STORTI, Bruno
– Nacque il 9 luglio 1913 a Roma da Ferdinando e da Ida Calvellini.
Entrambi i genitori erano di origine toscana, fiorentino il padre e senese la madre. Il padre, dipendente del ministero della Marina, garantiva condizioni economiche familiari modeste ma dignitose, nel segno di un’appartenenza alla piccola borghesia. Nel 1911 nacque il primo figlio Vasco che morì nel 1938.
Benché cattolico e «credente convinto ma poco praticante anche da giovane» (Storti, 2013, p. 21), Storti si formò al di fuori dei circoli dell’associazionismo cattolico. La mancanza di questa esperienza formativa lo rese sostanzialmente «estraneo alle vicende del cattolicesimo sociale tra le due guerre» (Ciampani, 1997, p. 463) a differenza di molti di coloro con cui, nei primi anni del secondo dopoguerra, condivise l’attività politica e sindacale.
Nonostante la condizione economica poco agiata, frequentò a Roma il liceo classico Mamiani. Sviluppò presto una forte passione per lo sport e per il calcio in particolare, giocando anche nelle giovanili della Lazio, squadra di cui era sostenitore. Una volta diplomatosi si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università La Sapienza, laureandosi nell’anno accademico 1934-35. Chiamato a svolgere il servizio militare in qualità di alpino, nel gennaio del 1936 si imbarcò da Napoli per l’Africa orientale. Qualche giorno prima di partire manifestò tutto il suo ardore e il convinto sostegno alla causa fascista nella campagna d’Etiopia, scrivendo ai familiari: «si va per compiere una sacra missione e anche voi dovete essere fieri che vostro figlio sia tra i partecipanti» (Storti, 2013, p. 26). Con il passare del tempo i toni diventarono meno enfatici e subentrò il desiderio di rimpatrio. Il congedo arrivò nell’aprile del 1937 coronato da un duplice riconoscimento: la croce al merito di guerra e la medaglia commemorativa con gladio romano.
Il 1° agosto 1939 vinse il concorso per entrare nel personale del ministero della Difesa marina con la qualifica di vicesegretario, entrando in ruolo il 1° febbraio 1940. Il 29 novembre dell’anno successivo sposò Maria Fioretti, ragazza romana di tre anni più giovane di lui. Dal matrimonio nacquero, il 17 novembre 1942, la primogenita Annelisa (italianizzata all’anagrafe in Annalisa) e, il 1° giugno 1946, Claudio.
La svolta nella vita di Storti avvenne dopo gli avvenimenti del settembre del 1943 con il rifiuto di trasferirsi al Nord agli ordini della Repubblica sociale italiana, scelta che ne fece un disertore in fuga dalle autorità nazifasciste. Con la liberazione di Roma, nel giugno del 1944, s’impegnò nell’attività sindacale aderendo alla Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL) unitaria. Un esito tutt’altro che scontato per un uomo che, a quanto riportato dalle memorie familiari, non aveva mostrato sino ad allora alcun particolare interesse per la politica e per l’attivismo sociale. Le difficoltà non dovettero essere poche se, dopo la nascita del secondo figlio, fu costretto a trovare un lavoro come contabile di una piccola azienda. Nel direttivo confederale della CGIL fu eletto nel giugno del 1947 tra gli undici rappresentanti della corrente democristiana. Contemporaneamente avviò anche la sua militanza politica, iscrivendosi sin dal 1944 alla Democrazia cristiana. In entrambe le organizzazioni si affiliò al gruppo capeggiato da Giulio Pastore. Lo seguì e lo sostenne nella scelta della scissione sindacale del 1948 seguita all’attentato a Palmiro Togliatti, che portò alla costituzione della Libera CGIL – assumendo un ruolo direttivo nella Federazione italiana libera degli statali – e, nel 1950, alla nascita del ‘sindacato nuovo’ della Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL).
