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MOLAJOLI, Bruno

di Laura Asor Rosa - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)
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MOLAJOLI, Bruno

Laura Asor Rosa

– Nacque a Fabriano il 29 genn. 1905 da Romualdo, orologiaio, e da Rosa Caruso.

Di famiglia umile, primo di quattro figli, dopo aver frequentato a Jesi il liceo classico Vittorio Emanuele II, si iscrisse nel 1923 alla facoltà di lettere dell’Università di Bologna, dove fu allievo di I.B. Supino; nel 1925 si trasferì all’Università di Roma, dove si laureò, il 27 giugno 1928, con il massimo dei voti, discutendo una tesi sul suo concittadino Gentile da Fabriano, poi pubblicata (Gentile da Fabriano, Fabriano 1934) e ancor oggi considerata analisi esemplare della figura dell’artista marchigiano. Chiamato alle armi, fu sottotenente di complemento al comando dell’84° reggimento di fanteria. Nel 1929 vinse una borsa biennale per la Scuola di perfezionamento in storia dell’arte medievale e moderna, divenendo allievo di A. Venturi – che era allora il direttore della Scuola – e di P. Toesca, diplomandosi nel 1931. Apprezzato per i suoi studi su Gentile da Fabriano dal senatore C. Ricci, già direttore generale delle Belle Arti, fu da lui sollecitato a partecipare, nel 1929, al concorso per bibliotecari del Senato, ruolo che ricoprì fino all’aprile dell’anno seguente, quando fu chiamato, con un incarico provvisorio, come ispettore presso la Soprintendenza all’arte medievale e moderna di Ancona, diretta da L. Serra.

Gli anni marchigiani, durante i quali svolse anche attività di docenza presso il liceo-ginnasio C. Rinaldini di Ancona, furono per il M. l’occasione per consolidare il profondo legame con i beni culturali della regione natia.

Il restauro e la valorizzazione dei locali monumenti e opere d’arte furono alla base di numerosi studi e ricerche di quel periodo (Trovamenti e restauri di opere d’arte nelle Marche, in Boll. d’arte, s. 3, XXV [1931-32], pp. 525-531; Restauri di dipinti antichi nelle Marche, ibid., XXVI [1932-33], pp. 384-89; Opere d’arte inedite o sconosciute, Pesaro 1932). Frutto dell’attività svolta a fianco di Serra è la fondamentale catalogazione del patrimonio artistico provinciale (Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, VIII, Provincia di Ancona e Ascoli Piceno; Elenco degli edifici monumentali della provincia di Ascoli Piceno (in collab. con P. Rotondi), Roma 1936, anno nel quale il M. pubblicò la Guida artistica di Fabriano (Fabriano).

Nel 1933 il M. vinse il concorso da ispettore aggiunto alle Antichità e Belle Arti (insieme con Palma Bucarelli, G.C. Argan, M. Pallottino, U. Procacci) e fu destinato alla Soprintendenza alle opere di antichità e d’arte di Bari, diretta da C. Aru, dove ottenne anche la docenza in storia dell’arte al liceo D. Cirillo. Fu trasferito, l’anno seguente, alla Soprintendenza all’arte medievale e moderna di Torino dove, promosso al grado di ispettore (1935), divenne direttore della Galleria Sabauda. Nel 1936 il M. fu nominato provveditore agli Studi di Vercelli.

La legge 768 del 1936, promossa dal ministro dell’Educazione nazionale C.M. De Vecchi, ampliava di settanta unità il ruolo di provveditore agli Studi (tradizionalmente di nomina regionale ma divenuto allora di nomina provinciale) e consentiva a figure estranee all’amministrazione della scuola – ma caratterizzate da «meriti ed attribuzioni eccezionali in relazione ai compiti della carica» – di accedere a una rapida progressione nell’ambito della carriera scolastica, dalla quale venivano poi reintegrate nell’amministrazione di provenienza.

Il M., nominato nel giugno di quell’anno provveditore agli Studi insieme con altri giovani e brillanti funzionari delle Belle Arti (Argan, C. Brandi, R. Bartoccini), a settembre fu trasferito, come ispettore soprintendente di II classe, alla Soprintendenza alle opere di antichità e d’arte di Trieste, dove rimase sino al 1939.

Negli anni triestini il M. curò diversi interventi di restauro e valorizzazione di monumenti e opere d’arte friulane, tra i quali il recupero e lo scavo del teatro romano di Trieste, in collaborazione con l’archeologo V. Macchioro (anni 1937-38: cfr. R. Meng, Impressioni sugli scavi del teatro romano di Trieste, Venezia 1941), il castello d’Issogne in val d’Aosta (1938), la basilica di Parenzo, allora in territorio italiano (La basilica eufrasiana di Parenzo, Parenzo 1939), la mostra di Udine in onore dell’artista friulano Giovanni Antonio Pordenone, nel quarto centenario della morte (Mostra del Pordenone e della pittura friulana del Rinascimento, Pordenone 1939), l’acquisizione ai musei di Trieste della collezione Gazzolini di arti applicate (1939).

