BRUNO o Brunone, san
Fondatore dell'ordine dei certosini o cartusiani. Nato verso il 1030 a Colonia, dall'antica famiglia patrizia degli Hartenfaust, venne inviato nella celebre scuola vescovile di Reims. Tornato in patria per ricevere gli ordini sacri col titolo di canonico di S. Cuniberto, ben tosto Gervasio, arcivescovo di Reims, lo richiese per affidargli la direzione della scuola suddetta, a scopo di restituirle quello splendore che godeva al tempo del famoso Gerberto, poi papa Silvestro II. Bruno infatti vide ben presto accorrere alle sue lezioni i giovani meglio promettenti, molti dei quali illustrarono poi la chiesa nelle cariche più eminenti. Con questo suo apostolato, durato 20 anni, istillò nella gioventù ecclesiastica quell'amore delle scienze sacre e delle virtù ecclesiastiche, di cui grande era il bisogno in quei tempi; a questa pacifica lotta seguì poi una guerra aperta e senza quartiere contro vizî detestabili, quali erano la simonia, l'ambizione delle cariche, la mondanità dei costumi.
Il famigerato Manasse, successo (1069) all'arcivescovo Gervasio durante otto anni, seppe nascondere il vero suo animo, e sperando di guadagnare la connivenza di Bruno, lo nominò cancelliere della diocesi (1075). Tuttavia quando si riseppe il patto simoniaco avvenuto tra Manasse e il re Filippo di Francia, la compera, cioè, della dignità metropolitana a prezzo d'oro; quando l'indegno prelato, togliendosi la maschera, inaugurò la lunga serie dei suoi inauditi scandali, sfidando ostinatamente le ammonizioni e censure del papa e del suo legato, l'incorruttibile maestro insorse, con soli due amici, intrepido difensore dei sacri canoni e dell'onore sacerdotale. In questo conflitto Bruno perdette tutto il suo avere, i suoi titoli e prebende; corse inoltre pericolo, oltreché nella sua illibata fama, anche nella sua vita. Infatti quando, in un convegno solenne con Gregorio VII a Roma, l'astuto prelato riuscì con successo momentaneo a convincere il pontefice rigettando ogni colpa sull'"ingrato canonico straniero", allora gli stessi amici piegarono, e B., rimasto solo, non ebbe più tregua in quella diocesi cui aveva dedicato il meglio dei suoi anni (1080). Tornato dunque a Colonia, lasciò di nuovo ben presto questa città, perché richiamato a Reims dopo la deposizione definitiva e l'espulsione del prevaricatore, e quivi per ordine del papa fu reintegrato nelle sue dignità (1081). Con l'appoggio del legato, i canonici di Reims, unanimi, lo vollero loro vescovo. Lo cercarono però invano. B. era scomparso dalla scena del mondo.
Consigliato da S. Roberto di Molesme, futuro patriarca dell'ordine cisterciense, fondava il monastero di Sèche-Fontaine, la cui chiesa venne consacrata l'anno appresso (1082) dal vescovo Ugone di Langres. Trovando però questo luogo troppo vicino alla strada pubblica, l'abbandonò con 6 compagni per inoltrarsi nella solitudine perfetta, e guidato dal suo antico scolaro, il vescovo Ugone di Grenoble, penetrò nel luogo deserto di Certosa (Chartreuse, Alpi del Delfinato) dove il 24 giugno 1084 diede principio a quell'austera vita di solitudine, silenzio, preghiera e lavoro, che doveva esser seguita in appresso da tante anime elette.
Quando Urbano II, anch'esso già alunno di B. nella scuola di Reims, lo chiamò a Roma per valersi dei suoi consigli (1090) la nuova istituzione monastica fu in pericolo. Il santo si recò bensì a Roma; ma invano il papa gli fece dono della chiesa di S. Ciriaco delle Terme, come pure inutilmente gli offriva l'arcivescovado di Reggio in Calabria; Urbano dovette cedere davanti al persistente rifiuto del suo "figlio prediletto", a condizione però che egli rimanesse in Italia. Nel 1091 B. fondava presso l'odierna Serra S. Bruno (Catanzaro) una seconda certosa su terre del conte Ruggero di Calabria; a costui battezzò egli nel 1095 il figlio omonimo, futuro primo re delle Sicilie, e gli salvò cinque anni dopo la vita denunziandogli la congiura di Sergio e di 200 complici, ai quali faceva commutare la pena capitale in servitù perpetua al nuovo monastero. Nel 1100 conferì con Landuino, suo successore nella casa madre, il quale nel viaggio di ritorno cadeva nelle mani dei servi dell'antipapa Guiberto e moriva protomartire del suo ordine. Di lì a poco, il 6 ottobre dell'anno 1101, morì anche Bruno.
Degli scritti di S. Bruno poca cosa ci è pervenuta. Dei suoi studî giovanili, un'elegia latina; del suo insegnamento, il concetto del suo commento ai Salmi e alle lettere di S. Paolo; degli altri anni di vita, una lettera a un amico di Reims (poi arcivescovo di quella diocesi) e ai suoi religiosi della Grande Certosa.
Bibl.: Zanotti, Storia di S. Brunone, Bologna 1741; Tromby, Storia del patriarca S. Brunone e del suo ordine cartusiano, Napoli 1773; Le Couteulx, Annales Ordinis Cartusiensis, Montreuil-sur-Mer 1887; Bohic, hronica Ordinis Cartusiensis, Tornaci 1912; Vie de Saint Bruno, par un religieux de la Grande Chartreuse, Montreuil-sur-Mer 1898; H. Löbbel, Der Stifter des Carthäuser-Ordens, der Heilige Bruno aus Köln, Münster 1869.