La fiducia nella leadership di Pastore si espresse anche sul piano politico con l’adesione alla corrente di Forze sociali, che univa personalità provenienti dalla CISL e dalle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani), organizzazione quest’ultima di cui fu a lungo consigliere nazionale. A partire dal IV Congresso del partito (1952), fu eletto nel consiglio nazionale della DC, venendovi confermato nel V (1954) e nel VI (1956). Nella CISL iniziò una veloce carriera che lo portò alla segreteria confederale come quinto eletto al I Congresso nazionale (Napoli, 11-14 novembre 1951) e, successivamente, a segretario generale aggiunto dopo l’improvvisa morte di Luigi Morelli. La conferma in questo ruolo avvenne con il V Congresso (Roma, 23-27 aprile 1965) in cui risultò il più votato dopo Pastore.
Dopo aver fallito un primo tentativo di elezione al parlamento nel 1953, divenne deputato nella III legislatura repubblicana (1958-63). Nello stesso anno fu membro del Consiglio nazionale dell’economia del lavoro (CNEL) in rappresentanza dei lavoratori dell’industria. Sempre nel 1958 Pastore venne chiamato alla guida del ministero per il Mezzogiorno e si dimise da segretario generale della CISL; in attesa del nuovo congresso, Storti svolse le funzioni di segretario pro tempore. Tra il 19 e il 22 marzo 1959 si tenne a Roma il III Congresso cislino che lo consacrò alla segreteria. Iniziò così una lunga stagione alla guida del ‘sindacato nuovo’ che lo vide protagonista per 18 anni.
In questi anni i suoi incarichi si moltiplicarono. Alla Camera venne confermato nella IV legislatura (1963-68) e nella V, che tuttavia interruppe dopo appena un anno per la scelta cislina sull’incompatibilità tra cariche politiche e sindacali. Fu sempre assegnato alla Commissione lavoro, assistenza e previdenza sociale, cooperazione mentre, tra il 18 giugno 1959 e il 15 maggio 1963, fu anche rappresentante nell’assemblea parlamentare europea. Nel frattempo confermò l’incarico nel consiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), assunto sin dal 1956 e, dall’anno successivo, la vicepresidenza dell’Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni (ENPI). Dopo la prima elezione in Parlamento entrò nella giunta esecutiva del Comitato nazionale per la produttività presieduto da Ivan Matteo Lombardo e dal 1961 fu membro del Bureau international du travail, segretariato permanente dell’Organisation internationale du travail.
L’attività sindacale lo assorbì in modo totale. Il figlio Claudio ha affermato che la CISL era il luogo in cui emergeva in modo autentico la sua natura, la sua predisposizione al comando, il suo essere «competitivo» e «aggressivo», caratteristiche che non apparivano invece in famiglia (Storti, 2013, p. 15). In molti gli hanno riconosciuto una notevole capacità oratoria, una grande abilità politica e un forte pragmatismo.
Nell’assumere il ruolo di segretario generale, proseguì fondamentalmente sulla strada tracciata da Pastore e Mario Romani con l’espansione del modello del ‘sindacato nuovo’, fondato sulla rivendicazione della laicità, dell’autonomia (dalla DC o dal governo), della politica contrattuale e dell’aziendalismo come tratti caratteristici della peculiarità cislina. L’affermazione e l’evoluzione di questo modello hanno conosciuto non poche difficoltà interne, ma è su questa base che Storti intese ragionare in termini di unità democratica dei lavoratori, cercando l’interlocuzione dell’Unione italiana del lavoro (UIL) e guardando al processo di revisione interno al mondo socialista. Il pieno appoggio alla politica di centro-sinistra guidata da Aldo Moro venne motivato con la convinzione che questa organica alleanza potesse finalmente realizzare «l’equa ripartizione dei frutti del cosiddetto miracolo economico italiano» (Una democrazia più valida e concreta, in Impegno sociale, 1963, n. 1, p. 4).
