BRUNI, Bruno
Nacque il 7 nov. 1590, molto probabilmente a Civitella del Tronto, dal dottore in legge Brunamonte - che fu podestà di Macerata, di San Severino, di Cingoli e di Matelica - e da Tisbia Trambocca. Nell'ottobre 1605, per iniziativa dello zio paterno, Giovanni, autorevole membro della Compagnia di Gesù, venne accolto nel Collegio Romano. Il 14 ag. 1608 entrò nel noviziato di S. Andrea del Quirinale a Roma, mutando il nome di Brunotto, ricevuto al battesimo, in quello di Bruno; all'appartenenza alla provincia romana della Compagnia fu dovuta probabilmente l'indicazione, comune nelle fonti, della sua nascita a Roma. Ancora novizio espresse al padre Ottavio Novarola il desiderio di recarsi in terra di missione e indirizzò lettere, in tal senso allo stesso generale della Compagnia. Compiuto il periodo di noviziato e completati gli studi di retorica e di filosofia nel Collegio Romano, fu inviato a Firenze a insegnare grammatica e "umane lettere"; dopo tre o quattro anni tornò a Roma, concluse gli studi teologici e fu ordinato sacerdote.
Nel 1623 fu prescelto quale componente del gruppo di gesuiti destinati ad accompagnare Alfonso Mendez, nuovo patriarca, in Etiopia, ove la diffusione del cattolicesimo, favorita dallo stesso imperatore Susenyos, regnante dal 1606, segnava notevoli progressi, suscitando però in molte zone del paese la fiera resistenza del clero copto e della popolazione. Dopo un difficoltoso viaggio, con una sosta nel Mozambico, il B. giunse a Goa verso la fine del 1624 e da qui passò in Etiopia, con il Mendez e altri missionari, nel giugno del 1625.
Per circa tre anni il B. restò nella residenza di Fremona, nella regione del Tigrè, dedicandosi attivamente alla predicazione e all'apostolato, mentre nell'intero paese il cattolicesimo sembrava trionfare con l'adesione ufficiale del sovrano e della famiglia reale (12 febbr. 1626); ma l'intransigenza del Mendez, deciso a imporre, anche con la forza, la riforma delle tradizioni, dei riti e del calendario religioso locale, suscitò un sempre più acceso ed esteso spirito di ribellione che in molte regioni diede luogo a uno stato di guerra aperta contro l'autorità imperiale.
Nel 1628 il B. ebbe l'incarico di fondare una nuova residenza a Nebessié, nella regione del Goggiàm, ove era forte l'opposizione copta e incombeva la minaccia delle incursioni delle tribù Galla. Il B., al quale soltanto dopo alcuni anni fu dato un compagno per aiuto, operò con appassionata energia e con abnegazione, espletando anche funzioni di giudice per incarico dell'imperatore.
Nei tre monasteri, uno dei quali con quasi quattrocento monaci, presenti nella zona affidata alla sua cura pastorale, ristabilì una severa disciplina claustrale, imponendo l'osservanza dei voti di castità e di povertà. Con l'aiuto del sovrano riedificò, essendone insieme l'architetto e il muratore, una antica chiesa, costruita nel secolo XV dalla imperatrice Elena, e la dedicò alla Madonna. Con particolare impegno si dedicò all'istruzione catechistica dei fanciulli e ottenne numerose conversioni, anche fra i notabili della regione. Tuttavia alcune forti resistenze permanevano irriducibili ed il B. fu anche oggetto di un attentato, come egli stesso riferisce nella lettera ai superiori del 30 giugno 1629 (Beccari, XIII, pp. 353-358).
L'opposizione alla politica dell'imperatore Susenyos, favorevole al cattolicesimo, si andava accentuando sempre più in varie regioni del paese e trovò sostegno nella stessa corte presso l'imperatrice ed il figlio Fāsiladas; questi nel 1632, sostenuto da un vasto movimento di reazione anticattolica, costrinse il padre a revocare i provvedimenti a favore della Chiesa di Roma e ad abdicare. Salito al trono, Fāsiladas ristabilì il rito copto e diede inizio ad una persecuzione dei cattolici della quale furono prime vittime i gesuiti, posti al bando dell'impero: il Mendez con la maggior parte dei missionari dovette lasciare il territorio nel 1633.
All'inizio della persecuzione il B. fu tra i missionari che non vollero abbandonare il paese; con i padri portoghesi Pereira e Cardeira si rifugiò nel Tigrè, sotto la protezione del capo locale Giovanni Akai, riuscendo ad esercitare il proprio ministero nella zona di Fremona. All'aggravarsi della reazione anticattolica, si nascose con altri confratelli nelle grotte della regione, insieme con piccoli gruppi di cattolici. Impedito nell'apostolato il B. compose, secondo la tradizione, scritti di argomento religioso e canzoni sacre.
