BRYAXIS (Βρύαξις, Bryaxis)
Scultore che il nome indica di origine caria, ma probabilmente atticizzato (così che Atenodoro lo dichiara nativo di Atene), operante nella seconda metà del IV sec. a. C.
Alla prima gioventù ateniese di B. deve appartenere una base in marmo pario con la firma dell'artista sul lato antenore, trovata ad Atene, a N del cosiddetto Theseion (Museo Naz., n. 1733). Dedicata da tre filarchi ateniesi a ricordo di una loro vittoria ippica, la base presenta sul lato anteriore l'iscrizione e sugli altri tre, in bassorilievo, un cavaliere che avanza verso un tripode poggiato su due gradini. Sulla parte superiore è l'attacco per l'impostazione di una colonnina ionica, destinata a reggere il dono votivo che poteva essere un tripode bronzeo o altra offerta. I dati epigrafici dell'iscrizione e quelli stilistici pongono l'opera intorno alla metà del IV sec. (360-350 a. C.); questi ultimi rivelano nell'autore un esponente di quell'atticismo post-fidiaco di cui Timotheos rappresentava allora il nome più illustre. A questo medesimo periodo di attività ateniese devono ascriversi le statue di Asklepios e Igea, che Pausania vide a Megara e del cui aspetto rimane forse traccia nelle monete della città.
Il ritrovare poco dopo il nome di B. accanto a quello degli scultori del Mausoleo di Alicarnasso ne confermerebbe, secondo alcuni, l'origine caria. Qui egli lavorò al lato N negli anni intorno al 351.
Secondo una recente teoria (Buschor, vedi s. v. mausoleo) l'artista sarebbe ritornato poi ad Alicarnasso dopo il 333, all'avvento di Alessandro, insieme agli altri tre scultori per completare la decorazione rimasta interrotta dalla morte di Artemisia. Nella ripartizione delle lastre, tentata a più riprese fin dalla metà dello scorso secolo, ma con esito non ancora definitivo, il gruppo da attribuire a B. è stato uno di quelli meno facili a circoscrivere. La formazione attica di questo scultore, inserendolo in una corrente di gusto manieristico, lo accostava molto ad un altro degli artisti del Mausoleo, e cioè a Timotheos, né la gioventù di B. (egli era il più giovane dei quattro) poteva già dotarlo di una spiccata personalità. Così l'opera sua è stata spesso confusa con quella di Timotheos, da cui si distingue, peraltro, per un certo grafismo decorativo di influsso prassitelico, una maggiore risonanza delle esperienze scopadee e lisippee (tanto da essere confuso anche, talvolta, con Skopas e Leochares), e per un incipiente espressionismo che lo spinge ad addensare, in vivace contrasto, le luci e le ombre, a creare panneggi ampî e profondi, ad accentuare fortemente i tratti più essenziali del volto: presagi questi dello stile alessandrino, di cui egli diverrà, negli ultimi decenni del secolo, il capostipite. Una quasi unanime coincidenza di pareri attribuisce a B. la colossale statua barbata che la maestà e la magnificenza del portamento hanno fatto supporre - senza però che ve ne fosse alcuna conferma - il ritratto di Mausolo; il volto marcato vigorosamente da un forte chiaroscuro, le chiome scomposte e sommariamente trattate, l'esuberante sviluppo del panneggio, portano già il segno di una nuova epoca ed affiancano questa statua alle opere più tarde del maestro. La maturità stilistica del Mausolo, cui si accompagna una più accademica Artemisia, forse opera in parte di bottega, ma recante la novità di un richiamo arcaizzante nell'acconciatura dei capelli, ne fa scendere per alcuni la datazione oltre la metà del secolo. Il Buschor vede invece in questi segni di modernità solo delle geniali anticipazioni e, mantenendo la datazione tradizionale (intorno al 350), ascrive a B., tornato nel 333 ad Alicarnasso, solo i due frammenti del British Museum nn. 1045 e 1047 che presentano un panneggio dal ductus esplicitamente ellenistico e stilisticamente più prossimo a quello delle statue tarde dello stesso maestro.
