COCEANI (Coceancig), Bruno
Nato a Monfalcone (Gorizia) il 17 dic. 1893 da Pietro e da Antonietta Cosolo, frequentò il ginnasio comunale di Trieste, vivaio del movimento nazionale italiano e, assolti gli studi medi nel 1912, collaborò con Attilio Tamaro ed altri giovani al giornale L'Indipendente di Riccardo Zampieri, di cui sposerà la figlia. Già nel 1913 si espose con un discorso irredentista, pronunciato prima a Zara e poi a Gorizia, dopo di che, per evitare la reazione della polizia, riparò in Italia e si iscrisse all'università di Firenze, dove prenderà la laurea in filosofia. Dall'estate del 1914 s'impegnò nella campagna per l'intervento, con discorsi in varie città, tra cui Padova, dove nel palazzo della Gran Guardia parlò a fianco di Cesare Battisti. In seguito all'entrata in guerra dell'Italia, si arruolò volontario, combattendo sul Podgora e raggiungendo il grado di capitano di fanteria.
A guerra finita, nel 1918 vdnne chiamato dal generale C. Petitti di Roreto a dirigere l'ufficio propaganda del governatorato militare di Trieste e, smobilitato, insegnò lettere latine e italiane nel ginnasioliceo "Petrarca" tra il 1919 e il 1925, dedicandosi nel contempo alla politica attiva. Fu direttore della delegazione locale dell'associazione Trento-Trieste dal 1919 allo scioglimento e partecipò all'impresa di Fiume. Nel 1921-23 ricoprì la carica di presidente della sezione triestina dell'Associazione nazionalista italiana e, con la confluenza di questa nel partito fascista, nel 1923-24 resse la segreteria politica del fascio di Trieste, allineandosi al suo interno con la fazione moderata e conservatrice (legata alla cerchia liberale-nazionale e agli ambienti industriali e finanziari della città), tanto da incorrere nel 1926 nel mirino degli integralisti dai quali fu anche malmenato. Lasciato l'insegnamento, assunse incarichi direttivi nell'organizzazione degli industriali; si prodigò per la ricostituzione della Società di Minerva e della Lega nazionale, in cui svolse funzione di segretario, e fu presidente dell'Università popolare. Podestà di Monfalcone dal 1927 al 1934, diede impulso alla ricostruzione della sua città natale e affiancò Augusto Cosulich nel ripristinare il grande cantiere navale distrutto dalla guerra. Negli anni Trenta rivestì via via le cariche di presidente della Federazione nazionale fascista industriali della pesca (si ricorda a proposito un suo programma di pesca atlantica), di vicepresidente dell'Unione industriali di Trieste, di deputato al Parlamento per la XXIX legislatura.
I suoi interventi alla Camera dei deputati affrontarono questioni riguardanti in prevalenza la pesca e, secondo le circostanze, l'assicurazione generale contro le malattie, la propaganda all'estero, l'università di Trieste.
Nel 1936 fu inoltre nominato commissario ministeriale della Federazione nazionale fascista industriali mugnai, pastai, risieri e trebbiatori, e nel 1939 consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni in rappresentanza delle indústrie della zootecnia e della pesca. La sua attività di pubblicista, oltre al campo politico, abbracciò quello dell'indagine storica, con opere prevalentemente dedicate alle vicende e a figure dell'irredentismo giuliano. Nel 1931 fondò con Federico Pagnacco e Giuseppe Stefani La Porta orientale, rivista di storia, politica e arte, che sotto il profilo ideologico ripropose motivazioni e posizioni di quell'irredentismo intransigente e marcatamente antisiavo confluito nel "fascismo di frontiera" e ospitò anche, dopo le leggi razziali del 1938, articoli e polemiche antiebraiche.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, partecipò volontario alle operazioni in Albania sul fronte del Tomori, con il grado di maggiore. Il 25 luglio 1943 si trovava a Trieste e, nei giorni seguenti, progettò con altri componenti della Compagnia volontari giuliani e dalmati - mai formalmente sciolta nel ventennio fascista e vissuta quasi sempre all'ombra delle organizzazioni del regime - di trasformare l'associazione in un centro direttivo della vita pubblica locale, superiore ai partiti, in funzione d'un blocco nazionale che, a fianco dei militari, doveva operare per la difesa della regione e della sua italianità; progetto destinato a fallire per la decisa opposizione dei democratici, anche all'interno della Compagnia stessa. All'indomani dell'8 settembre, con la conseguente occupazione tedesca, il C., dietro indicazione del consiglio di presidenza dell'Unione provinciale degli industriali, venne nominato prefetto di Trieste da Friedrich Rainer (supremo commissario della zona d'operazioni Litorale adriatico), carica da lui mantenuta fino al crollo della Germania.
