SCHULZ, Bruno
Scrittore polacco, nato a Drohobycz il 12 luglio 1892 e qui assassinato dalla Gestapo, nel corso di un rastrellamento, il 19 novembre 1942. Figlio di un negoziante di tessuti ebreo, tra il 1910 e il 1914 intraprende a Leopoli ma non termina gli studi di architettura; dal 1924 al 1941 è insegnante di disegno e lavori manuali nel ginnasio della natia Drohobycz, piccola cittadina della Galizia austriaca (oggi Ucraina sovietica). Due volumi di racconti, Sklepy cynamonowe (1934, trad. it. Le botteghe color cannella, Torino 1970) e Sanatorium pod klepsydrâ (1937, trad. it. Il sanatorio all'insegna della clessidra, ivi), pochi schizzi critici e pagine di prosa apparsi su riviste, i frammenti di una ricca corrispondenza, Ksiéga listòw (1975, trad. it. Lettere, Milano 1979), costituiscono tutto il patrimonio letterario superstite di S., considerato oggi, insieme con W. Gombrowicz (v. in questa App.) e S. I. Witkiewicz (v. in questa App.), di cui fu amico, uno dei maggiori scrittori della moderna letteratura polacca. La sua opera è tutta intessuta sui ricordi di un'infanzia trasfigurata in una proiezione fantastico-mitica, al cui centro troneggia la figura demiurgica del padre-mercante, sapiente e mago. Sia l'influsso della tradizione modernista che dell'opera di Kafka, di cui S. tradusse nel 1936 Il castello, confluiscono in una prosa originalissima, oscillante fra la deformazione grottesca della realtà di tipo espressionista e la visione onirica surrealista.
Bibl.: J. Ficowski, Reginy wielkiej herezji ("Le regioni della grande eresia"), Cracovia 1967; A. M. Ripellino, Intr. a B. S., Le botteghe color cannella, cit.; J. Speina, Bankructwo realnósci. Proza B. Schulza ("Il fallimento della realtà. La prosa di B. Schulz"), Varsavia 1974.