CASINI, Bruno
Nacque a Firenze dal maestro cimatore Casino tra il 1318 e il 1319, come si ricava dalle notizie su di lui tramandateci da F. Villani (p. 31). Nulla sappiamo della prima giovinezza e degli studi: giovanissimo, divenne maestro di retorica e capo di una famosa scuola oratoria.
Certo è, comunque, che l'attività del C. fu strettamente legata a quel particolare clima culturale e a quella specifica tradizione intellettuale della Firenze degli inizi dei Trecento, nettamente segnata dall'influenza di maestri come Brunetto Latini. Nella scuola del C., a carattere pubblico, gli elementi tradizionali dell'insegnamento retorico erano riordinati e reinterpretati in modo originale: non solo, sul piano teorico, il C. esponeva concezioni nuove e personali, ma soprattutto sul piano pratico il metodo era dei tutto diverso da quello dell'epoca. Seguendo le suggestioni ed i precetti ciceroniani, nella sua scuola venivano estremamente curate la dizione e la recitazione delle orazioni, fino ad arrivare, attraverso una autentica ginnastica oratoria, al controllo di ogni singolo gesto o moto dei corpo, cosicché i sentimenti espressi con le parole venissero accompagnati in modo appropriato; lo scopo di questa scrupolosa preparazione era insieme individuale ("... ut per exercitium artis acuerentur ingenia...": Villani, ibid.) e civile: si volevano, cioè, preparare i cittadini del libero Comune di Firenze alla corretta ed efficace espressione nelle pubbliche assemblee, secondo una concezione della retorica che sarà cara ai primi umanisti. Frutto dell'insegnamento del C. fu un De figuris generibusque loquendi in cui venivano esposte le sue idee più originali sull'arte del discorso.
La spiccata personalità ed il prestigio del C. favorirono i suoi contatti con alcuni degli esponenti più importanti del mondo culturale fiorentino. Amico personale del Villani, fu in relazione con fra' Giovanni dell'Incisa, con lo Zenobi, anch'egli maestro di retorica, e con Sennuccio Del Bene, amico e confidente del Petrarca. Il personaggio più importante con cui il C. venne in rapporto fu, comunque, il Petrarca stesso: nel marzo del 1348 questi era di ritorno dalla Provenza diretto alla volta di Roma, ma, in seguito al deteriorarsi della situazione politica che aveva portato al potere Cola di Rienzo, si fermò a Parma, deludendo così le aspettative di tutti coloro che lo attendevano impazientemente a Firenze. Tra questi era il C., che gli scrisse, assieme allo Zenobi e a Giovanni dell'Incisa, una lettera, esortandolo a riprendere il cammino interrotto. La lettera è andata perduta: dalla testimonianza indiretta del Petrarca stesso, possiamo ricostruire che in essa era inserito un componimento metrico in latino, nel quale il C. esprimeva malinconicamente il disappunto di quanti attendevano il poeta; nel carme, inoltre, doveva anche essere un'allusione all'Africa, della cui composizione il C. chiedeva notizia. Il Petrarca rispose il 6 apr. 1348 con una lettera accompagnata da un'epistola metrica intestata in - alcuni codici: "Egregio viro Ser Bruno de Florentia amico Pieridum atque suo"; nella lettera (Familiari, VII, 14) il poeta esprime il suo sconforto per la strage dei Colonna a porta S. Lorenzo (20 nov. 1347), concetto che ribadisce nell'epistola metrica (Epist., III, 10) aggiungendo che la prostrazione gli impedisce ogni lavoro, e in particolare la prosecuzione dell'Africa, da lungo tempo abbandonata. Il Petrarca aggiunge parole di sentita amrriirazione sia per il "carmen egregiuni" del C., sia per il suo non comune ingegno, e anche in un'altra lettera dello stesso periodo ne ricorda in termini elogiativi le composizioni (Familiari, VII, 18).
Il C. aveva appena toccato i trent'anni, quando morì improvvisamente, di peste, nella grande epidemia del 1348.
Fonti e Bibl.: F. Villani, Liber de civitatis Florentiae famosis civibus..., a cura di C. Fulletti, Florentiae 1847, pp. 30 s.; A. Foresti, Aneddoti della vita di Francesco Petrarca, Brescia 1928, pp. 201-07; V. Rossi, Il testo originario di due lettere del Petrarca, in Studi dedicati a Pio Raina, Firenze, 1911; E. Santini, Firenze e i suoi oratori, Firenze 1934, p. 121; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1942, p. 121; G. Billanovich, Studi sul Petrarca in America, in Giorn. stor. d. letter. ital., CXXV (1948), p. 64.