PONTECORVO, Bruno
PONTECORVO, Bruno. ‒ Nacque il 22 agosto 1913 a Marina di Pisa da Massimo e da Maria Maroni.
La coppia ebbe altri sette figli, tra cui il genetista di fama internazionale Guido e Gillo, regista del capolavoro cinematografico La battaglia di Algeri (1966). Suo nonno Pellegrino fu esponente di spicco della Comunità ebraica italiana e stabilì a Pisa l’azienda tessile della famiglia gestita poi dal padre. Pontecorvo non fu mai praticante, sebbene la persecuzione ordita dal regime fascista contro gli ebrei abbia colpito la sua famiglia, che fu esclusa da incarichi accademici per effetto delle leggi razziali del 1938.
Bruno Pontecorvo mostrò il suo interesse per la fisica fin da giovane. Conseguita la maturità, si iscrisse alla facoltà di ingegneria dell’Università di Pisa, ma nel 1931 ottenne il trasferimento a quella di fisica della Regia Università di Roma. Sotto la guida di Enrico Fermi, stella nascente nel panorama della fisica italiana, nel 1933 ottenne la laura cum laude e si unì poi al gruppo di ricerca che Fermi aveva costituito, comprendente tra gli altri un amico di Guido Pontecorvo, Enrico Rasetti, il figlio del matematico italiano Ugo Amaldi, Edoardo, ed Emilio Segrè, figlio di un industriale tiburtino.
A Roma Pontecorvo partecipò a studi fondamentali per lo sviluppo della fisica nucleare. Tra il 1932 e il 1934, Fermi e i suoi allievi scoprirono un nuovo metodo per la produzione artificiale di elementi radioattivi fondato sul rallentamento dei neutroni, scoperta che permise a Fermi di vincere il premio Nobel per la fisica del 1938.
Nel corso dei loro esperimenti, i ‘ragazzi di Via Panisperna’ (dal nome della via in cui era locato l’Istituto di fisica) compresero che i nuclei atomici potevano disintegrarsi non solo se colpiti da particelle cariche di elevata energia (come i protoni ad esempio), ma anche in seguito agli urti degli atomi bersaglio con particelle senza carica, ovvero i neutroni, e formare pertanto nuovi elementi radioattivi.
Dal 1933 Pontecorvo ebbe un ruolo chiave nelle verifiche sperimentali del metodo, osservando che l’irradiamento si dimostrava più o meno efficace a seconda delle sostanze in cui avvenivano le reazioni (ad esempio in acqua piuttosto che in un contenitore di piombo). Fermi ne concluse che sostanze contenenti atomi leggeri rallentavano i neutroni in misura maggiore aumentando pertanto il numero degli urti con gli atomi bersaglio.
Pur se le ricerche sui neutroni lenti contribuirono a far apprezzare i risultati del gruppo, anche a livello internazionale, il mancato sostegno finanziario da parte del regime fascista, unito alle leggi razziali (1938), determinarono il suo smembramento. Solo Amaldi continuò a lavorare a Roma, mentre Rasetti, Fermi e Segrè emigrarono all’estero. Pontecorvo dovette abbandonare l’idea di familiarizzarsi con nuove tecniche di laboratorio all’estero per poi tornare a Roma, costretto a cercar lavoro in diversi Paesi del mondo per i successivi quindici anni.
Già nel 1936 il giovane studioso andò a Parigi per studiare con il fisico francese Frédéric Joliot-Curie, genero della famosa Marie Curie. L’esperienza fu particolarmente produttiva grazie soprattutto ai suoi studi sulla fosforescenza e l’isomeria nucleare. Durante il soggiorno parigino Pontecorvo conobbe, inoltre, la svedese Marianne Nordblum. Nel 1939 nacque il loro primogenito Gil e i due si sposarono l’anno successivo, quando l’inizio della seconda guerra mondiale costrinse lo scienziato ad abbandonare l’Europa. Grazie a Segrè che, come Fermi, era già emigrato negli Stati Uniti, Pontecorvo trovò impiego presso la Wells Surveys Inc. di Tulsa (Oklahoma), dedita all’elaborazione di nuovi metodi per la ricerca del petrolio. Con l’esercito tedesco che avanzava verso Parigi, lo scienziato si imbarcò quindi per l’America insieme a sua moglie e il loro figlio. A Tulsa, sulla base delle scoperte realizzate a Roma, Pontecorvo ideò il ‘carotaggio neutronico’, ovvero comprese che sarebbe stato possibile riconoscere le sostanze chimiche (petrolio incluso) presenti negli strati di un pozzo bombardandole con neutroni e registrando poi il grado di radioattivazione.
