Brunello Cucinelli
La terza via del cashmere
Un imprenditore che sembra un filosofo e un umanista. Per la sua azienda del lusso ha trasformato un borgo medievale umbro in una città ideale del socialismo utopistico: attento alle persone e all’ambiente, in equilibrio fra etica e profitto. E quest’anno in borsa ha raggiunto quotazioni record.
Lo chiamano il re del cashmere. Brunello Cucinelli, ex indossatore diventato uno dei marchi italiani del lusso più noti al mondo, è oggi il maggiore esponente della nouvelle vague di imprenditori italiani del fashion. La terza via capitalista: un’economia ‘sana’, meno rapace e più attenta alle persone e all’ambiente. Nato nel 1953 in Umbria, a Castel Rigone – un piccolissimo paesino di 400 anime sulle colline del Lago Trasimeno, nel cuore verde d’Italia –, Cucinelli ha lasciato nel cassetto un diploma da geometra e una laurea mai completata in ingegneria. Abbandonata l’università tenta la strada imprenditoriale: la sua intuizione (siamo negli anni Ottanta) è il cashmere colorato. Narra l’agiografia che lo abbia fatto per far contenta l’allora futura moglie, con cui è sposato da 40 anni e che sognava di aprire un negozio e una piccola bottega di maglioni. Oggi la Brunello Cucinelli, azienda che porta il suo stesso nome, è uno delle maison più ricercate nel mondo del lusso: oltre 320 milioni di euro di giro d’affari e quasi 30 milioni di utili, con più di 100 negozi in tutto il mondo. Numeri non da multinazionale globale ma da boutique di artigiani, la filosofia imprenditoriale di Cucinelli. «Un’impresa umanistica nel mondo dell’industria», recita il frontespizio che apre tutte le sue brochure, volumi rilegati a mano che ricordano il piacere della cultura classica per il libro e la carta (la sua lettura preferita sono i Pensieri di Marco Aurelio e alle sue 2 figlie ha regalato per il compleanno una biblioteca di 782 libri, quelli che per Cucinelli ogni persona deve aver letto almeno una volta nella vita). L’azienda occupa un intero borgo umbro (con tanto di teatro e chiesa), Solomeo, alle porte di Perugia, piccolo gioiello architettonico incastonato tra le pietre medievali. Ricorda i falansteri di Charles Fourier e quel socialismo utopistico di fine Ottocento che mirava a coniugare città e campagna. Il connubio tra capitalismo ed etica, che poi è la ‘regola’ benedettina dell’ora et labora declinata nell’epoca dei marchi globali, è il leitmotiv del sessantenne imprenditore e finora pure la chiave del suo successo. Anche mediatico.
Cucinelli ha fatto parlare di sé in tutto il mondo quando 2 anni fa ha regalato a tutti i dipendenti, per Natale, un assegno da 6000 euro, un dono da 5 milioni a Solomeo, mentre fuori infuriavano le polemiche sui mega stipendi e i bonus milionari dei banchieri di Wall Street, responsabili della crisi finanziaria. Cucinelli è figlio della sua terra: si sente l’impronta di san Francesco d’Assisi nel messaggio che l’imprenditore lancia in ogni occasione, con il richiamo se non al pauperismo quantomeno a un’economia ‘garbata’ che non stravolga i valori dell’uomo. L’amore per la cultura classica – rimasero negli annali le sue citazioni di Socrate e Aristotele a Piazza Affari quando quotò la società in Borsa, nel 2012, e scelse una location inusuale, il Museo Diocesano di Milano, tra le icone dell’arte sacra medioevale a lui cara – gli è anche valso una laurea ad honorem in filosofia: finanza ed etica. La fortuna imprenditoriale, suggellata dallo sbarco in Borsa (7,75 euro al debutto, oggi è a 16 euro), è un prodotto di altissima fascia, il superlusso: un mix di qualità della materia prima, tipico gusto italiano e prezzi da boutique per soli milionari. Una formula vincente, soprattutto all’estero, dove Cucinelli fa la maggior parte (l’azienda vende l’80% dei suoi prodotti fuori d’Italia) dei suoi ricavi e utili.
Un borgo tra Medioevo e utopia
Il borgo di Solomeo, edificato tra 12° e 13° secolo su un precedente complesso rurale denominato Villa Solomei, in prossimità della strada che fin dal Medioevo univa Perugia a Castiglion del Lago e a Chiusi, a partire dal 1391, per volontà popolare, venne fortificato con la costruzione dell’attuale castello promossa da Meo Iohannis Cole, proprietario del palazzo maggiore. Il restauro e il recupero funzionale di Solomeo furono avviati nel 1985 da Brunello Cucinelli, quando ebbe bisogno di una nuova sede per la propria attività, recuperando con atteggiamento quasi francescano la spiritualità dei luoghi. A Solomeo sono sorti il Foro delle Arti – con un teatro e un anfiteatro all’aperto, tra giardini e alberi ombrosi – e la Scuola dei mestieri, che comprende 4 indirizzi: rammendo e riammaglio; taglio e confezione; orticoltura e giardinaggio; arti murarie. Si tratta di materie riguardanti sia l’attività imprenditoriale di Cucinelli sia il restauro e l’abbellimento paesaggistico del borgo e del territorio di Solomeo. Il significato della scuola vuole essere un’applicazione significativa del concetto di capitalismo umanistico che Brunello ha ideato e messo in pratica, restituendo nobiltà ai mestieri e, al tempo stesso, anche la fiducia nel futuro ai giovani.