Sul finire d'aprile del 1635, per il tradimento del nuovo protettore, Tecla Manuel, al quale si erano affidati, i missionari furono indotti a lasciare il nascondiglio e a dirigersi altrove, ma vennero scoperti da una squadra che da tempo dava ad essi la caccia: il p. Paez e due altri Portoghesi furono uccisi, il B., gravemente ferito, e il p. Pereira, considerati morti e perciò abbandonati, furono ricoverati in una spelonca e assistiti segretamente dai cattolici. Mentre il compagno morì pochi giorni dopo, il B. si riprese lentamente.
Dopo alcuni mesi si trasferì con il p. Cardeira in un'altra località del Tìgrè, sotto la protezione del potente Za-Mariàm, governatore del Tembièn e genero di Susenyos, rimasto fedele al cattolicesimo. Mentre nel resto del paese proseguiva aspramente la persecuzione dei cattolici, i quali speravano in un aiuto militare proveniente dall'India portoghese e con ciò suscitavano i sospetti e i timori degli Etiopici, il B. e il compagno restavano relativamente tranquilli, protetti da Za-Mariàm, il quale si opponeva recisamente alle ingiunzioni dell'imperatore di consegnare i due gesuiti.
La sorte del B. e del Cardeira era legata ormai a quella di Za-Mariàm attaccato dalle truppe dell'imperatore che riuscirono a stringerlo d'assedio. Pur dopo la morte di Za-Mariàm un piccolo gruppo di cattolici, con alla testa il B. e il padre portoghese, si rifugiò nell'Amba Salam ed ivi resisté per diciotto mesi tra difficoltà sempre crescenti. Ad una ingannevole offerta di pace dell'imperatore, che assicurava loro la possibilità di abbandonare il paese, i due gesuiti lasciarono il loro riparo, ma vennero fatti prigionieri ed impiccati, dopo che si furono vicendevolmente confessati, a Tembièn il 12 apr. 1640. La causa di beatificazione, introdotta nel 1902 anche a favore degli altri gesuiti uccisi in Etiopia in quel periodo, è tuttora pendente.
Fonti e Bibl.: Le fonti principali sulla attività missionaria e sulla morte del B. sono comprese nella raccolta curata da C. Beccari, Rerum Aethiopicarum scriptores, Romae 1903-1917, ad Indicem;si può utilmente consultare anche la Bibliotheca Missionum, a cura di R. Streit e J. Dindinger, XVI, Freiburg 1952, pp. 110 s., che cita analiticamente i documenti della raccolta del Beccari e fornisce altre indicazioni di fonti e di scritti. Fra le prime la Histoire de ce aui s'est passé au Royaume d'Ethiopie és années 1624,1625 et 1626, Paris 1629, e i documenti raccolti da T. Somigli di S. Detole, Etiopia francescana..., I, Quaracchi 1928. Cfr. anche C. Sommervogel, Biblioth. des écrivains de la Compagnie de Jésus, Bruxelles 1890-1900, II, col. 256 (sono citate due lettere del B. pubblicate nella Historia de Etiopia del p. Tellez. Si accenna anche ad una inedita biografia del B. scritta dal p. I. Nappi, ed è segnalata una Breve relatione della gloriosa morte de ipp.Luigi Caldeira,e B. B., odi S. Croce,et altre cose successe in Etiopia nell'anno 1640 e 1641, il cui ms. trovasi alla Bibl. Naz. di Bruxelles, ms. 4169-71); VIII, col. 1937; XII, coll. 128 s.(con notizia di altre lettere edite del Bruni).Sulla storia della missione gesuitica in Etiopia cfr. J. B.Coulbeaux, Histoire polit. et religieuse d'Abyssinie, II, Paris1929; inparticolare sul B.:G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, col. 2185; N. Palma, St. eccles. e civile della regione più settentr. del Regno di Napoli..., V, Teramo 1836, pp. 25-28; E. Martire, Una gloria d'Abruzzo in Etiopia. Il p. B. di S. Croce martire, estratto dalla Riv. del Comune di Teramo, Teramo 1936; Id., Un martire italiano in Etiopia: il p. B. di Santa Croce, in Riv. italiana di st. delle missioni, I (1938): pp. 88-115; A.Lozza, B. B. S. I. martire in Etiopia nel III centenario della sua morte (1640-1940), in Le missioni cattoliche, XLIX(1940), pp. 258-260;A. Troiani, B. B. pioniere di romanità in Etiopia, Teramo 1940;il Lexicon für Theologie und Kirche, II, col. 727, erroneamente dice il B. morto a Goa il18 sett. 1640.