DE FINETTI, Bruno
Nacque a Innsbruck (Austria) il 13 giugno 1906 da Gualtiero e da Elvira Menestrina. italiani di cittadinanza austriaca. Si iscrisse nel 1923 al Politecnico di Milano, dove seguì, oltre i corsi obbligatori, il corso di economia tenuto da U. Gobbi che ebbe un grande influsso sulla sua formazione. Già durante il terzo anno avviò ricerche di biologia matematica che presentò al biologo C. Foà, il quale a sua volta le sottopose al matematico G. Vivanti e allo statistico G. Mortara, che ne raccomandò la pubblicazione (Considerazioni matematiche sull'eredità mendeliana, in Metron, V [1926], 1, pp. 3-41). Nel 1925 venne istituito il corso di laurea in matematica nell'università di Milano e il D. ne frequentò alcune lezioni, decidendo quindi di trasferirvisi. Conseguì la laurea in matematica applicata il 27 nov. 1927, discutendo con il prof. G. Vivanti una tesi consistente in una rielaborazione dell'analisi vettoriale in uno spazio affine, e poi pubblicata in parte e con successive rielaborazioni, dietro presentazione di G. Giorgi (cfr. Caratteristica di un'omografia vettoriale, in Atti della Pont. Acc. rom. delle scienze dei Nuovi Lincei, LXXXII [1929], pp. 387-395; Sul comportamento di eλα e sul concetto di omografia stabile, ibid., pp. 364-373; Sulle operazioni dell'analisi vettoriale che non dipendono dalle nozioni metriche, ibid., pp. 221-233; Studio delle omografie vettoriali in relazione alle radici In(α-χ)=0, ibid., pp. 408-417).
Dal 1927 al 1931 il D. lavorò presso l'Istituto centrale di statistica, fondato proprio allora da C. Gini, che ne fu anche il primo presidente. Qui fu preposto all'ufficio matematico del servizio matematico e cartografico di cui era direttore L. Galvani. Nel 1930 conseguì la libera docenza in analisi matematica, ma preferì proseguire nelle sue attività applicative anziché dedicarsi esclusivamente all'insegnamento. Dal 1931 al 1946 lavorò difatti presso le Assicurazioni Generali di Trieste: fu prima membro dell'ufficio attuariale, poi fu addetto allo studio e alla riforma dei sistemi organizzativi, amministrativi e contabili connessi all'introduzione del sistema I.B.M. a schede perforate e, infine, fu nominato responsabile del servizio meccanografico e dell'ufficio razionalizzazione.
Nel 1935 fu incaricato del corso dì calcolo delle probabilità presso l'università di Trieste. L'anno seguente vinse il concorso per la cattedra di matematiche finanziarie ed attuariali presso l'università di Trieste, classificandosi primo, ma non fu nominato, in base alle disposizioni allora vigenti, in quanto celibe. Nel 1944 tenne per incarico il corso di matematica generale presso la facoltà di economia e commercio dell'università di Trieste. Soltanto nel 1950 venne nominato professore ordinario presso la medesima università, con effetto retroattivo dall'anno 1942. Nel 1951-1952 collaborò con M. Picone presso l'Istituto nazionale per le applicazioni del calcolo, da quest'ultimo fondato e diretto. Nel 1954 fu chiamato presso la facoltà di economia e commercio dell'università di Roma. Chiamato nel 1961 a ricoprire la cattedra di calcolo delle probabilità presso la facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali dell'università di Roma, vi restò fino a quando fu collocato a riposo nel 1976.
Ebbe numerosi premi e riconoscimenti. In particolare, il premio Toja dell'Istituto nazionale delle ricerche nel 1939, ancora il premio internazionale per le scienze assicurative istituito dall'Istituto nazionale delle assicurazioni presso l'Accademia nazionale dei Lincei nel 1964, un premio dall'Associazione degli attuari svizzeri nel 1978, un premio della Società francese di statistica (1979). Nel 1980 fu nominato professore emerito dell'università di Roma. Fu membro dell'Istituto internazionale di statistica, "fellow" dell'Institute of mathematical statistics, corrispondente degli Istituti attuariali francese e svizzero, socio corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei, presidente della Mathesis, direttore del Periodico di matematiche, organo della stessa Mathesis.