Chiamato a dirigere la Soprintendenza alle gallerie della Campania, ruolo che svolse dal 16 luglio 1939 al 24 dic. 1960 (fatta eccezione per il periodo 1° ottobre - 30 nov. 1941, nel quale fu richiamato alle armi), il 29 giugno 1942 il M. si unì in matrimonio a Napoli con Elena Perrone Capano, da cui ebbe tre figli: Maria Gloria (1943), Rosemarie (1949) e Carlo (1950). Durante il lungo e fecondo periodo campano, inaugurato nel 1939 con la Mostra d’oltremare, il M. divenne uno fra gli indiscussi protagonisti della scena culturale locale e nazionale.

Nella fase cruciale del secondo conflitto mondiale (1940-43), coordinò uno straordinario piano di salvaguardia di circa 60.000 opere d’arte partenopee che, destinate a sicura distruzione – Napoli subì in quel periodo più di 100 bombardamenti –, furono tratte in salvo nei conventi di Cava de’ Tirreni, Liveri di Nola, Montevergine e Montecassino. Dopo lo sbarco degli Alleati, il M. riuscì a stabilire un’intensa e proficua collaborazione con il corpo militare americano della Commissione alleata per i beni artistici (Monuments and Fine Arts Sub-Commission) dell’Allied Control Commission (ACC) per l’Italia, con i cui componenti effettuò sopralluoghi e verifiche sul campo al fine di valutare i danni prodotti dall’occupazione nazista prima, dagli Alleati poi, sugli edifici di pregio (si veda la dettagliata descrizione di mano dello stesso M. in Per i monumenti d’arte danneggiati dalla guerra in Campania, Napoli 1944, e Musei ed opere d’arte di Napoli attraverso la guerra, ibid. 1949). Per queste ragioni divenne membro, nel 1947, dell’Associazione italo-americana, nata per contribuire alle relazioni culturali e artistiche tra Italia e Stati Uniti.

Nel 1944 assunse la direzione dei lavori di restauro di circa quaranta edifici monumentali di Napoli, mentre già nel febbraio di quell’anno gli fu assegnato l’incarico temporaneo di soprintendente ai Monumenti per la Provincia di Salerno.

Nel primo periodo post-bellico, il M. si prodigò per la valorizzazione dell’ingente patrimonio artistico napoletano, ottenendo in pochi anni risultati eccezionali: organizzò numerose esposizioni temporanee (fra cui la Mostra di bozzetti napoletani del Seicento e del Settecento …, Napoli 1947) e si dedicò al riallestimento dei principali musei napoletani di arte e storia (Museo di San Martino, Museo duca di Martina alla villa Floridiana, Museo civico Gaetano Filangieri: Il riordinamento dei musei di Napoli (in Boll. d’arte, s. 4, XXXIV [1949], pp. 182-186). Nel 1950 fu nominato soprintendente di I classe.

In quegli anni curò anche la riapertura del Museo Correale di Sorrento, l’istituzione del Museo della badia a Cava de’ Tirreni, il nuovo ordinamento delle collezioni d’arte medievale e moderna del Museo di Capua e, ancora a Napoli, della Quadreria dei Gerolamini. Tuttavia il nome del M. resta indissolubilmente legato all’allestimento del Museo nazionale di Capodimonte, realizzato, grazie ai finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, tra il 1952 e il 1957, con la consulenza di E. De Felice per il progetto architettonico e, per la parte espositiva, di R. Causa e F. Bologna (Notizie su Capodimonte. Catalogo del Museo e Gallerie nazionali, Napoli 1957; Il Museo di Capodimonte, ibid. 1961).

Un decreto, firmato nel 1949 dal ministro della Pubblica Istruzione G. Gonella, destinava l’ex reggia borbonica di Capodimonte a sede della Pinacoteca nazionale, fino ad allora alloggiata nei locali del Museo archeologico. La riqualificazione della «Versailles napoletana», come lo stesso M. la definì, volta alla costituzione di una galleria della pittura napoletana, autonoma rispetto al Museo nazionale, fu basata su innovativi criteri di allestimento, influenzati anche dalle esperienze svolte dal M. nei suoi viaggi di studio all’estero, in particolare negli Stati Uniti; per la qualità delle opere d’arte esposte, per l’efficienza dei servizi aggiuntivi offerti, per la presenza di strutture tecniche al suo interno (laboratori di restauro e fotografia), il museo fu a lungo considerato, in Italia e in Europa, un esempio all’avanguardia. Negli anni seguenti il M. riuscì a reintegrare, a Capodimonte e in altri musei napoletani, importanti collezioni private (De Ciccio, Marino e Perrone; quella del Banco di Napoli fu acquisita nel 1960).