Nel 1943 Pontecorvo e sua moglie Marianne partirono per il Canada, dove nacquero, nel 1944, il secondogenito Tito Nils e, nel 1945, il terzogenito Antonio. A Montréal, Pontecorvo partecipò allo sforzo alleato in uno dei due progetti di guerra miranti alla costruzione di una bomba atomica.
Nell’ordigno, a seguito dell’esplosione di una carica convenzionale, neutroni liberi scindono i nuclei di un isotopo dell’uranio (235U) o del plutonio (239Pu) liberando pertanto altri neutroni che vanno a colpire altri nuclei in una catena di reazioni di fissione (o scissione) nucleare che produce un’enorme energia.
Fermi e Segrè furono reclutati nel progetto statunitense dal nome in codice Manhattan che mise a punto gli ordigni atomici destinati a porre fine al conflitto con il Giappone con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki dell’agosto 1945. Pontecorvo fu arruolato invece in Tube Alloys, un progetto sponsorizzato dai governi canadese e britannico (con il supporto di quello della Francia libera), che portò alla costruzione del reattore nucleare NRX presso il nuovo laboratorio di Chalk River (nella provincia dell’Ontario). Il reattore era stato concepito per produrre materiale fissile per la bomba atomica, ma entrò in funzione solo nel 1947. Permise tuttavia di verificare il funzionamento dei reattori moderati con acqua pesante (i ‘moderatori’ sono sostanze preposte a rallentare i neutroni che innescano le reazioni di fissione controllata nel reattore). In virtù delle sue conoscenze relative alla fisica atomica (di cui era ora uno dei pochissimi esperti al mondo), nel 1948 a Pontecorvo fu offerto un impiego presso il laboratorio di Harwell (vicino Oxford) dove l’organizzazione nucleare del governo britannico stava costruendo altri due reattori. Pontecorvo accettò la proposta.
Rimase però in Inghilterra solo un anno, visto che nell’estate del 1950 prese la decisione di trasferirsi clandestinamente in Unione Sovietica. L’episodio fu al centro di una controversia internazionale, dato che sparì misteriosamente durante un soggiorno a Roma dove si trovava per le vacanze estive con la moglie e i tre figli. Solo dopo cinque anni di permanenza in Unione Sovietica Pontecorvo ammise di aver passato la ‘cortina di ferro’. La rivelazione confermò le ipotesi più accreditate sulla sua scomparsa, ma non mise fine alle voci sulle ragioni del viaggio, i cui contorni rimangono ancora oggi poco chiari.
Le ricostruzioni più attendibili confermano che il 1° settembre 1950 Pontecorvo e i suoi familiari presero il volo da Roma per Stoccolma. Passarono quindi il confine con la Finlandia in auto e, probabilmente accompagnati da agenti di Mosca, raggiunsero prima Porkkala, una base navale sovietica in territorio finnico, e poi Leningrado (San Pietroburgo). Furono le autorità italiane a denunciare la scomparsa dello scienziato e il 21 ottobre 1950 la notizia fu riportata sui quotidiani di vari Paesi del mondo. Alcuni giornalisti ipotizzarono che Pontecorvo fosse un informatore al servizio di Mosca e altri che fosse stato rapito.
Il 1° marzo 1955 fu lo stesso scienziato a fare chiarezza sull’episodio nel corso di una trasmissione radiofonica che venne poi riportata sui quotidiani russi Pravda e Izvestia. Affermò di lavorare presso il nuovo laboratorio nucleare di Dubna (vicino Mosca) e denunciò le vessazioni dei servizi segreti inglesi nel contesto delle inchieste sullo spionaggio atomico. Queste indagini prendevano le mosse dalla confessione del suo collega ad Harwell, il tedesco Klaus Fuchs, che disse di aver fornito informazioni riservate ad agenti di Mosca rendendo pertanto possibile il primo test nucleare sovietico già nel 1949. L’istruttoria aveva colpito anche Pontecorvo, il quale fu (a suo giudizio) trattato ingiustamente dagli agenti di Scotland Yard.