In seguito, nel suo volume di memorie Mussolini, Hitler, Tito alle porte orientali d'Italia, respingendo l'attribuzione di collaborazionista, spiegherà i motivi della scelta operata e l'"imperativo di coscienza" che lo condusse a restare nonostante i provvedimenti dei supremo commissario volti al distacco del Litorale adriatico dall'Italia e, più ancora, dopo il crescendo delle atrocità naziste con gravi perdite tra la popolazione di quest'area (per cui il C. fu fatto segno, allora, a un attentato da parte dei partigiani del GAP triestino e riportò una ferita di striscio al torace). In altre pagine imputerà all'ostilità del locale Comitato di liberazione nazionale la caduta d'un suo piano di "blocco nazionale" da costituire in difesa della città con il concorso delle formazioni fasciste repubblicane e della guardia civica al momento del collasso militare tedesco. Questo fronte in funzione antiiugoslava, che avrebbe inevitabilmente significato affiancarsi anche ai Tedeschi, era inaccettabile dal CLN per le ragioni stesse della lotta antifascista condotta dalla Resistenza, e inoltre, se realizzato, esso non avrebbe potuto non suscitare reazioni negative presso gli alleati occidentali e incidere, in modo irreparabile, sulle già compromesse posizioni dei gruppo nazionale italiano nella regione.
Al segnale dell'insurrezione del Corpo volontari della libertà, il 30 apr. 1945, il C. si nascose in casa di amici e, con la successiva occupazione iugoslava della città, riparò oltre Isonzo raggiungendo quindi Roma. Il 22 ott. 1946 la Corte straordinaria d'assise di Trieste l'assolse dall'imputazione di collaborazionismo; la Corte di cassazione confermò poi la sentenza di primo grado. Stabilitosi nella capitale, fece parte del direttivo dell'Associazione degli esuli giuliani e dalmati e fu principale collaboratore di Giuseppe Bottai nella rivista Abc, per la quale, oltre a molti articoli, pubblicò quattro quaderni sulle recenti vicende giuliane dove rinnovò violenti accuse al "ciellenismo" locale e nazionale con argomentazioni e linguaggio spesso simili a quelli della stampa neofascista. Partecipò anche alla costituzione dell'Italia irredenta, sedendo nel consiglio direttivo, sotto la presidenza di Gioacchino Volpe e di Ezio Garibaldi. Negli anni Cinquanta fu a Milano consigliere delegato della Stampa commerciale, editrice del giornale Il Sole, e continuò gli studi sulla storia dell'irredentismo facendo uscire due grosse monografie, mentre con l'opuscolo autodifensivo Trieste durante l'occupazione tedesca entrò in polemica con lo storico democratico Carlo Schiffrer. Tornato a Trieste, riprese le pubblicazioni della Porta orientale, stendendo per essa numerosi articoli, e scrisse in collaborazione con Cesare Pagnini due volumi rievocativi del passato della città.
Morì a Trieste il 16 dic. 1978.
Scritti principali: I volontari di Trieste e della Venezia Giulia, Rocca San Casciano 1919 (in collaborazione con B. Astori), Lo sviluppo industriale della Venezia Giulia, in Gerarchia, VII (1927), pp. 854-867; La rinascita di Monfalcone, Trieste 1932; Monfalcone devota operaia fascista, ibid. 1932; Un giornale contro un impero, ibid. 1932, 1919. L'opera della "Trento-Trieste" nelle terre adriatiche e la spedizione di Fiume, ibid. 1933; Il fascismo nel mondo, Rocca San Casciano 1933; Preludio di guerra. L'azione degli irredenti dalla tragedia di Serajevo al 24 maggio, Trieste 1935; L'opera della Commissione centrale di patronato tra i fuorusciti adriatici e trentini durante la grande guerra, ibid. 1938; La pesca italiana, Roma 1940, Crociera di pesca nell'Adriatico redento, Padova 1942; L'importazione del tonnetto dalla Turchia, Trieste 1943, Mussolini, HitIer, Tito alle porte orientali d'Italia, Bologna 1948; Trieste durante l'occupazione tedesca 1943-1945, Milano 1959; Riccardo Zampieri. Mezzo secolo di lotte a Trieste per l'unità italiana, ibid. 1961; Milano centrale segreta dell'irredentismo, ibid. 1962. In collaborazione con C. Pagnini scrisse infine: Guida sentimentale di Trieste, Trieste 1968, e Trieste della "belle époque", ibid. 1971.
Fonti e Bibl.: Chi è? Dizionario degli Italiani d'oggi, Roma 1940, p. 250; F. Collotti, Politica e storia nella questione di Trieste, Trieste 1949, passim; C. Schiffrer, Trieste nazista, in Trieste. Rivista politica giuliana, novembre-dicembre 1958, n. 28, pp. 13-21; Id., Due vie e due costumi, ibid., maggio-giugno 1959, n-31, pp. 21-27; G. Fogar, Sotto l'occupazione nazista nelle provincie orientali, Udine 1961, passim; T. Sala, La crisi finale nel Litorale adriatico 1944-1945, Udine 1962, passim; G. Fogar, Borghese, C. e la Venezia Giulia, in Il Movimento di Liberazione in Italia, luglio-settembre 1963, n-72, pp. 71-77; E. Apili, Italia, fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), Bari 1966, passim; A. Vinci, Il collaborazionismo nel Litorale Adriatico, in Qualestoria (Trieste), VII (1979), n. 2, pp. 23-41; C. Pagnini, Ricordo di B. C., in Intervento, luglio-ottobre 1979, n. 38-39, pp. 45-54.