BUCKINGHAM, George Villiers, 1° duca di
Nato a Brooksby (Leicestershire) il 28 agosto 1592, era il secondogenito di sir Giorgio Villiers e di Mary Beaumont, sua seconda moglie. Suo padre, che vantava la discendenza da uno dei compagni di Guglielmo il Conquistatore, morì nel 1605; e Giorgio fu, a 18 anni, mandato dalla madre in Francia, in compagnia di sir Giovanni Eliot, a compiere la sua educazione. Tornato in Inghilterra si trasferì a Londra, dove nell'agosto del 1614 fu presentato a Giacomo I. I primi passi furono duri. Date le sue ristrettezze economiche (l'eredità paterna era andata a cinque suoi fratellastri), si sperava che egli potesse essere nominato gentiluomo di camera, ma, per l'opposizione del Somerset, ebbe solo l'ufficio subalterno di coppiere. In breve però, essendo completamente tramontata l'influenza del Somerset, la via rimase aperta al giovane: da gentiluomo di camera divenne grande scudiere del re, cavaliere della Giarrettiera, visconte Villiers e barone di Waddon; infine il 5 gennaio 1617 conte e il 1° gennaio 1618 marchese di Buckingham, poi, nel gennaio 1619, primo lord dell'ammiragliato. La sua carriera era dovuta anche all'appoggio del partito antispagnolo: ma il giovane favorito, che non cercava se non di assecondare le direttive del sovrano, divenne invece fautore del matrimonio del principe ereditario con l'Infanta di Spagna.
Nel febbraio 1620, l'elezione di Federico del Palatinato, genero di Giacomo I, al trono di Boemia, spinse veramente il B. a mutar politica; ed egli cercò d'indurre il re a difendere il Palatinato. Ma tornò presto alla sua antica politica, favorevole a un'intesa con la Spagna, sia per i contrasti tra Olandesi e Inglesi in India, sia forse soprattutto per l'influenza di lady Caterina Manners, cattolica, figlia del cattolico conte di Ruthford, che egli corteggiava, ma che il re non gli permise di sposare finché non passò alla chiesa anglicana. Giacomo I non intervenne così nelle faccende del Palatinato. Ma tale politica doveva sollevare le proteste dei Comuni, convocati il 30 gennaio 1621, così come suscitava proteste il sistema dei monopolî, che aveva determinato aumento considerevole nel prezzo di varî articoli. Il B., che aveva concesso un brevetto di monopolio al fratellastro Edoardo, avrebbe voluto dapprima che il re sciogliesse la Camera; ma poi fu persuaso dal Williams a mettersi a capo dei malcontenti e ottener loro soddisfazione dal re.
Intanto, andate a male le cose dell'Unione Evangelica, il Palatinato tornava nel 1623 a Massimiliano di Baviera: Giacomo I e il B. non vedevano altra salvezza che in un legame matrimoniale con la Spagna, sperando che la restaurazione di Federico al trono di Boemia fosse concessa da Filippo IV come regalo di nozze al principe di Galles, Carlo. E così il B., col principe di Galles, partì il 17 febbraio 1623 per un viaggio in incognito a Madrid. Ma i risultati furono nulli. Né Filippo IV volle acconsentire alla restituzione della Boemia al genero di Giacomo I, né Carlo farsi cattolico. Una lite fra il B. e il potentissimo Olivares pose termine alla visita; e Carlo e il B. lasciarono Madrid il 30 agosto, decisi a romperla con la Spagna. Ma né Giacomo I né la commissione per gli affari spagnoli si dimostrarono favorevoli a una guerra contro la Spagna; il B. persuase allora il sovrano a convocare il parlamento il 16 febbraio. E, ottenuti dalla camera dei lord e da quella dei comuni due voti contrarî alla continuazione delle trattative con la Spagna, riuscì a indurre il sovrano a dichiararle terminate (23 marzo). Forte dell'appoggio delle due Camere, acquistò allora tale influenza sullo stesso sovrano da impedirgli di ricevere gli ambasciatori spagnoli fuori che alla sua presenza.
Il successo fuori d'Inghilterra era invece più lento a venire. La spedizione inglese nel Palatinato, sotto il comando del Mansfeld (gennaio 1625), finiva miseramente per mancanza di denaro e di vettovaglie; e dei molti altri progetti che il B. aveva in mente non uno si poté realizzare per la morte di Giacomo I (marzo 1625).
Con l'ascesa al trono di Carlo I il B. divenne, se possibile, ancor più potente. II 22 giugno 1625 Carlo I sposava, per procura, la principessa Enrichetta Maria di Francia: matrimonio al quale il B. aveva attivamente cooperato sin dal '24, per ottenere l'aiuto francese contro la Spagna. E infatti proprio lui si recava a prendere la nuova regina e a concludere l'alleanza vagheggiata. Ma si accorse ben presto che, se gli era possibile ottenere aiuti per il Mansfeld e per il re di Danimarca, a una stretta alleanza non era il caso di pensare. Dello scacco subito egli si vendicò facendo pubblicamente la corte alla regina di Francia, Anna d'Austria: il che gli fruttò l'anno appresso il divieto di rimettere piede su suolo francese.
