Bruno Pontecorvo
Bruno Pontecorvo, fisico di fama internazionale, nato in Italia e naturalizzato cittadino sovietico, è stato uno dei più importanti collaboratori di Enrico Fermi nella scoperta dei neutroni lenti. Ha operato in Italia solo fino al 1936. Dopo aver lavorato in Francia, negli Stati Uniti, in Canada e in Inghilterra, nel 1950 si trasferisce definitivamente in Unione Sovietica, dove condurrà importanti ricerche sulla fisica delle particelle elementari e sulla fisica del neutrino.
Bruno Pontecorvo nasce a Marina di Pisa il 22 agosto 1913 da Massimo, industriale tessile, e da Maria Maroni. Fra i suoi numerosi fratelli, il biologo Guido (1907-1999) e il regista cinematografico Gillo (1919-2006). Consegue la maturità classica presso il Regio liceo di Pisa (1929). Dopo aver frequentato i primi due anni della Scuola di ingegneria, il 14 maggio del 1932 si trasferisce all’Università di Roma, dove è immatricolato al terzo anno del corso di matematica e fisica. Si laurea il 10 novembre 1933, a soli vent’anni, con 110/110 e lode.
Subito dopo resta presso l’Istituto di fisica, occupandosi di spettroscopia atomica fino agli inizi dell’estate del 1934. Viene quindi coinvolto nelle ricerche sulla radioattività indotta da neutroni, in corso da alcuni mesi a Roma e portate avanti da Fermi, assieme a Edoardo Amaldi, Oscar D’Agostino, Franco Rasetti, Emilio Segrè. Gioca un ruolo importante nella scoperta (20 ottobre 1934) dell’effetto dei neutroni lenti e anche nelle successive ricerche sul loro assorbimento.
Nominato assistente incaricato dal primo novembre del 1934 fino al 28 giugno 1936, il 19 marzo 1936 si dimette per recarsi, con una borsa di studio per l’estero del ministero dell’Educazione nazionale, a Parigi, all’Institut du radium e poi al Collège de France, dove entra in contatto con Frédéric Joliot-Curie (1900-1958). Prosegue con successo gli studi sui neutroni lenti e si occupa dell’isomerismo nucleare, ottenendo importanti risultati. In questo periodo si iscrive al Partito comunista italiano.
Nel 1940, a causa della situazione politica, emigra negli Stati Uniti, dove lavora per due anni presso una società petrolifera sul carotaggio neutronico. Si stabilisce poi in Canada e dal 1943 al 1948 partecipa alla realizzazione di un reattore nucleare di ricerca a uranio e acqua pesante, portando avanti con grande successo le sue prime ricerche sulle particelle elementari.
Nel febbraio del 1949 ritorna in Europa e va a lavorare presso l’Atomic energy research establishment di Harwell (Oxford). Dopo un anno, in piena guerra fredda, decide di trasferirsi in Unione Sovietica. Trova sistemazione a Dubna (vicino a Mosca), presso l’Istituto per i problemi nucleari dell’Accademia delle scienze. Qui continua i suoi studi sulle particelle elementari, dando un forte impulso alla ricerca sovietica con le sue grandi scoperte e con le sue brillantissime idee. Nel 1958 è chiamato a far parte dell’Accademia delle scienze dell’URSS e nel 1961 diventa professore di fisica delle particelle elementari all’Università di Mosca. Per l’attività scientifica svolta, nel 1963 riceve il premio Lenin. Nel settembre del 1978 gli viene concesso il primo visto d’uscita dall’Unione Sovietica e compie la sua prima visita in Italia. Negli anni seguenti le visite si ripeteranno regolarmente. Nel 1981 è nominato membro straniero dell’Accademia dei Lincei. Muore a Dubna il 24 settembre del 1993, stroncato da una malattia contro la quale stava combattendo da molto tempo e che aveva cercato di curare anche in Italia.