Alla fine del 1960 il M. fu chiamato a ricoprire la carica di direttore generale delle Antichità e Belle Arti, in sostituzione di G. De Angelis D’Ossat. In tale veste, fece parte della commissione parlamentare (nota come «commissione Franceschini»), incaricata di attuare la riforma degli ordinamenti giuridici per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, poi trasformata con la legge 310/1964, e sostenne l’acquisto del complesso monumentale del S. Michele a Ripa di Roma (1966) dove, qualche anno dopo, avrebbero trovato collocazione il ministero dei Beni culturali e ambientali, istituito nel 1974, e l’Istituto centrale del restauro. Nel novembre 1966 assunse l’incarico del restauro degli edifici e delle opere mobili danneggiati dall’alluvione di Firenze (Firenze salvata, Torino 1970).

In quegli anni si dedicò anche al progetto di catalogazione sistematica dei beni culturali italiani in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e l’Università di Roma.

Fu membro dell’United Nations educational, scientific and cultural Organization (UNESCO) e dell’International Council of museums (ICOM). In qualità di presidente per l’Italia dell’International Council of monuments and sites (ICOMOS, organismo fondato nel 1964 come derivazione dell’ICOM) fu, nel 1968, tra i promotori della campagna mondiale di interventi per la salvaguardia di Venezia (Palazzo Labia oggi, Torino 1970; La protezione internazionale del patrimonio archeologico ed artistico, Roma 1972).

Messo a riposo, per raggiunti limiti di età, il 30 genn. 1970, fu incaricato (1972), dalla sezione parigina dell’UNESCO, della sistemazione dei musei della Colombia.

Parallela al ruolo svolto nell’amministrazione statale fu l’attività di docente universitario.

Il M. insegnò restauro dei monumenti e storia dell’arte alla facoltà di architettura dell’Università di Napoli (1945-67), museologia alla Scuola speciale per gli storici dell’arte dell’Università di Pisa (1969-73) e all’Università internazionale dell’arte di Firenze (1974-85). Nel 1978 tenne corsi al Centre international pour la conservation des monuments dell’UNESCO a Parigi e al Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio di Vicenza. Tra il 1970 e il 1985 diresse l’Istituto di studi verdiani di Parma e, dal 1978, fu presidente della Pontificia Accademia dei virtuosi al Pantheon.

Scrisse più di cento tra libri e saggi e innumerevoli articoli per le più importanti testate giornalistiche; fu collaboratore, sin dal 1930, dell’Istituto della Enciclopedia Italiana.

Fu, inoltre, accademico di S. Luca, membro del Consiglio superiore di antichità e belle arti del ministero della Pubblica Istruzione, della Commissione tecnica per la Torre di Pisa, dell’Istituto archeologico germanico, dell’Accademia di archeologia e belle arti di Napoli, della Pontificia Accademia di archeologia e dell’Accademia delle scienze, lettere ed arti di Udine, accademico pontaniano, socio e presidente (tra il 1964 e il 1966) dell’Istituto marchigiano di scienze, lettere ed arti, socio della Deputazione di storia patria delle Marche e dell’Accademia Raffaello di Urbino, membro onorario dell’Accademia britannica e presidente onorario dell’Associazione nazionale musei italiani. Fu anche insignito di prestigiose onorificenze in patria e all’estero.

Il M. morì a Roma il 19 maggio 1985.

Al M., che donò alla città di Napoli parte del proprio fondo librario, è stata intitolata la Biblioteca di storia dell’arte di Castel S. Elmo, inaugurata nel 1993.

Fonti e Bibl.: Necr., in La Repubblica, 21 maggio 1985 (G. Briganti); Restauro, XIV (1985), pp. 35-36 (R. Di Stefano); Il Giornale dell’arte, III (1985), 24, p. 2; A. Schiavo, B. M., in Strenna dei romanisti, XLVII (1986), pp. 644-646. S. Lodovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940), in Enc. biografica e bibliografica «Italiana», Roma 1942, pp. 243 s.; Atti del convegno a ricordo di B. M., Ancona … 1987, in Memorie e rendiconti. Istituto marchigiano Accademia di scienze, lettere ed arti, vol. XXV, t. 3, Memorie (1986-87), pp. 147-174; P. Zampetti, B. M., un esempio, in Protagonisti della cultura storica fabrianese, a cura di G. Castagnari, Fabriano 1987, pp. 205-217; G. Castagnari, B. M., in B. Molajoli, Guida artistica di Fabriano, Fabriano 1990, pp. VII-XVII; Capodimonte. Da reggia a Museo, Napoli 1995, a cura di M. Lucà Dazio - U. Bile, passim; Pinacoteca civica Bruno Molajoli, a cura di F. Marcelli, Fano 1997, p. 33; C. Auria, Note sulla carriera amministrativa di Giulio Carlo Argan, in Le Carte e la storia, 2003, n. 2, pp. 189-202; A. Pampalone, B. M., in Diz. biografico dei soprintendenti storici dell’arte (1904-1974), Bologna 2007, pp. 398-409; Who’s who in Italy 1957-1958, s.v.; Chi è? 1957, s.v.; Annuario dei direttori e ispettori dei musei italiani, p. 126; Enc. Italiana, V Appendice, s.v.; D. Pilati, Il «chi è?» fabrianese, Fabriano 1993, pp. 156 s.; Indice biografico italiano, München 1997, s.v.; Diz. biografico dei Marchigiani, Ancona 2002, s.v.

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