Mori a Roma il 20 luglio 1985.
Il D. fu autore di quasi trecento pubblicazioni comprendenti articoli scientifici, volumi, opuscoli, articoli divulgativi e di vario genere. La sua produzione, a prima vista eclettica, è centrata invero attorno a una grande unitarietà di pensiero e di atteggiamenti. Centrali per comprendere il pensiero del D. sono due aspetti: il rifiuto di ogni visione astratta fine a se stessa, e quindi un profondo interesse per le questioni applicative, e un impulso ad applicare criteri di rigorosa razionalità e moralità nei riguardi degli eventi e delle azioni umane. Dal primo aspetto discese il suo marcato interesse per gli aspetti applicativi della matematica. Come egli stesso scrisse nella sua Nota biografica: "La propensione di de Finetti alla matematica applicata si rilevò fin dalle sue prime letture spontanee che lo indussero ad interessarsi della matematica intesa più come strumento per applicazioni (fisica, ingegneria, biologia, economia, statistica) e per l'approfonffimento di questioni concettuali e critiche (logica, psicologia, probabilità, implicazioni gnoseologiche), piuttosto che come formalismo o come argomento astratto e assiomatizzato chiuso in se stesso" (p. XVIII).
Del secondo aspetto ci dà ancora lo stesso D. un'efficace descrizione con il suo caratteristico stile vivace e polemico, ricordando come, fin da giovane, seguendo nel 1923 il corso di economia di U. Gobbi, "ne trasse conferma alla sue antiche intuizioni sull'assurdità di un sistema economico che produce fenomeni come "la rendita del consumatore" e le sue conseguenze aberranti: la visuale distorta della logica egoistica del mercato, e dei tornaconto e dell'intrallazzo" (p. XVII). Questo atteggiamento di spiccato senso morale e di incrollabile fiducia nella razionalità come rimedio ai guai della società umana, portò il D. ad accompagnare ai suoi scritti scientifici numerosi interventi polemici dichiaratamente ispirati da una grande tensione alla razionalità, alla moralità ed al progresso (cfr. ad es. Anatema contro la balordologia, in La Rivista trimestrale di scienza politica..., I [1968], 26-27, pp. 92-128; Utopia, as a necessary presupposition for every significant foundation of economics, in Theory and Decision., Dordrecht 1974, pp. 335-342; Contro disfunzioni e storture: urgenza di riforme radicali del sistema, in Lo sviluppo della società italiana nei prossimi anni, Roma 1978, pp. 105-145; Perché è necessario abolire il denaro, in L'Astrolabio, 1978, n. 19, pp. 19-22).
L'ideale del D. appare quello di unire in un grande movimento pragmatista uomini pratici e utopisti. I primi perché ispirati da un sano senso di concretezza, di gusto per la realizzazione, di amore per tutto ciò che è chiaro ed efficace, di ostilità per il contorto, lo sciocco e ciò che intralcia la creatività: sono memorabili le sue battaglie contro la burocrazia che denigrò con neologismi da lui creati, come "burofrenia" e "burosadismo". I secondi perché soltanto nel pragmatismo trovano la via concreta per la realizzazione di grandi ideali.
Va inoltre aggiunto che, per comprendere l'opera del D., è essenziale tenere conto delle sue attività applicative e pratiche (in particolare il lavoro d'ufficio da lui svolto per circa vent'anni), che ebbero per lui sempre fondamentale importanza, sempre essenziali per fecondare l'attività di ricerca scientifica di nuove idee e per lungo tempo ed in varie occasioni da lui preferite all'attività universitaria. Può forse dirsi che il D. godette, per questo suo atteggiamento, di una notorietà e di una stima presso ambienti extrauniversitari di economisti, attuari, statistici e simili, forse maggiore di quella già altissima di cui godeva negli ambienti universitari. Ci limiteremo, al riguardo, a ricordare il lavoro svolto dal 1927 al 1931 presso l'Istituto centrale di statistica, dedicato fra l'altro alla costruzione delle tavole di mortalità del 1921 e alla ricostruzione di quelle precedenti, a calcoli sullo sviluppo futuro della popolazione italiana, ad esperienze sull'interpolazione grafica. Di grande importanza fu il lavoro svolto presso le Assicurazioni Generali di Trieste: l'esperienza qui acquisita gli fu utile a contribuire all'installazione di un calcolatore elettronico presso l'Istituto nazionale per le applicazioni del calcolo all'inizio degli anni Cinquanta. Ancora, va menzionato il suo viaggio nel 1951 negli U.S.A. nell'occasione della fondazione della Association for Coniputing Machinery di Washington, che gli permise di studiare i primi grandi calcolatori elettronici statunitensi.