È stato di recente accertato che i servizi inglesi considerarono la presenza di Pontecorvo a Harwell un rischio per la sicurezza. Nel corso di interrogatori, Pontecorvo negò categoricamente di essersi macchiato dello stesso crimine di Fuchs, ma fu costretto ad ammettere che il fratello Gillo era un militante del Partito comunista italiano (PCI). Proprio per questo motivo, Scotland Yard ritenne necessario che lo scienziato fosse trasferito all’Università di Liverpool. Pontecorvo accettò il trasferimento prima di partire per le vacanze, sentendosi tuttavia ingiustamente perseguitato.
La sua emigrazione in Unione Sovietica fu quindi il risultato di una decisione repentina, probabilmente presa durante il soggiorno in Italia insieme al cugino Emilio Sereni, esponente di spicco del PCI vicino ai vertici del Partito comunista sovietico. Contribuì a una decisione così inaspettata anche il rilievo che i quotidiani diedero, la settimana prima del suo viaggio, alla controversia legale sui diritti per il brevetto sul processo relativo al rallentamento dei neutroni, che opponeva gli ex-membri del gruppo Fermi al governo degli Stati Uniti. Tale contrapposizione faceva apparire Pontecorvo, già al centro dell’inchiesta sullo spionaggio atomico, come intento a sfidare le autorità di Wash;ington per i diritti di proprietà intellettuale relativi al metodo dei neutroni lenti. Questo avveniva inoltre nel contesto delle mobilitazioni pacifiste contro le ricerche e l’impiego di armi atomiche a cui Sereni, la sorella di Pontecorvo (Giuliana Tabet), e il suo ex maestro Joliot-Curie avevano contribuito direttamente nel movimento dei Partigiani della pace.
Il viaggio di Pontecorvo aveva dunque anche un movente politico. Nel corso della trasmissione radiofonica del 1955 lo scienziato invitò i suoi colleghi nel blocco occidentale a mobilitarsi contro la bomba atomica e a non partecipare a nuove ricerche, visto che la corsa agli armamenti stava inasprendo il confronto fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Se a Pontecorvo, una volta in Russia, fosse stato chiesto almeno di riferire sulle sue conoscenze sullo sfruttamento dell’energia atomica rimase invece senza risposta. Il fisico dichiarò nel corso della prima visita in Italia, nel 1978, di non aver mai partecipato a studi relativi ad armi nucleari.
Le pubblicazioni di Pontecorvo del periodo successivo al 1955 rivelano esclusivamente il suo interesse per la fisica delle particelle elementari e le interazioni deboli, ovvero quelle reazioni nucleari riferibili principalmente (ma non esclusivamente) al decadimento dei nuclei atomici che sottende al fenomeno della radioattività. Dopo la sua emigrazione in Unione Sovietica Pontecorvo approfondì in particolare lo studio dei neutrini, particelle la cui esistenza era stata teorizzata già nel 1933 dal fisico tedesco Werner Heisenberg, ma mai verificata sperimentalmente essendo la loro massa impercettibile e non avendo carica elettrica. In Canada Pontecorvo aveva ipotizzato di poterlo fare attraverso un metodo complesso basato sul decadimento di un isotopo del cloro. Dimostrare che i neutrini ne fossero responsabili richiedeva tuttavia quantità elevate di sostanze chimiche (tali ad esempio da riempire una piscina per verificarne gli urti con l’isotopo del cloro attraverso la formazione del suo equivalente di argon). Pontecorvo non effettuò mai l’esperimento, mentre nel 1956 due ricercatori statunitensi, Frederick Reines e Clyde Cowan, verificarono con successo l’esistenza del neutrino.
Pontecorvo continuò tuttavia a contribuire alle ricerche sui neutrini. Concepì ad esempio che il decadimento dei neutrini presentasse un’analogia con quello dei mesoni (un’altra famiglia di particelle subatomiche) e che tale analogia si fondasse sull’universalità delle interazioni deboli già formalizzata nel 1948 dal fisico italiano Giampietro Puppi. Pontecorvo ne dedusse che anche i neutrini costituissero una famiglia di particelle diverse, come fu poi verificato nel 1962 da Mel Schwartz, Jack Steinberger e Leon Lederman del Brookhaven National Laboratory (Long Island, Stati Uniti) con il sincrotrone del loro Istituto. Isolando un fascio di neutrini prodotto nel decadimento di muoni (mesoni η), gli studiosi notarono la discrepanza tra i valori teorici e quelli registrati nell’esperimento, rafforzando pertanto l’ipotesi dell’esistenza di neutrini di tipo differente. Il premio Nobel per la fisica del 1988 fu tuttavia conferito solo ai ricercatori americani anche se il comunicato stampa dell’istituto svedese sottolineò il contributo di Pontecorvo ai loro studi.