Intanto in Inghilterra la situazione si oscurava. Il parlamento, aperto il 18 giugno 1625, non votava che due sussidî (circa 140 mila sterline); e l'11 luglio era chiuso, col pretesto della pestilenza. Anche l'invio di una squadra inglese al comando del Pennington ad aiutare i Francesi contro gli Ugonotti della Rochell fu assai criticato, e quando il 1° agosto sì riaprì il parlamento questo rifiutò di votare i sussidî richiesti: cosicché fu sciolto il 12 dello stesso mese. L'opposizione alla politica regia, di cui il B. era primo responsabile, s'accresceva; la popolarità di cui egli aveva goduto l'anno prima era svanita. Preoccupato di riguadagnare il terreno perduto, il B. inviava una squadra contro Cadice e partiva insieme con lord Holland per l'Aia allo scopo di concludere con la Danimarca e le Provincie Unite un trattato di alleanza contro la Spagna e l'imperatore. Il trattato, effettivamente firmato il 14 dicembre 1625 per la durata minima di 15 anni, stabiliva che la Danimarca avrebbe aumentato l'esercito da opporre all'imperatore da 25 a 30 mila fanti e da 7 a 8 mila cavalli; il re d'Inghilterra avrebbe fornito 300 mila fiorini mensili e 50 mila l'Olanda. Inghilterra e Olanda avrebbero altresì allestito una potente flotta e un potente esercito per la difesa della Danimarca. Ma il B. era appena tornato a Londra, che apprendeva la notizia del fallimento completo della spedizione contro Cadice. Così, quando il 6 febbraio 1626 si aprì il nuovo parlamento, questo, invece di votare i sussidî, come era desiderio di Carlo I e del B., votò un'inchiesta sulle cause dei passati insuccessi, mise il B. sotto accusa nella camera dei lord, votò una mozione che chiedeva le sue dimissioni. Ma Carlo I. che non aveva accettato l'inchiesta, sciolse il parlamento e ordinò che il processo contro il suo favorito fosse giudicato dalla Star Chamber, che lo assolse.
Intanto si complicavano i rapporti con la Francia; e inutilmente il B. cercò di sistemare personalmente le questioni: Luigi XIII gl'impedì di recarsi a Parigi. Nel 1627 cominciò la guerra fra i due stati. Il 27 giugno il B. salpava da Stokes Bay alla testa di 100 navi con 8 mila uomini, per soccorrere gli Ugonotti della Rochelle; il 10 luglio era innanzi all'isola di Rhé e il 12 sbarcava le truppe, iniziando l'assedio del forte Saint-Martin, poi mutato in blocco. Ma questo fu inutile, nonostante che per un momento la resa fosse stata annunziata dal comandante francese (27 settembre): nuove truppe francesi, sopravvenute, costrinsero gl'Inglesi alla ritirata (29 ottobre) con gravissime perdite.
La situazione personale del B. era divenuta difficile; il nuovo parlamento, apertosi il 17 marzo 1628, dopo aver chiesto al re l'accettazione della famosa Petition of Right, a cui il B. cercò di opporsi, ma a cui Carlo I, pur riluttante, dové piegarsi, chiese le dimissioni del B. Per tutta risposta il 16 giugno Carlo I ordinò che gli atti del processo del favorito fossero tolti dall'archivio della Star Chamber, perché non restasse traccia del processo stesso. La Camera dei Comuni rispose con nuovi attaccchi. al B.; ma il re proibì a questo di rispondere, e il 26 chiuse la sessione parlamentare.
La popolarità del B. era svanita. Risentimenti e odî si accumulavano contro di lui: lo si minacciava apertamente di morte violenta. Prese tuttavia, il comando di una nuova spedizione in favore degli Ugonotti della Rocheile; ma il 23 agosto (1628), prima che fosse stato deciso se la guerra sarebbe stata continuata o no, uscendo dalla sala dove aveva fatto colazione, fu trafitto al cuore da Giovanni Felton, il quale, non essendo stato sufficientemente ricompensato per i servigi resi nell'assedio di Saint-Martin, volle vendicarsene sull'uomo che l'opinione pubblica additava come nemico della patria.
Il B. lasciava morendo la moglie Caterina, sposata il 16 maggio 1620, e tre figli: Carlo, Giorgio che ereditò il titolo, e Francesco.
Sulla figura del B. si è scagliata la furia degli storici liberali, che hanno veduto in lui il sostenitore delle prerogative regie contro le rivendicazioni parlamentari. Tuttavia bisogna riconoscere che, nonostante la sua vanità, la leggerezza di molte delle sue azioni, la indubbia debolezza di carattere, egli era dotato d'innegabili qualità di uomo politico. La sua figura è divenuta popolare anche grazie alla leggenda dei suoi amori con Anna d'Austria, regina di Francia, e della sua rivalità, a questo riguardo, col Richelieu: leggenda a tutti nota attraverso i Tre Moschettieri di Alessandro Dumas.
Bibl.: V. specialmente S. R. Gardiner, History of England, 1603-1642, Londra 1883-84; P. Gibbs, The Romance of George Villiers, first Duke of Buckingham, 1908, e Dictionary of National Biography, s. v. Villiers.