre Luiso andò a stabilirsi a Parigi incontrando tutta una serie di disavventure giudiziarie conclusesi soltanto nel 1426, parecchi anni dopo la sua morte, a Bruges continuò a risiedere, forse ininterrottamente, Tommasino che ancora vi si trovava nell'agosto 1402. Rientrato a Lucca, ormai molto anziano, doveva essere l'ultimo superstite dei fratelli quando nel 1430 nominò suoi eredi Luiso e Iacopo figli del suo defunto figlio Piero (ancora in vita nel 1413 quando spediva a Parigi "10 libbre di frangie di più colori"). Da Luiso e Iacopo discendono quasi tutti i non numerosi Brunelli (ormai non più dediti alle attività mercantili e bancarie a raggio internazionale) che ancora si incontrano nei documenti lucchesi dei secoli XV e XVI. La loro scomparsa anche dalla vita politica e il matrimonio con un maestro muratore di Ortensia di Bernardino (con cui si era estinta nel 1598 la linea maschile dei Brunelli) testimoniano della decadenza economica e sociale della famiglia, a due secoli dalla breve stagione delle fortune mercantili.
Fonti e Bibl.: Arch. di St. di Lucca, Comune,Corte dei Mercanti, n. 14, c. 3; n. 17, c. 146; n. 82, cc. 10, 30v; n. 83, cc. 7v, 38v; n. 139, c. 154; Lucca, Biblioteca Governativa, ms. 1107: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), cc. 403-408; Carteggio degli Anziani, II, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, passim; L. Mirot, Etudes lucquoises [estr. dalla Bibliothèque de l'Ecole des Chartes], Paris 1930, pp. 10-11, 33, 224; Id., Forteguerra Forteguerra et sa succession, in Bibl. de l'Ecole des Chartes, XCVI (1935), pp. 312, 314, 332; Libro della Comunità dei mercanti lucchesi in Bruges (1377-1404), a cura di E. Lazzareschi, Milano 1947, passim; R. De Roover, La communauté des marchands lucquois à Bruges de 1377 à 1404, in Annales de la Société d'émulation... Bruges, LXXXVI (1949), pp. 23-89.