Quando, dopo due anni di studi in ingegneria, decide di iscriversi al corso di laurea in fisica, il fratello Guido gli consiglia di andare a Roma dove insegnano Fermi e Rasetti; consiglio che Pontecorvo, presi gli opportuni contatti, seguirà laureandosi in matematica e fisica con una tesi dal titolo Ottica geometrica dell’elettrone e microscopio ad elettroni. Le sue prime attività come «assistente dell’Istituto di Fisica» riguardano la spettroscopia atomica. Le ricerche a Roma nel settore della fisica nucleare non sono ancora pienamente decollate, mentre, invece, è sempre presente l’antica tradizione in spettroscopia. L’argomento viene scelto da Fermi e Segrè e riguarda un fenomeno scoperto recentemente da Amaldi e Segrè e di cui Fermi aveva realizzato la teoria, ossia lo spostamento di alcune righe spettrali degli alcalini in presenza di un gas estraneo. Compito di Pontecorvo è quello di estendere questo studio, che fino allora aveva riguardato solo alcuni gas, al caso particolare del mercurio. Questa ricerca, che Pontecorvo conclude all’inizio dell’estate del 1934, viene presentata all’Accademia dei Lincei dal socio Orso Mario Corbino il 18 luglio 1934 e subito pubblicata nei Rendiconti dell’Accademia. Il 25 marzo del 1934, Fermi, lavorando da solo, scopre la radioattività indotta da neutroni. Questa scoperta sconvolge il panorama delle ricerche sperimentali portate avanti fino a quel momento a Roma, in particolare quelle di Amaldi, di Segrè e di Rasetti, provocando un loro immediato e totale riorientamento verso la fisica nucleare. Solo quelle di Pontecorvo continueranno ancora per alcuni mesi a vertere sulla spettroscopia atomica.
La scoperta di Fermi riguardava inizialmente due soli elementi leggeri: l’alluminio e il fluoro. Poiché i neutroni possono penetrare con facilità all’interno degli atomi, anche di quelli più pesanti, si trattava ora per Fermi di cercare di attivare il più grande numero possibile di elementi. In quest’operazione Fermi si avvale della collaborazione di Oscar D’Agostino (un giovane chimico di Roma), poi di Amaldi e Segrè, e successivamente di Rasetti. Come risultato di questo lavoro di gruppo, entro l’estate del 1934 vengono attivati e studiati oltre quaranta elementi, su sessanta esaminati. In questa prima fase delle ricerche Pontecorvo non viene coinvolto. Sarà chiamato a parteciparvi solo nel settembre 1934, giusto in tempo per diventare uno dei protagonisti più importanti, dopo Fermi, di una scoperta cruciale che verrà fatta di lì a poco, e che assieme a quella della radioattività indotta da neutroni, varrà a Fermi, nel 1938, il premio Nobel per la fisica: quella dell’effetto del rallentamento dei neutroni.
Fino all’estate del 1934 l’attività indotta nei vari elementi era stata classificata in modo qualitativo, con la definizione di forte, media e debole. Tale classificazione, ovviamente, non poteva essere considerata soddisfacente e così, alla ripresa dei lavori, dopo la pausa estiva, viene deciso di stabilire una scala quantitativa di attivabilità. Questo compito viene affidato ad Amaldi e a Pontecorvo, che entra così a far parte del gruppo. Come primo passo, cercano di stabilire le condizioni ottimali di irraggiamento, prendendo come campione ‘un cilindretto di argento’ e la sua attività di 2,3 minuti. Sin dall’inizio, però, si accorgono che è molto difficile riprodurre i risultati. In particolare, secondo quanto scriverà Amaldi, nella camera oscura, dove usualmente si irraggiavano le sostanze, c’erano certi tavoli di legno vicino a uno spettroscopio che sembravano avere proprietà miracolose. Come aveva osservato accidentalmente Pontecorvo, l’argento irraggiato su quei tavoli acquistava molta più attività di quando veniva irraggiato sull’usuale tavolo di marmo nella stessa stanza. Per risolvere il mistero, Amaldi e Pontecorvo decidono di compiere un’indagine sistematica, in cui il cilindretto d’argento viene irraggiato a distanze diverse dalla sorgente, secondo certe geometrie e ponendo la sorgente e il cilindretto sia dentro un ‘castelletto’ di mattoni di piombo spessi 5 cm, sia fuori. I risultati di queste misure mostrano che l’attivazione decresce con la distanza dalla sorgente più lentamente quando l’irraggiamento viene fatto dentro al ‘castelletto’. Pontecorvo sosterrà che sia lui sia Amaldi erano assolutamente sicuri del fatto che l’influenza del piombo fosse reale.