La produzione scientifica del D. è, come si è detto, molto vasta ed eclettica ed include contributi nei campi della biomatematica e della geometria (cui si è già accennato), ma anche nei campi dell'analisi matematica, dell'analisi funzionale e della fisica matematica. Tuttavia, il campo in cui il D. ha lasciato contributi che gli sono valsi fama internazionale è quello della teoria delle probabilità.
Fra il 1928 e il 1930 il D. pubblicò diversi lavori di carattere sia matematico sia metodologico concernenti il calcolo delle probabilità. Fu nel 1930 che maturò in modo completo quella concezione nettamente soggettivistica della probabilità che lo rese famoso, e nel formarsi della quale ebbe certamente un ruolo decisivo l'interesse del D. per i problemi dell'economia teorica e applicata e delle scienze attuariali. La prima illustrazione discorsiva del punto di vista soggettivista del D. si trova nel saggio Probabilismo: saggio critico sulla teoria delle probabilità e sul valore della scienza, che piacque molto ad A. Tilgher, cui il D. l'aveva presentato e che lo pubblicò nella collana da lui diretta (Napoli 1931). Un altro importante articolo Sul significato soggettivo della probabilità apparve durante lo stesso anno su Fundamenta mathematicae, XVII (1931), pp. 298-329. Seguirono numerosi altri scritti di carattere strettamente matematico o metodologico, finché il D. offrì la prima esposizione completa sia concettuale sia tecnica del suo punto di vista, in cinque conferenze tenute presso l'Institut H. Poincaré a Parigi nel 1935, pubblicate due anni dopo (La prévision: ses lois logiques, ses sources subjectives, in Annales de l'Institut Henri Poincaré, VII [1937], pp. 1-68; trad. inglese Studies in subjective probability, a cura di H. E. Kyburg-H. E. Smokler, London 1964).
In questi studi il D. conduceva una critica radicale di tutte le concezioni oggettivistiche della probabilità e dì tuttì i tentativì di definire (o "pseudo definire", come diceva) il concetto di probabilità. La probabilità è secondo il D. nient'altro che il grado di fiducia nel fatto che qualcosa di atteso (temuto, sperato o indifferente) si verifichi. In tal modo, la probabilità che viene attribuita al verificarsì di un evento non è altro che la misura del grado di fiducia nel suo verificarsi. Ed egli sosteneva che, interpretando così la nozione di probabilità, risulta ovvio che, se si ha una partizione in casi possibili e li si ritiene egualmente probabili, ciascuno ha probabilità m/n e che, riunendo m di essi, si ha un evento di probabilità mln. E cosi, considerando "eventi di probabilità", la previsione del numero di eventi con esito favorevole è np e, inoltre, è molto probabile che la frequenza dei successi risulti prossima alla previsione np. Tutte queste circostanze, ribadisce il D., sono "molto possibili" ma tutt'altro che certe, e osserva efficacemente che la differenza fra "possibile" e "impossibile" o "certo" è assai maggiore di quella tra le probabilità o e la probabilità 1.