L'opera più famosa della maturità dell'artista fu la colossale immagine di Serapide commissionatagli da Tolomeo I Sotere per il tempio eretto in Alessandria a questo nuovo dio, derivato da un sincretismo fra l'egizio Osiride-Apis, ed il greco Zeus-Hades. La statua, che fu distrutta dai cristiani nel IV sec. d. C., è minutamente descritta da Clemente Alessandrino: il dio, seduto su un trono di gusto arcaizzante, con i piedi poggiati su uno sgabello, era vestito di chitone e manto ed aveva il volto ombreggiato dalla chioma che scendeva sulla fronte con cinque riccioli e dalla barba pure ricciuta; sul capo recava il modio, emblema della fertilità. Nella mano sinistra reggeva lo scettro, mentre la destra poggiava sulla testa centrale di un Cerbero tricipite accucciato a lato del trono. La statua colossale era formata da un involucro metallico con un'anima in legno; molte parti erano in metallo prezioso e pietre preziose splendevano dappertutto; le carni nude avevano un colorito bluastro che ben si addiceva alla natura di un dio dell'Averno. Con relativa certezza si sono riconosciute repliche e rielaborazioni del Serapide in una serie di busti e di statue di età romana, alcuni dei quali in basalto, forse per ricordare il colore dell'originale. Intorno a queste è stato raccolto un gruppo di opere in cui si sono volute riconoscere repliche di altre creazioni di B. e che, oltre ad un linguaggio stilistico comune, presentano tutte la caratteristica di una tecnica di lavorazione tale da richiedere il completamento di capelli, barba e parte della testa in stucco: particolarità tecnica frequente in Egitto nell'età ellenistica, come lo Zeus di Otricoli (Musei Vaticani, che, secondo alcuni, sarebbe solo una tarda rielaborazione romana del Serapide), un Asklepios del museo di Alessandria, una testa virile barbata del Museo Capitolino, ecc.: e si è cercato di identificarle così con le opere citate dalle fonti. Queste ci informano ancora che B. fece cinque statue colossali di divinità per Rodi, un Dioniso per Cnido, uno Zeus ed un Apollo per Patara (Licia) (forse al tempo della collaborazione al Mausoleo), una Pasife, un acrolito di Apollo a Dafne, presso Antiochia (fondata nel 300 a. C.), un ritratto bronzeo di Seleuco (312-280). Queste due ultime, di cui sono noti gli estremi cronologici, dovettero chiudere probabilmente la carriera di questo artista che, valendosi delle esperienze di Skopas, Prassitele e Lisippo, aveva saputo creare, nel fondamentale ambito di un tradizionalismo attico, i simulacri di una nuova religiosità.
A Roma, presso la chiesa di S. Marco, è stata trovata una base con l'iscrizione opus bryaxidis, che doveva quindi aver sostenuto la copia di una statua di Bryaxis.
A un atteggiamento negativo sulla possibilità di ricostruire la personalità dello scultore è giunto uno studioso particolarmente esperto in fatto di arte ellenistica alessandrina (A. Adriani), il quale dopo aver preso in esame tutte le principali questioni relative a B. e ai monumenti che gli sono stati attribuiti, dimostra che non si hanno motivi sufficienti per attribuire a lui l'originale del Serapide di Alessandria e che non ha basi sicure il riconoscimento già tentato delle sculture del Mausoleo di Alicarnasso da assegnare al maestro. Nella seconda parte del suo lavoro l'Adriani indaga se tre delle opere principali abitualmente attribuite a B., il Serapide, lo Zeus di Otricoli e un Asklepios di Alessandria, abbiano realmente rapporti di affinità tra loro da autorizzare l'assegnazione ad un unico maestro, sia esso B. o un anonimo "Maestro del Serapide di Alessandria". Il risultato della inchiesta che dà occasione di approfondire l'esame stilistico delle tre opere, è anche questa volta negativo e la conclusione è che la ricostruzione della personalità di B., se era sembrata possibile quando il metodo attribuzionistico era largamente in favore negli studî dell'arte antica, non lo è più, allo stato delle nostre conoscenze, oggi che della revisione di quel metodo e dei risultati da esso conseguiti si sente sempre più vivo il bisogno.
Bibl.: C. Robert, in Pauly-Wissowa, III, 1897, cc. 916-20, s. v.; W. Amelung, in Thieme-Becker, pp. 164-166, s. v.; W. Amelung, in Ausonia, III, 1908, pp. 115-135; J. N. Svoronos, Athen. Nationalmus. Athen, 1908, tavv. XXVI-XXVII, pp. 163-167; J. Sieveking, in Brunn-Bruckmann, Denkmäler, 605, 1912; J. Six, in Journ. Hell. Stud., XLII, 1922, pp. 31-35; G. Lippold, Sarapis u. B., in Zeitschr. P. Arndt, Monaco 1925; E. Pfuhl, in Jahrbuch, XLIII, 1928, pp. 47-53; A. Adriani, Alla ricerca di Briasside, in Mem. Lincei, VIII, i, fsc. 10, 1948, p. 434 ss. (con bibl. prec.); E. Buschor, Mausollos und Alexander, Monaco 1951 (vedi pure bibl. s. v. mausoleo e serapide).