Alcuni giorni più tardi Fermi stesso viene coinvolto nella risoluzione del ‘mistero del piombo’. Egli propone di misurare l’attività indotta nel cilindro di piombo, quando un sottile cuneo di piombo spesso alcuni centimetri viene inserito tra il cilindro e la sorgente. Fermi però decide di misurare la radioattività del cilindro d’argento facendo ‘passare’ i neutroni provenienti dalla sorgente invece che attraverso il cuneo di piombo, attraverso un cuneo di paraffina delle stesse dimensioni, che lui stesso si era rapidamente procurato. Il risultato è molto chiaro: l’assorbitore di paraffina non riduce l’attività, ma la fa decisamente aumentare. Fermi convoca il gruppo e dichiara che, probabilmente, il fenomeno avviene a causa dell’idrogeno della paraffina. In questo modo, con un improvviso cambiamento di programma, viene finalmente scoperto l’‘effetto della paraffina’.
Come mostrano le registrazioni di Fermi raccolte in un quaderno di Amaldi, tutto ciò avviene il 20 ottobre 1934. Il 22 ottobre 1934 la scoperta viene comunicata alla rivista «La ricerca scientifica» con una lettera, firmata da Fermi, Amaldi, Pontecorvo, Rasetti, Segrè. In questa lettera, che rappresenta l’entrata ufficiale di Pontecorvo nel gruppo, viene avanzata per la prima volta l’idea che la causa del fenomeno siano i neutroni lenti, cioè i neutroni rallentati dagli urti contro gli atomi d’idrogeno della paraffina o delle altre sostanze idrogenate, i quali sono più facilmente catturati dai nuclei di quelli veloci.
Il primo a cogliere l’importanza della scoperta è Corbino, direttore dell’Istituto di fisica di Roma. Dopo quattro giorni dalla pubblicazione della lettera nella rivista «La ricerca scientifica», alle ore 12,15 del 26 ottobre 1934, viene depositata al ministero delle Corporazioni-Ufficio della proprietà intellettuale la domanda per il brevetto sul «Metodo per accrescere il rendimento dei procedimenti per la produzione di radioattività artificiali mediante il bombardamento con neutroni». Gli intestatari del brevetto, contrassegnato come Brevetto N° 324458 e registrato poi il 2 febbraio 1935, sono i firmatari della lettera a «La ricerca scientifica», oltre a D’Agostino e Giulio Cesare Trabacchi, direttore del Laboratorio fisico dell’Istituto superiore di sanità che, sin dalle prime esperienze di Fermi, aveva fornito le sorgenti di neutroni. Il suggerimento di Corbino è formidabile. Il brevetto verrà prima ottenuto in Italia e poi esteso ad altri Paesi e si mostrerà molto utile per gli inventori, in particolare quando i neutroni lenti incominceranno a essere sistematicamente utilizzati, soprattutto per l’energia nucleare e per la produzione di nuovi isotopi radioattivi.
Per Pontecorvo, aver collaborato in una posizione di primo piano alla scoperta dell’effetto del rallentamento dei neutroni, pur essendo l’ultimo arrivato nel gruppo, era stato certamente un grande successo. Non a caso dal primo novembre 1934 fino al 30 giugno del 1935 viene nominato assistente incaricato presso il Regio istituto di fisica dell’Università di Roma, e confermato l’anno successivo, fino al 28 giugno 1936. Dopo la scoperta dei neutroni lenti, il ruolo di Pontecorvo all’interno del gruppo diventa sempre più importante. Il 7 novembre 1934, sul problema dei neutroni lenti, viene inviata a «La ricerca scientifica» una seconda lettera. Questa volta ha solo tre firme, Fermi, Pontecorvo, Rasetti, e rappresenta un grandissimo riconoscimento per l’‘assistente’ Pontecorvo, che si trova da solo in mezzo ai due professori del gruppo. In questa lettera vengono comunicati i risultati di alcuni esperimenti fatti per verificare delle questioni aperte, tutte poi confermate, ovvero se l’azione delle sostanze idrogenate è dovuta effettivamente alla diffusione e al conseguente rallentamento dei neutroni, e se i neutroni lenti, essendo così efficaci nell’attivare le sostanze, sono anche molto assorbiti. Da quest’ultima indagine, che Pontecorvo proseguirà da solo, risulteranno enormi disparità nel potere assorbente dei vari elementi per i neutroni lenti, dove il potere assorbente è indicato per mezzo di una sezione d’urto per ogni atomo.