Un anno importante fu il 1965. Al V congresso della CISL (Roma, 22-25 aprile) fu confermato alla segreteria mentre nel luglio venne eletto all’unanimità presidente dell’International Confederation of free trade unions, l’organizzazione internazionale dei sindacati non comunisti, tra i quali i potenti sindacati statunitensi. La nomina è significativa anche perché Storti venne accusato di aver condotto una politica poco gradita al governo degli Stati Uniti, che per questa ragione avrebbe diminuito gli aiuti in favore della CISL. Ammettendo pure che l’ipotesi fosse vera, certamente nel 1965 la situazione risultava radicalmente cambiata. L’accusa rientrava in una strategia di contrapposizione alla figura di Storti che ebbe diversi momenti e temi: da una denuncia ai probiviri delle ACLI nel 1963 per presunte indicazioni di voto per candidati non democristiani favorevoli al centro-sinistra, alle reiterate polemiche sul suo patrimonio e sul suo gusto ‘borghese’ per l’abbigliamento.
Questo clima si inasprì con l’evoluzione della contestazione studentesca e operaia, culminata nell’autunno del 1969. Riguardo agli studenti ebbe un atteggiamento piuttosto critico, giudicandoli perentoriamente «viziati» e con obiettivi vaghi e fumosi. Diverso il discorso operaio. Dentro la CISL l’ala più movimentista fu incarnata dalla Federazione italiana dei metalmeccanici, che contestò la sua linea tradizionale e lo accusò di gestione ‘dorotea’ – proprio lui che un paio di anni dopo avrebbe definito il doroteismo «il male dell’epoca» (Roma, Istituto Luigi Sturzo, Archivio storico, Fondo Giulio Andreotti, f. 2104, Storti on. Bruno, intervento al convegno nazionale di Nuova sinistra, 3 aprile 1971). Nel VI Congresso del luglio 1969 riuscì a vincere le resistenze interne compiendo una svolta radicale all’insegna dello slogan «potere contro potere», accogliendo alcune richieste della minoranza, come l’incompatibilità tra incarichi politici e sindacali, e avviando con decisione il percorso unitario con CGIL e UIL. Si consumò con questa svolta una rottura con l’impostazione tradizionale data da Pastore e Romani che giungerà nel 1972 a mettere seriamente in discussione la sua leadership. Tali fratture non si salderanno sino alla fine della sua segreteria, riconfermata nel VII Congresso del giugno 1973, e chiusasi nel gennaio 1977 con l’elezione a presidente del CNEL (1977-89).
Morì a Roma il 10 gennaio 1994.
Fonti e Bibl.: Roma, Istituto Luigi Sturzo, Archivio storico, Fondo Giulio Andreotti, f. 2104, Storti on. Bruno. Per l’attività nella CISL: Roma, CISL, Archivio storico nazionale, Comitati esecutivi CISL (1951-1977); Consigli generali CISL (1955-1975); Congressi federali CISL (1951-1965) e Congressi federali CISL (1969-1973).
Indicazioni sulla sua vita e sulla sua attività sono in L. Macario, B. S., in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell’Italia 1861-1988, XVIII, 1959-1963. Una difficile transizione, Roma 1991, pp. 208 s.; V. Saba, Ricordo di B. S.: l’unità e l’autonomia della CISL, in Il progetto, 1994, 83-84, pp. 85-90; A. Ciampani, B. S., in Dizionario storico del movimento cattolico. Aggiornamento 1980-1995, Genova 1997, pp. 463 s.; C. Storti, B. S. e la CISL. Storie, ricordi, testimonianze, Roma 2013. Per un’analisi della sua attività sindacale si vedano: G. Baglioni, La lunga marcia della CISL: 1950-2010, Bologna 2011, ad ind.; G. Acocella, Storia della CISL, Roma 2014, ad ind.; P. Trionfini, La laicità della CISL. Autonomia e unità sindacale negli anni Sessanta, Brescia 2014, ad indicem.