Un’ulteriore conferma dell’ipotesi di Pontecorvo venne da uno studio dell’astrofisico americano Raymond Davis jr. grazie a una vasca costruita all’interno della ex miniera di Homestake (nel South Dakota). Attraverso il metodo cloro/argon congegnato da Pontecorvo, Davis verificò una discrepanza tra i neutrini prodotti dal Sole e quelli che raggiungono la Terra e ipotizzò che tale discordanza mostrasse come il Sole stesse esaurendo il suo carburante. Fu invece Pontecorvo, insieme al collega Vladimir Gribov, a spiegarla ricorrendo all’ipotesi che i neutrini solari di origine muonica fossero in ‘oscillazione’ con quelli di natura elettronica e che pertanto solo questi ultimi fossero stati rivelati nell’esperimento.
Dal 1974, proprio allo scopo di verificare l’oscillazione dei neutrini solari, un nuovo laboratorio dotato di una vasca sei volte più grande di quella di Homestake fu costruito a Baksan (vicino al monte Elbrus, nel Caucaso). Tuttavia la conferma giunse solo nel 1998 grazie all’esperimento ideato dallo scienziato giapponese Masatoshi Koshiba nel laboratorio Super-Kamiokande (sotto il monte Kamioka, Giappone). Fu pertanto Koshiba, insieme all’americano Davis, a ricevere il premio Nobel per la fisica del 2002 per la rilevazione dei neutrini solari.
Pontecorvo ebbe invece il premio Lenin del 1963 e divenne inoltre membro dell’Accademia delle scienze dell’Unione Sovietica: i suoi studi sui neutrini ottenevano quindi riconoscimenti nel blocco sovietico, ma non in quello occidentale. In un articolo del 1983 lo scienziato se ne lamentò, ritenendo colleghi e giornalisti di riviste di divulgazione scientifica del ‘mondo libero’ responsabili per aver sottovalutato i suoi meriti. Altrettanto vero è che le severe restrizioni ai suoi viaggi imposte da Mosca non consentirono allo scienziato di far conoscere le sue idee fuori dall’Unione Sovietica.
Il mancato riconoscimento internazionale per i suoi studi, insieme alle restrizioni imposte ai suoi viaggi e il dissenso sulle politiche scientifiche dell’Unione Sovietica (specialmente in relazione allo sviluppo delle armi atomiche), lo resero insoddisfatto della scelta operata nell’estate del 1950, come confessò egli stesso alla giornalista italiana Miriam Mafai nelle interviste che anticiparono la pubblicazione, nel 1992, della sua biografia.
Già affetto dal morbo di Parkinson, Pontecorvo morì a Dubna il 24 settembre 1993.
La biografia della Mafai descrive Pontecorvo come uno scienziato che fece una scelta radicale, fondata su forti convinzioni politiche nei meriti del comunismo sovietico. Ricostruzioni successive hanno messo invece l’accento sulle circostanze che anticiparono il suo viaggio del 1950 e specialmente le preoccupazioni relative alla possibilità di essere incriminato per via delle inchieste sullo spionaggio. Se è dunque vero che Pontecorvo scelse il suo futuro nel ‘comunismo reale’, è oggi altrettanto acclarato che fu una vittima consapevole del suo burrascoso presente, delle tensioni della guerra fredda e delle persecuzioni che ne seguirono.
Fonti e Bibl.: B. P., selected scientific works and recollections, a cura di S.M. Bilen′kiĭ et al., Bologna 1997 (che contiene i lavori più importanti di Pontecorvo compreso il saggio storico che ricostruisce le scoperte sui neutrini: Pages in the development of neutrino physics, già in Soviet Physics Uspekhi, 1983, vol. 26, n. 12, pp. 1087-1108); M. Mafai, Il Lungo Freddo. Storia di B. P., lo scienziato che scelse l’URSS, Milano 1992; S. Turchetti, The P. Affair. A Cold War defection and nuclear physics, Chicago 2012 (di questo saggio esiste una versione precedente in italiano: Il Caso P. Fisica nucleare, politica e servizi di sicurezza, Milano 2007); F. Close, Half life: the divided life of B. P., physicist or spy, New York 2015.