L’inserimento di Pontecorvo nell’attività di gruppo non riguarda però solo i neutroni lenti, ma è globale. Il suo nome, infatti, è presente anche nelle ultime quattro lettere sull’attivazione dell’intera tavola periodica, inviate tra il 6 dicembre 1934 e il 14 giugno 1935 a «La ricerca scientifica» e firmate da tutti i componenti il gruppo, come pure nel lavoro conclusivo inviato ai «Proceedings of the Royal society» il 15 febbraio 1935. Fermi, nella sua Nobel lecture, ringrazierà tutti i suoi collaboratori, compreso Pontecorvo, nello stesso modo, in ordine alfabetico, noncurante della loro posizione accademica o della loro anzianità. È questo per Pontecorvo un grandissimo riconoscimento.
Dopo la pubblicazione della seconda lettera a «La ricerca scientifica» sull’azione delle sostanze idrogenate, viene avviata a Roma un’indagine sistematica a cui partecipano tutti i componenti del gruppo con compiti diversi. Pontecorvo si occupa del comportamento dei neutroni lenti, pubblicando nell’aprile del 1935, su «Il Nuovo Cimento», a solo suo nome, l’articolo Sulle proprietà dei neutroni lenti.
Attraverso alcuni esperimenti approfondisce una serie di questioni in parte già affrontate nella lettera firmata con Fermi e Rasetti, e riguardanti l’efficacia dei neutroni lenti, la loro diffusione nelle varie sostanze e la loro energia e interessandosi anche all’effetto di sostanze non idrogenate.
All’inizio delle vacanze estive del 1935, una serie di circostanze fa sì che il gruppo di Roma di fatto si sciolga. Rasetti si reca negli Stati Uniti, alla Columbia university per restarci almeno un anno; Segrè va negli Stati Uniti, e al suo rientro, alla fine dell’estate, si trasferisce all’Università di Palermo dove, nel frattempo, ha vinto la cattedra di fisica sperimentale; D’Agostino trova una sistemazione all’interno del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche). A Roma restano soltanto Fermi, Amaldi e Pontecorvo.
Pontecorvo continua a occuparsi dei neutroni lenti, e nella seconda metà di settembre del 1935 pubblica su «La ricerca scientifica», di nuovo solo a suo nome, l’articolo Ricerche sugli assorbimenti dei neutroni lenti. L’argomento è di estrema attualità e riguarda l’assorbimento selettivo dei neutroni lenti da parte dei vari nuclei, scoperto recentemente da John R. Tillman e Philip B. Moon e comunicato a «Nature» il 13 luglio 1935 (Selective absorption of slow neutrons, 136, pp. 66-67). Pontecorvo misura la sezione d’urto per i neutroni lenti di alcuni assorbitori, utilizzando come rivelatore, oltre che una lastrina di rodio, come aveva fatto in precedenza, anche lastrine di vario materiale, e ottiene risultati che confermano l’esistenza di assorbimenti selettivi per i neutroni lenti. Subito dopo, Fermi e Amaldi avviano uno studio sistematico sull’assorbimento selettivo dei neutroni lenti, poi esteso anche alla loro diffusione e al loro rallentamento. I risultati verranno pubblicati in una serie di sei lettere a «La ricerca scientifica» inviate tra il 15 novembre 1935 e il 14 maggio 1936 e in un articolo conclusivo sulla «Physical review» del 15 novembre 1936.
Stranamente Pontecorvo non collabora con Fermi e Amaldi a queste ricerche, neppure nella loro fase iniziale. Il suo lavoro viene comunque citato assieme a quelli di Tillman e Moon e di altri. Collaborerà, invece, con Gian Carlo Wick, sulla diffusione dei neutroni lenti, realizzando insieme al giovane fisico teorico e assistente di Fermi, nel caso di alcuni nuclei medi e pesanti, una serie di esperienze analogamente a quanto veniva fatto da Fermi e Amaldi e in completa autonomia. I risultati raggiunti verranno riportati in due articoli, a nome di Pontecorvo e Wick, inviati a «La ricerca scientifica» rispettivamente il 29 febbraio 1936 e il 15 marzo 1936. Pochi giorni dopo l’invio dell’ultimo articolo Pontecorvo, in anticipo rispetto alla scadenza del suo incarico, si dimette dall’Università di Roma e mai più ne farà parte.