Molti anni dopo il D. fece un'esposizione dei fondamenti della teoria della probabilità alla luce della sua concezione soggettivista in un ampio trattato (Teoria delle probabilità. Sintesi introduttiva con appendice critica, Torino 1970, 2 voll.), la cui importanza apparve tale da essere quasi subito tradotto in inglese (London 1974) e in tedesco (Oldenburg 1979). Nella prefazione a questo libro scriveva con drastica efficacia: "La mia tesi, paradossalmente ... è semplicemente questa: "La probabilità non esiste". L'abbandono di credenze superstiziose sull'etere cosmico, su spazio e tempo assoluto ... su fate e streghe, sono stati fatti essenziali nel cammino del pensiero scientifico. Anche la probabilità, se considerata come una cosa dotata di una specie di esistenza obiettiva, è pure un pseudo concetto ingannatore, un tentativo di rendere concrete le nostre personali credenze probabilistiche".
Non è qui possibile ricordare tutta la fittissima produzione matematica del D. nel campo della teoria delle probabilità. Ci limiteremo a ricordare l'antologia in lingua inglese Probability. Induction and Statistics, London 1972. Da menzionare anche la vocc Probability interpretations sulla International Encyclopedia of Social Sciences (1968) c sulla International Encyclopedia of Statistics (1978).
Un altro campo in cui il D. diede significativi contributi fu quello dell'economia teorica e dell'economia matematica. Per quest'ultima vanno ricordati il lavoro Sui campi di ofelimità, in Rivista italiana di scienze economiche, VII (1935), pp. 5-4, e soprattutto il lavoro Sulle stratificazioni convesse (in Annali di matematica pura e applicata, XXX [1949], pp. 173-183), cui si riferi anche G. Debreu nel suo fondamentale Theory of Value (New Haven 1959). L'interesse per questioni matematiche legate alla microeconomia derivò al D. dall'influsso esercitato sul suo pensiero dall'opera di V. Pareto, nonché di J. Von Neumann e O. Morgenstern (si veda I maestri dell'economia moderna, Milano 1970, nonché la raccolta di scritti fra il 1936 e il 1966, Un matematico e l'economia, Milano 1969). Questo influsso si salda con l'idea del D. secondo cui "la direttiva di tutta l'economia, liberata dal dannato gioco e groviglio degli egoismi individuali e di gruppo, dovrebbe essere sempre e soltanto quella di realizzare collettivamente un "optimum" nel senso di Pareto, e, inoltre, ispirato a criteri di "equità" (Nota biografica, p. XIX). I criteri di equità sono necessari senza di che l'"optimum" potrebbe essere "cattivo": la sua definizione astratta consente difatti la coesistenza di situazioni eccellenti per taluni e pessime per altri. Di qui una critica del D. al modo in cui il concetto per lui fondamentale di "optimum" veniva inteso da Pareto.
Un altro importante settore della produzione del D. riguarda l'applicazione della matematica a questioni attuariali, alla statistica delle assicurazioni, alla tecnica organizzativa della pubblica amministrazione.
Una menzione particolare va fatta delle opere e delle attività del D. nel campo dell'insegnamento della matematica. In piena coerenza con le sue concezioni generali egli privilegiava l'approccio "intuitivo" ai problemi matematici piuttosto che quello "astratto" o assiomatico. Per sua stessa dichiarazione, l'opera più espressiva delle sue tendenze nel campo dell'insegnamento è il testo Matematica logico-intuitiva, rielaborazione del corso di matematica generale tenuto alla facoltà di economia e commercio dell'università di Trieste nel 1944 e poi a Roma presso la stessa facoltà nel 1954 (Roma 1959).
Il suo interesse a rendere vivo, concreto, intuitivo e interessante l'insegnamento della matematica si espresse nella fondazione presso l'istituto matematico dell'università di Roma di un "Club matematico" che organizzava conferenze settimanali per studenti di scuole medie e secondarie su argomenti istruttivi.
In qualità di presidente della Mathesis promosse anche gare matematiche con la partecipazione dei giovani primi classificati in gare internazionali.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Corriere della sera, 25 luglio 1985; B. De Finetti, Scritti (1926-1930), Padova 1981 (contiene una Nota biografica e un catalogo generale degli scritti); Chi è ? 1948; Storia della scienza, Torino 1962, I, pp. 573, 644 s.; Un secolo di progresso scientifico italiano, I,sez. A2, Matematica attuariale, Roma 1939, pp. 262, 271, 273, 291, 296, 305, 331; Lessico univ. ital., sub voce.