Nardi, Bruno
Dantista e storico italiano della filosofia (Spianate, Lucca, 1884 - Roma 1968). Insegnò storia della filosofia medievale nell’univ. di Roma. Studiò il pensiero filosofico e politico di Dante mettendone in evidenza (contro la tesi di un suo fondamentale tomismo) i rapporti con l’insegnamento di Alberto Magno, con l’aristotelismo averroistico e con motivi neoplatonici; nell’interpretazione della Commedia insistette sul suo significato di «visione profetica». Amplissimi i contributi alla storia della filosofia del Medioevo (in partic. per l’averroismo, di cui ha messo in luce l’assenza di preoccupazioni teologiche nell’interpretazine di Aristotele) e del Rinascimento, in cui ha seguito i vari esiti dell’aristotelismo, soprattutto la fortuna di Sigieri, l’influenza del commento di Simplicio al De anima, la posizione di Pomponazzi. Tra le sue opere si segnalano: Saggi di filosofia dantesca (1930; 2a ed. 1967); Dante e la cultura medievale (1942; 2a ed. 1949); Nel mondo di Dante (1944); Sigieri di Brabante nel pensiero del Rinascimento italiano (1945); Soggetto e oggetto del conoscere nella filosofia antica e medievale (1951; 2a ed. 1952); Saggi sull’aristotelismo padovano dal secolo XIV al XVI (1958); Studi di filosofia medievale (1960); Dal «Convivio» alla «Commedia» (1960); Mantuanitas vergiliana (1963); Studi su P. Pomponazzi (1965); Saggi e note di critica dantesca (1966), in cui fa spicco l’ampia relazione su Filosofia e teologia ai tempi di Dante in rapporto al pensiero del poeta presentata al Congresso internazionale di studi danteschi del 1965; Saggi sulla cultura veneta del Quattro e Cinquecento (post., 1971). Da ricordare anche i saggi La caduta di Lucifero e l’autenticità della «Quaestio de aqua et terra» (1959) e Il punto sull’Epistola a Cangrande (1960), nei quali è affrontato, e risolto negativamente, il problema dell’attribuzione a Dante della Quaestio e dell’Epistola.