Con una borsa di studio per l’estero e preceduto da una lettera di presentazione di Fermi a Joliot in cui viene detto che Pontecorvo è interessato a imparare nuove tecniche sperimentali, il 19 marzo del 1936 si presenta a Parigi. Vi continua i suoi studi sui neutroni lenti e si interessa all’isomerismo nucleare. Ottiene ottimi risultati, tra cui la creazione di isomeri beta-stabili, che gli varranno una borsa di studio Curie-Carnegie rinnovata per ben tre anni. Nel 1937 ha la possibilità di tornare a Roma, ma decide di restare a Parigi. Qui Pontecorvo ha scoperto la politica e non può più rinunciarvi. Frequenta, oltre che i coniugi Joliot-Curie, dichiaratamente comunisti, moltissimi antifascisti fuorusciti dall’Italia, tra cui suo cugino Emilio Sereni, esponente di rilievo del Partito comunista, e diventa anche lui comunista.
Nel 1940, quando anche in Francia i comunisti vengono messi fuori legge, emigra in America, dove resterà per sette anni (due negli Stati Uniti, gli altri in Canada). Negli Stati Uniti inventa una brillante tecnica di sondaggio dei pozzi di petrolio, il carotaggio neutronico, fondata sui neutroni lenti. In Canada, oltre che a dare un importante contributo alla realizzazione del reattore nucleare di Chalk River, stabilisce alcune proprietà essenziali del muone, intuisce la simmetria muone-elettrone, fondamentale per la sua successiva elaborazione della universalità delle interazioni deboli, e inventa un metodo per rivelare i neutrini solari basato sulla trasformazione di cloro in argon che sarà poi usato da Raymond Davis. Molto probabilmente, a causa della sua fede comunista e della sua amicizia con Joliot, non viene chiamato a far parte del Manhattan project sugli armamenti nucleari.
Quando, a guerra ormai finita, nel febbraio del 1949 torna in Europa e si trasferisce in Inghilterra, ad Harwell, presso l’Atomic energy research establishment, il clima di ‘caccia alle streghe’ è molto pesante e lo coinvolge personalmente. Dopo un anno, quando ormai la diffidenza nei suoi confronti è crescente, lascia Harwell, in vista del trasferimento all’Università di Liverpool, dove gli è stata offerta una cattedra. Invece, il 1° settembre 1950, di ritorno da una vacanza in Italia, si trasferisce con la famiglia in Unione Sovietica, consapevole di fare una scelta irrevocabile.
A Dubna, dove viene subito accolto e dove passerà il resto della vita, ha a disposizione un ciclosincrotrone da 480 MeV, appena costruito e in quel momento il più potente del mondo, con il quale condurrà importantissime ricerche sulla fisica delle particelle elementari e sulla fisica del neutrino. In particolare, riesce a osservare per la prima volta la produzione dei pioni neutri nei protoni e nei nuclei sotto l’azione dei neutroni, studia l’interazione dei pioni con i nucleoni e i nuclei e la produzione in coppie di particelle strane nelle collisioni nucleone-nucleone, si occupa delle interazioni deboli, in particolare dei neutrini, cercando una loro possibile interazione anomala con i nucleoni e dando un apporto determinante alla soluzione del problema dell’esistenza di due tipi di neutrini, quello elettronico e quello muonico; si occupa anche di problemi di astrofisica, sempre legati al neutrino, introducendo la famosa idea delle oscillazioni del neutrino e della possibilità di vederle attraverso i neutrini solari.
Le ipotesi, spesso avanzate, che Pontecorvo possa aver trasmesso all’Unione Sovietica i segreti della bomba atomica americana oppure che abbia collaborato alla costruzione della bomba termonucleare sovietica si sono mostrate completamente infondate nel momento in cui si è venuti a conoscenza del programma nucleare dell’URSS e della completa esclusione di Pontecorvo da qualsiasi progetto militare segreto, sia esso americano o sovietico. Di certo Pontecorvo ha contribuito al progresso della fisica in URSS, però non attraverso queste strade, ma decidendo, da comunista convinto, di mettere al servizio di questo Paese le sue competenze di scienziato.
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